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Autore: rocchi68    11/08/2017    5 recensioni
“La giovinezza è sia una bugia, che un male. Quelli che elogiano la giovinezza stanno solo ingannando se stessi e chi gli sta vicino. Credono che quelli che gli stanno attorno approvino sempre gli atti che compiono.
Usando la parola giovinezza, loro alterano e stravolgono il buonsenso e qualsiasi cosa ci sia di logico.
Per loro bugie, segreti, peccati e insuccessi non fanno altro che aggiungere pepe alla loro giovinezza.
Se il fallimento è il simbolo dell’essere giovani come dicono, allora qualcuno che non è riuscito a farsi degli amici dovrebbe essere all’apice della sua giovinezza, giusto?
Ma di certo, nessuno di loro lo ammetterebbe mai perché tutto deve andare come più gli torna comodo.
Per concludere: gli idioti che si godono la loro gioventù dovrebbero suicidarsi”.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dawn, Scott, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
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Dawn, per quel pomeriggio, non parlò più della sua famiglia e Scott con il suono della campanella si avviò verso il portone.
Giusto il tempo di arraffare un panino dalle macchinette, d’uscire dalla struttura e alle 17 era già disteso sul suo caro vecchio divano.
Era stato sufficiente guardare il tavolino per capire che non era solo e che la sorella non era ancora tornata all’ovile.
Doveva essere ancora infuriata per la faccenda di qualche ora prima.
Per quando, ad essere precisi, l’aveva invitata ad andarsene da Lucas.
Non che gli importasse d’apparire troppo freddo e distaccato, ma non voleva nemmeno che Alberta lo odiasse a morte.
Era solo questo il suo punto debole.
Non era l’analizzare tutto con calma e con lucidità la sua debolezza: era il timore di farsi odiare ciò che non sopportava.
“Da quanto sei tornato?”
“Poco.”
“Vuoi che ti prepari qualcosa?”
“Non occorre.”
“Come è andata a scuola?” Tentò nuovamente, sperando di trovare qualcosa di cui parlare.
Purtroppo per lei, Scott non aveva voglia d’ascoltare i versi di una iena che per una volta manteneva la calma.
Lui voleva solo dormire o fissare il vuoto del soffitto.
Parlare e dare aria alla bocca era l’ultimo dei suoi pensieri.
“Bene.”
“E la gita procede come al solito?”
“Sì.”
“Sicuro di non avere nulla da dirmi?” Domandò la madre, facendolo riflettere per un secondo.
Dentro di sé sentiva che doveva parlare della sorella, ma reputava tutto ciò come un qualcosa d’inutile.
Tanto sapeva come sarebbe andata a finire.
Lei avrebbe saputo la verità, se non la conosceva già, si sarebbe infuriata, facendo vibrare le pareti e poi avrebbe sistemato le cose a modo suo.
“Sì.”
“Stai rispondendo di sì solo perché speri che ti lasci in pace?”
“Sì.” Rispose il ragazzo.
“E quindi credi che non sappia di tua sorella?”
Scott si accontentò di negare con il capo, quasi come se quella questione fosse sorta per colpa di Alberta.
Lui non si sentiva colpevole in alcun modo.
Non era colpa sua, se lei era fuggita e se era sempre stata troppo debole per sopportare una verità nuda e cruda.
“Perché l’hai mandata via?”
“La sua vista mi disturbava.”
“Ma siete fratello e sorella e tra voi dovrebbe esserci un ottimo rapporto.” Lo rimproverò la donna, aggiungendoci un’occhiataccia.
Solo Scott sapeva quanto si sbagliasse.
Tra loro non c’era amore fraterno, ma solo odio e disprezzo.
Lui non si era mai sentito parte della sua vita e quindi credeva giusto escluderla dalla propria.
Inoltre credeva controproducente per la sua psiche interessarsi della sfera sentimentale e dei progetti futuri di Alberta.
“Balle.”
“Da quando sei così sfrontato?”
“Non so.”
“Dov’è quel bambino che, correndo felice e spensierato, donava armonia in questa famiglia?” Nel dirlo, la donna aveva afferrato anche la foto che aveva sul mobile del salotto, quasi volesse ricordare il passato.
Quanto le sarebbe piaciuto rivedere il sorriso reale e delicato dell’immagine e non più quello spento e fasullo che il figlio adottava per evitare troppe domande.
“Non ricordo quel giorno.”
“Sei un ragazzo impossibile.”
“Credi davvero che io sia impossibile, mamma? Mi puoi spiegare cos’è rimasto di quel sogno che volevi tanto realizzare? Perché dovrebbe importarmi qualcosa di questo posto?” Chiese, facendo riflettere la donna.
Quei quesiti così spietati, tipici di Scott, sarebbero stati capaci di zittire anche il più inguaribile degli ottimisti.
E in quel pomeriggio era riuscito a distruggere la poca speranza che viveva nella madre.
Scott non si voltò, nemmeno quando la sentì piangere e chiudere con rabbia la porta della sua camera.
Tanto sapeva bene come sarebbe finito quel pomeriggio.
Tempo qualche ora e la vecchia iena sarebbe uscita dalla sua tana.
Avrebbe preparato qualcosa da mangiare, avrebbe parlato al telefono con Alberta e si sarebbe dileguata senza degnarlo di uno sguardo.
“E poi osa chiedermi cosa c’è che non va.” Brontolò il ragazzo.
Non riusciva proprio a comprendere quegli sforzi inutili.
“Perché tentare d’incollare qualcosa, sapendo che ti mancano tanti pezzi?”
Quanto erano patetici quei tentativi.
Lui lo sapeva e per non venire meno ai suoi intenti, avrebbe lasciato che la madre continuasse con quel sogno irrealizzabile.
Forse un giorno avrebbe compreso e sarebbe stata felice.
Magari trasferendosi nella nuova casa che Alberta avrebbe comprato non appena si fosse sposata con Lucas.
Tanto ne parlavano spesso e rimanere solo per Scott non faceva più alcuna differenza.
Solo lo era con loro due in mezzo ai piedi e senza sarebbe stato ancora più facile.
 
Erano circa le 21 quando sentì il campanello suonare.
Con tutti gli orari possibili e con tutti i giorni a disposizione, Scott si era chiesto chi potesse essere.
Non guardò nemmeno dalla finestra e subito aprì la porta, trovandosi davanti una valigia e una figura che lo fissava emblematica.
“Sto aspettando le tue scuse.”
“Le mie…cosa?”
“Mamma ha detto che potevo tornare perché eri pentito.”
Il ragazzo si voltò verso la figura in vestaglia alle sue spalle che sorniona era riuscita a fargliela da sotto il naso.
Aveva passato il primo scontro pomeridiano, incassando poi in serata un micidiale colpo che avrebbe stroncato chiunque.
Scott si ritrovò a negare con il capo, quasi volesse farle capire che non era ben accetta, anche se la invitò comunque ad entrare.
“Non sembri felice di vedermi.”
“Lo sono così tanto che organizzerei una festa.” Ribatté sarcastico, facendola quanto meno sorridere.
“È così che dovrebbero comportarsi fratello e sorella.” Intervenne la madre che cercava di smorzare ulteriormente le frecciatine di Scott nei confronti di Alberta.
Di certo non voleva che lei se ne andasse di nuovo.
Non poteva sopportare che i suoi tentativi fossero vani e poi per la prima volta, dopo tanti mesi, aveva notato qualcosa di diverso nello sguardo di Scott.
C’era una sorta di rilassatezza verso quel compromesso.
“Prima faccio la morale e poi sputo dove mangio?”
Era questo il motivo per cui si era rassegnato.
Il suo orgoglio gl’impediva di rimangiarsi la lezione che aveva insegnato a Dawn.
Sarebbe passato come un bugiardo e questo non gli andava a genio.
“Sì come vuoi tu.”
“Mi sembri più fiacco oggi, fratellino.”
“È l’età Alberta.”
“Ti consideri più vecchio di me?” Domandò sorniona la giovane, facendo sorridere anche la madre dopo molto tempo.
“Anche se fosse, ricorda di non starmi tra i piedi.”
Scott dopo aver dettato quella semplice regola, raccolse la valigia e la portò nella sua stanza, lasciando le due iene e confabulare e a confrontarsi su quanto erano riuscite ad ottenere.
 
Scott, nel ritornare in salotto, sapeva come si sarebbe conclusa quella breve serata.
Sua madre sarebbe andata a dormire dopo qualche minuto, mentre Alberta avrebbe occupato la sua stanza e avrebbe riunito i 2 letti singoli, ben sapendo che il fratello mai si sarebbe sognato di dormire nella stessa stanza.
Lui non l’avrebbe mai voluta vicino e pertanto accettava di buon grado di trasferirsi sul divano.
In passato avrebbe risposto che gli dava fastidio il suo russare o il suo parlare nel sonno, ma in verità la sua vista gli recava fastidio.
Sul divano, invece, avrebbe passato qualche ora di sollievo.
Nonostante questa cieca convinzione e nonostante una posizione ben studiata c’era qualcosa che continuava a tenerlo sveglio.
Si sentiva d’escludere il ritorno repentino di Alberta e le problematiche scolastiche e pertanto cercava il motivo che tenesse occupata la sua mente.
Senza nemmeno badare all’ora tarda e senza considerare di fare troppo baccano, si avviò verso la cucina per fissare il calendario sulla parete.
C’era un qualcosa in quel numero che aveva cerchiato di rosso che non lo rendeva tranquillo.
Perché avrebbe dovuto significare qualcosa per lui il 24 ottobre?
Sarebbe stato un giorno come tanti altri.
Sempre uguale nella sua monotonia e sempre lento nel passare.
L’ho invitato a casa per lunedì prossimo.”
Scott nell’osservarlo intensamente per qualche secondo aveva compreso il motivo.
Se quella giornata fosse andata così come le aveva consigliato, lui si sarebbe sbarazzato del primo sciagurato del club di Volontariato.
Di per sé non temeva il suo fallimento.
Temeva solo di non essere libero.
Libero di dormire nella stanza del club e libero di riferire con orgoglio verso dicembre che lui aveva portato a termine la sua missione.
Poco gl’importava che nessuno varcasse più la porta per chiedergli consiglio.
Lui avrebbe mandato via chiunque volesse disturbarlo dalle sue attività ricreative e rilassanti, ad eccezione ovviamente di Dawn e del vecchio McLean.
Fu solo quando sentì un lieve fruscio alle sue spalle che si risvegliò.
“Sei un tipo mattiniero, fratellino.”
“Che vuoi?”
“Scortese come sempre.”
“Quanto ti serve?” Domandò il ragazzo, spostando il suo sguardo severo verso la sorella.
“Perché credi che abbia bisogno di denaro?”
“Perché sei una donna.”
“Volevo chiedertelo prima, ma non ci sono riuscita: dimmi Scott cosa rappresenta quel numero cerchiato?”
“Il mio funerale…l’ho organizzato mentre non c’eri.” Rispose il ragazzo, prendendo dal frigo una bottiglia d’acqua.
“Credevo volessi organizzarlo dopo il mio matrimonio.”
“Quel fesso di Lucas deve essere impazzito per volerti sposare.” Sbuffò il giovane, bevendo velocemente un primo sorso.
“E tu?”
“Sei peggio della mamma.” Ringhiò il rosso, ben sapendo dove volesse andare a parare.
Alberta non si era ancora rassegnata d’aver fallito con i suoi propositi di trovare l’anima gemella al fratello e pertanto non credeva possibile che dopo 4 lunghi anni di superiori, Scott si ostinasse a restare single.
“E Dawn come sta?”
“Persa nel suo mondo.” Nicchiò, scrollando le spalle.
“Vorresti farne parte? Del suo mondo intendo.”
“Perché dovrebbe importarmi qualcosa di una persona che ho sempre disprezzato?” Domandò il giovane, fissando la maggiore che continuava a stringersi nelle spalle.
“Perché la conosci da tanti anni.”
“Anche tu conoscevi il tuo ex da tanti anni, ma quello ti ha tradito comunque.”
“Hai ragione.”
“Si può sapere, cosa vuoi da me?” Richiese Scott, mentre la sorella si sedeva e beveva un goccio di una bibita dimenticata sopra il tavolo.
“Vorrei sapere il perché mi odi.”
“Ti ho dato questa impressione?”
“Suvvia Scott, non prendermi in giro. Ci deve essere un motivo per cui negli ultimi anni ti sei fatto così freddo e distante.”
“Hai mai pensato che potrebbe essere il mio carattere?” Domandò il rosso, facendo annuire la maggiore.
“Certo che ci ho pensato.”
“E quale conclusione ne hai tratto?”
“C’è qualcosa che ti ha costretto a diventare così, ma non riesco a capire cosa.” Rispose la ragazza, fissando il fratellino che continuava a bere tranquillo.
“Ti preoccupi per me?”
“Non dovrei?”
“Non ne vedo il motivo. Non ho nulla da spartire con te e i miei pensieri non ti riguardano in alcun modo.” Ribatté con freddezza, senza riuscire a scalfirla.
“Hai mai trovato qualcuno per cui valesse la pena cambiare?”
“Perché dovrei risponderti?”
“Perché, se mi rispondi, significa che non hai nulla da nascondere.”
Scott assaggiò per qualche secondo quelle parole.
In effetti non era in errore. Era una domanda legittima, anche se ad essere sinceri non si era mai scontrato con qualcuno che meritasse la sua approvazione o il suo interesse.
“Direi di no.”
“E i tuoi amici?”
“Non so se l’hai notato Alberta, ma io non ho amici. Conosco solo qualcuno con cui condivido un’esistenza penosa.”
“Il tuo pensiero conclusivo sulla vita sarebbe questo?” Chiese la sorella, continuando con il suo interrogatorio.
“La vita è solo un’immensa fregatura. Quando credi che tutto vada bene, devi sempre aspettarti una pugnalata alle spalle.”
“E allora cosa ne pensi del mio futuro matrimonio?”
“Sei troppo giovane per sposarti.” Borbottò il rosso, riponendo la bottiglia in frigo e negando con la testa, quasi considerasse quella scelta come una pazzia evitabile.
“È solo questo il tuo pensiero?”
“Non capisco cosa puoi guadagnarci nel vivere per sempre con una persona che potrebbe renderti felice, ma di cui ricorderai più difetti che pregi.”
“È l’amore, fratellino. Qualcosa che comprenderai quando sarai più maturo.”
“O più stupido.” La corresse il rosso.
“Lo credi tu.”
“Già.”
“E il 24 ottobre cosa dovrebbe succedere?” Domandò di nuovo a distanza di qualche minuto dalla prima volta.
Sperava che quella breve conversazione avesse reso più malleabile il fratello.
Ad essere sinceri Scott, escludendo le sue paranoie e le sue idee malsane, era un tipo abbastanza interessante.
Un tipo però che combatteva con i rari sprazzi di loquacità e che evitava di essere al centro dell’attenzione, riuscendoci meravigliosamente in quei pochi anni.
Anche se Albert avesse fermato i suoi compagni di classe, quest’ultimi avrebbero ricordato di Scott solo la chioma rossastra e il carattere indecifrabile.
“Sei troppo curiosa.”
“Riguarda Dawn?”
“Perché dovrebbe riguardarla?” Domandò il rosso, cercando di comprendere come avesse fatto a risalire al motivo di tanto finto interesse.
“Perché se non riguarda noi e non riguarda te, l’unica persona di cui parli, anche se poco, è proprio quella ragazza.”
“Non eri così sveglia da quando hai fregato il rossetto alla mamma.” La derise Scott, facendola ridacchiare.
“Allora?”
“Un giorno potrei raccontarti tutto, ma non farti strane idee.” Rispose con freddezza, prima di uscire dalla cucina per poi distendersi sul divano.
Lei, nonostante non fosse poi così soddisfatta di quel dialogo, non poté far altro che tornare nella sua stanza, non prima d’aver gettato uno sguardo verso il fratello che con i suoi occhi spiritati continuava a fissare il soffitto privo di vita.
 
Quei pochi giorni che separavano Dawn dall’incontro con suo padre erano passati in fretta.
Le stesse ore nel club erano volate nel silenzio.
Scott continuava a fissare il muro davanti a sé, mentre lei cercava di comunicare e di chiedergli consiglio.
Ogni tanto rispondeva a monosillabi, anche se era più il tempo che passava fuori dall’aula o a rapporto dall’esaminatore che quello legato alle attività previste dal Volontariato.
Stranamente, però, quel lunedì si sentiva in vena di parlare.
“Paura?” Chiese, riferendosi a ciò che l’attendeva.
“Un po’.”
“Non dovresti averne.”
“Sarebbe magnifico se la mia famiglia si ricomponesse.”
“Se lo affronti con questo spirito, non resterai delusa.” Borbottò il rosso, osservando il cellulare senza vita che gli faceva compagnia.
“Certo che questo club è sempre così vuoto.”
“Credevo sapessi che questi club sono per buona parte inutili.” Riprese lui con un sorriso appena accennato.
“Speravo di trovare qualche amico.”
“Non ti bastano i nostri compagni?” Domandò Scott, fissando l’orologio alla parete, per poi riporre il libro che aveva sopra il tavolo dentro lo zaino.
“Siamo in classe insieme e non sai nulla?”
“Osservo e ricordo solo le cose utili.”
“E la ragazza che conosci da molti anni non ti sembra importante?” Chiese la giovane, bloccando il rosso in una domanda trabocchetto.
In altre situazioni avrebbe ammesso candidamente che non gliene poteva importare di meno.
Che per quello che lo riguardava, lei poteva anche rimetterci le penne.
Che poteva anche trasferirsi in un altro Stato, ma tanto lui non avrebbe versato nemmeno una lacrima.
Purtroppo quel giorno non poteva farlo.
Una risposta negativa l’avrebbe demoralizzata o fatta arrabbiare.
Di certo non era nelle sue intenzioni farle affrontare la discussione con suo padre in una simile condizione.
Da furiosa o triste avrebbe fatto una pessima figura e non sarebbe stata convincente.
Però non voleva nemmeno essere considerato un debole.
Se dalla sua bocca fosse uscita una frase positiva, avrebbe avuto pronta una grossa verità: quelle parole sarebbero servite in futuro.
Con la rinascita della sua famiglia, tutto si sarebbe risolto per il meglio.
Senza più problemi, senza più le motivazioni per continuare, Dawn avrebbe ritirato l’iscrizione dal club e avrebbe passato quei mesi insieme ai suoi genitori.
Avrebbe recuperato gli anni perduti con la loro distanza e Scott ci avrebbe solo guadagnato.
Senza Dawn, lui sarebbe stato l’ultimo membro rimasto del club e avrebbe ricoperto il ruolo di Presidente, continuando così a ignorare il suo problema e a fingere.
E verso dicembre o al massimo gennaio, i pomeriggi scolastici sarebbero tornati ad essere spesi nell’ozio più totale sul divano del suo salotto e si sarebbe concentrato a scrivere qualche storiella con cui deprimere i professori o con una qualche battuta acida che potesse schiodare da casa quella sanguisuga di sua sorella.
“Ritieniti fortunata che sei abbastanza importante.” Ghignò il rosso, facendole credere che forse il suo non era un caso così disperato.
“Non ho poi molti amici.”
“Quando la tua famiglia si sarà riunita anche il tuo carattere ne troverà beneficio e quindi potresti averne di nuovi.”
“Davvero?” Chiese la giovane con un sorriso contagioso.
“Sì.”
“Rispondi così solo perché speri che ti lasci in pace?”
“Forse.” Ridacchiò il giovane, concentrandosi sulla sua figura che sembrava soddisfatta da quelle parole
Scott nel vederla così felice e nel sapere cosa l’aspettava, per una volta, l’unica in vita sua, si sarebbe comportato bene nei suoi confronti.
Solo perché era il giorno che tanto attendeva.
“Vai pure prima che si faccia tardi, lo chiuderò io il club.” Si propose con una carineria che gli suonava strana.
Lei, raccogliendo quell’invito insperato, prese la borsa contenente ancora i libri scolastici, gli porse le chiavi della stanza e lo salutò.
Dawn, uscendo dall’aula e scendendo le scale, si rese conto che, continuando in quel modo, non sarebbe mai stata capace di ricambiare i suoi sforzi.
Le risultava difficile trovare un modo con cui aiutarlo, dati i suoi tentativi di risultare invisibile e di farsi odiare dal mondo.
 



Angolo autore:

Non so nemmeno cosa scrivere.

Ryuk: Ci penso io.

Davvero?

Ryuk: Mettetevi in testa che Scott sarà molto diveso rispetto ai nostri standard.

Non essere aggressivo Ryuk.
I pensieri di Scott saranno contorti: alcuni li avete appena notati, altri usciranno molto più avanti.
Piccolo spoiler...il primo che avrà bisogno del club interverrà nel quinto capitolo e sarà una ragazza.

Ryuk: Abbiamo detto anche troppo.

Ora andiamo che ci sono altri progetti da finire.
Ringraziamo chi ha recensito questi 2 capitoli e chi segue la storia, anche se in silenzio.

Ryuk: Ci risentiamo martedì per l'aggiornamento.

Vi auguro un buon week-end.
Alla prossima!
   
 
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