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Autore: Sospiri_amore    11/08/2017    2 recensioni
❤️SECONDO LIBRO DI UNA TRILOGIA❤️
Ritorneranno Elena, Kate, James, Jo, Adrian, Stephanie, Lucas, Rebecca, (Nik ??).
Ci saranno nuovi intrecci, guai, incomprensioni e amori.
Elena avrà dimenticato James?
Chi vivrà un amore proibito?
Riuscirà il Club di Dibattito a sconfiggere la scuola rivale?
Nik sara sempre un professore del Trinity?
Elena andrà al ballo di fine anno?
IL FINALE di questo libro corrisponde alla fine del liceo, il terzo libro sarà incentrato sulla vita adulta dei personaggi. Più precisamente quattordici anni dopo.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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IERI:
Regali inaspettati



Seduta su una panchina del parco della scuola osservo il Trinity. Il grosso edificio di mattoni è solido e immutabile, l'edera ricopre parte della facciata, le finestre spalancate sono occupate dagli studenti in cerca di un po' di sole.

Sto aspettando Jo, Stephanie e Kate per pranzare. Vogliamo goderci gli ultimi giorni di bel tempo prima che l'autunno porti pioggia e nuvole. 

 

Da quando ci sono state le iscrizioni ai vari Club le cose a scuola sembrano più tranquille. Niente più scherzi, niente più battute. Tutti hanno dimenticato o meglio, tutti fingono che non sia successo nulla. Le cose al Trinity non cambiano mai, per questo è ora che le fondamenta di questo, grosso e vecchio, edificio vengano demolite per far spazio a una nuova era di studenti. Basta malignità. Basta cattiverie. Basta Rebecca. È l'unica cosa a cui penso.

 

«Perché sorridi?», Jo si è seduto di fianco a me.

«Pensieri. Niente di importante», gli rispondo scartando il panino che mi sono portata da casa.

Jonathan addenta il suo tramezzino: «Pensieri belli o brutti?».

«Non so, vedremo tra un po'», gli rispondo sorridendo.

«Così mi metti una curiosità pazzesca, vorrei saperlo adesso», Jo mi mette un braccio intorno alle spalle, mi avvicina a se mentre gioca con una ciocca dei miei capelli.

«Non tutto deve essere programmato o spiegato. Servono un po' di imprevisti nella vita», nel dirlo mi mangio le ultime parole perdendo il respiro. 

 

Imprevisti.

Io ero stata l'imprevisto di James, la sua neve in un giorno d'estate.

I ricordi stipati in un angolo del mio cervello, scalpitano. Sono pronti a invadere la mia anima e lacerare quel poco che sono riuscita a ricostruire in questo periodo.

 

Jo mi guarda. Ha capito che qualcosa mi ha turbato: «Tieni», mi dice allungando un piccolo oggetto argentato, «Non è niente di eccezionale, ma puoi aggiungerlo agli altri».

Jo mi da un ciondolo dalla forma strana da appendere al braccialetto che mi ha regalato a Natale.

«Grazie», sono commossa.

«Ho preso una lattina in argento, in ricordo degli scherzi di Rebecca di questo periodo. Non c'era a forma di piatto di spaghetti, altrimenti avrei preso quello», mi dice sghignazzando.

«Sei davvero simpatico», gli faccio una linguaccia.

«Ricordi belli. Ricordi brutti. Pensieri belli. Pensieri brutti. Alla fine tutti servono, in un modo o nell'altro. No?», Jo morde il suo tramezzino stringendo di più il braccio intorno alle mie spalle.

«Già, hai ragione», con le dita sfioro i particolari scolpiti sul piccolo ciondolo, poi appoggio la testa sulla sua spalla. Con Jo sono serena, questo mi basta. Voglio vivere il mio presente, senza farmi troppi problemi per il futuro e senza i fantasmi del passato. Voglio vivere l'attimo e godermelo fino in fondo.

 

Il sole colpisce gli alberi che ci fanno ombra, proiettando sottili raggi, filtrati dai rami, che scaldano l'aria. Il fruscio delle foglie è come una musica rilassante, il cinguettio degli uccelli mette allegria. Non potrei chiedere niente di meglio.

 

Due figure in lontananza ci stanno raggiungendo.

Sono Kate e Stephanie e sembra stiano discutendo.

 

«Che succede?», faccio cenno con la testa a Jo nella direzione delle nostre amiche.

«Non ne ho idea», mi risponde alzandole spalle.

«Meglio intervenire», scatto in piedi quando vedo che Kate strappa dalle mani di Stephanie qualcosa per buttarlo in terra. Jo mi segue.

In pochi secondi siamo da loro.

 

Stephanie sta piangendo, mentre Kate pare su tutte le furie.

 

«... Non puoi farmi una cosa del genere. Non puoi proprio», sta dicendo Kate a Stephanie.

«Che cosa sta succ...», provo a chiedere, ma Kate mi blocca.

«Per favore Elena, non intrometterti», mi dice in tono brusco.

Per terra c'è una rosa rossa con parecchi petali staccati.

«Dopo tutto quello che ti ha fatto hai il coraggio di accettare un suo regalo? Ma sei impazzita?». Kate sta sbraitando contro Stephanie sempre più affranta.

Jo si mette in mezzo alle due ragazze allontanandole, non le ho mai viste litigare in questo modo.

«M-mi dispiace. Lucas è stato gentile con me, non credevo ti saresti arrabbiata», balbetta tra le lacrime Stephanie.

«Lucas ti ha parlato? Quando?», le chiede Jo sorpreso.

«L'ho incontrato dopo la lezione di fisica. Mi ha regalato quella rosa, chiedendomi scusa per il suo comportamento... Era molto triste», ci spiega indicando il fiore per terra.

 

Jo ed io ci scambiamo un'occhiata preoccupata. Il cambiamento repentino di Lucas non promette nulla di buono, adesso capisco la reazione di Kate.

 

«Devi stare attenta, non puoi fidarti di lui. Hai visto cosa ti ha fatto, sai di cosa è capace. Devi evitare che ti manipoli», le dico abbracciandola. Stephanie sta singhiozzando mentre Kate cammina avanti e indietro come un animale in gabbia. Jo sta cercando di calmarla, ma lei sembra una furia.

«Che ne dite se adesso andiamo a mettere qualcosa nello stomaco? Vedrete che tra un attimo ci saremo chiariti e riusciremo a vedere le cose con più lucidità», dico cercando di calmare gli animi.

«Io ho perso l'appetito». Kate si volta di scatto e si allontana da noi senza aggiungere altro.

Stephanie piange ancora più forte.

Jo ed io la prendiamo per mano e con calma la portiamo alla panchina dove eravamo seduti prima. Cerchiamo di consolarla, ma sembra in preda ad una vera e propria crisi.

 

Non so che fare.

Vedere le mie due più care amiche arrabbiate mi fa davvero male, è come se due membri della mia famiglia non si volessero più bene.

 

I raggi del sole che trapassano i rami degli alberi non ci regalano più calore, un'ombra sta bloccando la loro strada.

«Buongiorno», la preside Marquez è di fronte alla nostra panchina, vicino a lei c'è Nik. Ero troppo presa dal litigio delle mie amiche, per rendermi conto che ci fossero altre persone a passeggiare nel parco della scuola.

Guai in vista.

«Buongiorno Preside», Jo si alza in piedi e con il corpo cerca di coprire il volto in lacrime di Stephanie. 

«Stavamo passeggiando per goderci questa bella giornata quando, io e il professor Martin, abbiamo sentito delle urla. Mai mi sarei aspettata di vedere la Signorina Kate Husher comportarsi in quel modo. Sapete quanto sia importante il decoro per il Trinity». La preside fissa dritta negli occhi Jo.

«Sissignora. La nostra amica ha problemi personali che non hanno niente a che fare con la scuola. Una giornata storta, niente di che», Jo sorride, ma allo stesso tempo è deciso a nascondere Stephanie. Invidio la sua capacità di controllo, in questo genere di situazioni riesce a dare il massimo di se.

«Mi auguro che i problemi personali della Signorina Husher non interferiscano con lo studio. Tra pochi giorni ci saranno i colloqui per i vari Club, è importante mantenere alta la concentrazione. Chiaro?», la Marquez parla con voce ferma. È categorica.

«Sissignora», rispondiamo in coro Jo ed io.

«La pausa pranzo è quasi finita. Andate a prendere i vostri libri per le lezioni pomeridiane». La donna, immobile come una statua, osserva ogni nostro movimento. Vuole che sloggiamo da lì il prima possibile.

 

Nik non dice nulla, si limita a fissarmi. 

Prima che ci allontaniamo mi schiaccia l'occhio complice.

Trattengo un sorriso, non voglio che la preside pensi che la stia prendendo in giro.

 

A tutta velocità andiamo verso l'ingresso, Stephanie pare essersi calmata. Ha il volto più pallido del solito, forse per il pranzo saltato o forse per le lacrime versate.

Jo la tiene per la vita, io le stringo la mano. 

Non so bene che dire, anche perché la situazione è già parecchio complicata e non vorrei incasinare ancora di più le cose: «Vedrai che presto si sistemerà tutto», dico a Stephanie che annuisce mesta.

«Credo che capiterà prima di quanto pensiate», Jo ci indica Kate che sta divorando le unghie della mano per il nervoso. Ci sta aspettando sulle scale d'ingresso della scuola.

 

Appena Stephanie la vede, si stacca da noi per correrle incontro.

Per diversi secondi stanno strette, unite.

«Scusa. Scusa», le dice Stephanie.

«Ho paura che ti succeda qualcosa di brutto. Lo capisci? Devi lasciarlo perdere quello la». Kate è avvinghiata all'amica.

 

Jo ed io tiriamo un sospiro di sollievo. 

Pericolo scampato, almeno per ora.

 

«Adesso avete cinque minuti per ingoiare qualcosa prima che riprendano le lezioni. Non vorrete svenire in classe?», Jo allunga ad entrambe delle mele che le due addentano senza indugi. 

«Andiamo agli armadietti a prendere i libri per le lezioni del pomeriggio, così guadagneremo un po' di tempo», dico trascinando Kate per mano.

«Se Lucas ti infastidisce ancora vieni a dircelo, ok?», dice Jo a Stephanie.

«Sembrava così tranquillo, insomma, aveva quella rosa in mano e... e... Mi sembrava diverso dai giorni scorsi. Voleva chiedermi scusa, tutto qui», ribatte  Stephanie arrossendo.

Kate grugnisce un paio di offese poco piacevoli ed estremamente volgari. Sentirla parlare così è strano, piuttosto buffo.

Tutti scoppiamo a ridere.

 

La campanella suona.

Cavolo, siamo in ritardo.

 

Tutti e quattro corriamo per il corridoio verso i nostri armadietti per prendere i libri. Kate e Stephanie salutano al volo Jonathan e me, mentre cercano di finire di mangiare la mela, poi scattano verso l'aula di informatica al secondo piano.

Jo ed io raggiungiamo l'aula di chimica con il fiatone, buona parte dei nostri compagni sono seduti ai loro posti.

 

Il Professor Tompson entra pochi secondi dopo.

Siamo salvi per un pelo.

 

«La chimica è una scienza che non transige approssimazione. Se di sbaglia un calcolo, un elemento o un composto, si corre il rischio di compromettere l'esperimento. Quello che faremo oggi è iniziare una ricerca sulle cellule, quindi raggiungete il vostro compagno o compagna e iniziate ad impostare il lavoro», il Professore si avvicina alla finestra spalancandola, poi si mette un fazzoletto davanti alla bocca e al naso. Ci guarda schifati, tipico di lui.

Jo prende il quaderno degli appunti e il libro di testo: «Credo potremmo partire dall'analisi del...».

Il Professor Tompson tossisce: «Mi chiedo cosa non sia chiaro delle mie parole. Ognuno di voi deve raggiungere il proprio compagno o compagna e iniziare ad impostare il lavoro. Mi pare di aver già formato le coppie, quindi Signorina Voli raggiunga il suo compagno James McArthur e si dia da fare».

«Ma...», provo a ribattere zittendomi subito.

«Si muova. Adesso», il Professor Tompson ha la faccia viola per la rabbia.

 

«D-devo andare», bisbiglio a Jo che con la mascella tesa e i pugni stretti sta cercando di mantenere il controllo. Non mi guarda, credo potrebbe esplodere da un momento all'altro.

Raccolgo la mia borsa, i libri e le penne. Ho un'ansia pazzesca.

A piccoli passi faccio lo slalom tra i banchi fino a raggiungere quello di James. Mi siedo con cautela, cercando di fare meno rumore possibile. Sono nel panico.

«Bene iniziate ad impostare il progetto. Mi raccomando dovete lavorare insieme e suddividervi i lavori. Nelle prossime due ore voglio vedere teste chine a lavorare e basta», il Professor Tompson trascina una sedia vicino alla finestra aperta respirando a pieni polmoni l'aria fresca.

 

Le mie mani hanno perso sensibilità, sento la faccia bruciare. Non ho il coraggio di alzare lo sguardo, sbircio i movimenti di James mentre apre il libro e inizia a leggere il testo. 

Dopo mesi mi ritrovo ad osservare i piccoli particolari che ho amato di lui: i ricordi delle sue carezze, il calore della sua stretta, il profumo della sua pelle. Tutte cose che mi rendono fragile e vulnerabile. Vacillo.

 

«Potresti star ferma, mi dai fastidio», James è gelido, la sua voce è dura.

«C-cosa?». Detesto quando fa così, riesce a diventare irritante all'istante. 

«Smettila. Dobbiamo studiare», mi dice indicando la mia gamba. Senza accorgermene la sto muovendo istericamente su e giù per il nervoso. 

«Non faccio apposta», gli rispondo acida.

«Non ho mai detto che fai apposta, ti sto dicendo di stare ferma. Ne sei capace? Non hai cinque anni», James apre il quaderno sbattendo la copertina sul banco.

«Vedrò. Se ho voglia di star ferma starò ferma, altrimenti fattene una ragione. Chiaro?», appoggio con forza la penna sulla copertina del libro di testo. Il suono rimbomba per l'aula.

«Fai troppo rumore», James prende l'astuccio mettendolo tra di noi. Lo sbatte così forte che metà classe si gira a guardarci.

«No, tu fai troppo rumore». Non ho voglia di farmi sottomettere, anche se stare vicino a James mi fa sentire fragile, non posso permettergli di affossarmi. Non posso ritornare ad essere lo spettro che ero quest'estate.

 

James mi guarda negli occhi con sfida.

Siamo a venti centimetri l'uno dall'altra.

Non ho intenzione di abbassare lo sguardo.

 

Il calore del suo respiro colpisce il mio volto.

Elena, non ci cascare.

 

Il verde dei suoi occhi è pura luce.

Elena, smettila di guardarlo.

 

Il profumo della sua pelle mi avvolge.

Elena, non è più il ragazzo che amavi.

 

«Guarda pivella che ti faccio un regalo ad aiutarti. Sei un disastro in chimica, non sei in grado di fare nulla. Rischio solo di abbassare la mia media lavorando con te», mi dice con cattiveria.

«Cosa vuoi? Ti devo dire grazie? Se vuoi posso anche inchinarmi e lanciare petali di rosa al tuo passaggio», rispondo con il suo stesso tono.

James stringe le mascelle, socchiude gli occhi e prende un grande respiro.

Poi mi avvicina il libro di testo:«Leggi questa parte, poi ricopia le formule su un foglio. Sei capace di farlo stando zitta?».

Senza rispondere faccio quello che mi dice, abbasso la testa e scrivo.

 

Non ho intenzione di perdere me stessa.

Non voglio che mi distrugga un'altra volta.

Non permetterò che mi faccia del male.

 

Questo è solo un progetto di chimica, niente di più.

Che potrebbe succedermi di male?

   
 
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