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Autore: manwell410    09/08/2017    0 recensioni
Un ciondolo verde smeraldo, un destino segnato dall'inizio. Il fascino del male è sempre pronto a sorprenderti. Sei in grado di resistergli?
Tratto dal capitolo "III - Frammenti di memoria":
«Rimasi immobile, seduto in disparte, poi volsi lo sguardo al telefono e sullo schermo apparve la scritta "numero irraggiungibile".»
Tutti i diritti riservati. ©
Genere: Sentimentale, Sovrannaturale, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Threesome, Triangolo
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Un anno prima: come tutto ebbe inizio.
C'era un ragazzo sui quindici anni, camminava lungo quell'interminabile viale pieno di alberi da frutto carichi di foglie verdi, rigogliose come non mai. Quelle grandi piante erano l'unica parte di natura che sovrastava i grattacieli della Città, non perché alte, ma perché possenti. Comunque, quel ragazzo, ero io.
Ricordo esattamente quel giorno: gli odori, le luci, i colori, gli ambienti, persino le persone. Stavo andando in una bellissima libreria esoterica, quando svoltai un angolo e mi scontrai con un ragazzo che aveva poco più grande di me, con le cuffiette nelle orecchie. Gli appunti e i libri che teneva in mano caddero per terra e io mi accasciai subito per aiutarlo a raccoglierli. Lui si tolse le cuffie, che lasciavano udire in sottofondo una Born to die di Lana del Rey.
"Scusami tanto." esclamai "Non l'ho fatto apposta, non ti avevo visto."
"Fa niente, anzi, scusami tu." rispose educatamente, ammiccando con un occhiolino.
Abbozzai un sorriso e diedi un'occhiata ai fogli che tenevo in mano; sopra uno di essi vi era disegnato un simbolo bellissimo, già visto prima, ma non ricordavo dove; poco importava, così consegnai i fogli e mi congedai, avviandomi per la mia strada. Passarono forse trenta secondi e girandomi notai un portafogli in pelle nera che giaceva sull'asfalto. Lo raccolsi e chiamai a gran voce il ragazzo; non fece nulla, probabilmente Lana stava già deliziando i suoi timpani. Aprii l'oggetto appena trovato e vi scoprii una carta d'identità: "William Hayles" lessi. Diedi un'altra occhiata ai dati sotto ai miei occhi, notando l'indirizzo della sua abitazione. Alzai nuovamente lo sguardo, vedendo la sua figura in lontananza.
"Non importa." sussurrai, mettendo l'oggetto da parte.
Una volta arrivato davanti all'unica libreria esoterica di mia conoscenza, entrai, salutando il proprietario, con cui ero in confidenza,  e salii al piano superiore, dove mi attendeva un grande divano e un tavolino da the su cui lavorare ai miei studi. Posai la tracolla e ne tirai fuori un pesante libro, rilegato in pelle e cucito a mano. Sulla copertina vi era incisa una grande E dorata e poco più sotto il titolo: Manuale Enciclopedico dell'Esoterismo.
Iniziai a leggere qualche informazione sulla divinazione e cercai qualche scritto in proposito, poi, una volta accorto di necessitare di alcune pietre, mi alzai, andando nel mio armadietto dentro una stanza accanto al grande divano. Era come un laboratorio, ma meno importante ed era a disposizione dei clienti che volevano conservare il loro materiale in caso non fosse possibile a casa. Acciuffai qualche ametista ed un quarzo ialino, così chiusa l'anta di metallo, mi accorsi del familiare simbolo inciso sul ferro. Due mani ed un filo intrecciato tra di esse. 
"Heka!" esclamai, ripensando ai fogli del ragazzo scontrato poco prima. 
Dovevo assolutamente trovarlo, se disegnava simboli sulla mitologia egizia, doveva essere di sicuro un seguace della Wicca.
Riposi i cristalli che tenevo in mano da appena un minuto e riacciuffata la tracolla, corsi giù per le scale, con il libro sottobraccio. Il proprietario mi lanciò uno sguardo incuriosito, ed alzai la mano in segno di scusa per essere scappato via di corsa. 
Mi ci vollero circa dieci minuti per capire la posizione della casa del ragazzo, e altri quindici per trovare i mezzi di trasporto più consoni per arrivarci, ma alla fine ci arrivai.
"Chi è?" mi rispose una voce dall'accentuato accento iberico al citofono.
"Buongiorno," salutai "cerco William Hayles, ho il suo portafogli."
"Sì, salga pure, ultimo piano." eseguii, entrando nel palazzo e lanciandomi nell'ascensore davanti ai miei occhi. Questa mi scaricò direttamente nell'appartamento, dove trovai una domestica ad accogliermi in un immenso attico. Feci qualche passo, presentandomi e notando nella donna lo stesso accento iberico che poco dopo mi fece accomodare in un soggiorno con una grande vetrata: la vista era magnifica. Sentii dei rumori e William arrivò nella stanza, così lo salutai:
"Ciao, oggi, non so se ti ricordi, ti sono venuto addosso e ti è caduto il portafogli, avevi le cuffie, credo, e quando ti ho avvisato non mi hai sentito." sputai d'un colpo.
"Allora, innanzitutto... ciao." cercò di tranquillizzarmi "In secondo luogo, grazie mille, lì dentro c'è di tutto, dalla carta d'identità al Bancomat, non so come fare senza." e accennò una risata, lo seguii a ruota, avvicinandomi di poco per parlargli.
"Poi volevo chiederti una cosa un po'," esitai "fuori dal comune."
"Certo!" accennò un sorriso, poi si rivolse alla domestica "Rosa ci lasci pure da soli, grazie." poiché la donna si allontanò, lui riprese a parlare "Dimmi pure."
"Non volevo leggere i tuoi appunti, ma prima ho notato un simbolo sopra a un foglio, il simbolo di Heka, hai presente?"
"Certo, e con questo?" rispose, sempre leggermente sprezzante.
"Nulla, volevo solo sapere perché lo hai disegnato, cioè, sei appassionato di occultismo?"
"Beh, l'occulto mi ha sempre affascinato," si sedette sul divano e mi invitò a fare lo stesso, ma rifiutai con un lieve gesto della mano "e mi affascinano anche le persone che conoscono molte cose al riguardo." mi sorrise e arrossii.
"Capisco." la mia risposta era un concentrato di curiosità e imbarazzo "Ora, dovrei andare."
"Beh, almeno dimmi come ti chiami!" strillò quasi, mentre tentavo di evadere verso l'ascensore.
"Christopher, ma chiamami anche Chris." sorrisi di nuovo.
"Va bene, Chris, ecco il mio numero, scrivimi quando vuoi." mi passò un rettangolino di cartoncino bianco lucido.
Accettai con un semplice "Okay" e presi il biglietto, poi lo infilai in tasca e corsi a casa.
-
I miei non c'erano, non avevo cenato. Svuotai le tasche del jeans per buttarlo in lavatrice, e un bigliettino cadde a terra. Lo aprii e salvai il numero; un po' incerto aprii la chat sul contatto di William ed inviai un semplice e banalissimo 'Ciao'. Dopo qualche minuto visualizzò, poi notai che aveva iniziato a scrivere.
   
 
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