Crossover
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Autore: DanieldervUniverse    11/08/2017    1 recensioni
Due dei, due schieramenti. Due fila di guerrieri leggendari costrette ad affrontarsi in un duello mortale per cancellare l'esistenza dell'altra. Caos ed Armonia, male e bene, ombra e luce.
Dieci eroi, uniti da un sottile filo di memoria l'uno dell'altro, e un'alleanza dettata dal caso: il cavaliere, l'alieno, il pirata, il ninja, lo shinigami, il mago, il boss, la mezzosangue, la presidentessa e la vagabonda, affronteranno i dieci generali di Ade per ostacolare l'avvento delle tenebre, sperando nel successo della loro missione.
Genere: Avventura, Azione, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Anime/Manga
Note: Cross-over | Avvertimenti: Incompiuta, Spoiler!
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A\N: Continuiamo intanto, ci sto mettendo seriamente troppo a scrivere.

DII\N: …


Clare continuava a vagare per la foresta, impassibile, aspettando di uscirne.

Nella penombra le forme degli alberi e degli arbusti sembravano più cupe, come se volessero protendersi verso di lei e catturarla, ma la Claymore non si faceva intimidire: aveva visto cose più terribili nella sua vita che una foresta muta e gelida come la morte.

Anzi, nemmeno.

Il rumore dei suoi passi era l’unico suono che l’accompagnava, e in un certo senso era rassicurante continuare a sentirsi sola con se stessa, nonostante tutto.

Quella foresta probabilmente non era vera, altrimenti ne avrebbe sentito i sussurri, invogliati dal vento, e anche i versi degli animali che la abitavano; ma soprattutto avrebbe avvertito il senso del pericolo, la morte imminente che poteva sbucare da un momento all’altro, i mostri che attendevano di dilaniare le sue carni, per eliminarla, e che lei avrebbe eliminato per dovere finché non fosse morta in azione.

Però le ricordava comunque casa sua, il mondo da cui proveniva: ricordava che c’erano molte foreste lì, e che era impossibile non doverne attraversare almeno una durante i viaggi tra una missione e l’altra.

Ma in quanto Claymore, lei sapeva che ben altre dovevano essere le sue preoccupazioni.

-Viaggi da sola?

In un attimo la possente spada era tra le sue mani, puntata contro la voce.

Non vide nessuno, solo tronchi e arbusti.

-Chi sei?- chiese, continuando a guardarsi intorno.

-Un uomo- rispose la voce.

Si era spostata, verso sinistra, ma nella macchia di alberi ancora non si vedeva niente.

-Io non uccido uomini.

-Nel tuo mondo- continuò la voce -Ma qui non è il tuo mondo. Perché esiti?

-Fatti vedere e forse potrei anche accontentarti.

Un fruscio di foglie l’attirò, e lei si volse verso il rumore, scorgendo un uomo in vesti neri e bianche farsi avanti.

I suoi passi si facevano sempre più rumorosi, come se camminasse su un tappeto di erba secca, e mano a mano che si avvicinava la ragazza capì il perché: in un breve raggio attorno a lui, passo a passo, l'erba appassiva, le foglie cadevano, e i rami si scurivano, mentre la corteccia scricchiolava rumorosamente, sul punto di sgretolarsi.

Fece un passo verso lo sconosciuto, ma quello indietreggiò quasi subito, lasciandolo interdetta: aveva incontrato pochi avversari nella sua vita che si ritiravano davanti a lei, invece di tentare il primo colpo.

-Non avvicinarti più di così, per favore- le disse, con tono sorprendentemente gentile.

Clare gli lanciò un’occhiata sospettosa, ma fece come detto, tenendo tuttavia la spada sguainata e puntata verso di lui.

Era un ragazzo, il volto ancora giovane e privo di rughe: aveva i capelli scuri, corti e disordinati, e gli occhi altrettanto scuri; vestiva con una tunica da nobile, scura, con i bordi dorati, e portava legato attorno alla vita e al petto un lungo mantello, fermato sulla spalla sinistra da un nodo.

-Chi sei?- chiese Claymore, dopo vari attimi di silenzio in cui lo sconosciuto si teneva a distanza.

-Zeref Dragneel è il mio nome- rispose, senza mostrare alcun atteggiamento aggressivo -E tu sei Clare.

-È così ovvio?- replicò lei, sorpresa che lo sconosciuto si fosse disturbato ad apprendere il suo nome, ma senza mostrare altro sentimento che la contemplazione apatica.

-I tuoi occhi sono una prova ineluttabile- rispose Zeref, facendo un cenno con il capo nella sua direzione.

Già, gli occhi delle Claymore: occhi d’argento, occhi unici e letali.

Come i capelli e la pelle: bianchi e sbiaditi.

Qualcuno li aveva definiti diafani, ma non vi era nulla elegante nell’aspetto di una Claymore: solo furia primordiale e un’illusione di bellezza ed eleganza.

-Hai sentito parlare di me?- chiese, abbassando leggermente la punta dell’arma, improvvisamente curiosa

-Conosco la persona che stai cercando- rispose lui, senza battere ciglio.

Le dita di Clare si chiusero senza indugio attorno alla lama, e dovette sforzarsi di non assalirlo all’istante, tremando per loro sforzo di contenere la propria ira.

-Priscilla- ringhiò, sentendo il proprio corpo fremere per la voglia di battaglia, mentre il suo sangue Yoma ribolliva, chiedendo a gran voce il sangue dell’umano.

-D-dove…?- balbettò, ansimando nel tentativo di sopprimere i propri istinti.

-Alla Giudecca, dove si riuniscono i generali di Ade- rispose Zeref -Non parla molto, sembra solo una fragile bambina.

-Quella non è una bambina!- esclamò Clare, sentendo la collera montare -Quello è un mostro!

-Come te?- ribatté Zeref, e la Claymore urlò con rabbia, un urlo animalesco e selvaggio, che non aveva niente di umano.

Riuscì a non balzare su di lui all’istante, ma ad ogni frase diventava sempre più difficile recuperare la freddezza.

C’era una regola per le Claymore: mai uccidere un uomo, o avrebbero pagato con la propria vita.

-Non potresti avvicinarti di più di così in ogni caso- spiegò, indicando il terreno attorno a lui -Se entri nella mia area di influenza morirai.

Clare inspirò profondamente, cercando trattenere il proprio sangue Yoma: la sua visione era cambiata per un’istante, si era quasi risvegliata, ma in quella condizione non le conveniva.

Zeref rimase a fissarla con un sorriso sereno, calmo, ma prima che le potesse notare altro alzò la mano e le scagliò contro una sfera nera.

Clare schivò con i suoi riflessi sovrumani, evitando di poco, e senti chiaramente il suono di alberi che si schiantavano a terra.

-Che cosa fai!?- esclamò, recuperando un attimo di lucidità grazie a quell’assalto.
-Cerco conferma- spiegò Zeref, insistendo ad attaccarla.

La Claymore continuò a schivare i colpi, aggirando il bersaglio con la sua velocità, ma Zeref non rallentava, bersagliandola imperturbabile finché l’intera macchia d’alberi attorno a loro non fu ridotta a pochi tronchi anneriti.

-Cerchi conferma di cosa?- chiese la Claymore, tenendo lo sguardo fisso sul suo avversario.

Ormai era a corto di copertura, e benché fosse capace di resistere ben più a lungo di un umano a quel ritmo, rischiava di commettere un errore fatale.

Zeref ricambiò lo sguardo, tenendo entrambe le mani protese verso di lei, gli occhi stretti e il volto impassibile: sembrava così concentrato da non aver neanche registrato la domanda.

-Chi di noi due merita di vivere- disse invece di mago.

Quindi scattò verso di lei, passando all’offensiva diretta, costringendola a scartare con violenza.

Per un attimo Clare notò uno spiraglio di opportunità, ma si trattenne per evitare di infliggere un colpo mortale: quella regola era molto importante, era l’unica cosa che la separava da Priscilla e i suoi simili.

-Perché non rispondi? Così morirai- riprese Zeref, continuando ad inseguirla con i suoi pugni di magia mortale, flessuoso e agile.

-Non sono così stupida da farmi ammazzare da te- replicò seccamente la guerriera, cambiando direzione di scatto: cercò di sfuggire alla sequenza offensiva per prendere le distanze a preparare un contrattacco che potesse debilitarlo.

Zeref a quel punto si arrestò, abbassando i pugni con fare mansueto.

“Una chance...” pensò la Claymore, facendo per allontanarsi il più possibile.

-Così non confermerò mai niente- riprese il mago, mentre i suoi occhi assumevano un’inquietante tonalità rossa -Non mi lasci altra scelta.

Clare sollevò nuovamente la spada verso di lui, pronta a scappare non appena quello si fosse mosso.

Se avesse iniziato a correre senza aver considerato prima le intenzioni del nemico rischiava di essere colpita alle spalle come un’idiota.

E poi nulla le avrebbe impedito di conseguire la sua vendetta, nemmeno Zeref: non sarebbe morta su quel campo di battaglia.

-Adesso niente più giochi- continuò il ragazzo, avvicinando i polsi delle mani tra di loro e tenendo sollevati solo l’indice e il medio di ognuna -Adesso è arrivato il momento di morire.

Clare ebbe un brutto presentimento, vedendo il nemico che preparava il suo nuovo attacco.

Non volendogli dare chance di costringerla di nuovo sulla difensiva la Claymore scattò, spostandosi attorno a lui con movimenti irregolari, cercando di confonderlo.

-È inutile- la freddò Zeref -Adesso non puoi più sfuggirmi.

Clare si fermò digrignando i denti: sentiva il proprio sangue Yoma ribollire furiosamente, annusando il pericolo.

In quel momento era alle spalle di Zeref, ma sapeva che non aveva dove nascondersi per difendersi dal suo prossimo attacco: il suo istinto preveggente la trattenne dal tentare la sorte.

-Cosa pensi di provare così?- chiese lei, volendo fare pressione sul suo spirito -Sono una Claymore, sono destinata a morire. Che sia la tua mano o quella di un altro non fa differenza per me.

Zeref si volse lentamente verso di lei, la sua personalità apparentemente gentile e rassicurante sbiadita dietro le pieghe del suo sguardo duro e omicida, ancora più serio e minaccioso di quando l’aveva assalita la prima volta.

-Non è la tua morte che conta- spiegò, mentre portava i polsi delle sue mani ad unirsi di fronte al suo petto ancora una volta -Tu sei una Claymore, vivi uccidendo mostri. Io sono un mostro, no, di più: un demone. In questo momento ho soppresso le mie emozioni, sono pronto ad ucciderti senza esitazione. Spetta a te la prossima mossa.

Clare strinse i denti, capendo: era uno stallo, avrebbe dovuto uccidere il mago prima che lui l’annientasse.

Non poteva avvicinarsi per il rischio di essere abbattuta dalla magia, ma se non si fosse avvicinata abbastanza da colpirlo non avrebbe avuto chance lo stesso.

“Non voglio morire come un mostro” si disse, digrignando i denti con rabbia.

Era un offesa per una Claymore cedere al suo lato mostruoso e risvegliarsi, diventando uno Yoma; e anche se costretta in punto di morte, non avrebbe rinunciato al suo orgoglio di umana.

Ma se tanto valeva… almeno nessuna l’avrebbe ricordata così, e non avrebbe sofferto per ciò.

Quando per una Claymore arrivava il momento di morire, inviava un messaggio ad una delle proprie compagne, e si faceva decapitare: per lei non sarebbe venuta nessuna, non c’era nessuna da chiamare lì, in quel mondo così simile oppure diverso dal suo.

Il sangue Yoma reagì, appena lei abbassò la guarda, espandendosi in tutto il suo corpo con forza ribollente, facendole dolere ogni fibra del corpo; la sua visione cambiò, assumendo note grottesche e colori sbiaditi: vedeva chiaramente la preda davanti a lei, intenta a rifinire la sua magia per attaccare; poteva avvertite il battito regolare del suo cuore, il suo respiro, e quasi vedere l’energia magica che si formava attorno a lui.

Quelli erano i sensi sviluppati di uno Yoma, una bestia predatrice di uomini.

Non esitò più, e scattò, lasciando che i suoi istinti facessero il resto: vedeva a rallentatore la condensa del respiro di Zeref, mentre lo superava senza fermarsi, ancora più veloce di quanto lei potesse vedersi.

In un attimo aveva colpito, e quello dopo ancora stava rotolando a terra: aveva perso il controllo, i suoi sensi erano impazziti, e il suo corpo era troppo veloce per rispondere alla sua mente.

In pochi attimi si scontrò contro qualcosa di duro, probabilmente la corteccia di un albero ancora in piedi; il legno gemette, e pochi attimi dopo la pianta cadde a terra con uno schianto, mentre lei cercava ancora di riprendere il senso dell’orientamento.

Doveva essere stata estremamente veloce per aver raggiunto la zona della foresta non colpita dai poteri mortiferi di Zeref, ma ancora non aveva la forza di rimettersi in piedi: la sua parte Yoma la stava divorando senza pietà.

Avvertiva a malapena le gambe e le braccia e il suo sguardo continuava a cambiare fuoco, mentre continuava la sua lotta di volontà contro il mostro che cercava di farla interamente sua.

Ma lei doveva resistere, non doveva cedere alla tentazione, non doveva ridursi in disgrazia.

Diventare una bestia come Priscilla? Mai.

Con forza si sollevò sui gomiti, o almeno quello che probabilmente ne restava, ottenendo una visione rialzata.

Per prima cosa, lottando contro il senso di nausea, spinse il suo sguardo verso il punto in cui sospettava si trovasse Zeref, ed ebbe uno scorcio del suo corpo riverso a terra, o così le parve, dato che dovette distogliere lo sguardo quasi subito, contorcendo il capo in preda ad una fitta di dolore.

I suoi occhi si abbassarono, e vide cosa restava delle sue braccia: uno, il destro, reggeva ancora la spada, ma l’altro non c’era più, sostituito da una serie di protuberanze di pelle che culminavano in lame organiche a forma di scimitarra, almeno dieci lame.

Adesso capiva perché non percepiva più le sue estremità con chiarezza.

Chissà cosa ne era stato delle sue gambe…

Ma il dolore riprese a martellare violentemente, e lei rotolò sulla schiena gridando: un ruggito che si sarebbe potuto scambiare per un animale morente, non fosse stato per la sua caparbia resistenza, lasciò le sue labbra.

Non sudava, come Claymore non ne era in grado, ma il dolore lo sentiva.

D’improvviso, una forza esterna intervenne, facendo preso sulla sua coscienza: la sua rabbia, che fino a quel momento era stata l’alimento dello Yoma che nascondeva, adesso si era rivoltata contro di esso, come veleno.

Clare fece presa sul sentimento di vendetta, e finalmente il suo demone interiore si placò, mentre il suo corpo tornava padrone di se stesso.

La sua trasformazione si annullò, e il suo corpo riprese le sue sembianze originare, lasciandola a contemplare il cielo ansante, come se avesse combattuto per ore invece che per pochi istanti.

Esitante si risollevò in piedi, constatando di essere ancora intera: la spada, il corpo, l’armatura…

Se si fosse rotta quella sarebbe stata costretta a girare mezza nuda, e benché non le importasse sarebbe stata una vista estremamente sconvolgente per tutti gli altri.

-C’è mancato poco…- disse una voce che non si aspettava di sentire.

Si volse di scatto, sollevando la spada, ma Zeref non reagì.

Le sue vesti erano strappate e lorde di sangue lungo il busto, eppure la sua ferita era scomparsa, lasciando a malapena una cicatrice.

-Cosa hai intenzione di…!

Lui alzo le mani e la guardò: i suoi occhi erano di nuovo normali e l’ostilità nel suo volto sopita; ormai non restava niente del suo io oscuro.

-Ho già avuto a che fare con voi: ho visto come Saga e Aizen hanno placato Priscilla in passato- spiegò -Era il minimo che potessi fare.

Clare tenne lo sguardo fisso su di lui, tenendo una muta domanda sulle labbra.

-Sono immortale, sono l’artefice della mia stessa miseria- spiegò -Voglio morire, prima di distruggere il mondo. Ma tu oggi hai ucciso il mostro, ce l’hai fatta. Adesso tocca a me adempiere ad un altro dovere, perché tutto finisca.

Il mago le rivolse un cenno di saluto, e riprese a camminare, allontanandosi.

-Credi che possa finire così?- chiese Clare, guardandolo andare via -Pensi di poter camminare via così, dopo la nostra battaglia?

-Tu non uccidi uomini- rispose lui -Tieniti stretta i tuoi principi, ti terranno al sicuro dal baratro. Se mai avessi bisogno di sopprimere il tuo demone, sappi che ti devo un favore.

Con queste parole, Zeref scomparve nella macchia d’alberi, lasciandola sola.

La Claymore, ancora scossa, sollevò la spada e la infilò nel fodero sulla schiena, tenendo gli occhi fissi sul punto in cui Zeref era scomparso.

“Salvata da un nemico…” scosse il capo, scacciando il pensiero, e si allontanò a sua volta, seguendo la strada della sua vendetta.


A\N: So che molti avranno un punto interrogativo sul perché io abbia dovuto far scontrare due personaggi così incompatibili, e specie perché in modo così squallido, ma non vi preoccupate, recupererò dopo (spero).
DII\N: Tutte scuse.

A\N: Tu e io ne parliamo fuori da qui. Alla prossima. Ciao.

  
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