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Autore: Corydona    11/08/2017    2 recensioni
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Ex "Un tuffo al cuore"
Dopo l'infortunio di una delle compagne di nazionale, Fiammetta Salieri ha l'occasione di realizzare il suo sogno e di partecipare alle Olimpiadi. Cosa potrà mai andare storto?
Ovviamente, nulla va come previsto.
Nel giro di pochi giorni, Fiammetta si ritrova al centro delle più disparate confidenze, scoprendo legami di ogni genere tra compagni e avversari.
Tra amicizie che nascono e che muoiono, scommesse, tradimenti segreti e persino un mazzo di fresie, ci ritroviamo a vivere gli spalti dell'impianto non solo tra la tensione delle continue gare, ma anche facendo il tifo per le Olimpiadi che ognuno di noi almeno una volta nella vita deve disputare: quelle del cuore.
Genere: Romantico, Slice of life, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Olimpiadi Romane'
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L'entusiasmo, e con esso l'applauso per avermi rivisto in piedi e camminante, si acquieta quando i giudici si siedono al loro posto. Salgo sulla parte degli spalti dedicata agli atleti e vado verso i miei compagni di squadra, seguita da Rebecca. Sandro, invece, rimane giù insieme agli altri allenatori. Mi siedo vicino ad Andrea Comini, il capitano della squadra. Anche se si tratta di uno sport individuale, c'è un capitano, scelto tra i più esperti, per fare da chioccia a noi esordienti.

Andrea non è il più vecchio della spedizione azzurra, visto che ha ventotto anni, mentre ci sono le nostre due piattaformiste, Chiara e Valentina, che ne hanno poco più di trenta. Entrambe hanno annunciato il loro ritiro a fine Olimpiade e devo ammettere che mi dispiace molto: le ho seguite passo passo nella loro carriera, guardandole gareggiare in televisione... ma sono anche emozionata di poter condividere con loro queste mie primissime esperienze: sono state per anni le campionissime del sincro dalla piattaforma e spesso sono state ad un passo dal battere le fortissime cinesi. Purtroppo non è mai accaduto, ma chissà che questa, oltre ad essere l'ultima, non sia anche la volta buona...

- Quanti sono questi? - mi chiede Andrea mostrando due dita della mano.

Mi metto a ridere, puntando lo sguardo sui suoi occhi scuri. - Ci vedo, ci vedo. Come sta andando la gara?

- Cina primissima, per le altre medaglie se la giocano Canada, Gran Bretagna e Messico.

- Tutto normale, quindi.

Andrea annuisce, spettinandosi con una mano i capelli di un colore incerto, un po' biondo, un po' castano.

Peccato, forse anche io e Becky ci saremmo state bene per la lotta alle medaglie, anche se è vero che proviamo il sincro solo da qualche mese, mentre le altre si allenano insieme da almeno un paio di anni. Guardiamo in silenzio il triplo avanti delle malesi. Aveva ragione Rebecca, queste due non sanno proprio dove stia di casa il sincro. Una ha saltato troppo avanti, l'altra ha completamente sbagliato l'apertura ed è finita abbondante. Abbondante significa che, al momento di entrare in acqua, le gambe, invece di immergersi verticalmente, superano l'immaginaria linea perpendicolare. Il risultato molto spesso è un bello schizzo in avanti. Al contrario, scarso è il tuffo che non ha ancora finito di girare e, sostanzialmente, non è finito, perché le rotazioni non sono del tutto completate. L'effetto è sempre lo stesso: tanti schizzi, solo che stavolta sono nella direzione opposta alla quale stai girando.

Qualcuno mi chiama con un colpetto sulla spalla. È Jean-Marc, il mio migliore amico. È accovacciato nel piccolo corridoio di passaggio tra una sezione degli spalti e l'altra per poter parlare con me, che sono nella fila più in basso. Il gruppo italiano è a ridosso della piscina, non troppo distante dagli allenatori, a cui sono riservate, proprio sotto di noi, delle sedie in plastica sistemate una accanto all'altra in più file.

- Come stai? - mi chiede, con la voce bassa perché si stanno tuffando le canadesi. Ha il suo solito sguardo da cucciolo bastonato sul viso dal colorito pallidissimo, come sempre, ma stavolta intravedo la preoccupazione che ha provato poco fa per me. Mi poggia una mano sulla spalla sinistra, credo per non cadere se passa qualcuno, o forse solo per farmi sentire la sua vicinanza.

- Non mi sono fatta niente - gli rispondo, senza ascoltare i voti dei giudici. - Mi secca non poter continuare la gara, perché mi sento bene.

Lui scuote la testa, e so che è in segno di disapprovazione per la mia esuberanza, così diversa dal suo carattere mite; per un attimo il sole che attraversa l'impianto all'aperto si riflette sui suoi capelli ramati. - L'importante è che stai bene.

Gli sorrido, grata del fatto di essere l'unica persona del pianeta a saper interpretare con esattezza la sua mimica.  So che è preoccupato per me, ma so altrettanto bene che, dopo la botta che ho preso, lui sarebbe il primo (ancora prima del dottore e ancora prima di mia madre) a dirmi di stare buona e di non fare nulla, perché avrei bisogno di riposo. Ma anche Jean sa benissimo che non so stare ferma per più di cinque minuti.

- Ci vediamo, Fiamma - mi saluta all'improvviso con un sorriso smorzato, prima di tornare al suo posto. Forse Emilién, un suo compagno di squadra, lo avrà chiamato per commentare qualcuna delle bellezze presenti e io non me ne sono accorta. Infatti lo raggiunge dove è la striminzita delegazione francese.

- È proprio un Fantasmino, guarda come si distingue bene in mezzo a tutti - ride Andrea, alludendo al colorito di Jean. Ha ragione: è veramente bianco e si scorge anche da lontano in mezzo a tanti tuffatori molto più abbronzati. - Magari gli fa bene gareggiare qui all'aperto - scherza ancora; a volte sembra che non ne abbia mai abbastanza.

Mi volto di nuovo verso la piscina: è il turno delle britanniche, Sarah Metcalf e Ashley Morley. Doppio salto mortale avanti con un avvitamento. Lo eseguono, e anche bene. Qualche fila dietro di noi, i britannici esplodono in un tifo da stadio, mentre qualche applauso arriva anche da atleti di altre nazionali, noi compresi. I voti sono otto e mezzo e nove. Vanno dietro alle cinesi e manca l'ultimo tuffo. Dopo il turno delle statunitensi, guardo sul tabellone la classifica. Mi fa una strana impressione leggere in fondo: Salieri-Feno 57.25. È un punteggio molto strano... e parecchio deprimente, soprattutto perché riguarda anche Rebecca; ma ormai non posso fare proprio nulla per cambiarlo.

- Fiammetta - sento dire da una voce maschile e dall'accento anglosassone alle mie spalle.

Mi giro, colpita per il fatto di essere stata chiamata con il nome intero. Esclusi alcuni dei miei parenti, nessuno mi chiama così; neanche i professori del liceo mi chiamavano "Fiammetta"!

Mi volto. È David Thompson, americano, uno dei bellissimi tra i tuffatori. Ha degli occhi azzurri, chiari, da mozzare il fiato. Un viso perfetto, armonico, e un sorriso che non ti fa venire voglia di nient'altro, perché tutto quello che vuoi è continuare in eterno a guardarlo. A essere sincera, lo avevo notato già da tempo... ma ho solo considerato che, di fatto, è davvero un bel ragazzo. Non riuscirei a prendermi una cotta per un tuffatore, neanche se tanto affascinante. Nemmeno se si dichiarasse qui, in mezzo a tanta gente: in quel caso, lo prenderei a schiaffi. A due a due finché non sono dispari. Ci tengo alla mia privacy.

- How are you? - mi domanda, incurvando appena le labbra e sfoderando un sorriso che farebbe sciogliere qualsiasi ragazza; e, in effetti, devo trattenermi per non assumere un'espressione ridicolamente imbambolata. - Hai preso una bella botta!

- Sto bene - gli rispondo io, cercando di sfoderare la mia miglior pronuncia e di non far capire che se lui mi dice altre due parole, rischio di non capire più nulla nella sua lingua.

- Hai fatto preoccupare tutti quanti, sai? - continua, passandosi una mano tra i capelli chiari, con il suo fascino da divo hollywoodiano.

- Sto bene, sto bene - ripeto come una stupida. Come se in inglese sapessi solo dire "I'm fine."
Mi dà una pacca sulla spalla, amichevole.

- Good. See you.

Il bellimbusto fa un occhiolino a me e a Becky e ritorna al suo posto, sicuro di aver suscitato in me una buona impressione. Io e la mia amica ci scambiamo un'occhiata perplessa: un ragazzo dotato di tutto quel fascino che viene a fare il cascamorto con me? Ma perché?

- Abbiamo fatto colpo! - commenta complice Valentina, che ha visto la scena, seduta al fianco di Rebecca. Con una smorfia mi rimetto a seguire la gara, ignorandola. Ma avverto i suoi occhi vivaci e curiosi su di me e so che non la smetteranno di scrutarmi, finché non avrò prestato ascolto all'allusione, velata ma non troppo, della piattaformista. Cosa che io non ho intenzione di fare.

 Le messicane fanno un bel triplo e mezzo avanti, le canadesi rispondono con un doppio salto mortale con due avvitamenti (chiamato in gergo "doppio con doppio") da fare invidia anche alle cinesi e vanno ancora avanti. Seguono i tuffi di coppie che non si giocano la medaglia, ma solo la qualificazione alle World Series dell'anno successivo. A cui io e Becky, per forza di cose, non parteciperemo: alle World Series partecipano solo quelli con i migliori piazzamenti nell'anno precedente e noi siamo molto più che ultime, in fondo alla classifica. Quindi adios.

Al loro turno, le cinesi fanno il loro tuffo che vale i soliti nove e mezzo. Aspetto di vedere le due britanniche, ormai intimamente faccio il tifo per loro. Quando vengono annunciate, c'è il solito boato da parte dei loro compagni di squadra, che mi strappa un mezzo sorriso, perché, di solito, quelli tanto caciaroni siamo sempre noi italiani. Triplo e mezzo avanti, lo stesso delle messicane. Ma loro lo fanno meglio. Decisamente meglio. Si vede la figura unica, persino le teste coincidono (cosa che, con tutta la sincronia del mondo, accade piuttosto di rado) e, al momento di aprire le braccia, sono identiche. Nessuno schizzo. Se non danno dieci qui, non so proprio a chi debbano darlo! Ma i giudici non danno loro più di nove. C'è un nove e mezzo, ma viene eliminato perché è voto più alto; però tanto basta. Sono seconde, dietro alla Cina e davanti al Canada. Esplosione di gioia dietro di noi e applausi anche da tutti gli altri.

- Ma noi pensavamo di giocarci la medaglia con loro? - ride Becky, rivolta a me; e rido anche io, sollevata. Non ci eravamo ancora allenate abbastanza per raggiungere quel livello: saremmo state molto fuori dalla lotta per le medaglie.

- Ci proviamo l'anno prossimo ai Mondiali - le dico. E sembra più una promessa che uno scherzo. Non è solo per farmi perdonare il ritiro di oggi: è una convinzione che voglio veder crescere anche in lei.

   
 
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