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Autore: Odhem    12/08/2017    0 recensioni
Un uomo si sveglia in una prigione e non ricorda niente, nemmeno il suo nome. Dovrà lottare con tutte le sue forze per ricordare e tornare libero.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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II Giorno

Andai avanti così fino al mattino quando il suono di un corno mi riscosse dal torpore. Era il segnale che era giunto il momento di alzarsi.

Mi girai, vidi che L'Orco si alzava lentamente. Mi resi conto solo allora della sua stazza, solo da seduto sembrava alto quasi quanto me.

"Tra poco portano da mangiare. Ti conviene non fare lo schizzinoso dato che sarà l'unico pasto fino a stasera e non fare innervosire le guardie."

Mi alzai anche io, era l'alba e una timida luce entrava dalla finestrella anch'essa sbarrata. Non avevo dormito per niente e inoltre avevo una certa fame, chissà da quanto tempo non mangiavo.

Dopo un po' si sentirono i passi delle guardie. Arrivarono di fronte alla cella e notai il loro abbigliamento, cosa che non avevo potuto vedere di notte. Avevano un cappuccio in testa e una veste che arrivava fino alle caviglie con una cintura alla vita. Il loro aspetto mi sembrava un po' strano.

Ci portarono due piatti con una sostanza grigiastra e gelatinosa e ci riempirono le tazze di acqua. Io la guardai con un certo ribrezzo e L'Orco se ne accorse.

"Ti ho detto di non fare lo schizzinoso. È una pappa nutriente e non è neanche tanto male"

Presi il cuccaio e lo ficcai dentro quella specie di gelatina, lo portai alle labbra. Sentii il suo odore, un odore dolciastro. La assaggiai. Aveva un sapore dolce e leggermente metallico, non era il massimo ma la mangiai tutta, avevo fame.

Mentre mangiavo sentii un sonoro rutto che proveniva da una delle celle:

"È Rutto e non ti devo spiegare perché lo chiamiamo così.

"Adesso arriveranno le guardie e ci bloccheranno per incatenarci. Poi ci porteranno alla cava a trasportare pietre."

Non capii quello che diceva L'Orco. Certo potevano facilmente bloccare me che ero minuto ma non immaginavo come potessero bloccare lui che era alto più di due metri e grosso come un armadio.

"Cosa vuoi dire con "bloccheranno"?"

"Loro usano questo metodo, si avvicinano alle sbarre, bisbigliano qualcosa e tu non puoi più muoverti neanche se ti sforzi. È una misura di sicurezza dato che alcuni prigionieri sono pericolosi."

"È una specie di magia?"

"Zitto! È vietato usarla e parlarne, forse è proprio questo il motivo per cui ti trovi qui."

"Ma loro la usano..."

"Loro usano solo alcuni incantesimi e sono controllati dai loro superiori. È una decisione del re."

"Chi è il re?"

"Belian Chandler. È un mago molto potente e quando è salito al potere, non senza violenza, ha vietato la magia in tutto l'impero. Chiunque sia trovato in possesso di libri magici o che usi la magia viene o condannato a morte oppure rinchiuso in prigione dopo avergli cancellato la memoria affinché non possa ricordare gli incantesimi"

Ora tutto era più chiaro. Probabilmente era come diceva L'Orco, ero stato arrestato per aver usato la magia ma continuavo a non ricordare niente. Possibile che ci fosse una magia così potente?

Mentre facevo questi pensieri si sentirono altri passi, stavano arrivando. Provavo una certa angoscia al pensiero che mi avrebbero fatto una magia ma ero anche curioso.

Le guardie si presentarono davanti alla cella, erano in due. Una di esse bisbigliò qualcosa, come aveva detto L'Orco, subito dopo un raggio viola apparve dalla sua mano destra e raggiunse L'Orco. Cadde sdraiato, immobile.

Subito la guardia bisbigliò di nuovo delle parole che non riuscivo a sentire bene e neanche a comprendere. Il raggio, questa volta, raggiunse me. Provai un senso di leggerezza ma mi resi conto che non potevo muovere un muscolo, riuscivo solo a respirare e muovere gli occhi.

Aprirono il cancello e si avvicinarono con delle manette sia per le mani che per i piedi collegate da una catena. Ne avevano di due tipi, evidentemente le più grosse erano per L'Orco e quelle più piccole per me. Ammanettarono prima L'Orco e notai con la coda dell'occhio che le sue manette emanavano una specie di luce, un riflesso rosseggiante. Poi vennero da me e fecero lo stesso ma le mie manette erano normali senza alcun riverbero. Inoltre ci legarono insieme con una catena lunga circa un metro.

Una delle guardie bisbiglio qualcosa verso di noi e subito mi tornò la testa pesante e potei muovermi di nuovo come anche L'Orco. Di nuovo le guardie sussurrarono qualcosa e notai che nella loro mano destra apparve come una sfera di luce blu.

"Stai attento, è una magia potente. Se li fai innervosire ti scagliano dei fulmini addosso e ti assicuro che non è bello" mi sussurrò L'Orco.

Ci portarono oltre le sbarre e vidi che tutti gli altri prigionieri erano in piedi davanti alle celle e attendevano, noi eravamo in fondo al corridoio.

Affianco a noi c'era L'Elfo, quello che aveva parlato la sera prima e che non avevo potuto vedere. La sua pelle era biancastra, aveva lineamenti delicati e orecchie a punta. Era un po' più basso di me. Anche lui era incatenato a un altro prigioniero.

Contai le celle e trovai che erano dieci, quindi in quella prigione c'erano venti prigionieri.

Man mano che avanzavamo lungo il corridoio le guardie ci incatenavano agli altri fino a quando formammo un'unica fila. Non c'era possibilità di scappare.

Le guardie si misero dietro di noi e gridarono di muoverci. Ci portarono su per delle scale e poi oltre una porta di legno massiccio. Oltre la porta c'era una guardiola con due soldati armati di spada e arco con un'armatura di ferro completa dall'elmo agli schinieri. Questi sebravano non saper usare la magia. Rimasi un attimo a gurdarli ma subito le guardie che ci seguivano mi diedero uno spintone. Attraversammo un'altra porta e ci ritrovammo all'esterno. Tutto intorno a noi c'erano delle mura con delle torri su cui c'erano altre guardie anche queste con cappuccio e veste e apparentemente senza armi ma in realtà capii che usavano la magia. Era una specie di castello. All'estremità sud c'era un cancello molto robusto che attraversammo. Appena usciti notai che ci trovavamo su una collina non molto alta ma che permetteva di intravedere il paesaggio circostante. Cominciammo a camminare giù per la strada. Eravamo tutti silenziosi, nessuno si azzardava a parlare.

In lontananza si intravedeva una foresta e dopo un po' cominciammo a sentire un rumore metallico, dei colpi. Evidentemente la cava di pietra era piuttosto vicina.

Infatti dopo una mezz'ora di cammino eravamo in vista della cava. C'era un muro di roccia squadrato a gradini e alla base c'erano innumerevoli rocce pronte per essere trasportate. C'era un uomo con la barba che sembrava dirigere i lavori, si girò verso di noi e aveva un'espressione di compassione sul suo volto. Probabilmente era un brav'uomo.

Le guardie ci staccarono dagli altri e ci lasciarono incatenati a due a due. Erano sempre all'erta con la mano destra che sfavillava di quella luce blu.

"Dovete spingere quelle rocce vicino la gru. Muovetevi!"

Il nostro lavoro era inutile perché notai che la gru aveva delle ruote e poteva essere spostata da massimo due o tre uomini. Le guardie avevano uno sguardo ostile, si divertivano a vederci sgobbare.

Lavorammo fino al tramonto, ero stanco morto. Ci legarono di nuovo insieme in fila e ci intimarono di ritornare alla prigione. Ci incamminammo e dopo una mezz'ora eravamo di nuovo in cella.

   
 
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