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Autore: Kameyo    11/08/2017    3 recensioni
‹‹Solo un mese, trenta giorni e poi ti lascerò in pace. In cambio ascoltami e trascrivi tutto quello che ti dirò, saranno le mie parole per te. Dopo, ti giuro che sparirò e tu potrai scegliere di dimenticare››.
Genere: Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha | Coppie: Naruto/Sasuke
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nessun contesto
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Il tempo di una lettera




Quella mattina Sasuke arrivò in stazione con quasi un’ora d’anticipo, si mise ad aspettare la metro in piedi, col suo quaderno degli appunti in mano, lo zaino in spalla e lo sguardo concentrato. Da un mese la sua vita era un susseguirsi di gesti identici e ore vuote, la sveglia delle 6:00, la doccia, il caffè nero, la stazione, l’attesa, la metro, la scuola e poi a casa per i compiti, la cena e il bagno. Ogni giorno uguale al precedente, lo sguardo severo di suo padre, quello preoccupato di sua madre e quello di Itachi, inespressivo e piatto, ma attento.
Sasuke aveva iniziato a odiare la sua vita giusto un mese prima e lei le si era ritorta contro diventando la sua gabbia, la sua casa lo soffocava, la sua stanza non era più il suo luogo sicuro e la sua città era solo un accozzaglia di posti che non aveva più forza di frequentare, il mondo intero non era più abbastanza, non gli regala le attrattive di un tempo, non lo rendeva desideroso di partire alla scoperta di cose nuove; tutto era diventato incredibilmente vuoto.
Il momento della giornata che gli metteva più ansia era l’attesa della metro, guardare la banchina di fronte alla sua, aspettare i vagoni bianchi che lo avrebbero portato a scuola, guardare il viso del nuovo capotreno, i suoi occhi vispi e allegri lo mettevano a disagio, a volte lo facevano infuriare, ma gli bastava concentrarsi sul suo quaderno per non mettersi a pensare e restare calmo.
Era diventato difficile, pesante, continuare a trascinarsi ogni giorno, muovere il corpo, nutrirlo per evitare di stare male, fare attenzione ai rischi e ai pericoli, impedire ai pensieri di fluire, ai “perché?” di farsi spazio fra le nozioni di matematica imparate a memoria. Ogni cosa era un macigno, ogni gesto solo un compito da dover portare a termine.
Svegliati, lavati, studia, non dimenticarti di mangiare, dormi le ore giuste, prendi le pillole se non riesci a prendere sonno, evita Kakashi come la peste. Non pensare. Non pensarci. Non sognare. Non ricordare.
A sentire i suoi pensieri Naruto lo avrebbe riempito di botte, lo avrebbe pestato fino a fargli tornare almeno la grinta e la rabbia per rispondere ai colpi, ma il suo migliore amico non poteva sapere, non poteva leggere nella sua testa e trovarci tutto quel buio, anche se Sasuke desiderava che ci riuscisse, solo per farlo sentire in colpa, per farlo stare male quel tanto da farlo inginocchiare per chiedergli perdono. Invece l’idiota se ne stava sorridente nella banchina di fronte, un sorriso talmente smagliante da accecarlo e il braccio alzato verso l’alto per salutarlo.
‹‹Sas’ke!›› urlava ogni mattina, l’imbecille.
Ignoralo. Ignoralo. Ignoralo.
Sasuke lo sentiva, ma se ne stava comunque chino sul suo quaderno, la sua scrittura quasi perfetta lo distraeva abbastanza da permettergli di evitare d’assecondarlo, un kanji da scrivere meglio, una linea troppo storta, una troppo dritta, poteva perdersi in quel mare d’inchiostro e far finta di essere da solo. Naruto aveva una determinazione unica al mondo e non smetteva di blaterare fino all’arrivo del treno, ma se era bravo abbastanza poteva persino evitare di guardarlo. Solo che quella mattina era diversa, quel giorno era il loro primo mesiversario.
‹‹Sas’ke! Lo so che mi senti! Sas’ke! Devo finire la lettera, devi finire di scriverla per me!›› la sua voce era cambiata da quando avevano dieci anni, ma era ancora troppo fastidiosa, a tratti stridula, e gli faceva venir voglia di strappargli le corde vocale per almeno un giorno intero, così da riposarsi i timpani.
Stupido imbecille senza cervello. Hai problemi da mesi e ora vieni a chiedermi di aiutarti per una stupida lettera! Scrivitela da solo e vai al diavolo! All’Inferno! In qualsiasi luogo a cui sei destinato! Potevi parlarmi prima! Potevi dirmelo!
Sasuke si ritrovò suo malgrado ad alzare lo sguardo, Naruto era dall’altra parte che gli sorrideva, ma sentiva gli occhi della gente puntati su di lui, lo stavano osservando, cercavano di capire quale sarebbe stata la sua prossima mossa; era da un mese che tutti lo tenevano d’occhio. Lui abbassò nuovamente lo sguardo, si sentì quasi impallidire, di nuovo, come accadeva tutti i giorni.
Ignoralo. Ignoralo. Ignoralo.
Non voleva guardarlo, non voleva ricordare cosa aveva combinato un mese prima, non voleva vedere il suo sorriso amareggiato e dispiaciuto, non voleva leggergli negli occhi quel ‹‹Mi dispiace!›› che gli aveva urlato il giorno dopo l’incidente da quella stessa banchina. Non ne aveva la forza.
‹‹Avanti Sas’ke, oggi è l’ultimo giorno, poi la smetterò e ti lascerò in pace, te lo giuro! So che la stai scrivendo. So che stai scrivendo i pezzi della mia lettera. Oggi devo finirla, per favore››.
Lo guardò ancora e sentì un’altra volta gli occhi degli altri puntati sulla nuca, erano fastidiosi e invadenti, desiderava sparissero. Lui non avrebbe fatto nulla di avventato, non lo avrebbe seguito, non gli sarebbe andato dietro come aveva fatto sempre, non sarebbe corso da Naruto per prenderlo a calci e poi abbracciarlo, lo aveva promesso a suo fratello. Lui non l’avrebbe fatto, perché non aveva gli stessi problemi di Naruto, lui quei demoni non li aveva mai conosciuti davvero e sperava di non doverlo fare mai, ma se quell’idiota continuava in quel modo allora sarebbe stato costretto a prendere provvedimenti.
Non possiamo continuare così.
‹‹Sas’ke, fra mezz’ora arriverà il treno e io dovrò andarmene››.
Quella sarebbe stata l’ultima mattina, poi Naruto sarebbe partito e non lo avrebbe rivisto mai più. Sarebbe stata una liberazione per le sue povere orecchie e non si sarebbe più sentito in colpa per quella vita monotona e priva di un qualunque significato, si sarebbe finalmente potuto trascinare in quel modo fino alla fine dei suoi giorni senza che Naruto lo facesse sentire come se fosse stato lui ad aver sbagliato.
Sasuke fece un respiro profondo e prese la piccola matita che teneva nella tasca sinistra dei pantaloni, quel giorno non avrebbe aspettato di essere dentro la metro per mettersi a trascrivere le parole di quel folle, lo avrebbe fatto lì, sulla banchina, così quello sarebbe stato felice e se ne sarebbe andato tranquillo per la sua strada.
Non mi toccherà più vederlo. Naruto sparirà. Dopo oggi sparirà.
Il pensiero di non vederlo più lo aveva divorato per tutto il mese, non vedeva l’ora che il giorno del loro mesiversario arrivasse per toglierselo dai piedi, ma ora che c’era vicino era terrorizzato. Avevano passato tutta loro vita insieme, erano stati separati solo per un breve periodo di tempo a causa dei servizi sociali, ma poi tutto si era risolto e non si erano più staccati. Il loro, più che un filo rosso, sembrava colla super adesiva adatta alle intemperie, Itachi glielo diceva sempre e Naruto scoppiava a ridere uscendosene con dichiarazioni di amore eterno che lo facevano imbarazzare a morte.
Era bello passare il tempo con lui, vederlo ridere per le sciocchezze, sapere di essere il legame più importante, il suo unico e solo, sentire il calore dei suoi abbracci, l’amore che metteva in ognuno di essi, Naruto era... Non sapeva come descriverlo, non sapeva cosa dire su di lui, avrebbe solo voluto amarlo di più, avere altro tempo. Sarebbe stato diverso se glielo avesse detto, se si fosse confidato, ma Naruto sapeva mascherarsi bene, sapeva come far credere agli altri di essere felice mentre dentro si rompeva pezzo per pezzo. Era stato capace di prenderlo in giro per anni con i suoi ‹‹Sto bene, ho te!››, se solo glielo avesse detto...
Bastardo. Non mi hai detto niente e hai fatto di testa tua e ora mi rompi le palle con questa merda di lettera senza senso! Che me ne faccio io di questa roba, cosa?!
 
La verità, l’unica e sola verità era che Naruto non era stato capace di andare avanti dopo la morte dei suoi genitori, non aveva sopportato l’idea di essere rimasto solo, non era riuscito a dimenticare quei due anni tremendi in orfanotrofio, qualcosa in lui si era rotto, ma la maschera che aveva messo su era talmente perfetta da ingannare chiunque, persino Sasuke.
I suoi demoni l’avevano divorato giorno per giorno e non c’erano stati farmaci, amici, terapie abbastanza forti da salvarlo, nemmeno l’amore di Sasuke era riuscito a raggiungerlo. Il marciume del suo passato lo aveva riempito fino a sommergere anche la più piccola pulita luce.
Naruto che sorrideva sempre, Naruto che non si tirava mai indietro per aiutare gli altri, Naruto che sembrava il simbolo della vita stessa.
Naruto che si era buttato sotto quel treno, un mese prima, dopo averlo chiamato un’ultima volta con quel suo sorriso smagliante, dopo avergli detto ‹‹Mi dispiace››. E Sasuke lo aveva visto, lo aveva guardato bene mentre si lasciava andare, lo aveva visto spingere sulle punte dei piedi per andare in avanti, e aveva visto la metro che prendevano ogni mattina, da banchine differenti – perché la prendevano da banchine differenti? – prenderlo in pieno, aveva visto il suo corpo schiantarsi sul treno e cadere a terra, lo aveva visto fra le rotaie.
Una scena che non avrebbe mai dimenticato, come non avrebbe dimenticato lo shock e l’impotenza, il desiderio di tornare indietro nel tempo per salvarlo. Non avrebbe dimenticato niente.
I soccorsi li avevano raggiunti subito, ma cosa c’era da salvare in un corpo fatto a pezzi?
Sasuke lo aveva guardato per tutto il tempo, aveva alzato il braccio per urlargli di stare fermo, ma non era arrivato nemmeno a pronunciare il suo nome completamente che Naruto era già morto. I suoi genitori avevano pensato a tutto, avevano anche chiamato lo psicologo, ma lui era rimasto muto e fermo nelle sue decisioni, anche se era il corpo di Naruto quello sottoterra, quel giorno, sotto quel treno, c’era finito anche lui. Erano morti insieme. Il suo corpo ormai non era altro che un guscio vuoto senza vita.
I signori Uchiha avevano permesso al proprio figlio di stare a casa per tutto il tempo che gli fosse servito, ma Sasuke era tornato a scuola due giorni dopo l’incidente, così lo chiamavano tutti, solo per evitare di dire quello che era successo davvero. Naruto non aveva perso l’equilibrio, si ci era buttato di sua spontanea volontà contro il treno in corsa.
I suoi compagni di classe guardavano il banco vuoto e piangevano, Sakura gli teneva la mano e lo supplicava di non fare in quel modo, ma ‹‹Non sto facendo niente, Sakura›› le rispondeva senza alcuna inflessione nella voce, piatto, morto. Si erano aspettati di vederlo sotto quello stesso treno, se lo aspettavano tutti, pure i passanti che avevano assistito al suicidio, Sasuke non aveva paura di chiamarlo per quello che era.
Dopo neanche una settimana Naruto aveva iniziato le sue apparizioni, lo chiamava sorridente, lui lo ignorava terrorizzato, urlandosi in testa che non era pazzo e che quello davanti ai suoi occhi non era Naruto, non era reale, e quello lo guardava con aria malinconica e si permetteva di parlargli come se non si fossero portato via anche la sua anima.
Sasuke aveva annotato ogni sua parola dal primo momento, non rileggeva mai niente quando finiva, si limitava a trascrivere quell’accozzaglia di suoni sul suo quaderno ed evitava di pensare al loro significato, non capiva perché lo assecondasse, sapeva solo che scrivere quelle parole era importante. Ma il giorno prima Naruto lo aveva avvertito ‹‹Domani me ne andrò, sarà l’ultima volta››, e lui non poteva più far finta di non vederlo, doveva dirglielo che era arrabbiato, doveva fargli sapere che non l’avrebbe perdonato per averlo lasciato solo e doveva chiedergli perché, perché non gli aveva mai detto niente? Perché non si era fidato di lui? Era furioso per questo.
 
Il suo sguardo abbandonò il foglio e fisso dritto davanti a sé, per tutti gli altri c’era solo il vuoto, per lui c’era Naruto, che lo guardava e per l’ennesima volta gli diceva che gli dispiaceva.
‹‹Finalmente mi guardi come si deve, neh Teme? Ti sei stancato di far finta di ignorarmi?››
Sasuke avrebbe potuto giurare di vedere il suo migliore amico in carne ossa sulla banchina opposta alla sua, ora che lo fissava per bene poteva notare di non vedere le persone dietro di lui, come se fosse stato un corpo solido vero e proprio, se fosse andato dall’altro lato, avrebbe potuto toccarlo?
‹‹Non c’è bisogno che tu dica niente, non è il caso tu faccia la parte del pazzo. Le altre persone non possono vedermi, e dopo oggi non mi vedrai neanche tu, a quanto pare posso solo affidarti le mie ultime parole e sparire. Dopotutto non sarebbe bello rimane bloccato qui e farti rinchiudere da qualche parte perché vedi un fantasma. – rise, ma di quelle risate accompagnate sempre dalle lacrime – Quando sparirò, non me ne andrò da qui, a quanto pare devo essere punito per aver messo fine alla mia vita e quelli dei piani alti hanno deciso che dovrò rimanerti accanto fino alla fine della tua vita naturale, non potrò toccarti o parlare con te, dovrò limitarmi a osservare e sperare che tu stia sempre bene››.
Sasuke sentì l’urlo ingolfargli la gola, Sparisci! Sparisci! Sparisci! Non ti voglio intorno se non posso toccarti!, ma Naruto gli ricordò che non avrebbe dovuto fare il matto in un posto pieno di persone pronte a fare da testimoni per farlo rinchiudere.
‹‹Lo so che non mi vuoi, ma è la mia punizione, e se ti stai chiedendo perché ci stiamo vedendo qui e non in un altro posto, la risposta è semplice, è qui che sono morto ed è qui che devo rimanere confinato fino all’arrivo del treno. Mi sono potuto mostrare solo mentre tu aspettavi la metro, perché è questo quello che è successo quel giorno. Ho aspettato che tu arrivassi per poterti guardare un ultima volta e poi sono andato››.
Sarebbe stato meglio se non mi avessi aspettato. Sarebbe stato meglio se te ne fossi andato senza chiamarmi un’ultima volta.
L’immobilità di Sasuke era quasi spaventosa, la sua espressione cambiava da inferocita a disperata nel giro di pochi secondi e la gente lo fissava, doveva far pena a mezza Konoha per quello che era successo, ma questo non gli importava, voleva solo che Naruto lo raggiungesse e lo portasse con sè, se doveva buttarsi sotto un treno per stare insieme, lo avrebbe fatto. Guardò i binari e l’orologio con esasperazione, mancavano solo quindici minuti all’arrivo del treno, poteva farcela, poteva mollare tutto e andarsene con lui. Non importava se sarebbero stati incorporei per l’eternità, stare insieme sarebbe stato abbastanza.
‹‹Qualsiasi cosa tu stia pensando, non farla. – si guardarono e Sasuke stentò a credere alle sue orecchie – Quello che ho fatto è stato sbagliato, l’ho capito nell’istante stesso in cui mi sono buttato, ma io non potevo fare altro, Sas’ke. Io non avevo scelta, era diventato troppo asfissiante, troppo pesante e doloroso da sopportare. Non avevo altra scelta che fare una cosa del genere per stare meglio, anche se te ne avessi parlato, anche se ti avessi detto tutto, non sarebbe servito. Ero rotto e non c’era modo di aggiustarmi, - il tono con cui parlava era carico di dolore, Sasuke non immaginava quanta sofferenza Naruto avesse patito in quegli anni – ma tu hai ancora una scelta. Tu puoi andare avanti, puoi fare in modo che funzioni. Tu devi crescere, diventare adulto, amare qualcuno, realizzare i tuoi sogni. Tu devi fare quello che io non sarei mai stato in grado di realizzare, e non devi farlo per me, ma per te stesso››.
Sasuke scosse la testa a destra e a sinistra, quello che gli stava chiedendo era ridicolo, impensabile e il solo fatto che glielo stesse dicendo lo rendeva ancora più folle ai suoi occhi.
Non è reale. Non è reale!
‹‹Sas’ke, il treno sta arrivando e io non ho più molto tempo. Quando sarò sparito, leggi la mia lettera, so che l’hai trascritta senza capirla davvero, e poi, ti prego, vivi. Io sarò accanto a te ogni giorno, camminerò al tuo fianco e ti guarderò crescere e amare e lavorare e studiare. Ti guarderò ogni giorno e pregherò affinché tu abbia una vita lunga e felice. E alla fine, Sas’ke, solo alla fine, quando avrai vissuto tutti i suoi giorni al massimo e sarai vecchio, allora mi vedrai di nuovo e passeremo oltre insieme. Non devi morire prima che tutte le cose belle o brutte ti siano accadute, hai capito?!››
Sasuke scosse ancora la testa, sentì la voce di Sakura chiamarlo e la terra sotto i piedi tremare, la metro era in arrivo, erano le 7:14, solo un minuto e sarebbe passato un mese esatto dalla sua morte.
‹‹Non farmi questo – sussurrò al vuoto – Non sparire dobe, non sparire››.
Naruto gli sorrise amaro ‹‹Non c’è più tempo. Leggi la lettera Sas’ke, io ti aspetterò dall’altro lato, ok? Non fare casini, perché io lo vedrò››.
‹‹Aspetta›› disse alzando la mano come aveva fatto quel giorno ‹‹Aspetta››.
‹‹Non dimenticare di scrivere l’ultima frase, ok?›› gli disse, poi iniziò a evaporare mentre il treno era sempre più vicino.
La mano di Sasuke si allungò ancora di più, il quaderno gli cadde di mano, i suoni divennero ovattati, ma gli parve di udire la voce di Sakura chiamarlo, urlava il suo nome, ma non capiva perché, lui doveva andare da Naruto, doveva impedirgli di sparire, dovevano andarsene insieme.
‹‹Aspetta. Aspetta!›› urlò con tutte le sue forze, i suoi piedi si mossero verso il vuoto, ‹‹Naruto!›› ma prima che il treno potesse prenderlo in pieno, Sakura lo afferrò e lo trascinò indietro.
‹‹Sas’ke-kun! No!››
Naruto ormai non c’era più, era sparito proprio come aveva promesso il primo giorno in cui era riapparso, adesso rimaneva solo il vento a scompigliargli i capelli e la sensazione di un abbraccio pieno d’amore.
‹‹Grazie per avermi amato››.
Dopo un mese dalla morte di Naruto, Sasuke pianse tutte le sue lacrime.
 

 
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Se dovessi chiederti perdono per ogni cosa che ho fatto, credo che non mi basterebbero tre vite, soprattutto per il modo in cui ho deciso di andarmene.
Sas’ke, tu mi conosci meglio di chiunque altro, sai cosa ho passato, sai cosa mi ha distrutto, quello che non sai è che io non sono mai riuscito a guarire. Alcuni la chiamano depressione, altri pensano sia solo una scusa o un animo debole, io so solo che i miei demoni mi hanno distrutto. Ho provato con tutte le mie forze a combatterli, ho vissuto sapendo di essere amato da te, di avere qualcuno a cui appigliarmi, ma ho avuto paura di trascinarti con me e ho finito per compiere un gesto come quello.
Non è colpa tua, Sas’ke, anche se ti avessi raccontato ogni cosa sarebbe finita allo stesso modo, era il mio destino fino dal principio, e probabilmente Neji mi odierebbe per queste parole, gli ho mentito su qualcosa in cui aveva ragione e non gli ho nemmeno chiesto scusa, potresti farlo tu per me? E mentre che ci sei, dì ai ragazzi che mi dispiace di averli lasciati così, crescere insieme a loro sarebbe stato fantastico, ma io ho scelto di fermarmi e non c’è modo che io possa tornare indietro.
Quello che vorrei dirti però, non è questo. Ho poco tempo e non so nemmeno se mi stai a sentire mentre parlo, per cui andrò subito al dunque. Voglio che tu viva, Sas’ke, è la cosa che desidero più di tutte. Voglio che continui a prendere i voti alti a scuola, voglio che fai carriera, e più di ogni altra cosa voglio che ti innamori, non importa che sia uomo o donna. Ama. Ama più di quanto ami me adesso, innamorati di qualcuno che possa renderti la vita migliore di come avrei potuto fare io. Ama qualcuno che non ti lascerebbe mai solo, a costo di sfidare tutti i demoni dell’Inferno. Ti prego, ama. Io non te ne farò una colpa, non ce l’avrò con te e non sarà come se mi stessi tradendo.
Se il ricordo di me è troppo doloroso da sopportare, va bene se lo estirpi come erbaccia, l’importante è che tu stia bene e sia felice, io continuerò a guardarti, so che farai grandi cose, perché tu hai sempre avuto più determinazione di me, ma se non riesci a farcela per colpa mia, dimenticami. Quando sarai vecchio avrai tempo per pensarmi e maledirmi, ma ora che sei ancora così piccolo va bene se fai finta che io non sia mai esistito.
Ti aspetterò per tutto il tempo che sarà necessario, ok? Quindi non avere fretta, fai con calma tutte le tue esperienze, quando avrai finito il mio sedere sarà pronto per ricevere tutti i tuoi calci, ma fino a quel momento rendi unico ogni giorno della tua vita.
Sas’ke, quel poco tempo che abbiamo avuto è stato pieno e meraviglioso, mi hai dato tanto di quell’amore da poterne usufruire per secoli, l’unico rimpianto che ho è di non aver fatto tante volte l’amore con te, ma so che un giorno accadrà, magari in un’altra vita. Recupererò tutti i giorni che adesso ci sto facendo perdere, te lo prometto.
Inoltre, so che adesso non potrai capirmi, ci riuscirai quando sarai qui, ti prometto anche che manterrò la nostra prima promessa, moriremo insieme la prossima volta, come abbiamo fatto nella nostra prima vita.
Mi dispiace per il dolore, mi dispiace per i giorni che non avremo, per i capelli che non vedremo diventare bianchi, per le cazzate e le cose importanti che non faremo insieme, mi dispiace per la proposta che non potrò farti e per i baci che non ci daremo. Mi dispiace per la vita che non passeremo insieme. È colpa mia, Sas’ke, è solo colpa mia, quindi va bene anche se mi odi, va bene tutto, purché tu vada avanti. Mi dispiace se ho distrutto i tuoi progetti, i nostri progetti, mi dispiace per essere stato così debole.
Io non smetterò di amarti, non smetterò mai. Ti guarderò sempre e pregherò per te. Ti aspetterò, perché tu sei sempre stato il mio unico e solo.
Sas’ke,
grazie per avermi amato.






Angolo di Kameyo:
Per essere precisi, non era questo che avevo in mente, ma come al solito il risultato non è mai quello che mi aspetto.
La fic prende ispirazione da una doujinshi che ho visto di sfuggita su Fb e che non ho più ritrovato.
Sasuke in stazione con un libro e Naruto nella banchina opposta che lo chiama o saluta, al solito si vede Uzumaki che parla - era giapponese o cinese e non so cosa dicesse - e Uchiha che lo ignora con una faccia sconvolta, nell'ultima immagine si vede il treno che passa, Naruto che svanendo dice qualcosa e Sasuke che finalmente guarda dall'altra parte.
Avevo pensato più volte di scriverci su qualcosa, ma non sapevo come trattare un tema tanto delicato, alla fine mi sono buttata e spero che il risultato non sia poi così male.

 
  
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