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Autore: Francesca lol    13/08/2017    0 recensioni
Vi prego, recensite! Le critiche costruttive sono più che desiderate!
"Un corno. Il suo suono possente risuonò in tutta la capitale, devastando il tranquillo e pacifico silenzio che aleggiava in Trundast. Ci fu un attimo in cui tutto, perfino il Tempo, sembrò fermarsi: le poche persone ancora sveglie smisero di respirare, affinando l'udito; gatti, cani, topi...tutti si misero in allerta.
Di nuovo. Ma questa volta più prolungato, più acuto. Fu come un'onda invisibile che attraversò Trundast. Si svegliarono tutti, in un allarme generale. Il seguito fu una disperata corsa nel cercare di proteggere le cose più care che avevano o mettersi direttamente al riparo, troppo poveri per avere qualcosa di sufficientemente prezioso. Sarebbe stato tutto inutile, Fiamma lo avrebbe scoperto più tardi."
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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“Dove hai intenzione di andare?” Sobbalzai e quasi caddi per lo spavento.

Stavo per salire sul mio cavallo quando avevo sentito la Strega parlare.

Dei, perché, perché sapeva sempre tutto. Rimasi immobile, irrigidita ed in parte anche scocciata, immaginando cosa sarebbe accaduto tra pochi secondi. Non avevo la minima voglia di affrontare la questione.

“Fiamma...” la bloccai con una mano. Stavo quasi per salire in sella, gesto che avrebbe dovuto simboleggiare il fatto che non poteva fermarmi ma... accadde tutto il contrario.

Il mio corpo si bloccò, i muscoli tesi ed indolenziti.

Ringhiai, voltandomi verso la Fortunata. Sentii un moto di odio sbocciare nel mio corpo.

Io, principessa di Trundast, la capitale di quasi un sesto del mondo conosciuto, non potevo andare ad aiutare il mio regno.

Avevo dovuto convivere con questo senso di impotenza e passività tutta la vita. Ora che c'era bisogno di me, dovevo smuovermi.

Alzai il mento, altezzosa.

Ora come ora, ripensandoci non fu proprio un gesto maturo da parte mia. Anzi, mi sarei data un pizzicotto da sola: non avevo né imparato a difendermi, né armi eccetto quel pugnale. Essenzialmente era un suicidio.

“Oh, non fare quello sguardo con me! Non osare, non sono una delle tue schiavette o delle tue leccapiedi!” Assottigliai gli occhi. Lei alzò un sopracciglio. I muscoli urlavano dalla fatica ma non mi importava. Sarei andata, che lei lo volesse o meno. Però quello era solo uno spreco di tempo. Sospirai.

D'accordo, ragioniamo: lei non vuole, ti ha bloccato con un incantesimo e non sai cosa potrebbe farti se montassi in sella. Quindi, cosa si può fare?

Alzai le mani e abbassai lo sguardo. Presi le redini di Morgan per portarlo nuovamente in quella specie di stalla. Appoggiai la fronte contro la sua, chiudendo negli occhi.

Ci vediamo dopo bello.

Gli feci una carezza, avvertendo la presenza di qualcuno dietro di me.

Oh! emise, frustrata.

“Oh! Mi prendi per stupida, ragazzina viziata che non sei altro?! Per chi mi hai preso, per quell'idiota di Mediarance?”

-Non parlar male di lei. Tantomeno di me, se ti agrada. Mi voltai verso di lei. Il mio sguardo bruciante di fastidio.

“Sì, come vuoi. Bimba, ti leggo nel pensiero, ricordi? E poi hai abbandonato subito, andiamo!

Sei la figlia di Mingord e sei cresciuta con Arelix.” Ah, i loro nomi. Sentii una fitta al petto. Risentii il suono possente, adirato del corno che udii la notte dell'Invasione.

Mi si mozzò il respiro per un attimo ma feci finta di nulla, scuotendo impercettibilmente la testa. Eris probabilmente non si accorse di quel mio strano momento, perché non mi disse niente. O fu proprio perché lo notò che tacque.

Feci la finta sfacciata, alzando un sopracciglio.

-Cosa dovrei fare? Mh? Sono totalmente inutile qui.

“E lì?” rispose con una punta di arroganza.

“Cosa potresti mai fare ? Nel bel mezzo dei saccheggi, degli stupri e della violenza. Cosa potresti mai fare tu?”

-Ma potrei salvare qualcuno! Portarli qui e... e farteli curare.

“Seh, farsi curare dalla strega che fa scendere la pioggia acida blah blah blah. Proprio un bel piano, Fiamma. Stupendo. Si ucciderebbero da soli pur di non farsi toccare da me.” Ruotò gli occhi al cielo, facendo ribollire il sangue nelle vene. Digrignai i denti, allargando le braccia.

-Cosa dovrei fare, mh?! Cosa?! Lasciare il mio futuro regno nelle mani di maledetti barbari? Lasciar stuprare le donne, vendere i bambini e castrare gli uomini? Cosa dovrei fare, Eris? Ti prego, dimmelo, perché io non so proprio cosa fare.

Mi osservò attentamente, quasi sperai di averla convinta quando invece abbassò lentamente lo sguardo, con un sospiro.

“Dovresti rimanere qui.” Si voltò, dandomi le spalle e lasciandomi sola. Mi afflosciai, sentendo la rabbia evaporarmi via dal corpo. Caddi in ginocchio, con un macigno sulle spalle che le mie gambe non furono in grado di reggere.

E così, perfettamente consapevole delle eventuali coseguenze, quasi sperando nelle eventuali conseguenza, lo feci. Mi osservai le mani, pallide ed un po' tremanti.

Lo feci, affidai la mia voce al vento. Risentii la mia voce dopo anni.

“Te lo giuro, Eris. Io salverò il mio popolo. Lo giuro.” Volsi la testa verso il castello, che da quella posizione si vedeva benissimo. Sembrava un vecchio gigante di pietra ferito.

“Diventerò regina, il miglior sovrano che sia mai esistito.” Di tutta risposta, una leggera brezza mi accarezzò i capelli.

Non riuscii a trattenere un brivido.

 

 

 

 

 

 

Quella notte, a Trundast

 

“Capitano, cosa facciamo?” domandò un giovane cavaliere. Gabriel non potè non notare quanto fosse esausto il suo aspetto. Aveva le occhiaie, era sudato e pieno di graffi. La sua armatura ammacata e sporca di terreno e sangue. Sarebbe potuto essere suo figlio.

Gettò una rapida occhiata intorno a lui, le condizioni erano più o meno simili in tutti i soldati.

Si passò due dita sulla fronte aggrottata, chiudendo gli occhi.

“Le condizioni dei cancelli?” domandò. Non seppe con precisione chi fosse stato a rispondere.

“Stanno contrastando il nemico ma non reggeranno ancora per molto.” A Gabriel scappò una smorfia. Erano già passati tre giorni, gli arcieri stavano resistendo anche troppo considerando che non si erano fermati un secondo.

“La città bassa?” Udì un sospiro stanco che non gli fece presagire nulla di buono, tuttavia non fu la stessa voce di prima a comunicargli la situazione.

“Sono entrati come fossero giganti. Erano... sono maggiori numericamente e combattono di forza bruta. Ammazzano, sventrano come fossero bestie del Male. Abbiamo perso già mille di noi! I quartieri più poveri sono i nuovi inferi! E tutto questo in solo tre lune. Come possiamo anche solo pensare di vincere? Siamo perfino rintanati in questa bettola! Moriremo, non potremo mai--” la parlantina disperata fu mozzata dallo stesso Capitano. Corazza scadente e mezza rotta, ferite un po' ovunque, la faccia assurdamente magra e spenta. Uccidendolo gli aveva solo fatto un favore.

Estrasse la spada dal suo stomaco con uno scatto violento.

“Il prossimo che oserà anche solo pensare quel che ha detto, farà la sua stessa fine.” Il silenzio fu l'unica risposta. Si voltò, rifoderando l'arma. Si avvicinò alla mappa sul tavolino, iniziando ad indicare i punti di cui parlava.

“Ascoltate. Cinquanta squadroni andranno avanti, a liberare le zone più povere. Poi, altri trenta andranno a prendere il posto dei precendenti, quando gli avversari si saranno stancati. E così via, spingendoli fuori, fino alle scogliere. Quaranta invece andranno al castello per liberarlo, capitanate da me. Non deve rimanerne vivo nessuno.” Gli bastò alzare lo sguardo per capire che c'era bisogno di un tocco di forza maggiore. Una simile devastazione in soli tre giorni era inconcepibile ed innaturale.

“Dobbiamo prepararci ad affrontarli. Dobbiamo cacciarli dal regno, soprattutto dal castello. Siate macchine da guerra, distruggete uno e passate all'altro. Sono invasori, parassiti che devono essere schiacciati a morte.

Salvate il vostro popolo, salvate il regno, salvate il futuro. Diventate eroi e mostrate al nemico che no, Trundast non si arrenderà mai. Il nostro regno, noi sorgeremo di nuovo. Saremo leggende.” Così dicendo, impugnò l'arma bianca.
Sic luceat Lux!” urlò, alzando la spada.

“Luceat Lux!” ruggirono i soldati, con i volti un po' più brillanti.

Pian piano uscirono tutti. Gabriel aspettò pazientemente, premurendosi di bloccare l'entrata, prima di dirigersi dal suo re. Scostò una tenda marrone, quasi invisibile per l'ambiente legnoso della stanza. Celava una porta che il Capitano spinse. Nascose un sussulto e dissimulò velocemente l'atto di portare la mano alla fodera della sua spada quando vide una presenza che prima non c'era assolutamente. Appena richiuse la porta dietro di lui, comunque, non perse tempo ad inginocchiarsi davanti un letto circondato di candele. Baciò la mano dell'uomo giacente, mentre la donna che era appena comparsa li guardava.

“Sire...” Un colpo di tosse scosse il corpo disteso. Essere consapevole delle condizioni del suo re lo faceva sentire male. Indossava i primi indumenti puliti che avevano trovato. Era tremante e sudato; ma soprattutto, un bendaggio gli partiva dai pettorali fino allo stomaco.

“Gabriel?” chiese. Un sorriso si distese sulle labbra di entrambi.
“Vecchio mio quante,” un altro colpo di tosse gli impedì momentaneamente di continuare a parlare, “quante volte devo dirti di non essere così formale con me?”

“Avete ragione, Mingord. Chiedo perdono.” Il re rise però, ancora una volta, un attacco molto più forte dei precedenti gli impedì di parlare. Si portò un fazzoletto alle labbra.

La giovanne donna che era rimasta a guardarli si avvicinò rapidamente per aiutarlo.

Lei e Gabriel lo fecero sedere, per consentirgli una respirazione migliore.

Si portò un fazzoletto per coprirsi la bocca.

“Ti ho sentito pronunciare il mio discorso prima. Com'è andata?” domandò lui, una volta ripresosi. Il cavaliere fece per aprire bocca, forse per insultare la curiosità a dir poco stupida del sovrano ma fu preceduto.

“Affrettato ma nessuno si è lamentato. Non che potessero farlo comunque.” Gabriel fece una smorfia.

“E come diavolo fai a saperlo?” A quella domanda, soffocò una risata.

“Tu sarai anche Spada d'Argento, Gabriel Hatwkink, Capitano delle Sacre Armate, migliore amico del re. Ma io,” si leccò maliziosamente le labbra,”io sono Eris. Ho così tanti titoli che non ho voglia di citarli. Fidati quando ti dico che so tutto.” L'uomo aveva ancora stampata quella smorfia in faccia, restando in silenzio. Lei alzò un sopracciglio così lui mosse una spalla, con tono fintamente curioso.

“Possiamo continuare o devi continuare ad essere egocentrica?” La bocca di Eris si spalancò, sconvolta.

“Dopo tutto quello che ho fatto per te hai ancora il coraggio di rivolgermi la parola? E per insultarmi, oltretutto.”
“E cos'avresti fatto, eh? Cosa? Assolutamente nulla che non fosse richiesto per vivere con il tuo opportunismo” rispose il Capitano.

“Egocentrica, opportunista... qualcos'altro? E' quasi divertente: tu Gabriel, tu che offendi me! E' il colmo! Stupido esserino inutile, credi di essere qualcuno? Se volessi, potrei distruggerti con uno sguardo. Non osare pensare nemmeno per un secondo di avere una qualche autorità su di me, miserabile.” Questa volta fu la mascella di Gabriel a toccare terra. Lui fece per controbbattere ma il re lo bloccò.

“Dei, siamo in una schifosa locanda. La stanza in cui figliare avrete tempo di trovarla dopo” mormorò Mingord, ancora tra le braccia dei due. Eris quasi rise della minaccia che passò attraverso lo sguardo del Capitano.

“Non ho tempo per queste sciocchezze. Sto per morire e-” fu solo con uno scatto secco di lei, che lui evitò di collassare, vomitandole quasi sulle gambe i succhi gastrici.

“E' sangue...” borbottò tra sé e se, sapendo che l'amico del re l'avrebbe sentita. La Fortunata portò un fazzolletto sulla bocca del re, sospirando per poi ripulirlo dolcemente dalla saliva e dal sangue.

Gabriel lo fece sdraiare di nuovo, coprendolo meglio. Tra i due passò uno sguardo, lei rimase semplicemente a ricambiare. La guardia abbassò il capo.

“Gabriel...” sussurrò Mingord, con tono affaticato. Gli afferrò la mano in una presa debole e sudata ma fredda.

“Promettimi che porrai al trono mia figlia, che le insegnerai a diventare una grande regina.” L'amico gliela baciò, con un magone in gola che ignorò.

“Mingord, non parlare così. Sopravvivrai. C'è anche Eris qui, lei potrà aiutarti.” La Strega aprì la bocca per dire qualcosa tuttavia venne interrotta da un gesto con la mano che fece il re.

“Il mio tempo su questa terra sta finendo, lo sento scorrere via” mormorò con gli occhi chiusi e il tono stanco.

“Non morirete così tanto presto, Maestà. Se Fiamma sapesse che ci state perfino pensando, vi ucciderebbe lei stessa.” Il viso di Mingord si illuminò all'accenno della figlia. Puntò gli occhi grigi sulla Strega.

“Come sta?” Eris ridacchiò prima di raccontargli che voleva entrare in città- “caparbia come il padre”- però era riuscita a fermarla. Gli spostò delicatamente una ciocca dalla fronte. Il sovrano si rilassò contro il cuscino.

“Le dirai che Arelix n-non è...” gli si mozzò la voce, ebbe bisogno di schiarirsela prima di continuare, “... non è più qui?” A Gabriel si riempì il cuore di una tristezza che scacciò con fastidio. Perse tutta quell'inutile aria di riverenza.

“Diamine, Mingord. Non sei mai stato solito arrenderti, se continui così mi vedrò costretto a sculacciarti.” Il re represse una risatina.

“Come minacciava sempre Guinevre, possa la sua anima essere in pace. Anche se io riuscivo sempre a cavarmela.” L'amico non riesci a reprimere una nota divertita nella voce.

“Sì, infatti! Ero sempre io quello che andava peggio!” Mingord non riuscì a non ridere, tossendo subito dopo.

“Bei tempi” commentò il sovrano. Gabriel gli si fece ancora più vicino.

“Per te, principino bello. Hai ancora da governare -se non riscuotere- e una figlia, idiota. Muori adesso e giuro che scendo negli Inferi per riportare in vita la tua anima da cane.”

“Ho sempre adorato i complimenti.” Adesso fu il Capitano a scoppiare in una risata. Eris si era allontanata lentamente, probabilmente il re non se n'era nemmeno accorto. Si sentiva quasi di troppo in quella misera camera, era un momento piuttosto intimo in cui si poteva percepire l'odore polveroso dei ricordi. Preferì guardarsi attorno, cercando le medicazioni che sicuramente erano nella stanza. Quando le trovò, scosse la testa. Chi aveva medicato il sovrano sicuramente non era un medico. La cosa risultò strana nella mente della Strega, era il re e non aveva avuto a disposizione un curatore?

Non voleva interrompere la conversazione tra quei due ma si sentì obbligata mentre si avvicinava ad un tavolo con bende, medicinali... quelle erano pozioni o che altro?

“Gabriel, chi ha curato sua Maestà?” domandò, aprendo una boccetta di vetro scuro per odorarne il contenuto. Non che solitamente le cure avessero questo buon profumo ma quel fetore l'allarmò. Storcendo involontariamente il naso, si affrettò ad analizzarne il fluido quando un leggero pizzicore partì dalla mano, le attraversò il braccio arrivando al cervello seppur espandendosi in tutto il corpo. Spalancò gli occhi, diventati due pozzi di luce. Le cose accadderò velocemente, come sempre.

Veleno.

Un urlo maschile.

Lasciatemi curarlo, vi prego!”

Bisbigli.

Sangue.

Candele accese.

Un liquido denso che veniva versato.

Fiala viola.

Capelli biondi.

Ingerite, vostra Magnificenza. Finirà tutto molto presto.”

Buio.

Luce.

Bianco.

Eris sbattè leggermente le palpebre, tornando ad abituarsi alla leggera illuminazione. Si era persa la risposta del guerriero quindi gli chiese di ripetere.

“Ho detto che non sappiamo il nome però ha fatto del suo meglio e-”
“Avete fatto curare il sovrano da uno sconosciuto?!” lo interruppe, non trattenendo il tono. Si avvicinò nuovamente al letto, inginocchiandosi sotto lo sguardo irritato del Capitano e confuso del re, un po' più sveglio grazie allo stuzzicare del suo amico. Serve un po' di forza maggiore.

Avvicinò le mani alla camicia del nobile prima che entrambi gli uomini la guardassero quasi sconvolti.

“Eris che diamine vuoi fare?” chiese Gabriel, mentre Mingord annuiva per sostenerlo. Lei alzò gli occhi al cielo.

“Salvare la vita a sua Maestà. Non è il momento di essere pudici.” Quasi gli stracciò la camicia, nel silenzio dubbioso di entrambi. La fronte aggrottata del sovrano la infastidì un po'.

“Senza offesa, Mingord ma pensavo fossi più intelligente di questo retrogrado qui” commentò e la Strega, indicando il Capitano con un cenno del capo, iniziò a disfare velocemente le bende.

Gabriel gonfiò le guance per poi sbuffare. La giovane borbottò un incantesimo per rendere il sovrano più cosciente.

“Sei una donna che sta spogliando un uomo, perdonami se non mi sembra così normale. Per quanto tu possa essere brava, sei pur sempre del... beh...” lasciò cadere la frase, leggermente infastidito.

Ci fu un lungo momento di silenzio in cui Gabriel quasi pensò di scusarsi in colpa prima che uno schiocco venisse udito e il Capitano, con il viso voltato, avvertisse la sensazione di uno potente schiaffo, portando una mano sulla guancia che stava diventando rossa. Strabuzzò lo sguardo, colto di sorpresa, prima di puntarli sulla Strega. Aprì la bocca ma lei lo precedette.

“Ho le mani troppo occupate per schiaffeggiarti di persona.” Non stava nemmeno sorridendo. Gabriel si chiese se l'avesse veramente offesa così tanto. Si sentì in colpa.

“Sai com'è, noi donne siamo brave in poche cose. Prendere a schiaffi rientra nella lista.”

“E tu, giustamente, l'hai fatto senza nemmeno usare le mani.” Adesso, adesso il Capitano potè notare un leggero ghigno.

Fu un verso di disgusto da parte del re ad indurlo a guardare cosa stesse facendo la Strega.

E non potè che imitare il sovrano quando notò il ventre e la parte inferiore ricoperti di una qualche cosa nera.

“'Non sappiamo il nome' blah blah blah, 'ma ha fatto del suo meglio' bla bla bla” lo scimmiottò la Strega mentre Mingord, fin troppo vigile e con la stessa faccia di disgustata di prima portava la mano a toccare quella cosa viscida prima che Eris gliela allontanasse con uno schiaffetto leggero per poi toccarla lei stessa, strofinando indice e pollice affinché ne saggiasse la consistenza.

“Ma...” protestò il re, come un bimbo imbronciato.

“Io posso farlo, tu no” fece la Strega, facendo inarcare un sopracciglio a Gabriel.

“Ho due domande” disse solennemnte il capo delle guardie. Eris fece un cenno della testa, alzandosi a prendere pezze pulite ed una bacinella d'acqua che fortunatamente erano nelle vicinanze.

“Come fa ad essere così sveglio? Prima si sentiva in punto di morte ed ora sta tranquillamente guardando quello che stai facendo.” Il re che nel frattempo, ignorando ciò che gli era stato detto, aveva preso a toccare la robaccia scura che gli era addosso, si sentì preso in causa e si voltò verso l'amico.

“Secondo te?” rispose eloquentemente la giovane donna.

“Tu?” Lei annuì, avvicinandosi ancora una volta.

“Mi serve sveglio, non so bene cosa possa accaddere se si addormentasse” continuò, spostando con un sospiro le mani del sovrano per pulirgli quella cosa da dosso.

Rassegnato, Mingord appoggiò la testa al cuscino. Rabbrividì quando avvertì l'acqua fredda toccargli la pelle.

“Ascoltate bene, questo vi farà parecchio male. Conterò fino a tre poi farò quel che devo. Mi avete capito?” La Strega si sporse per essere sicura di creare un contatto visivo. Al cenno di assenso del re, sospirò. Con una leggera carezza, gli infuse un leggero senso di stordimento, quel tanto per non fargli avvertire un dolore troppo estremo.

“Uno...” Il sovrano chiuse gli occhi.

“Due.” Mingord non riuscì a mozzare un gemito quando avvertì il bruciore. Inclinò la testa all'indietro, trattenendo un urlo. Gli sembrò di andare a fuoco. L'unica cosa che potè fare fu afferrare le lenzuola e stringerle fino a far sbiancare le nocche.

“Non dovevi... arrivare a tre?” trovò la forza di mormorare Mingord. Eris non rispose.

Gabriel lo guardava apprensivo, mordendosi le labbra. Si sentiva inutile, impotente e la cosa lo infastidiva. Eris aveva gli occhi chiusi, concentrata. Aveva una mano sulle ferite ancora aperte, l'altra parallela ai pettorali del sovrano; da entrambi i palmi fuoriusciva una luce dorata. Dai tagli sul ventre tornò a sgorgare quella cosa nera vischiosa. La mano destra della Strega, già sporca di sangue, ne venne inevitabilmente ricoperta. La luce di Eris si fece più brillante e forte, Mingord sussultò tremando leggermente.

Gabriel non sapeva cosa fare. Era lì, in ginocchio che semplicemente osservava la scena con impotenza. Si alzò, si tolse la parte superiore dell'armatura per comodità. Prese la pezza che aveva usato Eris precedentemente, sciacquandolo. Non reagì al gelo dell'acqua, semplicemente lo strizzò e poi lo usò per togliere nuovamente la melma.

Il re quasi guizzò quando Gabriel posò delicatamente lo straccio sulla parte ferita. Il sovrano respirava velocemente, a volte mozzando brutalmente il fiato per trattenersi. Più Mingord faticava a trattenersi, più la luce diveniva potente. Eris deglutì quando il Capitano le pulì gentilmente la mano.

Il sovrano si arrese ad un grido che gli scosse il corpo, la Fortunata appoggiò anche l'altra mano proprio al centro del petto.

“Resta con me Mingord...” si ritrovò a sussurare Gabriel.

“Bagnalo” sussurò in modo così flebile lei che al guerriero quasi venne il dubbio se avesse veramente parlato. Ad ogni modo, si affrettò a inzuppare nuovamente lo straccio e passarlo sul viso dell'amico. Boccheggiava e si agitava, il collo arrossato.

Il Capitano non aveva smesso per un attimo di torturasi le labbra, quando tornò ad eliminare il veleno oscuro si ritrovò a leccare via una goccia di sangue.

Gabriel non seppe quanto tempo passò, non gli diede importanza. Il suo compito era bagnare e pulire, aveva la fronte aggrottata da un po' ed iniziò a dolere leggermente così la rilassò. Mingord si muoveva sempre di meno, la schiena inarcata ma gli occhi chiusi.

Sospirò contento quando il nero divenne rosso. Eris premette più forte la mano sul petto del sovrano e superò Gabriel per avvicinarsi ancora di più al re.

“Maestà, se dopo questa andate nell'Aldilà sappiate che perderò la stima nei vostri confronti” disse lei affettuosamente, con entrambe le mani sul petto dell'uomo. La luce cadde negli addominali di questo che brillò di una leggera evanescenza dorata ma che poi si spense velocemente. Eris si affrettò ad alzarsi per prendere nuove bende per ricoprire le ferite.

“C-che significa?” chiese Gabriel, con gli occhi sulla figura ora rilassata di Mingord.

“Significa che aveste dovuto chiamare me.” Si voltò a guardarlo, gli occhi puntati proprio nei suoi.

“Perché non l'hai fatto?” Gabriel aprì un paio di volte la bocca, non distogliendo lo sguardo dal suo.

“Pensavo tu sapessi tutto” scherzò. Eris annuì lentamente, abbassando il capo.

“Ai tuoi uomini non avrebbe fatto piacere incontrarmi, immagino.” Non seppe identificare il tono con cui lei aveva parlato ma lo intenerì. Lui non pensò quando le accarezzò una guancia con la mano bagnata e fredda. Lei non pensò quando ci si appoggiò contro.

Il re invece ci pensò ma non volle davvero trattenersi: che facessero fare il terzo incomodo a qualcun altro, che diamine. Si schiarì la voce, seppur leggermente riluttante.

Si voltarono in contemporanea verso di lui, facendolo sentire a disagio. Oh, per l'amor degli dei, sarebbe morto da lì a poco? Bene, ma lo avrebbe fatto da re ed i re non si sentono a disagio. I re sono carasmatici e perfettamente a loro agio in qualsiasi momento. Annuendo a se stesso, aprì la bocca rendendosi conto di non avere praticamente nulla da dire.

“Um, la prossima volta... ehm ehm, porteresti anche Fiamma? Vorrei vederla.” Eris gli si fece più vicina, posando le mani sul materasso.

“Dovreste cambiare le lenzuola. Ad ogni modo, non so quanto possa essere una buon'idea sire. Lo sapete che-” Mingord alzò gli occhi fino a puntarli sul soffitto, leggermente assonato.

“Sì. Sì, lo so. Non importa, era solo per...” non continuò, si limitò a sospirare. Gabriel, alzatosi per posare la bacinella, fece qualche passo verso di lui.

“Se vuoi, posso mandare qualcuno. E se Eris accettasse, potrebbe accompagnarla qui. E' potente, chiunque conosca il suo nome non sarà così sciocco da sfidarci. In più, come ovvio che sia, ci saranno guardie a difenderla dagli stolti.” Il sovrano voltò il capo verso di lui, non parlando. Si perse nei pensieri per qualche secondo poi guardò la Strega.

“Cosa nei pensi?” Il Capitano incrociò le braccia, in attesa. Lei guardò l'uomo nel letto, di nuovo ricoperto di bende e con la camicia sporca, poi quello in piedi un paio di volte. Si mise a giocherellare con le dita delle mani, fissando il pavimento.

“Non lo so...” Mingord si alzò su un gomito, allarmato ma il dolore lo fece ricadere con un gemito.

“Non ho visto niente di allarmante, non temere. Solo... non sono convinta, tutto qui.” Il re si costrinse a scacciare quella leggera aura di sonnolenza che gli si era avvolta intorno.

“Cosa significa 'niente di allarmante'? Hai visto davvero qualcosa?” le chiese lui in un involontario tono rude. Notando che lei non rispondeva, la richiamò più gentilmente.

“Stava cantando, Mingord.” Un gravoso silenzio calò nella stanza e la Strega diede qualche secondo per permettere di assimilare ad entrambi la sua risposta.

“Ma-” iniziò Gabriel, le braccia molli lungo i fianchi dalla sorpresa, senza avere davvero l'intenzione di continuare la frase. Ad ogni modo fu interrotto.

“Aveva la voce di un'angelo, la più bella che abbia mai sentito. Anche se questo non dovrebbe sorprendermi” commentò lei. Si appoggiò con la schiena al lato del letto, reclinando leggermente la testa sul materasso morbido.

“Naturalmente il fatto che venga qui non significa necessariamente che inizierà a cantare come un pulcino ma... non lo so, è una decisione che dipende da te Mingord. Fiamma farebbe cose folli per accertarsi delle tue condizioni con i suoi stessi occhi, Gabriel mi sembra favorevole; io mi adeguerò a tutto quello che vorrai.” Il sovrano si passò una mano sul viso, ormai stanco.

“Vorrei che Arelix fosse qui.” Lo disse a voce così bassa che quasi sembrò perfino a lui stesso di non averlo detto realmente. Non che fosse un problema, sarebbe stato meglio tenerlo per sé. Gli era sfuggito. Eris lo percepì lo stesso però finse di non averlo fatto.

L'uomo si coprì gli occhi con un braccio, lasciando andare uno sbuffo.

“Secondo te, riuscirebbe a prendere consapevolezza dei suoi poteri?” A Gabriel parve di aver osato chiedere qualcosa di proibito.

“Perché no?” Con sorpresa sia di Gabriel che Eris fu lo stesso re a rispondere.

“Quanti anni sono che non apre bocca? Dodici? Quindici? Non voglio destinarla ad un vita nel silenzio.” Passò uno sguardo tra la Strega ed il Capitano. Lei annuì lentamente, sospirando.

“Molto bene. Domani mattina il re rincontrerà la principessa.”

“E così sia” proclamò Mingord, con il cuore un po' più leggero.

  
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