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Autore: Sospiri_amore    10/08/2017    0 recensioni
❤️SECONDO LIBRO DI UNA TRILOGIA❤️
Ritorneranno Elena, Kate, James, Jo, Adrian, Stephanie, Lucas, Rebecca, (Nik ??).
Ci saranno nuovi intrecci, guai, incomprensioni e amori.
Elena avrà dimenticato James?
Chi vivrà un amore proibito?
Riuscirà il Club di Dibattito a sconfiggere la scuola rivale?
Nik sara sempre un professore del Trinity?
Elena andrà al ballo di fine anno?
IL FINALE di questo libro corrisponde alla fine del liceo, il terzo libro sarà incentrato sulla vita adulta dei personaggi. Più precisamente quattordici anni dopo.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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IERI:
Tutti in fila



«Bottigliette d'acqua. Snack. Termos del caffè e del tè. Bicchieri di plastica. Abbiamo tutto?», chiedo a Kate.

«S sta riempiendo i termos con il caffè, dopo saremo pronti per andare», mi risponde mentre controlla su una lista se abbiamo preso tutto.

«Che ore sono?», chiedo a Jo.

«Sono le 4.56», mi risponde.

Stephanie arriva in camera con il termos in mano, li infiliamo negli zaini.

«Bene. Sapete quello che dovete fare. L'importante è mantenere la calma. Se quei quattro osano rivolgerci la parola ci penso io», dico mentre mi controllo allo specchio se la divisa del Trinity è in ordine.

 

Kate, Stephanie e Jonathan si guardano l'uno con l'altro.

 

«Siamo felici che tu sia tornata la solita Elena, ma il tuo cambiamento è... Come dire... piuttosto repentino. Non credi dovremmo muoverci con calma?», Kate mi si è avvicinata.

«Potrebbe sembrare che abbia avuto un cambio burrascoso, è vero, ma fidatevi di me. Adesso sono più me stessa di quanto io lo sia mai stata. Ho toccato il fondo, ho combattuto contro i miei demoni e le mie paure, ho pianto, ho sofferto... Non ne potevo più, quello che sono adesso è rabbia allo stato puro. Non so come abbiate fatto a sopportarmi per così tanto tempo. Vi chiedo scusa», abbraccio Kate e la stringo.

«Ma James, lo ami ancora? Riuscirai a opporti a lui?», mi chiede Stephanie.

«Amo James, ma quel ragazzo non c'è più. È sparito. Non posso amare un fantasma per sempre. Credo che nel mio cuore viva il James che ho conosciuto mesi fa, quello di adesso è un estraneo per me. Tutti loro sono persone diverse. Volevo bene ad Adrian e rispettavo Lucas, ma sono cambiati in negativo. Rebecca era una mia amica, in un certo senso. Tutti loro si sono coalizzati contro me, quindi colpiranno anche voi. Non posso permettere che questo accada», allungo la mano stringendo quella di Stephanie. La tiro verso di me.

«Io sono con te, sempre. Qualsiasi cosa vorrai fare puoi contare sul mio appoggio. Sono stanco di essere considerato inferiore da quei figli di papà, o vedere che quei bastardi vi fanno soffrire. Non riesco più a sopportarlo», Jo mi abbraccia da dietro, mi sposta i capelli e mi bacia la guancia.

 

L'immagine che rimanda lo specchio davanti a me è quella di quattro persone stanche di essere offese, insultate e ridicolizzate. Nessuno deve permettersi di farci ancora del male. Le divise del Trinity che indossiamo sono le nostre armature.

 

Il buio della notte avvolge tutto. I lampioni illuminano le auto parcheggiate e i lupi solitari che si aggirano per la città, pronti ad andare al lavoro ed iniziare una nuova giornata. Il rombo del motore dell'auto di Kate anima il silenzio, riempie per qualche secondo quel vuoto. Suoni che si perdono nelle vie, nei giardini e nelle piazze ancora addormentate. Nessuno di noi dice nulla. Guardiamo la città deserta, i semafori lampeggianti e i marciapiedi inanimati.

 

Il Trinity sembra un grosso mostro addormentato. Le finestre buie sembrano occhi chiusi, le scale senza studenti sembrano zampe inermi. C'è molta calma, forse troppa.

Non ci sono altri ragazzi nei paraggi, per ora.

Ci accomodiamo su un muretto vicino all'ingresso. Beviamo caffè, tè e mangiamo qualche snack. Ci sgranchiamo le gambe e ci stiracchiamo. Dobbiamo aspettare, portare pazienza e non mollare.

 

Oggi ci sono le iscrizioni ai Club.

Noi dobbiamo essere i primi a dare i nostri nomi.

 

Sono le 5.30 del mattino e timidamente, dalla strada fanno capolino altre divise verdi e blu. Sono perlopiù ragazzi degli ultimi due anni, quelli che hanno più da dimostrare ai professori. Gli sguardi non sono amichevoli, ognuno studia le mosse dell'altro mettendosi ordinatamente in fila, sperando di riuscire ad entrare nel Club che desidera.

 

Un paio di ragazzi dell'ultimo anno mi prendono in giro ad alta voce: «Italian Spaghetti, che fai? Vuoi entrare a Dibattito?».

«Prima di tutto rinnovate le battute. Italian Spaghetti? E dai, l'ho già sentito. Su, un po' di originalita! Inoltre, vi ricordo, che l'anno scorso ero nel Gruppo A mentre voi... Hmmm... Fatemi pensare... Ah già, non avete superato il colloquio», con il sopracciglio alzato li squadro da capo e piedi e gli sillabo, senza voce, la parola per-den-ti.

Alcuni studenti applaudono, altri ridacchiano.

Kate, Jo e Stephanie sono vicini a me, più determinati che mai.

 

Basta. Non permetterò più a nessuno di insultarmi.

 

Il tacchettio convulso dei tacchi delle tirapiedi di Rebecca rimbomba per il cortile semivuoto del Trinity. Stanno venendo nella nostra direzione con aria poco amichevole: «Dovete sloggiare», ci dice quella con l'aria snob cercando di intimorirci.

Faccio finta di nulla. Con calma apro lo zaino ed estraggo il termos del tè. Mi riempio un bicchiere, soffio sul suo volto il vapore caldo della bevanda. Non la degno di uno sguardo, fanno così anche i miei amici.

«Scusa carina. Ti ho detto che devi sloggiare. Reb...», non finisce la frase, un mio paio di colpi di tosse la bloccano.

Disorientata dal mio atteggiamento prova a riparlare: «Dicevo che dov...», Kate tossisce nella sua direzione con un certo vigore.

Le scimmiette ammaestrate di Rebecca non sanno che fare, vedere Kate che si ribella è una cosa inaspettata. A turno provano a parlare, ma Jo, Stephanie, Kate ed io, non gli diamo tregua. Abbiamo tutti improvvisi e inaspettati attacchi di tosse.

 

Un brusio si leva tra gli studenti che assistono alla scena, molti bisbigliano mentre altri ridacchiano.

 

«Cosa volete dimostrare? Appena Rebecca lo saprà si infurierà», con aria concitata inizia a digitare un messaggio sul cellulare, probabilmente per spedirlo al suo capo.

«Davvero? Credi che Rebecca si arrabbierà perché abbiamo la tosse?», chiedo con finta ingenuità.

«Sì», risponde quella, poi si ferma, riflette un attimo, «No. Certo che no. Cosa stai dicendo?».

«Tu hai detto che Rebecca sarà furiosa. La nostra tosse vi ha impedito di parlare, quindi pensavo fosse quello il motivo. Del resto tra amiche si fa così, ci si protegge l'uno con l'altra, come io faccio con i miei amici», l'espressione dei miei occhi modello cucciolo di cerbiatto, la guardano con dolcezza.

«A-amiche», balbetta la tirapiedi snob.

«Oh, che stupida dimenticavo», mi tiro una sberla sulla fronte, «Rebecca non potrà mai proteggervi perché voi non siete sue amiche, siete... Siete... Le sue serve, le fattorine, le sguattere. Non valete come James, Adrian o Lucas. Del resto presta più attenzione a me: il vassoio in mensa, la spazzatura. Sono segni che mi teme e che ha paura di me. Invece a voi non fa altro che mandarvi a fare cose, probabilmente perché valete poco per lei. Non vi proteggerà mai, non siete sue amiche».

La tirapiedi mi guarda con la bocca aperta, non sa che dire. Non ci vuole certo un genio per capire che le mia parole sono vere. Con la mano accarezzo il braccio della ragazza che non smette di fissarmi, è come se cercasse di capire se fidarsi di me o meno. Raggiungo la sua mano e con facilità le sfilo il cellulare dalla mano e digito sulla tastiera un nuovo messaggio, diverso da quello che stava scrivendo: "Siamo le prime in fila". Lo invio a Rebecca.

«Credo che sia il momento di riacquistare la vostra libertà. Del resto sapete molte cose su Rebecca, potreste usarle a vostro favore. Lei non lo fa sempre con tutti? Qual'è il Club che vorreste frequentare?», chiedo loro.

«Teatro», rispondono in coro. 

«Perfetto. Ci sono poche persone in fila, potreste essere voi le prime. Del resto tutti a scuola vi conoscono, potreste usare la vostra popolarità per diventare le nuove regine del Trinity. Le nuove star dello spettacolo», è facile manipolarle, sono così prevedibili.

«Popolarità? Regine?», ripete la ragazza snob estasiata.

Con un sorriso smagliante le saluto, mentre corrono a mettersi davanti ai ragazzi in coda per il Club di Teatro. Stupide, prepotenti oche.

 

Adesso ci tocca solo aspettare.

Il nostro primo posto, per il Club di Dibattito, è al sicuro.

 

Manca meno di un'ora all'inizio della scuola. 

«Adesso potete andare», dico a Kate e Stephanie che tolgono i termos e offrono agli studenti in fila caffè e tè caldo, snack e bicchieri d'acqua. Nessuno aveva mai fatto una cosa del genere per loro. Un gesto di gentilezza al Trinity è una cosa rara. 

I musi lunghi e gli sguardi torvi si trasformano in timidi sorrisi e facce serene.

L'atmosfera cambia, in poco tempo si iniziano a sentire chiacchiere e risate.

 

Questa dovrebbe essere la normalità a scuola.

Collaborazione e tranquillità.

 

Jo mi abbraccia forte, mi stritola: «Quanto mi sei mancata Elena. Non hai idea quanto».

Appoggio la testa al suo petto, sento il calore del suo corpo e il battito del suo cuore. Mi sento in pace come non mi sentivo da mesi. L'idea di cambiare le regole che ci sono al Trinity mi da una carica pazzesca, il fatto che ci siano i miei amici al mio fianco mi rende immensamente felice: «È merito tuo, di Kate e Stephanie se sono tornata quella di prima». 

Jo mi prende per mano e la stringe forte: «Un anno fa eravamo nella stessa situazione, uno vicino all'altra», poi mi bacia la guancia. Non mi stacca gli occhi da me, neanche quando vengono montati i tavoli per le iscrizioni.

«Sei pronto?», gli chiedo.

Jo non fa in tempo a rispondermi che sento una mano che mi prende la spalla e la strattona con forza.

 

Rebecca è di fianco a me furiosa.

 

«Siamo passate alle maniere brute?», le dico acida.

«Spostati feccia. Quello è il mio posto», mi risponde con rabbia.

«No. Non credo. Siamo arrivati primi, quindi il posto è nostro di diritto. Funziona così, non lo sapevi?».

Adrian e Lucas trattengono Rebecca che vorrebbe farmi chissà cosa.

«Vuoi che continuiamo il trattamento che ti abbiamo riservato i giorni scorsi? Posso distruggerti, lo sai», digrigna tra i denti.

«Dici?», mi guardo intorno poi le indico la fila al Club di Teatro, «Le tue tirapiedi non ti ascoltano più, inoltre credo che molti studenti siano stanchi del tuo modo di fare».

«Cosa diavolo significa?», mi chiede confusa.

Jo urla ad alta voce: «Chi è stanco che Rebecca e la sua combriccola cerchi di passare davanti a tutti alzi la mano!».

 

Tutti gli studenti presenti alzano il braccio.

Rebecca sbianca.

Io sorrido soddisfatta, la gentilezza viene sempre ripagata.

Un semplice gesto, come offrire una bevanda calda, è più forte di mille minacce.

Non per tutti però, con Rebecca servono le maniere forti.

 

«Credo che dovreste trattare meglio me e i miei amici, perché potremmo non farvi ammettere al Club di Dibattito», le dico con falsa gentilezza.

«Che cosa significa.», chiede Lucas preoccupato.

«Quest'estate Jonathan, Stephanie ed io abbiamo fatto gli assistenti a Nik... O forse dovrei chiamarlo il Professor Martin, del resto voi lo conoscete così, non avete la confidenza che abbiamo con lui. Lo abbiamo aiutato e siamo diventati amici. C'è un rapporto di rispetto reciproco molto profondo».

 

Lucas, Adrian e Rebecca mi guardano con la bocca spalancata.

James mi fissa mentre gioca con la sigaretta che ha tra i denti.

 

Jo continua: «È stato molto bello lavorare allo studio McArthur mentre voi eravate in California a divertirvi. Abbiamo imparato un sacco di cose. Strano che tuo padre non ti abbia detto nulla?», Jo sorride diabolico verso James che non dice una parola.

«Quindi, quello che dovete fare è muovere i vostri piedini in fondo alla fila e aspettare il vostro turno. Smetterla con gli scherzi, offese, battute nei miei confronti e tu...», dico rivolta a Lucas, «... Se non smetti di importunare Stephanie, oltre a non farti entrare a Dibattito, ti denuncio alla polizia. Chiaro?».

 

Lucas stringe i pugni lungo i fianchi.

È furioso.

 

La professoressa addetta a prendere i nomi per le iscrizioni ai Club aspetta il primo nome da scrivere.

Senza il minimo indugio dico il mio nome, quello di Jo e quello di Stephanie.

«Adesso andate, bisogna sempre rispettare la fila», dico a Rebecca che digrignando i denti si allontana mettendosi dietro agli ultimi studenti.

 

Jo mi stringe la mano.

Stephanie sospira sollevata.

Kate è felice.

Mi sento una roccia.

Anche se un lieve sorriso comparso sulle labbra di James, prima di andare in fondo alla fila, mi fa vacillare un attimo.

 

Elena i fantasmi non esistono.

James non ti ama più.

Mi ripeto prima di prendere per mano i miei amici ed iniziare una splendida giornata al Trinity.

 
   
 
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