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Autore: Kurosmind    11/08/2017    4 recensioni
"Relazione, dice. Come se io potessi mai stare in una relazione con un uomo che trova accettabile strappare cose vive dalla terra e ficcarsele in bocca."
Si direbbe che un Tevinter d'alta classe e un elfo Dalish dei boschi abbiano una concezione leggermente diversa di cosa costituisce "cucina". Beh, non importa - questo non gli impedirà di esplorare i molti universi culinari del Thedas... alcuni più orrendi di altri.
{Traduzione | DorianxLavellan | Originale su Archive of Our Own}
Genere: Comico, Commedia, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Dorian Pavus, Inquisitore
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Note della Traduttrice
Ciao gente, è tanto che non posto qualcosa! Ho tradotto questa shot con il puro scopo di far fare quattro risate a mia madre, e poi mi sono detta "beh, pubblichiamola". L'autrice mi ha ovviamente dato il permesso di farlo! Tra le pagine trovate anche una illustrazione che mi è stata commissionata appositamente per questa storia :D
Come al solito, per appunti sulla traduzione mandatemi un messaggio privato,
e trovate la storia completa in originale qui.
Buona lettura!

 


 

Orribili Delicatezze del Thedas

by 3jarsofbees
traduzione di Kurosmind
 
I. LE DELICATEZZE DELLA NATURA

"Non metterti quella roba in bocca," disse Dorian.

"Cosa?" Lavellan si girò,  un mazzetto di centocchio tra le dita. "Questo?"

"Sì, quello. Ti ho visto prenderlo da terra. È probabilmente ricoperto di lerciume."

Lavellan scrutò Dorian per un momento, poi lentamente, con indifferenza, aprì la bocca, avvicinandovi il centocchio.

"Ho detto no. Non farlo. Seriamente..."

Guardando Dorian fisso negli occhi, Lavellan si ficcò il centocchio in bocca, poi masticò con soddisfazione superflua.

"Bene. Fantastico. Buon per te," disse Dorian. "Quanti terribili piedi di insetti pensi che siano passati su quel coso?"

"Non… non sono nemmeno sicuro che gli insetti abbiano i piedi. Li chiameresti 'piedi'? Non è che hanno caviglie e dita…"

"Ma sì, prego, poniamo questo come problema principale qui."

Lavellan rise. "Ma perché ti preoccupi?"

"Tu sei quello che dovrebbe preoccuparsi," disse Dorian. "Dopo averti visto, ti aspetti onestamente che mi avvicini ancora alla tua bocca?"

"Davvero? Mi spiace dovertelo dire, ma mangio cose direttamente da per terra da molto prima che ti presentassi."

"Implicando cosa? Che per tutto questo tempo hai contrabbandato terra e insetti dentro la mia bocca?"

"Sì Dorian. La nostra relazione è tutta un elaborato sotterfugio." Lavellan raccolse un altro mazzetto di centocchio e se lo ficcò in bocca.

Dorian sbuffò. "Relazione, dice. Come se io potessi mai stare in una relazione con un uomo che trova accettabile strappare cose vive dalla terra e ficcarsele in bocca."

"Scusa, hai detto qualcosa? Non riesco a sentirti al di sopra di quanto è delizioso."

"Non può essere delizioso. Se le cose fossero deliziose direttamente dalla terra, nessuno si sarebbe mai preoccupato di inventare la cucina."

"Beh, lo è," disse Lavellan. "Forse dovresti provarlo…"

"No," disse Dorian, mentre Lavellan si infilava un altro rametto in bocca, poi tentò di avvicinarsi a Dorian con un ghigno, masticando. "No! Stai lontano da me…"

"Intendi dire che non vuoi baciarmi?" chiese Lavellan, allungando le braccia.

"Ugh," disse Dorian. Si era ritirato in una posizione difensiva, semi-contemplando l'idea di evocare una barriera. "Evidentemente questa è la punizione per essere caduto preda del fascino di un barbaro del sud."

"Qui-i-i-ndi, pensi che io sia affascinante, vero?"

"Lo so. Riesci ad immaginare? Credo che quel buco nel tempo mi abbia provocato danni al cervello."

Lavellan rise di nuovo. "Oh, andiamo Dorian. Cosa devo fare per convincerti?"

"Risciacquati la bocca col brandy. Come minimo."

"No, intendo:  cosa devo fare per convincerti a provarne un po'?" Lavellan afferrò del centocchio fresco da terra, e lo tenne sospeso tra i due.

Dorian scrutò la cosa. Era verde e erbacea e cruda e naturale e un'ulteriore lista estesa di aggettivi sgradevoli. "Non puoi."

"Su su," disse Lavellan, rigirandosi il rametto tra le dita. "Ho sentito dire che ogni uomo ha il suo prezzo…"

Dorian lo studiò con occhi socchiusi.

Lavellan sorrise speranzoso.

"Va bene…" disse Dorian. "Mi fai un massaggio ai piedi quando torniamo al campo."

"Cosa, tutto qui?"

"E," aggiunse Dorian, tirando fuori un dito, "lo farai davanti a Blackwall, così potrà sentirsi sia a disagio che minacciato dalla pura virilità delle nostre effusioni."

"Non è molto gentile da parte tua," disse Lavellan.

"Non sono un uomo molto gentile," disse Dorian. "Abbiamo o no un accordo?"

"Beh… scusa Blackwall, sembra che abbiamo un accordo."

"Meraviglioso. Ora dammi quella maledetta cosa."

Lavellan gli passò il centocchio. Dorian se lo portò al viso, l'espressione accigliata con preventivo disgusto, studiandolo attentamente in cerca di segni di terra contaminante, poi infine lo addentò con raffinatezza, masticò un paio di volte, e deglutì velocemente con una smorfia.

"Ebbene?" chiese Lavellan.

"Non capisco," disse Dorian. "Dov'è il sapore? È solo  robaccia fibrosa."

"Sei serio?" esclamò Laellan. "Sono i doni della natura, Dorian! Non è meravigliosamente fresco? Come pioggia al sole? Non ti sembra di aver trovato un prato fiorito nascosto nella tua bocca?"

Dorian aveva fatto un passo indietro. "Scusami, cosa? Stai bene? Hai sbattuto la testa o cosa?"

"Pftt," disse Lavellan. "Ok. Lascia stare. Non importa. Ho già ottenuto quello che volevo."

"Che sarebbe?" 

Lavellan avvolse le braccia al collo di Dorian, gli sorrise, e disse: "Piedi di insetti, su tutta la tua bocca."

"Ugh. Non ricordarmelo per favore."

"Andiamo," disse Lavellan, alzandosi sulle punte per avvicinarsi, mentre Dorian si piegava progressivamente più indietro. "Baciami."

"No."

"Baciami, Dorian."

"No!"

"Tutte e due le nostre bocche sono contaminate! Devi baciarmi ora!"

"Ho detto prima il brandy!"

 



II. LE DELICATEZZE DEL TEVINTER

"È strano come Val Royeaux sia sempre così deserta," commentò Lavellan mentre passeggiavano attraverso il Bazar Estivo.

"Ovvio che sia deserta," disse Dorian. "È pieno pomeriggio. Tutta la società Orlesiana è al momento impegnata o a farsi schiacciare da un opprimente tacco di stivale o a fare un pisolino dignitoso all'ombra." E poi si fermò di botto davanti alla vetrina di un negozio. "Heilà!"

"Ciao?"

"Dulcis victoria!"

"…scusa?" disse Lavellan. "Cos'è? Erano parole quelle?"

"Dulcis victoria," ripetè pazientemente Dorian, "Letteralmente significa 'dolce vittoria'. Un po' presuntuoso da parte del pasticciere, ma comunque-"

"Dorian?" disse Lavellan. "Spiegati meglio."

Dorian indicò la vetrina davanti a loro. "Proprio lì. Sembrerebbe che l'intraprendente negozio sia saggiamente rifornito di uno dei migliori dolci che il Tevinter ha da offrire, e ora lo sto guardando attraverso questa vetrina e mi sento orgoglioso e un po' nostalgico. È una spiegazione soddisfacente?"

"Molto. Grazie." Lavellan si affiancò a Dorian, sbirciando lo sfoggio di dolciumi attraverso il vetro. "Di cosa sa?"

"Non l'hai mai provato? Che dico, ovvio che non l'hai mai provato... aspetta qui, mio caro. La cosa non può continuare…"

Trovarono un tavolino al sole, sul quale Dorian sistemò un piatto: soffici palline dorate, spolverate di noci ed erbe e pepe nero e bagnate da un liquido appiccicoso.

Per determinare ciò, Lavellan si era sporto in avanti, quasi a toccare il piatto col naso. "Cos'è questo, esattamente?"

"Provalo," disse Dorian. "Dimmelo tu."

Lavellan ficcò rozzamente il dito nel piatto, raccogliendo un po' della salsa per assaggiarla. Miele, ovviamente…

Dorian fece un gran sorriso. "Provane uno intero, che dici? Hai il mio permesso."

Lavellan prese una delle palline, lanciò uno sguardo incerto a Dorian, e se la mise in bocca.

Era densa e gommosa e dolce e speziata e ricoperta di miele e incredibile. Era una piccola esplosione di sapori. Erano troppi perché Lavellan ne potesse comprendere. Era così dolce che pensava che la bocca gli si stesse per dissolvere, ma in senso buono.

Gli occhi di Lavellan si spalancavano sempre più man mano che si avvicendavano le rivelazioni. "Cosa… come… cosa c'è qui dentro?"

"Oh, cos'era... noci, pepe, cicoria, miele, agrumi… del vino dolce…"

"Cazzo," disse Lavellan. Si accasciò in avanti, fissando il piatto con la guancia sul tavolo. "Cancelliamo l'Inquisizione. Si va nel Tevinter."

"Sai, è una ricetta molto antica, Corypheus potrebbe trovarla familiare. Quindi sono certo che capirebbe…"

"E se lo ricoprissimo di queste?" chiese Lavellan, prendendone un'altra. "Forse si rallegrerebbe un po'?"

"Vale la pena tentare," disse Dorian."Chi potrebbe aver voglia di fare a pezzi il cielo dopo un dessert?"

"Solo uno psicopatico," disse Lavellan. Si lanciò la seconda pallina in bocca, masticandola languidamente ad occhi chiusi. "Come fa ad essere così dolce? Come fa ad esistere una dolcezza simile? Mi sento tutto il corpo strano."

"Oh cielo," disse Dorian, "Pare che abbia rotto l'Inquisitore."

"Si fotta l'Inquisitore," disse Lavellan. "Mangio queste ora. È il mio nuovo lavoro."

"Beh, sono contento che ti piaccia, ma prima che tu vada a bruciare tutti i ponti, non c'era un ministro con cui ti dovevi incontrare...?"

"No."

Dorian si tirò indietro sulla sedia per un momento, studiando la forma afflosciata di Lavellan. "Sai cosa, amatus… comincio a sospettare che la tua vita di dura cucina naturale non ti abbia preparato a gestire così tanto zucchero."

"Tu non sei preparato," disse Lavellan. "Per… qualcosa. Non lo so. Ti amo."

"Già," disse Dorian, reprimendo un sorriso. "Andiamo, datti una sistemata prima che rovini l'incontro. Magari puoi fare qualche giro di corsa intorno al mercato… o ficcare la testa nella fontana…"

Lavellan alzò gli occhi spalancati dal tavolo, agganciando un dito al bordo del piatto. "Posso portare queste?"

"…lascia che le prenda io," disse Dorian. "Puoi averne un'altra dopo la riunione… promesso."

Lavellan si accigliò e borbottò: "Tiranno dello zucchero…"

"Se quello non è il tuo nuovo nomignolo per me," disse Dorian, prendendo il piatto e tenendolo al sicuro fuori dalla portata di Lavellan, "allora sarò indicibilmente deluso."


 

III. LE DELICATEZZE DEI DALISH

Ormai Dorian era più che abituato a vedere Lavellan afferrare cose a caso da per terra e ficcarsele in tasta, quindi non si fece domande quando l'altro iniziò ad ammassare un insolito ammontare di erbe, radici e funghi. Quando Lavellan interruppe il loro percorso di ritorno al campo per la notte per seguire un ariete, però, le sopracciglia collettive del gruppo cominciarono ad alzarsi.

"E' proprio necessario?" domandò Cassandra.

"Shhh," la zittì Lavellan.

Cassandra, Dorian e Solas osservarono da una certa distanza, stupefatti, Lavellan che tendeva una veloce imboscata all'ariete e lo uccideva con un pugnale. Avvicinandosi, lo videro mormorare qualcosa in Elfico sulla carcassa, poi iniziare a macellarlo efficientemente.

"Seriamente, perché?" chiese Dorian. "Perché stiamo facendo questo?"

"Non eri tu che ti lamentavi di 'sera dopo sera di terrificante sbobba Fereldiana'?" ribattè Lavellan. "Beh, puoi smettere di farlo. Sistemo la cosa."

"Intendi che tu hai... appena assassinato una creatura innocente... allo scopo di occuparti delle mie insignificanti lamentele sulla cena?" disse Dorian. "Odio ammetterlo, ma questa potrebbe essere la cosa più romantica che mi sia mai successa."

Lavellan gli fece un gran sorriso da sopra la cassa toracica esposta dell'ariete - aveva gli avambracci ricoperti di sangue, e uno schizzo gli era finito sulla guancia. "Oh, certo. Romantico. Sono io."

"Beh, come dicono, il rosso è il colore dell'amore…"

Solas si intromise, "Fa sempre bene arrangiarsi con quel che si ha, suppongo."

"Precisamente," disse Dorian. "Romanticherie dal remoto sud. È ciò che mi offre la vita ora."

"Chiaramente lo adori," disse Lavellan, riprendendo a fare a pezzi la carcassa.

Tornati al campo, dopo che Dorian ebbe fermamente ripulito dal sangue il viso di Lavellan con un fazzoletto, si sedette vicino al fuoco e lo osservò occuparsi di una pentola.

"Non sapevo che avessi questa abilità," disse Dorian. "Guardati! Così industrioso."

"Oh, certo. Non puoi non saper fare certe cose in un campo Dalish," disse Lavellan. "Ma ti avverto, non penso che sarà particolarmente buono… è difficile concentrarsi sul trovare gli ingredienti giusti quando ti attaccano ogni cinque minuti."

"Amatus, che hai fatto lo sforzo è abbastanza. Lo apprezzo. E poi… sarà divertente. Scoprire cosa mangiate nei boschi voi selvaggi."

Lavellan sogghignò. "In effetti, non è un piatto normale che sto provando a fare. È un pasto piuttosto sacro, specifico per occasioni speciali. Onestamente non riesco ad immaginare cosa direbbe la mia Custode se sapesse che lo sto cucinando solo per un umano con cui intendo far sesso."

"Sacrilegio!" esclamò Dorian. "Ora è persino più divertente."

Quando infine fu pronto, Lavellan versò due cucchiaiate ricche e carnose. Lo assaggiò per primo, e aggrottò le sopracciglia con disappunto. "Mm… no. Scusa, non va decisamente bene."

Dorian prese un cucchiaio dalla sua ciotola, e reagì con genuina sorpresa: "No, amore, è buono! Non riesco a credere che tu l'abbia fatto con quei disgustosi pezzi di natura che hai raccolto mentre infilzavamo Venatori."

"Vedi? La natura ha i suoi usi… dovrebbe essere meglio di così però. Non mi è riuscito benissimo."

"È la cosa migliore che mangio da settimane! Seriamente," disse Dorian. Fece cenno ai loro compagni: "Voi due avete intenzione di provarlo? Dovreste davvero…"

Cassandra e Solas si unirono a loro al fuoco, prendendo ciotole a loro volta con gratitudine. "È molto gentile da parte tua, Inquisitore. Lo apprezzo," disse Cassandra.

"Nessun problema. È stato una specie di distrazione divertente…"

Solas ispezionò la sua ciotola per un momento, poi alzò lo sguardo con un mezzo sorriso. "Interessante che tu abbia scelto di fare questo, tra tutti."

"Oh, no." Disse Lavellan. "Mi sono dimenticato. Tu sai quanto è fatto male."

"Sono certo che vada bene, Lethallin. Pensavo solo che voi Dalish riservaste questo piatto per le celebrazioni. Sono sorpreso che tu lo abbia fatto in un giorno di nessuna rilevanza particolare."

"Sta celebrando me," Disse Dorian. "È estremamente rilevante."

"Ugh," commentò Cassandra.

"… ed eccomi qui a condividere gentilmente le spoglie con voi." Disse Dorian. "Prego, a proposito."

Cassandra strinse gli occhi e disse, sarcastica. "Grazie, Dorian. Sei incredibilmente magnanimo, degnarti di condividere il duro lavoro che qualcun altro ha fatto per te."

"Lo so," disse Dorian. "A volte mi sorprendo da solo."

"Hm," disse Cassandra. "Inquisitore, lo sai vero che puoi lasciarlo in qualsiasi momento?"

"No non puoi. Non ascoltarla."

Lavellan rise. "Oh no? Cosa succederebbe se ci provassi?"

"Guerra con il Tevinter, probabilmente." Disse Dorian. "Affare spiacevole."

"Oh beh, allora." Disse Lavellan. "Sembra che io abbia le mani legate, Cassandra. Lo richiede la diplomazia."

"Io non li capisco," disse Cassandra, guardando Solas. "Tu li capisci?"

"Certamente capisco quando non condividere le mie opinioni, sì." Disse Solas.

"Saggio uomo!" disse Dorian. "Ora silenzio e mangiate la cena, bambini. L'ingrediente segreto è il sacrilegio."

Cassandra alzò lo sguardo con un accenno di genuina preoccupazione. "Scusami?"

"Oh… sacrilegio Dalish, intendo. Non un problema per te, sono certo."

"Solo... non dargli ascolto," disse Lavellan

"Non me lo sognerei mai. " disse Cassandra.


 

IV. LE DELICATEZZE DELL'ORLAIS

Dorian si stava godendo un bicchiere devastatamente buono del miglior vino che il Palazzo d'Inverno avesse da offrire, il tutto mentre assaporava le occhiate scandalizzate e disgustate che i nobili Orlesiani gli lanciavano quando lo notavano ad esistere sfacciatamente in mezzo a loro, quando notò Lavellan che sgusciava nella sua direzione. "Beh, chi si vede!"

"Vieni qui con me," disse piano Lavellan. "Ho solo bisogno di parlare con qualcuno di normale per due secondi."

"Non un fan di questa piccola soirée, presumo?"

"No non lo sono! Perché tutti sono così presi da questo 'Gioco'? Non capisco affatto. Leliana e Josie continuano a ripetere che sia la cosa più complicata del mondo, ma da quanto ho capito si riduce a rispondere ad ogni domanda con un'altra domanda. È come stare in una stanza piena di persone con orribili traumi cerebrali che gli impediscono di comporre una singola fottuta frase diretta."

"Piano, piano," disse Dorian. "Rilassati. Prova ad ubriacarti di più. Aiuta sempre…"

"Ti prego dimmi che non ti stai ubriacando troppo." Disse Lavellan. "Potremmo doverci difendere più tardi."

"Oh, ma dai. Pensi che non possa fare della magia straordinaria da ubriaco? È come se non mi conoscessi affatto…"

"Inquisitore!" arrivò da dietro di loro, in quella che era forse la versione più irritante dell'accento Orlesiano che Dorian avesse sentito quella sera, il che diceva tanto. Lavellan rabbrividì con ogni fibra del suo essere, poi si voltò lentamente per vedere un cameriere con un vassoio di...

Qualcosa. Qualcosa di gelatinoso? Probabilmente su un wafer.

"Un altro hors d'oeuvre per voi, Monsieur," disse l'uomo. "Vi prego, sarei onorato se lo assaggiaste. Chiamiamo questo qui la petite tour de désespoir."

"Io… grazie." Disse Lavellan, e con riluttanza ne prese uno - era un qualche tipo di sottile cracker, spalmato di una pasta grigia e qualche foglia e un grumo di materia granulosa, traslucida e gelatinosa che tremolava come se avesse paura di essere mangiata. Lavellan lo studiò per un momento, poi disse: "Oh, Lord Pavus, sembra che questo possa essere di vostro gradimento. Perché non ne provate uno anche voi?"

"Oh, ma prego, Monsieur!" esclamò il cameriere, allungando il vassoio verso Dorian con un mezzo inchino.

"Sì," disse Dorian prendendone uno. "Già. Grazie moltissime."

Rimasero lì, tenendo i loro tremolanti hors d'oeuvres, aspettando che il cameriere se ne andasse.

Sfortunatamente, rimase inchiodato lì, sorridendo loro con trepidazione.

"Oh… adesso?" chiese Dorian.

"Non voglio mettervi fretta, Monsieur," disse il cameriere. "ma temo che la petite tour de désespoir non si mantenga a lungo in mano prima che inizi a, uhm, come si dice… decomporsi?"

"… bene allora," disse Lavellan. "Al tre?"

"Ah, sì!" disse il cameriere, impettendosi come se avesse aspettato tutta la vita per essere chiamato a questo compito: "Un, deux, trois!"

Dorian e Lavellan si scambiarono un'occhiata finale, con il senso di Ti amo, mi dispiace per tutto, e poi si ficcarono gli hors d'oeuvres in bocca.

L'intero corpo di Lavellan si irriggidì immediatamente. Dorian roteò sul posto e prese un lungo sorso dal suo bicchiere di vino. "Oh… ma che… meraviglioso accompagnamento per questo rosso Antivano…"

"Ebbene?" chiese trepidante il cameriere. "Cosa ne pensate, Inquisitore? Il nostro chef attenderà la vostra opinione con ansia!"

Per un istante, Lavellan rimase in stato di shock. Qualunque cosa fosse presente nella sua bocca, era un incredibile misto di grumi e viscidume e amarezza, con una nota di mela. Per la pura ragione che non poteva sopportare di averlo in bocca un secondo di più, Lavellan fece leva su ogni goccia di forza di volontà che aveva e si costrinse ad ingoiare la cosa, sentendola scivolare giù per la gola come una qualche forma di lumaca maligna.

"Questo," disse Lavellan. "Questo è… certamente... l'esempio più encomiabile di… quella cosa… che io abbia mai assaggiato."

"Oh, meraviglioso, Monsieur, meraviglioso! Informerò lo chef tout de suite!" Infine, il cameriere si affrettò ad andarsene, lasciando i due a strozzarsi con discrezione nelle piante.

"Fenhedis," sputò fuori Lavellan. "Perché!"

"Non posso perdonarti," boccheggiò Dorian. "Non potrò mai perdonarti!"

"Non riesco a credere di averlo ingoiato," disse Lavellan, afferrandosi lo stomaco. "Penso di sentirlo deporre le uova qui dentro."

"Oh, Creatore, non dirlo. Che immagine…"

"Ugh," disse Lavellan. "Seriamente, ti fa male lo stomaco all'improvviso, o sono solo io?"

"Io… non l'ho ingoiato," disse Dorian. Solo allora Lavellan si accorse di come stesse scrutando affranto il suo bicchiere. "L'ho sputato nel vino."

Lavellan spalancò la bocca. "No. Sei un genio."

"Lo sono?" chiese Dorian amareggiato. "Era un vino incredibile. Ho appena rovinato un intero bicchiere di un vino incredibile."

"Te ne prendo uno nuovo, promesso."

"Considerando che mi hai trascinato in tutto questo?" disse Dorian. "Sei. Come minimo."



V. LE DELICATEZZE DEI DALISH - MODALITÀ DIFFICILE

Dopo una lunga giornata di scarpinate per le Sacre Pianure, nessuno voleva altro che tornare al campo, sedersi e togliersi gli stivali. Quindi quando Lavellan disse loro che voleva fare una deviazione per controllare il clan Dalish vicino al fiume, tutti gemettero.

"Stanno bene e sono stupidi proprio come ieri," disse Sera.

Lavellan non poteva farci niente - con tutti i problemi che il suo clan stava affrontando, al di fuori della sua portata immediata, sentiva il bisogno di proteggere quest'altro gruppo della sua gente al meglio che poteva. Anche se significava raccogliere mazzi di erbalama che avrebbero davvero dovuto essere in grado di trovare da soli.

"Andate avanti, allora," disse Lavellan. "Vi raggiungo tra un po'"

Dorian sospirò. "Oh, molto bene. Vengo con te."

"Davvero? Non c'è bisogno..."

"E lasciarti a spalle scoperte? Non quando so perfettamente quante persone apprezzerebbero la tua testa su una picca." Dorian diede un colpetto a Lavellan, come per spronare un cavallo. "Fa' strada, adorabile ed estenuante persona che non sei altro."

Per quanto stanche erano le loro gambe, persino Lavellan dovette ammettere che il viaggio verso l'accampamento Dalish fu una sgobbata. Quindi quando fu loro offerta ospitalità, entrambi la accettarono con gratitudine.

"Hai fatto tanto per noi, Da'len," aveva detto il Custode. "Per favore, rimani un po'. Saremmo onorati se tu e il tuo compagno accettaste di condividere la nostra cena."

"Che ne dici?" Dorian aveva chiesto a Lavellan con un sorriso. "Sembra che le buone azioni siano ricompensate dopo tutto."

Si erano finalmente seduti, togliendosi stivali e calze con sollievo, come l'usanza Dalish. All'inizio, Lavellan era un po' gongolante per quanto altro avrebbe dovuto camminare il resto dei loro compagni prima di cena. Ecco, fin quando non vide cosa gli elfi del clan stavano cucinando per loro, a quel punto sgranò gli occhi allarmato.

Lavellan afferrò la manica di Dorian prima di poterci pensare. "Uhm… Dorian…"

"Hmm?"

Lavellan studiò il viso di Dorian per un momento, il cuore che gli batteva sgradevolmente veloce. Se avesse detto la verità a Dorian, qual'erano le probabilità che l'uomo dai gusti raffinati si mettesse di impegno per essere educato? Anche se fosse riuscito a mangiare ciò che gli veniva offerto, certamente si sarebbe visto il disgusto sulla sua faccia… e già il clan stava sforando la tradizione ad invitare un umano al suo fuoco. L'intera faccenda poteva trasformarsi di un disastro offensivo.

Quindi Lavellan si avvicinò all'orecchio di Dorian e sussurrò, "Solo… non chiedere che c'è nel cibo."

Dorian s'insospettì all'istante. "Cosa? Perchè no? Cosa c'è che non va?"

"Oh, uh, nulla," disse Lavellan. "Intendo, è solo uno stufato, ma… è considerato maleducato tra la mia gente chiedere gli ingredienti di uno stufato. Sarebbe, uh, come spiegarlo… sarebbe preso come una… critica. Delle abilità del clan, vedi."

Fortunatamente, i sospetti di Dorian si erano dissolti in un lieve interesse. "Oh, davvero? Grazie, non lo sapevo."

"Mhmh," disse Lavellan. Sono una persona orribile.

Non era certo di come sentirsi mentre osservava Dorian mangiare la sua ciotola di stufato. Ci fu un momento in cui poté giurare che Dorian si irrigidì, l'aria leggermente confusa - senza dubbio ne aveva sentita una sgusciargli tra i denti… ma poi, dopo un momento, Dorian aveva continuato a mangiare e non aveva fatto domande.

Orgoglio. Definitivamente, Lavellan sentiva un crescente senso di orgoglio. E un sacco di sensi di colpa.

Riuscì a stento a guardare Dorian per il resto del pasto. Quando finalmente di incamminarono sul sentiero per il campo dell'Inquisizione, l'istante in cui le punte delle aravelle Dalish furono scomparse dalla vista, a Lavellan gli sfuggì di bocca: "Dorian, mi dispiace. Ti ho mentito."

"Ma dai! Su cosa?"

"Non è maleducato chiedere ai Dalish riguardo agli ingredienti," disse Lavellan. Dorian si fermò e si girò a guardarlo, con uno sguardo confuso. "Me lo sono inventato. Non volevo che lo sapessi, perché…"

"No," disse Dorian, l'orrore dipinto sul volto. "Oh, no. Amatus, no!"

"Mi dispiace davvero. Mi dispiace tanto..."

"Voglio sapere cosa abbiamo mangiato? Erano insetti? Scarafaggi? Ti prego dimmi che non erano scarafaggi.."

"Non... esattamente..."

Dorian afferrò Lavellan per il colletto, tirandolo vicino. "Come fa… qualcosa.. a essere 'non esattamente' scarafaggi?"

Lavellan pronunciò la frase lentamente, cercandone una via d'uscita persino mentre l'inevitabile verità gli usciva di bocca: "Peeeeerchèèè… erano… solo le loro lllaaaaarvee…?"

"No!" ululò Dorian, e poi cadde drammaticamente in ginocchio. Sembrava che stesse contemplando l'idea di vomitare, ma infine si accontentò di afferrarsi la faccia tra le mani e borbottare: "Oh, Creatore, ce le ho dentro di me ora…"

Lavellan si sedette a terra vicino a Dorian, mettendogli le mani sulle spalle. "Sono tanto, tanto dispiaciuto, amore… Ma, ehm, guarda, ascolta, sono davvero orgoglioso di te, davvero. Cioè, l'hai mangiato, giusto? L'hai mangiato e non era tanto male. Sei stato fantastico."

"Questo peggiora le cose!" esclamò Dorian. "L'ho mangiato e non era tanto male. Sono un uomo a cui va bene mangiare larve di scarafaggio. Non sono pronto ad essere quel tipo di uomo."

"Su, su." Disse Lavellan, dandogli delle pacche sulle spalle. "Non lo dirò a nessuno, promesso. "

Dorian ora stava gemendo la sua angoscia nelle mani. "È colpa tua… ti rendi conto che non puoi lasciarmi ora? Te lo impedisco. Siamo bloccati insieme. Perchè il Creatore sà che non potrò mai costringere nessuna persona normale ad avere a che fare con la mia orribile bocca piena di scarafaggi."

Lavellan fece un sorriso, posando il mento sulla spalla di Dorian. "Oh, non preoccuparti. Adoro la tua orribile bocca piena di scarafaggi."

"Non osare divertirti, idiota."



VI. LE DELICATEZZE DEL THEDAS - EDIZIONE LIQUIDA

"Oh," disse Dorian, guardando Lavellan inginocchiarsi davanti alla porta della casupola. "Si fa di nuovo, vero?"

"Shh," disse Lavellan.

"Non è colpa sua, gente." Annunciò Dorian a nessuno in particolare mentre Lavellan inseriva con attenzione il grimaldello nella serratura. "I Dalish non comprendono nulla riguardo all'infrazione. Non hanno nemmeno i muri lì fuori."

Uno scatto indicò il successo, e Lavellan spinse la porta per aprirla. "Ho detto di star zitto."

"Perchè dovresti volere che me ne stia zitto? Sto solo spiegando come non sia colpa tua l'essere un barbaro."

Lavellan era già entrato con sicurezza nella cabina, si era guardato intorno, e aveva afferrato una bottiglia dal tavolo. Si voltò verso Dorian, alzandola. "Vuoi che condivida questa con te o no?"

"Afferrato il concetto," disse Dorian. "Non è altra brodaglia dei Custodi Grigi, vero? Potrei letteralmente morire."

Cassandra si limitava ad osservare lo svolgimento delle cose con occhi socchiusi, cercando di capire con accuratezza scientifica quanta di questa scempiaggine fosse coperta dal perdono del Creatore.

"No…" Lavellan esaminò l'etichetta da vicino, stringendo gli occhi. "È… 'Assenza'."

"Si pronuncia 'assenzio'"

"Sì, ma c'è scritto 'Assenza'."

Dorian si avvicinò e sbirciò da sopra la spalla di Lavellan. "Io… uh. Ma tu guarda."

"Ebbene?" chiese Cassandra. "Abbiamo finito con questa deviazione nei comportamenti criminali?"

"È per celebrare, Cassandra." Disse Lavellan, sorridendole con la bottiglia alzata. "Siamo solo tenendo alto il morale qui."

"Non era così prima di incontrarti," Cassandra disse a Dorian. "Ritengo te responsabile."

"Cosa?" esclamò Dorian, una mano sul petto. "Calunnia e diffamazione. Se ne va in giro a scassinare illegalmente dal giorno in cui ho posato gli occhi per la prima volta sul suo visetto da teppista."

"E da molto prima di allora, in effetti…" disse Lavellan.

"Non ho bisogno di saperne nulla," disse Cassandra. "Andiamo, dai…"

L'Assenza fu accolta con molto più entusiasmo al campo, dove Sera e Varric si unirono a loro vicino al fuoco.

"Oh, è quella cosa che ti fa vedere roba strana?" chiese Sera, occhieggiando l'etichetta.

"Lo scopriremo presto, presumo," disse Dorian. "Inoltre, il nostro amato Inquisitore potrebbe aver commesso un crimine per ottenerla, quindi dovremmo probabilmente distruggere le prove, sì?"

"Questa è una giustificazione terribilmente elaborata per il tuo alcolismo, Sbrilluccicante."

"Grazie, Varric. Molto grato."

Se lo passarono per versarsi quantità misurate alla buona in piccole tazze. Lavellan prese il primo sorso, poi scosse la testa e disse: "Oh! Mi sento come se mi stessero dolcemente dando un pugno in bocca."

"Hmm, dolce, decisamente," disse Dorian. "E aggressivo. Alle erbe… forse.. legnoso?"

"Merda," si strozzò Sera.

"Non male come mi aspettavo," disse Cassandra. "Molto complesso. E piuttosto forte però. Non dovremmo berlo assoluto, vero?"

"Sì, beh, ci stiamo arrangiando nei boschi e tutto," disse Dorian. "Cosa ci vuoi fare…"

"E ancora un'eccellente giustificazione." Disse Varric. "Vai forte stasera."

"Cosa ne pensi, Varric?" chiese Lavellan.

Varric prese con riluttanza un altro sorso, poi disse: "Penso che sia come se della liquerizia si fosse data alla macchia, si sia unita al Carta, e sia stata ingaggiata per darti un calcio nei denti."

"Non ha senso." Disse Cassandra.

"Usa la tua immaginazione, Cercatrice…"

"No," disse Sera. "Sa di albero in fiamme che è stato ficcato nel sedere di qualcuno."

"Hmm," assentì Cassandra.

"Oh, cosa, questo ha più senso per te?" chiese Varric.

"In qualche modo," disse Cassandra, "Penso di sentire l'albero in fiamme. Anche se non sono certa riguardo al… sedere."

"Oh, è uno grosso, credimi." Disse Sera.

"Recensioni confuse, vedo." Disse Lavellan. "Significa che non volete un altro giro?" e poi quattro coppe furono allungate all'unisono.

♦♦♦

La mattina seguente, Varric fu svegliato dalla punta dello stivale di Cassandra che gli punzecchiava le costole.

"Dobbiamo iniziare a muoverci, Varric." Disse lei, torreggiando su di lui a braccia incrociate. "L'alba era ore fa."

"Non ora, Cercatrice." Gemette Varric. "Non vedi che sono occupato ad avere i postumi della sbornia?"

Cassandra ridacchiò. "Tu, che non reggi l'alcool? Non me lo aspettavo."

"Lo reggo. Sei tu che sei fatta d'acciaio. Non c'entro nulla io."

"Certo," disse Cassandra, avviandosi al giaciglio di Sera.

La faccia di Sera non era visibile; al momento era solo una pila di bozzi sotto la coperta. Nuovamente, Cassandra smosse la pila con il piede. Tutto ciò che emerse fu: "Ugh… va' via. Così tante vespe…"

Cassandra allora andò da Dorian e Lavellan. Lavellan aveva tutta la testa avvolta nelle braccia e sembrava essersi generalmente seppellito nel fianco di Dorian, il quale era effettivamente sveglio, scrutando i cieli con un'espressione angosciata.

"Inquisitore…" iniziò Cassandra.

"No! Lascialo stare," disse Dorian, alzando un braccio a protezione. "Risparmiagli l'inferno che è l'essere svegli."

Lavellan borbottò incoerentemente, raggomitolandosi ancora di più.

Cassandra aveva incrociato di nuovo le braccia. "Mi state seriamente dicendo che, dopo tutta quella spacconata, nessuno di voi è in grado di reggere un po' di liquore?"

"Un po' di liquore? Quello non era un po’ di liquore. Quello era pura sbornia distillata in bottiglia."

"Forse non avreste dovuto rubarla allora."

"Sì." Gemette Dorian. "Orribili persone, punizione adatta al crimine e tutto… per favore, Cassandra, prendimi un po' d'acqua. Sto morendo. Ho trovato i cancelli della morte. Sono sul ciglio del precipizio."

"Non sono tua madre, Dorian."

"Cassandra, per favore, ti scongiuro! Per la bontà del tuo cuore. Sbaglio o la Chiesa insegna carità e gentilezza? Il Creatore non vorrebbe che tu avessi pietà di un disgraziato uomo con i postumi che muore lentamente nella natura selvaggia?"

Cassandra sospirò esasperata, ma poi afferrò una delle tazzine rimaste dalla notte precedente, la sciacquò nel fiume lì vicino, la riempì d'acqua e la portò da lui. "Ecco. Spero che lo apprezzi."

"Sei una donna fantastica a volte," disse Dorian, allungando la mano per il bicchiere con un tentativo di sorriso smagliante. "Che ne dici… un po' di frutta? Potresti recuperare qualcosa per noi, sì?"

Cassandra continuò a fissarlo, ancora con la sua acqua in mano, l'espressione immutata."No."

"Oh, andiamo," continuò Dorian. "Eccomi qui, il tuo compagno più adorato, a soffrire per terra. Di certo non mi abbandonerai qui."

"Ti ho già portato dell'acqua. Non ho acconsentito a nulla riguardo alla frutta."

"L'acqua fa solo fino ad un certo punto. Ad un certo punto ti serve sostegno. Nutrienti." Fece una pausa. "E già che ci sei, se potresti sbucciarla per me, sarebbe-"

Cassandra rovesciò il bicchiere e lo svuotò direttamente in faccia a Dorian.

Lavellan si svegliò di soprassalto, strofinandosi gli occhi. "Pioggia? Sta piovendo?"

Dorian a stento riusciva a respirare per l'oltraggio. "Tradimento," boccheggiò.

"Prego," disse Cassanra, lasciò cadere il bicchiere per terra e marciò via.

Lavellan guardò con occhi appannati Dorian, il quale gli aveva preso il braccio per la manica e lo stava usando per asciugarsi la faccia. "Che è successo?"

"Assenza," disse Dorian. "Assenza è successo. Mai più."

Lavellan aspettò pazientemente che Dorian finisse di usare la sua manica, poi disse: "No, intendo cosa ti è successo? Sei tutto bagnato."

"Sembrerebbe che Cassandra sia priva di ogni pietà per povere creature sofferenti come me."

"Solo quando decidono di tirare la corda," replicò Cassandra.

"Hmmm," Lavellan disse, chiudendo di nuovo gli occhi per riseppellirsi nel fianco di Dorian. "Sembra che a qualcuno farebbe piacere la tua… assenza."

"Ugh," fu la risposta univoca di Cassandra e Dorian.

"Nuovo piano, Cassandra," disse Dorian. "Che ne pensi se uniamo le forze e uccidiamo lui invece?"

"Io disapprovo molto," borbottò Lavellan nel petto di Dorian.

Cassandra disse: "Basterebbe a tirarti fuori dal letto?"

"Beh, pensavo che tu potresti fare l'uccisione fisica. Io potrei starmene qui e fare il tifo."

Cassandra scosse la testa. "Venti minuti. In venti minuti vi voglio tutti in piedi. Tutti."

Dorian sospirò di disappunto, poi si mise comodo con Lavellan, rifiutando palesemente di alzarsi. "Il lavoro di squadra è morto, pare."

Lavellan aprì un occhio poco impressionato. "Questo, dal compagno di squadra che ha appena suggerito di farmi uccidere?"

"Sì," disse Dorian. "Esattamente quello che intendevo."
 

Fine


Note della Traduttrice
Io letteralmente adoro i racconti di questo autore. Li. Adoro. Se vi va e avete abbastanza dimestichezza con l'inglese, vi invito a leggere anche le sue long-fic, perchè sono tutto ciò che c'è di buono a questo mondo!
A presto~
Kurosmind

 

   
 
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