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Autore: Echocide    09/08/2017    2 recensioni
Tanto tempo fa, in un paese lontano lontano, un giovane principe viveva in un castello splendente, benché avesse tutto quello che poteva desiderare, il principe era viziato, egoista e cattivo. Accadde però che una notte di inverno una vecchia mendicante arrivò al castello e offrì al principe una rosa in cambio del riparo dal freddo pungente.
Lui, che provava repulsione per quella vecchia dal misero aspetto, rise del dono e la cacciò, ma lei lo avvertì di non lasciarsi ingannare dalle apparenze, perché la vera bellezza si trova nel cuore.
Il principe la respinse di nuovo e in quel momento la bruttezza della mendicante si dissolse ed apparve una bellissima fata.
Il principe si scusò, ma era troppo tardi, perché lei ormai aveva visto che non c'era amore nel suo cuore e per punirlo lo tramutò in una orrenda bestia e gettò un incantesimo sul castello e su tutti i suoi abitanti.
Se avesse imparato ad amare e fosse riuscito a farsi amare a sua volta prima che fosse caduto l'ultimo petalo, l'incantesimo si sarebbe spezzato.
Con il passare degli anni il principe cadde in preda allo sconforto...
Chi avrebbe mai potuto amare una bestia?
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Altri, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Titolo: La bella e la bestia
Personaggi: Marinette Dupain-Cheng, Adrien Agreste, Altri
Genere: romantico, fantasy
Rating: G
Avvertimenti: longfic, AU
Wordcount: 2.007 (Fidipù)
Note: Eccoci qua un nuovo aggiornamento de La bella e la bestia (vi ricordo che il prossimo sarà il 6 settembre) e chi di voi comprenderà il cambiamento che avviene nel capitolo? Intanto, vi lascio alle classiche informazioni di servizio.
Come sempre vi ricordo lei, la pagina facebook, dove potrete restare sempre aggiornati, avere piccole anteprime e leggere i miei deliri.
Vi ricordo che domani ci sarà un nuovo capitolo di Laki Maika'i, venerdì invece sarà il turno del secondo aggiornamento di Miraculous Heroes 3 e sabato toccherà a Lemonish.
Detto questo, come sempre, ci tengo tantissimo a ringraziare tutti voi che leggete, commentate e inserite le mie storie nelle vostre liste.
Grazie di tutto cuore!

 

 

«Mostrami la ragazza.»
Adrien osservò il grande specchio e il riflesso della propria camera, che tremolò leggermente come ogni volta che il vecchio Fu trovava qualcosa di divertente: «Voglio solo assicurarmi che stia bene» commentò, posandosi la mano metallica sulla nuca e massaggiandosela, mentre faceva vagare lo sguardo in ogni angolo della stanza: «Io…»
«Voi avete preso il vizio di voler vedere la ragazza ogni mattina, mio signore» fu il commento pacato dell’anziano servitore, mentre la sua superficie s’illuminava e al posto del consueto riflesso la superficie mostrò un’altra camera da letto: «Potete vedere. Non è in déshabillé.»
Adrien borbottò qualcosa, sentendo le guance andargli a fuoco e ricordando il giorno precedente, quando aveva fatto la medesima richiesta a Fu e lo specchio gli aveva mostrato Marinette in un modo, che solo a un marito sarebbe stato concesso vedere.
Aveva distolto immediatamente lo sguardo, ma le forme morbidi e la pelle nivea erano ormai impresse a fuoco nella sua mente, tanto che quando l’aveva incontrata all’officina, era stato difficoltoso non avere la mente impregnata di pensieri non propriamente casti mentre lei, ignara di ogni cosa, aveva lavorato sul suo braccio meccanico, balbettando discorsi che lui non aveva ascoltato.
Per tutto questo aveva aspettato che Fu gli desse il via libera, prima di posare lo sguardo sullo specchio.
Sorrise, avvicinandosi appena e notando la ragazza ancora immersa nel sonno: le coperte erano state scalciate via durante la notte e la giovane era completamente padrona del grande letto, mentre dormiva supina e con le braccia aperte; la gamba sinistra era piegata in modo da formare un quattro con quella destra e la camicetta da notte era salita su ma, fortunatamente, non mostrava nulla che non doveva esser visto.
«Ha un modo di dormire alquanto interessante» commentò Fu, facendo traballare leggermente il riflesso e suscitando il disappunto di Adrien: il giovane padrone sbuffò e tirò indietro le labbra, mostrando le zanne allo specchio, senza ricevere nessuna risposta in cambio.
Grato di quel silenzio, Adrien continuò la sua contemplazione della fanciulla dormiente, sorridendo appena quando la vide muovere le labbra, continuando a rimanere immersa nel sonno e inavvicinabile: durante il giorno la osservava sempre da lontano, troppo il timore di vederla diventare impacciata e un pericolo per la sua stessa incolumità, come era successo durante la loro unica cena assieme, dove l’aveva vista quasi tagliarsi con il coltello ed essere vicina a infilzarsi la mano con la forchetta.
Tutto per colpa della sua presenza.
Non l’avvicinava, se non quando lei mandava Flaffy a cercarlo per la manutenzione del braccio.
Un lieve sorriso gli storse le labbra, mentre si rendeva conto di come la ragazza era entrata velocemente nella routine del castello, assoggettandola al suo volere ed entrando nel cuore di tutti i servitori: non c’era nessuno che non era stato conquistato dal fascino di Marinette e chiunque, dal primo all’ultimo, cercava di soddisfare ogni desiderio della giovane, facendo quasi a gara su chi ci riuscisse prima.
«Sarebbe perfetta» commentò Fu, facendolo tornare alla realtà mentre lo sguardo continuava a indugiare sul volto addormentato della ragazza.
«Per cosa?»
«Come signora di questo castello, ovviamente.»
«Io…»
«Lei può farcela, mio signore. Lei lo sta già facendo.»
Adrien allungò una zampa verso lo specchio, poggiando un artiglio sul volto di Marinette e ritirandolo con velocità, scuotendo la testa con vigore: «Lei non potrebbe mai amare un mostro» dichiarò, dando le spalle allo specchio e raggiungendo velocemente la porta, posando la mano sulla maniglia e abbassandola: «Ci vediamo dopo, Fu.»
Il riflesso dello specchio tornò quello consueto e tremolò leggermente, mentre Adrien usciva: «Ma il mostro ama già la sua bella» commentò la voce dell’anziano servitore: «Semplicemente non lo vuole ammettere. Non è vero, Plagg?»
Il candelabro di metallo uscì dal suo nascondiglio, muovendo i bracci e saltellando lungo il comò in parte distrutto che ancora rimaneva in piedi: «Mi chiedo come fai a sapere sempre che entro qua» dichiarò il giovane servitore, fermandosi sull’angolo del mobile e mettendosi seduto, accavallando le gambe metalliche e poggiando i due stoppini sopra di essa: «Si sta innamorando?»
«Mai sentito parlare di coup de foudre
«Oh. Quello che ho ogni volta che vedo una forma di camembert: le sue forme morbide e sinuose, il suo profumo ammaliante…» Plagg scosse il capo, sospirando esagerato: «Comunque lo sapevo. Me lo sentivo che si era innamorato subito. E lei? Di lei cosa mi dici? Potrà amarlo? Potrà salvarci tutti quanti?»
«Sono solo uno specchio, mio caro amico. Non posso vedere il futuro.»
«Oh. Andiamo. Hai la saggezza degli anni dalla tua. Cosa pensi? Cosa senti al riguardo?»
«Quella ragazza…»
«Sì?»
Il riflesso tremolò e Plagg incassò la testa di metallo nelle spalle, ridacchiando appena: «Quella ragazza…» riprese Fu, fermandosi un attimo: «…lei potrà vedere al di là del volto della bestia.»


La carrozza si fermò davanti il negozio dei Dupain-Cheng in un tripudio di sbuffi e vapore acqueo, attirando l’attenzione di qualche passante e dei bambini del vicinato: «Da quanti giorni hai detto che manca?» domandò Chloé Bourgeois, scostando la tendina dell’abitacolo e osservando l’entrata della bottega, abbassando poi la mano e voltandosi verso l’altra passeggera.
«Tre. Quattro. E’ partita poco dopo che il carro del padre è tornato, Chloé» fu la pacata risposta di Sabrina, abbozzando un sorriso e guardando l’amica e lisciandosi poi le pieghe della gonna: «E da allora non si sa più nulla. Anche la madre non ha idee di dove sia andata.»
Chloé strinse le labbra, lasciando andare la tendina e piegando la dita a pugno, continuando a tenere lo sguardo rivolto verso l’esterno, osservando il mondo al di fuori della carrozza da dietro la stoffa semitrasparente: «Marinette Dupain-Cheng sembra essere scomparsa, dunque.»
«Sembra proprio di sì.»
«Indaga» l’ordine arrivò dopo una manciata di minuti di silenzio, perentorio e autoritario, tanto che Sabrina alzò la testa e osservò l’amica con lo sguardo sgranato dietro le lenti degli occhiali di metallo: «Voglio sapere dove era diretta e perché.»
«Ma Chloé…»
«Sono certa che per te sarà facile scoprire tutto questo, Sabrina.»
«Sì, certo.»
Chloé Bourgeois sorrise di fronte all’espressione confusa dell’altra, tornando poi a guardare al di fuori del finestrino e ascoltando distratta Sabrina dare ordini al cocchiere: la carrozza si mosse con il cigolio metallico che era solita accompagnarla durante le sue trasferte per le strade di Parigi, mentre i suoi occhi rimasero fissi sulla bottega dei Dupain-Cheng, fino a che questa non sparì dalla sua visuale.
Lei doveva sapere dove Marinette Dupain-Cheng si era nascosta.
Doveva saperlo.


Marinette sorrise, osservando il grande bestione di pelo e metallo venire scortato da un piccolo piumino verso l’officina del maniero e, vista l’espressione scocciata del padrone di casa, Flaffy doveva averlo praticamente costretto ad andare lì: «S-siete in ritardo» mormorò, sorridendo con dolcezza alla bestia e indicandogli lo sgabello che aveva preparato vicino al bancone di lavoro, con gli attrezzi ordinati su di questi: «I-il vostro braccio…»
«Posso tranquillamente saltare la manutenzione un giorno o due» bofonchiò Adrien che, nonostante le sue parole contrarie, proseguì la sua marcia e si lasciò cadere malamente sullo sgabello, poggiando il braccio metallico sul tavolo e fissandola con le iridi dello stesso colore delle chiome degli alberi: «Ho vissuto per molto tempo senza farla e…»
«E il vostro braccio stava andando in malora» borbottò Marinette, sbuffando e avvicinandosi, prendendo posto davanti a lui e costringendolo ad aprire le mano, carezzando le linee di metallo: afferrò l’oliera, incominciando la propria opera e diventando silenziosa, completamente concentrata sul suo lavoro.
Adrien inspirò, osservando il capo chino sopra la sua mano e spostando poi l’attenzione sull’officina: non c’erano più polvere e ragnatele, tutto era in ordine e sembrava che la giovane fosse riuscita a trovare anche alcuni macchinari nel caos che era diventato, con gli anni quel posto. Un luogo completamente diverso.
L’ennesimo segno della presenza di Marinette al castello.
L’ennesima prova di quanto la ragazza si stava insinuando nella vita di tutti loro.
«Che razza di maledizione può fare tutto questo?» commentò a voce alta la giovane, facendo spostare nuovamente l’attenzione di Adrien su di lei: stava carezzando i pezzi e le molle che formavano le dita, scivolando verso la punta con i polpastrelli e alzando lo sguardo celeste verso di lui: «Perché?»
«Io…» Adrien si fermò, inspirando profondamente e osservando le loro dita, le une sopra le altre: «Io ho sempre vissuto solo in questo castello: mia madre se n’era andata quando ero piccolo e mio padre era sempre impegnato con il suo lavoro; chi mi ha cresciuto è stata la servitù ma...» nuovamente si bloccò, aprendo la bocca e quasi aspettandosi che Marinette si ritrasse davanti alla vista delle zanne, stupendosi quando lei rimase immobile e in attesa del suo continuo: «Io ero arrogante, viziato, per nulla incline a capire il prossimo. Ogni cosa che volevo l’avevo, ogni mio capriccio veniva accolto e risolto. Io ero…»
«Un bambino veramente tremendo» bisbigliò Marinette, inclinando il capo e sorridendo dolcemente, carezzando lenta le dita di metallo: «Anche la figlia di un’amica di mia madre è esattamente così.»
Adrien annuì, osservando le dita di Marinette sfiorare le sue e maledicendo la mancata sensibilità di quella mano: non sentiva il calore della pelle di lei, non sentiva l’effetto che facevano le sue dita su di lui.
Non sentiva nulla.
«Che cosa è successo?»
«Una sera fu indetta una festa qui al castello. C’era un temporale in corso, mentre ballavo e mangiavo le più dolci prelibatezze preparate dal cuoco, poi qualcuno bussò e ogni cosa si fermò: Plagg andò ad aprire e fece entrare una vecchia che indossava stracci e cenci, tutto ciò che mi chiese era un po’ di riparo per quella notte tremenda, in cambio di una rosa» Adrien si fermò, socchiudendo gli occhi e ricordando esattamente ciò che aveva vissuto e provato.
La repulsione per quella creatura che non rispettava i suoi canoni.
La risata piena di cattiveria che era uscita dalle sue labbra, mentre ridicolizzava la vecchia.
«Io mi rifiutai, la derisi e la cacciai.»
«Ma…»
«Lei provò ad avvisarmi di non lasciarmi ingannare dalle apparenze, ma io ignorai il suo avvertimento e rimasi deciso sulla mia convinzione» Adrien inspirò, aprendo le palpebre e incontrando lo sguardo di Marinette: «Fu allora che lei mostrò il suo vero aspetto di spirito della natura, lanciando la sua maledizione su tutti noi: io fui trasformato in questo mostro e l’incantesimo si estese anche alla mia servitù. Nessuno fu risparmiato, neanche mio padre.»
«Che cosa gli è successo?»
«E’ una farfalla che vaga nel bosco. Sempre che non sia stato già mangiato, ovviamente.»
Marinette annuì, abbassando lo sguardo sulle loro mani e tenendolo lì, mentre la domanda che aveva in mente sfiorò le sue labbra: «C’è un modo per sciogliere questa maledizione?»
«Uno solo. Ma è impossibile.»
«Questo è ingiusto.»
«Non c’è giustizia con le creature della foresta e mi sono meritato ogni secondo di questa maledizione. Ma non i miei servitori, non loro.»
«Eri solamente un bambino…»
«Ero cattivo.»
«Non è vero» Marinette alzò lo sguardo, sorridendo con dolcezza al volto deturpato e orrendo della bestia, allungando titubante l’altra mano e sfiorando una delle linee nere che, dal naso, attraversava l’intero zigomo: «Non sei una persona cattiva, Adrien. Se tu lo fossi stato non avresti salvato mio padre e non lo terresti qui, curandolo. Non saresti venuto a salvare me. Sei una brava persona e qualcuno dovrebbe dirlo a quella creatura che ti ha maledetto…»
«Le creature della foresta non concepiscono il cambiamento, perché loro non posso farlo.»
«Ma tu sì. Tu sei umano, Adrien.»


La donna rimase immobile, seduta sulla porta della piccola abitazione immersa nel verde del bosco e ascoltando i rami che si muovevano nella lieve brezza notturna accompagnati dai richiami di alcuni animali; la notte così silenziosa era una cacofonia di versi e suoni, a cui si aggiungeva anche il sommesso russare del suo ospite.
Qualcosa si stava muovendo.
Il cambiamento così tanto atteso stava finalmente giungendo.
Lo poteva sentire nell’aria, serpeggiare nella sua forza e raggiungerla.
Il tempo stava scadendo e, per la prima volta dopo molti anni, lei era fiduciosa.

 

   
 
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