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Autore: herr    13/08/2017    1 recensioni
Erika Joy vive una vita tranquilla, pur sia mediocre, ad Anville Town, nell'estremo nord-ovest di Unova. La sua routine viene però inesorabilmente interrotta dall'incontro con uno sconosciuto, il quale riesce nel giro di poche ore a sconvolgere tutto ciò che credeva fosse vero.
In bilico tra il desidero di verità e la paura di cosa ciò comporti, intraprende un cammino che la condurrà a ribaltare ogni sua convinzione. Erika Joy o Hilda Baskerville? Passato, o presente?
{ Cards sequel ; ferriswheel ; Erika/Hilda (Hilda è il nome inglese di Touko) centric ; introspettivo qb ; pain and suffering }
Sequel di Cards; COMPLETATA!


« Ah, e un’ultima cosa ».
« Dimmi tutto ».
« Com’è che mi hai trovato? Non mi sembra… non mi sembra tu me l’abbia detto ».
« Oh, davvero? ». Matthew sorrise. « Prima o poi dovrò dirtelo » scherzò.
« Già » l’apostrofò lei.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bellocchio/Looker, N, Nuovo personaggio, Team Plasma, Touko
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Videogioco
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cards - Hilda Baskerville's story '
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BUON SETTANTACINQUESIMO ANNIVERSARIO DELLA PRIMA DI BAMBI!
[ATTENZIONE!]
Questo capitolo vede presenti 3 storyline (e qualche scena extra), per cui metterò un piccolo glossario informativo con tutte le informazioni che possono servire.
Colress = Acromio (+ cognome arbitrario mio).
Nacrene City = Zeffiropoli
13/10/11 = prima degli eventi di Cards (che cominciano il 15/10/11)
13/11/11 = giorno dell'ultimo capitolo di Cards (quando Hilda ed N mangiano le bacche sul molo)
03/11/11 = giorno del capitolo XIV di Cards (e l'inizio del capitolo XV)
Per qualsiasi cosa che vi serva, ad ogni modo, lascio la storyline di Cards qua: 
http://i.imgur.com/ErI8OSk.jpg
 
flashback – Castelia City – 13/10/11
I primi segni dell’inverno si manifestavano già dalle prime settimane di ottobre nella città di Castelia, dove il sole si alzava in tarda mattinata a poco servivano i suoi raggi luminosi per riscaldare i freddi edifici di cemento che ne costituivano il cuore pulsante. La brina che durante la sera cristallizzava lungo le superfici dei palazzi non faceva in tempo a fondersi, durante il giorno, in acqua, che era già calata la sera, permettendo al liquido di congelarsi nuovamente.
N si trascinava per la Central Plaza sospinto dalla brezza che spirava dal mare verso il cuore della metropoli, i suoi passi si muovevano pesanti e svogliati sul marciapiede cittadino. Pareva una meteora che errava in cerca di meta, spinta dalla sola energia propria; ma una meta ce l’aveva eccome. L’incedere con cui proseguiva rispecchiava il suo vuoto interiore, la sensazione di lacuna che lo aveva pervaso da mesi a quella parte. Dalla morte di Hilbert.
Si fermò davanti ad un edificio molto alto, la cui facciata spiccava sul resto dei palazzi per esser stata composta da mattoncini rossi ed aver mantenuto l’aspetto originario. L’interno, al contrario di quanto l’esterno poteva dare a pensare, era molto più in linea con le classiche hall che si trovavano nella città.
Entrò, e come fece ciò venne investito da un’ondata di calore.
Stordito, si guardò attorno, e proesguì verso la reception.
« Buongiorno, come posso aiutarla? » sorrise la ragazza dietro il bancone.
« Starei cercando un certo Andy Sachs ».
« Mh, ha un appuntamento col dottor Sachs? ».
Il ragazzo asserì.« Sì ».
« Mi dia il foglietto, prego ».
N estrasse dalla tasca un ritaglio di carta arancione, scritto su un lato, e lo porse alla donna, che lo rigirò fra le mani per qualche secondo.
« Molto bene, ventiquattresimo piano ».

Bussò due volte.
Il suono dei rintocchi sul segno rimbombò nella stanza.
« Avanti ».
Il capo di N baluginò dalla porta, come lentamente la apriva, e da parte sua scopriva lentamente la ricca stanza dalla quale proveniva il vociare indistinto di due uomini. Spalancato, notò come quei due uomini fossero Zinzolin, una vista ben nota a lui, ed un ragazzo di pressapoco la sua età.
« N, sei tu! Che piacere vederti qua ».
« Sono stato chiamato ».
« Lo so, lo so. Siediti pure qua, in parte a me ». Lanciò uno sguardo alla recluta, che, come N si avvicinava, essa stessa stava allontanandosi « rimani qua, tu. Devo affidarti un compito molto importante ».
N prese posto nella sedia accanto a Zinzolin, mentre la recluta del Team Plasma rimaneva in piedi a qualche passo da entrmbi. La sua attenzione fu catturata da un documento che giaceva sul tavolo, sotto gli occhi del Saggio, recante sulla copertina un nome scritto a caratteri cubitali.
« È per te, N ».
« Uh? ».
« Questo file. Prendilo pure ».
« Oh… o—ok ».
Prese in mano il documento e ne lesse il titolo: HILDA C. BASKERVILLE.
« Hilda Baskerville? ».
« Aprilo ».
Prese con i polpastrelli l’estremità della copertina e la sfilò, rivelando un plico di fogli con annesse foto raffiguranti una ragazza. Hilda? si chiese fra sé e sé. Aveva i capelli castano chiaro che scendevano mossi sino alle spalle e gli occhi castani, che risaltavano sul suo incarnato roseo.
« Assomiglia ad Hilbert, non è vero? » lo incalzò Zinzolin, osservandolo perso ad ammirare quella diapositiva.
« Cosa significa? ».
« La signorina Hilda Baskerville è una giornalista per l’editoriale Castle, che caso vuole essere uno dei più letti della regione ».
« E? ».
« Useremo lei per il nostro piccolo… piano, ecco ».
« Non… non vedo come ».
« Ora mi stai solo facendo perdere tempo » sorrise Zinzolin « troverai tutte le informazioni di cui hai bisogno nel file, incluso il suo numero di telefono ed il suo recapito. Segui le istruzioni e tutto filerà liscio ».
N richiuse il documento. « È tutto? ».
« Non ancora ».
La recluta si fece avanti e consegnò al ragazzo una scatola di piccole dimensioni, nera, dal peso considerevole. Come N la prese in mano sul suo volto si dipinse un’espressione di confusione.
« È un cellulare, ti servirà per entrare in contatto con la signorina Baskerville. Non servirà usare il numero privato, perché non appena qualcuno cercherà di chiamarlo anziché mandare un messaggio verrà messo in contatto con la EKI ». Un sorriso comparse sul suo volto. « È per sicurezza ».
« Oh… ora posso andare? ».
Zinzolin asserì.
 
CAPITOLO 8
As Watchman to My Heart
 
And meanwhile a man was falling from space
As he hit the earth I left this place
Let the atmosphere surround me
satellite beside me

What are we gonna do?
We've opened the door, now it's all coming through
Tell me you see it too
We've opened our eyes and 
its changing the view
What are we gonna do?
We've opened the door, now it's all coming through
(Florence + The Machine; How Big, How Blue, How Beautiful)

flashback – Castelia City – 03/11/11
« Hilda B—ville, lei è in arr—to per il tent—cidio di Bian—alters ».
Uno schermo bianco e nero rappresentava l’immagine di un Hilda sconvolta come veniva scortata da due agenti di polizia fuori dalla porta del suo appartamento. La sua voce giungeva graffiata e disturbata attraverso gli speaker ma era comunque possibile capire il contesto della scena: la ragazza era stata portata via dalla polizia, per un qualche motivo indefinibile a causa della scarsa qualità dell’audio.
Nel giro di pochi secondi, sia lei che i due ufficiali scomparvero dal display.

Due rintocchi sulla porta risuonarono nell’aria.
Zinzolin era intento a scrutare lo skyline di Castelia City illuminato dal sole mattutino, i cui raggi obliqui s’infrangevano sui grattacieli della metropoli come lame affilate su protuberanze di ghiaccio; ciò che ne rimaneva, l’accecante riflesso, scintillava sulle pareti vetrate degli edifici stessi.
Castelia City, il gioiello di Unova che splendeva di luce riflessa.
« Avanti ».
La porta scivolò lungo i suoi cardini e rivelò, dietro di essa, la figura di un alto ragazzo, dai lineamenti giovani, in completo nero.
« Parla pure ».
« Hilda Baskerville è stata arrestata, signore ».
Durante il tempo in cui il ragazzo era entrato, Zinzolin non aveva distolto lo sguardo, neanche per pochi secondi, dalla visione quasi celestiale che si presentava davanti a lui. Trovava la contemplazione del sole un rito giornaliero, come se riuscisse a trarre da quella stella l’energia di cui aveva bisogno per proseguire la giornata. 
« È un peccato. Chiama l’avvocato fra qualche ora e digli di recarsi da lei ».
« È tutto? ».
« Sì ».
Il ragazzo indietreggio, pronto a scomparire nell’oscurità del corridoio, quando fu richiamato all’attenzione dal Saggio.
« Anzi no, non è tutto. Chiama mio nipote sulla linea ».
« Quale, signore? ».
« Quello che vive a Nimbasa City, come si chiama… Jeoffrey? ».
« Ethan, signore. Ethan Shepard ».
« Lui. Chiamalo come prima cosa, e passalo sul telefono qua ».
« Sarà fatto, signore. C’è altro? ».
« No, vai pure ».

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flashback – Castelia City – 13/11/11 [9:11 PM]
« Avevo predisposto assieme a Ryoku che, questa sera, dei suoi sottoposti venissero a prendermi al porto dopo aver… preso queste ».
« Ryoku? Il saggio? ».
« Sì. Reputano che sia il modo migliore per nascondere la memoria del Team Plasma a Unova e sono disposti ad aiutarmi. Prenderò una nuova identità ed i loro scienziati si occuperanno dei miei ricordi ».
« Ottimo, voglio farlo anch’io. Quando prendiamo queste bacche? »
« Anche… anche subito, se vuoi ».
« Sei sicura di volerlo fare? Dopo di questo… dopo tutto ciò non sarai più Hilda Baskerville, sarà come se non fosse mai esistita ».
« Neanche Natural Harmonia-Gropius ».
« Allora facciamolo ».
Una leggera brezza scompigliò la castana chioma di Hilda. Si ripassò i capelli dietro l’orecchio e fissò l’amato negli occhi, stringendo colla mano sinistra le bacche avvelenate. Poteva sentire il respiro di N accelerare, e con esso il ritmo del suo cuore. L’aria era fredda, pungente, ed il paesaggio attorno a lei avvolto nell’ombra. Come ad un passo dall’addormentarsi, dall’entrare in un sogno, sentiva la sua mente lentamente abbandonare il suo corpo.
« Baciami, N. Lascia che Hilda e Natural muoiano con questo ».
Il braccio di Hilda cinse la vita di N, e di conseguenza si comportò l’altro. I loro corpi erano vicini, stretti, avvinghiati fra loro. Le loro labbra si toccarono, mentre come un grattacielo crollavano su se stessi, incapaci di fermare l’esito del veleno. Cadderò così a terra, silenziosamente, mentre le luci della S.S. Diane illuminavano l’orizzonte dell’acqua.

Due fari illuminarono a giorno il porto di Castelia quella sera.
« Sono morti? ».
« Non lo so! Il capo ha detto che il veleno li avrebbe stesi e basta ».
« Oh… e cosa dovremmo farne? ».
« Portarli da Ryoku… mi hanno detto solo questo ».
Un pick-up color nero pece si era piazzato di fronte ad i due amanti, e da esso erano scese due reclute del Team Plasma, in ghingheri, nell’ultima delle loro avventure in quelle vesti.
Una delle reclute issò le braccia di N sul proprio torace e trascinò il suo corpo, come fosse una carriola, fino alla vettura, dove, con l’aiuto dell’altro, lo mise sù. Quando fu la volta di Hilda, il ragazzo prese la giovane in braccio, di peso decisamente minore, e la maneggiò con l’attenzione che si riserva ai bicchieri di cristallo sino alla macchina. 
« Tutto qua? ».
« Già. Ora andiamo, che Riyoku ci aspetta ».

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flashback – Nimbasa City – 03/11/11
« Buongiorno signorina Tancredi! ».
« Buongiorno anche a lei, Genevieve. Cosa la porta qua? ».
« Sa, lavor—».
Lo schermo del computer si oscurò e l’immagine di Genevieve e Tancredi intenti a scambiarsi un saluto si congelò. Un numero apparse in sovraimpressione, dietro al quale scintillava l’icona di un telefono verde e bianco.
Chi mi chiama a quest’ora? pensò Ethan, irritato che la chiamata avesse interrotto la visione della replica della serata scorsa di Faster than the Speed of Love. Quando si guardò attorno non trovò il telefono nei paraggi, così decise di rispondere direttamente dal portatile.
Premtte la barra spaziatrice.
« Pronto? ».
« Pronto, Ethan? ».
Un brivido corse lungo la sua schiena.
« Z— zio Ed? ».
« È un piacere sentirti, Ethan ».
« Aanche per—».
« Saltiamo i convenevoli, devo chiederti un favore ».
« Di— di che si tratta? ».
« Preferirei non dirtelo a telefono, riusciresti a raggiungermi qua a Castelia? ».
« Castelia? Ahem… entro quando? ».
« Per stasera ».
Zinzolin riattaccò.

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« Pronto, zio, sono Ethan. Sono arrivato a Castelia, dov’è che dovremmo incontrarci? ».
 
« Dirigiti a Central Plaza ed imbocca Mode Street. Dovresti trovare, sulla sinistra, un edificio in mattoni ».
« Oh, ok… a che piano? ».
 
Zinzolin aveva interrotto la chiamata.

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flashback – 11/11/11 – Castelia City
Il sole stava tramontando sulla metropoli di Unova ed il freddo calava sulle trafficate strade cittadine, spazzando via ciò che rimaneva della giornata precedente. La brezza marina spirante dalle acque del porto mitigava per quanto poteva il clima cittadino, soffiando attraverso i lunghi viali della città sino a raggiungere le porte del deserto dove, incapace di proseguire, cedeva il passo al gelo. 
« È stato rilasciato Edward Zinzolin, il ricco uomo d’affari coinvolto nello scandalo dell’Elite-Fourgate, sulle quali tracce si era anche messo un noto detective della polizia internazionale, Looker Barkins. Di seguito riportiamo un’intervi—».
Looker pigiò il tasto off e lanciò il telecomando sul divano. 
Davanti a sé erano sparse per terra valigie e bagagli di diverse dimensioni, mentre attorno a lui la casa si era svuotata. Quelle mura che poche settimane prima l’avevano accolto e gli avevano fatto sperare di poter fare una differenza, di poter aiutare Shauntal, non erano altro che cemento che lo intrappolava in una realtà estranea a lui. Era impotente, di fronte a quello spettacolo: non poteva fare altro che accettare la sconfitta ed andare avanti.
Raccolse i bagagli e li chiuse per l’ultima volta, assicurandosi di aver raccolto tutto quanto si era portato da Sinnoh. Non mancava niente.
Un trillo interruppe la contemplazione delle pareti.
Si girò in direzione della porta ma, prima che potesse realizzare l’eventuale pericolo di un improvviso sconosciuto in casa, una figura balenò dal corridoio.
« N? ».
« Looker! Da quanto tempo, amico mio! ».
« Cosa
 cosa ci fai qua? ».
« È questo  il modo di salutare un amico? ».
« N
— non siamo amici, N ».
« È triste che tu pe—».
« Taglia corto. Cosa vuoi? ».
N prese un attimo di tempo per osservare lo spettacolo che si presentava ad i suoi occhi. « Te ne vai? ».
« Non c’è più nulla che mi trattenga qua ».
Gli occhi di Looker non lasciavano che disprezzo nel modo in cui fissava il ragazzo di fronte a sé. Poteva sentirlo sulla propria pelle, N, una sensazione di disagio che lo pervadeva dal capo alla punta dei piedi, un’inadeguatezza che lo sguardo paternalistico del detective sapeva ben trasmettere.
« Devo… confessarti una cosa ».
« Sono sicuro che troverai qualcuno più interessato di me a cui raccontarla ».
« Riguarda Hilda ».
Looker tentennò.
« Il dress code del funerale? Credo che per quel moment—».
« Hilda è viva ».
Il discorso di Looker si fermò a scoppio ritardato, qualche secondo dopo la frase di N, il tempo di processare nella sua mente l’informazione che aveva ricevuto. Sgranò gli occhi.
« Cosa? ».
« Non sono autorizzato a dirti altro ».
« Cosa? ».
« Loo—».
« ZITTO! Prima mi fai passare quattro giorni di merda pensando che la mia vita sia un fallimento e ora mi vieni a dire che è viva? Cosa aspettavi? Cosa—».
« Ogni cosa ha un prezzo, Looker. Se vuoi sapere di più, dovrai venire con me ».
« Questo sarebbe il prezzo? ».
« No. Il prezzo sarebbe sacrificare la tua vita ».

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N guidò Looker attraverso il traffico di Castelia City fino ad un edificio nel cuore di Mode Street, mentre il detective osservava ogni sua mossa con riserva e confusione. In qualche modo, non appena credeva di aver capito il suo gioco, riusciva sempre a stupirlo con l’ennesimo asso nella manica. Solo, si chiedeva, quando fossero finiti, cosa avrebbe fatto.
La macchina si arrestò davanti ad una facciata in mattoni rossa.
« Siamo arrivati ».
Looker scese dalla macchian seguendo l’ombra del ragazzo di fronte a sé.
« Cos’è che dovrei fare? ».
« Abbi un attimo di pazienza. Siamo quasi arrivati ».
Varcarono la soglia e attraversarono direttamente la hall, dritti verso l’ascensore. Quei pochi secondi che passarono là dentro, a fissarsi, sembrarono durare un’eternità.
« Sei nervoso? » sorrise N.
« Io? Uh, no ».
Lanciò uno sguardo alle sue mani, che correvano lungo il tessuto della sua giacca, e le cacciò dentro le tasche dei pantaloni.
« Perché dovrei? ».
« Non dovresti » concluse. « Oh, siamo arrivati ».

Quando scesero dall’ascensore gli occhi di Looker andarono a nascondersi sulla schiena di N, attraverso la quale era capace di essere guidato in quel luogo a lui sconosciuto. Oltrepassarono molte porte in quello che sembrva un corridoio infinito, e, come il battito del detective accelerava, si trovò tutto d’un tratto a fine corsa: di fronte a lui si stagliava una porta, in parte alla quale v’era N che tentava di aprirla.
N bussò.
Seguì un « Avanti » filtrato dallo spesso legno della porta.
« Vedo che sei riuscito con successo a raggiungere il signor Looker, N ».
« Ogni dovere è una promessa » commentò il ragazzo mentre il detective attraversava la soglia « Looker, questo è Ryoku ».
« Mi scusi per la mia maleducazione, sono Ryoku, molto piacere ».
Prima che potesse pensare ad una risposta si trovò davanti un anziano signore, il cui viso era scavato dalle rughe e l’iride degli occhi era scolorita ad un pallido azzuro ghiaccio, che risaltava sulle caratteristiche del viso anonime.
« Oh— Looker, il paicere è mio ».
« Accomodatevi pure, non staremo molto ».
Looker prese posto in parte ed N ed osservò con titubanza la silhouette del Saggio, vestita di un abito riccamente decorato, fino alla scrivania di fronte a sé.
« Di cosa— di cosa volevate parlarmi? ».
« Be, prima di tutto le buone notizie! Gliel’hai già detto, N? ».
N asserì.
« Ottimo. Come saprà, la signorina Baskerville è viva e veget—».
« È vero? Hilda è viva? ».
« Certo » Ryoku sorrise, nascondendo l’irritazione dell’esser stato interrotto « Me ne sono occupato personalmente. Ed è proprio di questo che volevo parlarle… vede, ho bisogno dei suoi servigi ».
« In che senso? ».
« Progettiamo, dopo aver fatto identificare il suo corpo e celebrato il funerale, di mandare la signorina Baskerville fuori dalla regione, sotto falso nome, e di farle continuare la vita al di fuori di Unova. Per fare questo, però, serve qualcuno che si assicuri del suo beneestare ».
« Vuole che io faccia la sua guardia? ».
« È esatto ».
« È— è assurdo! Non potrei mai farlo! ».
« Ho paura che lei non abbia scelta ».
« Non potete chiedermi di devolvere la mia vita a lei! Ho— ho anch’io una vita! ».
« Non glielo stiamo chiedendo, signor Looker, è un ordine. Ma non ho tempo di discutere ora, devo controllare le condizioni della signorina Baskerville. Arrivederci ».
« Cos—».
N gli afferrò il braccio. « Andiamo, Looker ».
 
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La macchina seguiva il medesimo tragitto che aveva percorso all’andata, questa volta da Mode Street di ritorno alla casa di Looker.
I due erano rimasti nel silenzio, assorbiti dai loro pensieri, sino a che il detective non prese parola, mentre N rimaneva a fissare la strada ieratico.
« Sapevi tutto ciò? ».
N asserì.
« E come potevi solo pensare che io avessi accettato? ».
Il ragazzo dai capelli verdi rimase in silenzio. Sentiva i battiti di Looker accelerare in parte a lui ed i suoi respiri farsi più pesanti, riempire l’aria della macchina e confondersi coi rumori di sottofondo.
« Non lo sapevo. Ti avevo avvertito che avresti dovuto sacrificare la tua vita ».
« Pensavo che fosse una cazzata! Quando mai sei serio? ».
« Prima lo ero ».
« E ti aspetti che lo faccia? Che faccia la guardia a Hilda? ».
« Te l’ha detto Ryoku, devi farlo ».
« Pensi sul serio che lo faccia? Che—».
« Zitto. Quello che ti chiediamo di fare è solo di assicurarti che il suo viaggio sia sicuro e di aiutarla con la legge una volta arrivata a Sinnoh ».
« E per quale strano motivo credi che una volta arrivato a Sinnoh non dirò tutto quello che ha fatto? ».
« Non vuoi che ti risponda ».
« Io—».
« Siamo arrivati. Scendi ».

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flashback – Castelia City – 15/10/11
Un nuovo sole sorgeva su Castelia City, e la città lentamente si svegliava, come la brezza marina che spirava dal golfo inondava le strade del suo torpore e le strade si ripopolavano del traffico e dei rumori del mattino. Odore di pane appena sfornato e di smog era ciò che udiva Jessica Thompkins mentre usciva dal Conostropoli con un panino fumante in mano.
Scese per Castelia Street osservandosi attorno, alle macchine che sfrecciavano avanti ed indietro sull’asfalto bollente, alla folla di persone che, come piccole formiche, indondavano  i marciapiedi come corsi d’acqua nei letti del fiume.
Aveva attraversato circa metà del tragitto quando sentì la borsa tremare.
8:12 AM
Natalie Inkgard
Jessica dove sei? 
 
La giovane si fermò ed affondò i denti nella sua colazione, mentre cogli occhi ispezionava l’interno della borsa alla ricerca del telefono. 
« Mi scusi ».
Una voce maschile la chiamò da dietro.
Si voltò.
« Uh? ».
« Jessica! Che piacere! ».
L’uomo mise il braccio attorno al suo busto e, siringa nella mano, iniettò un sonnifero nel suo apparato circolatorio. Lei, dal canto suo, non fece in tempo a opporre resistenza che sentì la vita spirare dalle sue gambe e tutto d’un tratto cadde sulle sue ginocchia, sorretta dalle braccia dell’aguzzino. L’uomo si guardò attorno e nel caos dell’ora di punta la trascinò all’interno di un vicolo, dove la posò spalle al muro dietro un cassonetto della spazzatura.
8:14 AM
client — Natalie Inkgard
Oggi non ci sarò

 
L’uomo ripose il cellulare nella tasca della donna ed estrasse un altro telefono dalla sua stessa tasca.
« Pronto? ».
Stette qualche minuto in silenzio, ad osservare la donna che giaceva inerme di fronte a lui.
« Mh, sì, sono io. Ho la ragazza. Cosa me ne faccio del corpo? ».
8:14 AM
Natalie Inkgard
COSA??

« Io— eh? ». Lanciò un’occhiata alla tasca della giacca di Jessica, illuminatasi di uno zampillo di luce. « Ah, niente, deve aver ricevuto un messaggio. Comunque ok, lo farò ».
8:15 AM
Natalie Inkgard
Spero sia uno scherzo!!! >:(

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flashback – Castelia City – 16/10/11
L’aria di quel giorno era frizzante e vivace: N poteva sentirlo nelle ossa, come attraversava le strade di una Castelia immersa nella luce pomeridiana. Camminava a passo sostenuto, lanciando occhiate euforiche ai passanti che, di ritorno, lo guardavano di sottecchi; nella sua mano destra, un plico di fogli rilegato da una copettina beige, sul quale era stata stampata la scritta “CLASSIFIED”.
Camminò avanti, dopodiché, fermatosi ad un incrocio, controllò l’ora. Erano le 16:58. Ancora due minuti.
Sporse la sua testa dalle pareti di un edificio dietro il quale si nascondeva ed il suo sguardo corse subito in direzione di un bistrò che si trovava poche decine di metri avanti a lui. All’entrata era una ragazza, all’incirca della sua età, che si guardava attorno nervosamente.
Controllo il telefono: erano le 17:00.
Si fece coraggio ed uscì dall’ombra del palazzo, immerso nella strada cittadina, in piena luce, sino al bar Grandangolo.
« Posso favorire? » esclamò « immagino tu sia Hilda Baskerville ».

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flashback – Castelia City – 03/11/11
Il ragazzo entrò nell’edificio con seri dubbi riguardo le motivazioni per cui suo zio, che non sentiva da una decina d’anni, l’avesse chiamato, nel mezzo della giornata, a Castelia City. Osservava la donna che sedeva nel bancone della hall aspettandosi, da un momento all’altro, di essere richiamato all’attenzione o, perlomeno, che riconoscessse la sua presenza.
Non sapeva né cosa dire né che mossa fare.
Dopo esser rimasto cinque minuti seduto nel divano di fronte all’entrata, che dava sulla vetrata di Mode Street, decise di alzarsi e recarsi alla reception.
« Buongiorno, sono Ethan Shepard. Mio zi—».
« Prego, entri pure » sorrise la donna « il signor Sachs la sta aspettando sopra ».

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Ethan aprì la porta che stava di fronte a lui e rivelò, davanti a sé, un uomo anziano vestito di un abito riccamente decorato sul tono del viola. Sedeva a capo di una lunga tavola rettangolare che si estendeva per tutta la lunghezza della sala, ed accanto stava in piedi un ragazzo, decisamente più giovane, in tuta nera.
« Ethan… vedo con piacere che sei arrivato ».
« Io… chi è Andy Sachs? ».
« È questo il modo di salutare tuo zio? ». Zinzolin abbassò la voce e sussurrò, tale che solo un orecchio vicino al suo potesse udire « Mentre parlo con lui vai a contattare l’avvocato e istruiscilo sul da farsi ».
La recluta raccolse un biglietto dalle mani del Saggio, asserì ed uscì, accennando ad un « Arrivederci, signor Zinzolin ».
« Vieni pure, Ethan, siediti qua vicino ».
« O—ok ».
A passo titubante si avvicinò all’uomo e prese posto di fronte a lui, trovando con sua sorpresa estremamente comode le sedie imbottite sul quale giaceva. Erano definitivamente kitsch, constatò, ma a loro modo comode.
« Ahem… Z—Zinzolin? ».
Il saggio sorrise. « Sei abituato a conoscermi come lo zio Edward Shepard, no? È da un po’ di tempo che ho cambiato nome. Edward Whilelm Zinzolin, per la precisione ».
« O—ok ». Ethan glissò su un dettaglio così eccentrico riguardo il parente, e proseguì, alimentato da dubbi di diversa natura « Di cos’è che volevi parlarmi? ».
« Dimmi un po’, Ethan. Sai cos’è il Team Plasma? ».
« Ahem…. l’ho sentito nominare ».
« Hai visto l’intervista al loro esponente della UBC? ».
« Non… non credo. Ho sentito qualcosa, ma non leggo molto i giornali a dire il vero ».
Un sorriso corse sulle labbra di Zinzolin.
« Ebbene, sono io l’esponente del Team Plasma che è stato intervistato in diretta nazionale. Invero, ti trovi nella sede non ufficiale del Team Plasma ».
L’espressione di Ethan cambiò radicalmente, nella frazie di un secondo, come il cielo estivo durante un fugace acquazzone. I suoi occhi sgranarono e la pelle del suo viso si stirò dai lati delle labbra agli zigomi.
« Cosa? ».
« Sorpreso? ».
« Io… ».
Zinzolin rise. « Mi aspettavo una reazione del genere. Ad ogni modo, non importa: quello che importa è che tu sei qui. In quanto mio ultimo erede, infatti, voglio che tu abbia questo ».
Estrasse dalla sua giacca un voluminoso raccoglitore, dal quale debordavano documenti a non finire. Lo gettò sul tavolo con un certo tonfo, e tirò un sospiro di sollievo al venir meno del peso che si era trovato a sollevare. Lo dunque aprì e sfogliò le prime pagine, rivelando un congegno meccanico simile ad un telefono cellulare.
« Cos’è? ».
« Qualche mese fa, in vista di questi avvenimenti, ho fatto inserire nel mio cuore un pacemeaker… ».
« Mi spia—».
« Non ho nessun problema al cuore, Ethan. Questo particolare pacemaker, anziché essere d’aiuto al battito del mio cuore, registrerà le pulsazioni di esso e, qualora esso dovesse smettere di registrare battiti, lancerà un segnale a quello » indicò il cellulare che Ethan si rigirava tra le mani « notificandoti dell’accaduto ».
« Cioè… in caso di morte? ».
Zinzolin asserì.
« Mo—morirai? ».
« Non lo so, Ethan. Ma è un rischio che correrò, e voglio che tu sia avvertito in caso succeda ».
« Io— non so che dire… ».
« Andiamo avanti » sorrise « ora, per quanto riguarda il resto, qua troverai tutto ciò di cui mi sono occupato e che ha riguardato me ed il Team Plasm negli ultimi anni. Voglio che tu lo abbia, in caso ti dovessero servivere o succedesse qualcosa ».
« Su—succedere qualcosa? ».
« Siamo tutti a rischio, Ethan. Se ti può rassicurare, questa nostra conversazione è oscurata, solo tu, io e Zachary—».
Ethan lo interruppe. « Zachary? ».
« La recluta che hai visto prima ».
« Oh ».
I due rimasero in silenzio, ad osservare il plico di documenti che il ragazzo stava spargendo attorno a sé.
« È… è tutto questo che mi ha pagato l’università? ».
« E l’appartamento dove vivi ».
Ethan non poteva che pensare a come la sua infanzia improvvisamente prendesse senso, a tutti quegli episodi che, in una frazione di secondo, trovavano spiegazione. Ogni dubbio e domanda che si era mai posto, eccola risolta, datale una risposta, davanti a sé. 
Deglutì.
« C’è— c’è altro? ».
« Sì » Zinzolin allungò le mani verso i fogli e li prese di mano dal nipote. Irritato dal disordine nel quale erano stati posti li sistemò con dei fermi colpi sul tavolo e li ripose all’interno del fascicolo. Fatto ciò lo riaprì nuovamente ed estrasse una busta di plastica contenente, in prima di copertina, la scritta a caratteri cubitali HILDA BASKERVILLE. « C’è una ragazza, Hilda Baskerville, che voglio tu conosca. È molto carina ».
« Lavora per te? ».
Il Saggio rise.
« Potresti vederla in quell’ottica ».
« Qualcosa di divertente? ».
« No, no, continuiamo. Dicevo, ho bisogno che tu incontri questa ragazza, tenendola all’oscuto di questo nostro incontro e della nostra relazione ».
« Bisogno… per cosa? ».
« Questa signorina, la signorina Baskerville, è molto… come dire, problematica. Se riuscissi a tenerla lontana da Castelia City, sarebbe ottimo ».
« Vuoi che la rapisca? La droghi? ».
« Rapire? ». Una frizzante risata vibrò nella gola dell’uomo « No, certo che no. Conosci una cosa chiamata amore? ».
« Non— non ti seguo. Anche se la facessi innamorare di me, poi? ».
« Tutte queste domande, tante domande e poche certezze. Al da farsi ci penseremo dopo, per adesso ho bisogno di questo. Se hai intenzione di accettare, devi dirmelo subito ».
« Io—».
La risposta di Ethan fu interrotta sul nascere da un fragoroso rintocco che era stato scoccato sulla porta. L’attenzione di entrambi fu distolta e si spostò al centro di quel rumore.
« Avanti » proruppe Zinzolin « Cosa c’è? ».
« Signore, abbiamo perso il segnale dalla macchina dell’avvocato ».
« Cosa? ».
« Abbiamo cercato di contattarlo ma non risponde ».
« Quando l’avete perso? ».
« A dieci minuti dall’uscita di Castelia City, verso Nimbasa ».
Il mondo circostante si congelò nel tempo, attorno a Zinzolin. Immaginò la figura di Hilda davanti a sé, ed ogni scenario possibile gli saltò a mente: era morta?, l’avvocato aveva deciso di liberarla?, era scappata? Il silenzio era sceso nella stanza mentre, nella sua mente, il Saggioc contemplava l’asindeto di domande retoriche.
« Posso andare a cercarla ».
Zinzolin rimase in silenzio, assorto nei pensieri.
« Z—zio, posso andare a cercarla ».
« Uh? ». Il saggio si era svegliato. « Come hai detto? ».
« Ho detto che potrei andare a cercarla. Non è molto lontano che il segnale si è perso, potrei tornare a Nimbasa e controllare che in strada ci sia qualcuno. E se la trovo, la porto a casa come stabilito ».
Lo sguardo dell’uomo scivolò sulla recluta.
« Quali altre opzioni abbiamo? ».
« Non molte. Potremmo andare a cer—».
« Vai, Ethan. Se la trovi, chiamami appena torni a casa ed avvisami ».
Ethan asserì.

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flashback – Autostrada – 03/11/11
L’autostrada quel giorno densamente trafficata, e le macchine sfrecciavano nel buio come addobbi all’albero di natale che splendevano nella notte di luci rosse, gialle e bianche.
Ethan aveva messo piede nella macchina senza poter distogliere la mente da quanto saputo prima. Era scosso ed una parte di lui arrivava addirittura ad essere incredula rispetto a quello che suo zio gli aveva detto prima. Partendo dal nome ed arrivando al Team Plasma, tutto ciò che lo circondava aveva dell’assurdo solo al pensarci. Non riusciva a scuotere da sé la sensazione che qualcosa, in tutto ciò, fosse sbagliato, ed illegale a voler esagerare.
Si mise in moto ed uscì da Castelia, l’immagine di Hilda che fluttuava nella sua mente. L’avrebbe trovata? E se trovandola non l’avesse riconosciuta? Suo zio avrebbe perso tanto tempo per niente.
L’autostrada si era rilevata più trafficata di quanto si era aspettato. 
Proseguì dritto, senza musica nella vettura, accompagnato dal suo stesso silenzio, ed il suo sguardo oscillava come l’estremità di un pendolo da un punto all’altro dell’autostrada alla ricerca di una ragazza che rassomigliasse a quella descritta nelle foto del file.
Dopo un buon quarto d’ora di buchi nell’acqua, incontrò per strada una strana visione: una macchina aveva disarcionato per un breve segmento di strada il railguard ed era finita fuoristrada contro un albero. Alcuni luci erano ancora funzionanti e furono quelle a permettergli di individuare la macchina. Notata, non poté fare a meno di pensare che fosse una traccia di Hilda: non poteva esser andata lontano. Ritornò nella sua vettura e proseguì, più lento che potesse, sino a che sull’orrizzonte i suoi fari non individuarono una figura femminile aggirarsi lungo il bordo dell’autostrada.
« Ehi, vuoi salire? » esclamò, ma Hilda inizialmente non si voltò « Ehi, sto parlando con te! ».

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flashback – Castelia City – 14/11/11
Il sole filtrava dalle finestre in sottili e caldi raggi che, in una cascata di luce, si riversavano sulle bianche lenzuola che coprivano il corpo di Hilda. Un rumore soffuso di clacson e macchine che sfrecciavano sull’asfalto faceva da sottofondo al dolce riposo della castana, ancora stretta fra le braccia di Morfeo, un lieve sorriso disegnato sulle sue labbra rosacee.
La sua pelle era così perfetta che, baciata dal sole, riluceva come pregiata porcellana, ed era altrettanto fragile. Respirava lentamente e senza far rumore, senza rovinare quell’etereo silenzio che si era creato nella stanza, senza che qualcuno potesse accorgersi che stesse giacendo su quel lettino. Pareva quasi morta, tanto era pacifica, quella ragazza che dormiva così beatamente tra le candide coperte che brillavano di luce riflessa.
Il rumore di un cigolio di porta s’insinuò nell’aria come acqua che scorreva dentro ad un calice. Era un suono moderato, al quale si aggiunse il fragore di passi umani che, uno dopo l’altro, riempivano la stanza sino a sfiorare la soglia di sopportazione che la ragazza aveva immersa nel sonno. 
Uno dei due uomini si avvicinò ad Hilda e gentilmente le diede un buffetto sulla spalla.
Un sommesso « Mh » provenì dalle labbra della ragazza, che si rigirò dall’altra parte.
« Hilda? ».
« Mh… c—che? ».
I suoi occhi si aprirono sulla cascata di luce che si rifletteva nei bianchi camici dei due uomini, ed inizialmente stropicciò le palpebre per abituarsi a quel fracasso luminoso. Raccolse le gambe su di sé e issò la sua schiena sulla ringhiera del letto, come ad allontanarsi dall’uomo sconosciuto.
« Non avere paura Hilda, siamo qua per aiutarti ».
« Voi… chi siete? Dove sono? ».
« Tranquilla » sorrise l’uomo « prenditi tutto il tempo di cui hai bisogno. Ho preparato un vassoio con tutto ciò che ho pensato potesse servirti per la prima colazione, e ci sono dei vestiti nel ripiano inferiore. Quando sarai pronta, raggiungimi nel mio studio. È la porta di fronte a questa in fondo al corridoio ».
« Io… ».
« Shh, non dire niente. Fai con calma ».

Hilda si infilò la maglietta bianca che aveva trovato riposta nello scompartimento inferiore del carrello e, come alzò le braccia al soffitto per farla scendere, dolcemente, lungo il suo busto, sentì le sue ossa scricchiolare e la vitalità riprendere possesso del suo corpo. Fu investita da un marcato profumo di Baccamela che pervadeva le sue vesti, candide come le lenzuola ed anonime per quanto riguardava la presenza di disegni o fantasie. 
Aprì la porta, si guardò attorno e proesguì davanti a sé; notò con sorpresa che la porta della sua stanza era stata rinominata “BODY 1”, come leggeva sulla targhetta di bronzo infissa sopra. Mentre avanzava i passi verso la porta, sul quale vetro smerigliato era stata apposta la targhetta “Dr Sachs”, cercò di recuperare nella sua mente i ricordi della giornata passata.
Ricordava N, ricordava un porto. Ricordava di essere morta
Poi i suoi occhi s’illuminarono.
La sforacchiò come una pallottola.
Le bacche. Aveva deciso di farsi cancellare la memoria.
« Avanti » udì provenire da dietro la porta, che, immersa nei suoi pensieri, non si era accorta di aver raggiunto. « Prego, entri pure ».
Pur con titubanza afferrò la maniglia della porta e si fece strada all’interno dello studio, dove la aspettava l’uomo che aveva visto poco prima, appena svegliata, nelle medesime vesti di prima. Le sembrava fosse passato un anno da quel momento.
« Permetta di presentarmi: sono Colress Jackson ».
Hilda allungò la mano « Piacere. Hil—Hilda Baskerville ».
L’uomo sorrise « Solo? ».
« Ahem… Hilda Claude Baskerville, ma non lo uso mai. Non mi piace granché ».
« Non si preoccupi, si sieda pure ».
Hilda prese posto di fronte a lui, che sedeva dall’altra parte di una trafficata scrivania in mogano scuro, e subitò provò una sensazione di sollievo ad affondare nella soffice pelle del divano.
« Comoda? ».
La ragazza asserì. « Sì, grazie ».
Osservò di fronte a lei, all’uomo, il quale manteneva un sorriso stampato sulle sue labbra. Ai suoi lati, sulla superficie della scrittoio, v’erano due pile di scartoffie disordinate, dalle quale debordavano fogli e cartacce, più avanti v’era un portapenne di vetro riempito di una sola penna stilografica, cosa che trovò buffa. Ai suoi lati il resto della stanza era piuttosto vuoto, riempito da alcuni armadi di acciaio che non sembravano esser stati usati da molto, sopra ai quali, nella parte alta delle pareti, catturavano l’attenzione degli scorci della città di Castelia City, alcuni raffiguranti lo skyline della città, altri scene di vita quotidiana. L’impressione che le fece, quello studio era stato creato apposta per lei.
Mentre era persa nell’osservarsi attorno, l’uomo aveva raccolto dalla pila alla sua destra un documento beige, che recava le lettere P, R ed M sulla prima di pagina.
« Sono contento. Per partire, lei sa perché è qua? ».
« Credo… credo di sì. Dovrete cancellarmi la memoria? ».
« È esatto. Il signor Harmonia-Gropius ti ha accennato alla procedura PRM? ».
All’udire quelle parole, sul viso di Hilda si dipinse un’espressione confusa.
« Il signor Harmonia-Gropius, Natural ».
« Oh, N » commentò atona « n—no, non mi ha detto niente ».
« Cercherò di essere quanto più chiaro possibile. La procedura PRM, Processo di Reset Mnemonico, è una procedura in via di sviluppo ideata e sperimentata dalla Professoressa Fennel Flannagan, nel Laboratorio di Striaton City, che riguarda, come da nome, il reset della memoria, parziale o totale, di una persona od un Pokémon. Durante la prossima seduta cominceremo a fare una mappatura dei tuoi ricordi legati ad N ed a qualsiasi cosa collegata: il Team Plasma, il giornalismo, la storia, eccetera. Tramite un dispositivo non invasivo cercheremo di isolare quei ricordi rispetto ai ricordi normali, quelli essenziali per la tua vita: come mangiare, come parlare, cos’è la Lega, cos’è un Pokémon, tutto ciò che una persona comune deve sapere ».
« È… è sicuro? ».
Una risata cristallina giunse alle orecchie di Hilda. « Certamente. Mi lasci proseguire, spero che le sarà chiaro alla fine. Ogni ricordo collegato a questa sua vita che la rende Hilda Claude Baskerville verrà rimosso, come se togliessimo i colori ad un quadro, che magari è stato rovinato dal tempo, per poterne fare un altro, più bello, più—».
« Rovinato dal tempo? ». La sua voce si ruppe nel borbottare quelle parole.
« È—è una metafora. Cercherò di tenermi ai fatti, la poetica non mi riesce » rise. « Dunque, dicevamo, questo processo la riporterà circa a prima del primo incontro con il signor Harm—Natural, » si corresse, notando già lo sguardo confuso della ragazza « con Natural. In aggiunta a ciò, tuttavia, verrà rimosso anche ogni ricordo che la mantiene stretta al suo nome, Hilda Claude Bakserville, per evitare che venga riconosciuta o che insorgano eventi spiacevoli durante la sua nuova vita. Per fare ciò, dunque, finito il processo verrà immersa in un ambiente favorevole alla creazione del nuovo nome e della nuova identità che il corpo, fresco di PRM, raccoglierà ed assorbirà ».
« Quindi… diventerò una nuova persona? ».
« Tecnicamente no. Tu, Hilda Claude Baskerville, non esisterai più. Esisterà un’altra persona con un nome diverso nel tuo corpo, se ha senso ».
« Non—non capisco ».
« È molto complesso da spiegare ma, in pratica, Hilda Claude Baskerville, tu, sei così grazie principalmente ai tuoi ricordi. Senza di quelli, saresti una persona diversa ».
« È come se… morissi? ».
« È come se perdessi la memoria. Sbattessi la testa su uno scalino, e ti dimenticassi qualcosa. Non importa quanto o poco, ogni leggero cambio farebbe di te un’altra te ».
Gli occhi castani di Hilda non potevano staccarsi dalle labbra del professore, mentre parlava, nonostante quelle parole, nella sua mente, facessero fatica a diventare concetti che lei potesse capire. Se inizialmente fece finta di seguire il suo discorso, più si entrava nel profondo della questione più sul suo viso cominciavano a nascere rughe d’espressione e mimiche che trasmettevano le sue sensazioni interiori in modo palese.
« Non capisci, vero? » rise « È un concetto abbastanza complicato, per una persona che sente per la prima volta queste cose ».
« Già… » sorrise, per la prima volta durante quella seduta « posso farle una domanda? ».
« Prego, faccia pure ».
« Questo per quanto riguarda la prima seduta. Significa che ci saranno altre sedute… » non completò la frase.
« È esatto. Ci saranno in totale tre sedute, nela terza delle quali avverrà il PRM. Porteremo un Musharna direttamente dal Laboratorio di Striaton City che, mentre dormi, procederà ad isolare e cancellare i ricordi. Quanto ti sari svegliata, sarai una nuova persona ».

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« E lei… ha accettato? ».
Poco dopo l’incontro iniziale avuto da Hilda ed il Professor Jackson, la giovane era stata rispedita nella sua camera a ragionare su quello che sarebbe stato il suo futuro, mentre l’uomo aveva preso una strada nettamente diversa recandosi in direzione della sala principale, dove si era incontrato con N e Ryoku.
« Non credo pensasse di avere una scelta ».
« Non ce l’aveva » s’intromise Ryoku « ora possiamo tornare a noi? ». Distribuì dei documenti ad N ed all’uomo che subito s’immersero nella lettura. « Questi sono i dettagli dell’”Operazione Eden” ».
N rise sommessamente. « Abbiamo dato un nome a questa cosa? », ma venne subito raggelato dal malosguardo che il Saggio aveva prontamente scoccato.
« Dicevo, nei fogli che vi ho distribuito troverete tutti i dettagi. Dopo il PRM, sia tu che la signorina Baskerville verrete portati, durante il sonno, nelle vostre nuove locazioni, nelle quali verrete svegliati da un assistente del Professor Jackson e della professoressa Cohen, che completeranno il processo di acquisizione della nuova identità. Altre domande? ».
« Io ne avevo una, sinceramente ».
« Cosa c’è, N? ».
« Potrei… parlare con Hilda? ».
Ryoku rise. « Ne ho già parlato con il quipresente Professor Colress, ed abbiamo concluso che è meglio di no. Non possiamo permettere che l’operazione venna compromessa, e un incontro con la signorina Baskerville rappresenta un possibile rischio ».
« Quindi—».
« È per la vostra sicurezza, Natural. Vogliamo solo portare a termine questa… cosa nel migliore dei modi ».
« O—ok ». Se Ryoku non lo conoscesse da tempo, avrebbe quasi pensato che, in quel momento, la sua voce si fosse rotta. « Va bene. Ora? ».
« Ora devo andare, ma lascio voi due a chiacchierare in caso vogliate discutere sui particolari » commentò il Saggio allontanandosi dai due, ed anticipò la sua uscita di scena con ciò che alle orecchie di N e del professore sembrò un « Arrivederci » strascicato.
I due rimasero in silenzio per qualche minuto, riempirono la stanza del rumore dei loro respiri e dello sfogliamento di pagine.
“Ricollocamento: possibili opzioni” lesse il giovane dai capelli verdi, completamente distaccato dalla soporifera lettura che si era ritrovato a fare.
« Ahem » tossì.
« Uh? ». Il professore alzò la testa dal foglio « C’è qualcosa? ».
« No, nulla. Io… credo che andrò ».
« Oh, certamente. Io rima—».
« Posso chiederle un favore? ».
Quest’uscita colpì l’uomo come un treno corsa.
« Cer—certamente, chiedimi pure, vedrò cosa posso fare » commentò spaesato.
« So quello che ha detto Ryoku, ma avrei veramente bisogno di dire una cosa ad Hilda ».
« Er… dovrei vedere con lui—».
« Non è nulla di che, mi creda, ma è molto importante per me ».
Lo sguardo del professore oscillò dagli smeraldini occhi imploranti del ragazzo al documento che giaceva sotto al suo naso, e così per più di una volta, mentre cercava di elaborare nella sua mente una soluzione che potesse combaciare entrambi i voleri di Ryoku e del ragazzo.
Con un movimento fulmineo affondò la mano nella tasca del suo camice e ci estrasse un blocco di post-it, che lanciò in mano ad N, e prese la penna che pendeva dal suo taschino e la fece scivolare lungo il tavolo, sotto l’espressione confusa dell’altro.
« Scrivi il messaggio che vuoi mandare alla signorina Baskerville e, se lo riterrò opportuno, farò in modo che lo riceva ».
N non si perse d’animo e strappò un pezzo di carta dal blocco, dove in velocità scarabocchiò una frase, per poi consegnarla all’uomo assieme al resto.
« Amore, eh? » constatò piacevolmente sorpreso il professore « la peggiore delle malattie. Ad ogni modo, ritenga questo messaggio consegnato ».
« Ah, come farò a sapere che l’ha ricevuto? ».
Colress sorrise. « Non lo saprai ».

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flashback – Castelia City – 15/11/11
Quel giorno Hilda fu svegliata dal sole che baciava le sue palpebre. I suoi capelli castani erano disposti a raggiera sul suo candido cuscino e le lenzuola del letto erano piegate ed ingarbugliate per tutto il materasso. La posizione in cui si era coricata e con la quale era troavatasi a svegliarsi era molto diversa dall’immagine quasi eterea che il suo corpo, al tempo molto più simile ad un cadavere trasmetteva.
Aprì gli occhi e fu illuminata da una cascata di luce. 
Si alzò, spaesata, e cercò sul comodino la sveglia verde smeraldo che N le aveva regalato, ma notò con sconforto che non era là. Vero, pensò. Non era a casa. Era chissà dove, Castelia City a giudicare dal rumore del traffico, ma la città in cui aveva vissuto per così tanto tempo le sembrava così lontana. 
Mentre stava alzandosi il professore bussò alla porta.
« Avanti ».
« Sei sveglia! Non credevo di trovarti sveglia » esclamò compiaciuto Colress.
« Neanche— neanche io ». Le sue labbra si spiegarono in un timido sorriso. « È la colazione? ».
« Sì » sorrise a sua volta « quando finisi, vieni pure da me e cominceremo la prima sessione ».
Dettò ciò scomparì dietro la porta, lasciando Hilda davanti ad un carrello sul quale piano superiore troneggiavano dolci d’ogni tipo. Torte, pasticcini, gelato e brioche, in parte alle quali leccornie v’era un boiler pieno di caffè.
Versò il caffè in una tazza, sulla quale era rapresentata una sirena stilizzata color verde smeraldo, e lanciò un’occhiata ai piatti da mangiare. Decise di afferrare una brioche e consumò la colazione in un quarto d’ora, per poi vestirsi con gli abiti che aveva preparato Ryoku per lei.
Quel giorno profumavano di Baccaliegia.
Mentre era intenta a indossare i suoi pantaloni, bianchi come bianca era la maglietta, udì un fruscio provenire da essi. Quando si alzò, per portare i calzoni alla vita, notò per terra uno strano oggetto bianco ed accartocciato.
« Uh? » fece, mentre si chinava a raccoglierlo: era un biglietto di carta scarabocchiato.
Lo aprì.
Ciao Hilda,
Scusa per il valzer.
Ti amo…

 
« … ed amerò per sempre. xx N » lesse.
Una lacrima corse lungo la sua guancia.

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flashback – Castelia City – 19/11/11
Quel giorno pioveva.
Non aveva dormito, la sera, se non per brevi pisolini che aveva schiacciato durante la notte. Era rimasta a fissare il soffitto sopra di lei, ascoltando il rumore della pioggia che batteva sulla finestra e del traffico che, nonostante l’acquazzone, animava comunque la città di Castelia City. Non riusciva a dormir quella sera: come poteva? Sentiva di aver passato una settimana chiusa a non fare niente, a prepararsi per andare a morire, come un prigioniero nel braccio della morte in attesa dell’esecuzione.
Scrutava il soffitto e pensava a tutta la sua vita. Ad N, a Looker, a Zinzolin; a tutte le persone con cui aveva avuto uno scambio, tutte le persone che aveva incontrato durante la sua vita. Le persone a cui l’aveva cambiata, la vita, e quelle per le quali non era altro che un soffio d’aria. Pensò a Natalie: chissà che fine aveva fatto? Pensò a Bianca, a Julie, alle persone che erano morte. Quella settimana passata reclusa in quella candida camera l’aveva aiutata a guardare, se non altro, tutta la sua vita in un’ottica diversa. Ciò che l’aveva resa Hilda Baskerville sarebbe svanito, ciò che la rendeva lei sarebbe svanito, bruciato nel fuoco della sua memoria e soffiato via come cenere al vento. Significava che quelle morti erano state invano?
Si chiese se non potesse dormire per scelta spontanea o perché impossibilitata dal suo passato. Onestamente, non le interessava. Il giorno dopo, il giorno successivo, sarebbe stato un nuovo giorno, e la vecchia Hilda Baskerville sarebbe morta con il sorgere di esso: era tutto ciò che le bastava. Che, addormentandosi, avrebbe messo a dormire quei ricordi, le testimonianze di quelle persone, e chiuso il capitolo di un libro che avrebbe, sperabilmente, smesso di infestarle i sogni. Che il sole sorgesse, allora.

Quando il professor Jackson aprì la porta trovò Hilda svegliata, seduta sul lato destro del letto, che osservava impaziente la porta.
« Vedo che ti sei abituata a questi ritmi ».
« Meglio tardi che mai, no? » scherzò la ragazza.
« Suppongo »  sorrise « Oggi, a differenza degli altri giorni, non servirà che vieni da me. Mangia e vestiti, dopodiché arriverò io, fra mezz’ora, per l’ultima sessione ».
« Per cancellarmi la memoria » lo incalzò lei.
Colress non rispose.
Hilda, nella sua testa, pensò quasi che si vergognasse del suo lavoro. Doveva essere così.

Aveva finito di mangiare e si era già vestita quando si mise a sedere, lo sguardo che andava oltre il vetro smerigiato della finestra, dal quale poteva vedere ben poco se non qualche luce confusa. Stringeva fra le mani il biglietto che aveva trovato, giorni prima, nei suoi vestiti. 
Già, il valzer.
« Attenderò con ansia il giorno in cui potremmo ballare insieme, Hilda. Non ora, non domani, forse mai. Sino ad allora, non passerà un giorno in cui non vorrò danzare ancora con te ».
Che stupida che era stata, pensò.
« Posso entrare? » udì provenire dall’altra parte della porta.
« Prego » rispose.
« Ehi, ciao Hilda, sono io. Ho pensato di fare un salto da te prima degli altri, per… quello che volevi, veramente. Anche solo chiacchierare ».
« Sto bene così. Grazie Colress ».
« Di nien—».
« Dico davvero. Sei stato molto gentile, questi giorni, mi hai trattato quasi da umana. Hai sempre avuto una parola gentile, mi hai dato questo… » alzò il bigliettino, in modo tale che potesse vederlo « grazie, grazie veramente. L’ho apprezzato ».
« Che cos’è? Cre—credo che tu non abbia ca—».
« Ho capito » sorrise Hilda. « Grazie per quello che hai fatto ».
Il Professore, Colress, stette sulla soglia della porta ad osservarla, mentre i suoi occhi castani lo guardavano indietro. Ora che lo guardava, per la prima volta in vita sua, poteva riconoscerne ed apprezzarne i lineamenti. Aveva una pelle diafana, seppur di una tonalità tendente al rosa, sulla quale risaltavano due occhi del colore del ghiaccio. Portava i capelli, biondi, di un taglio corto con un accenno di ciuffo al centro e, per quanto fosse alto come la ragazza, presentava una corporatura più robusta e muscolosa.
« Sei gay? ».
Il professore sgranò gli occhi.
« Come scusa? ».
« Ti ho chiesto se sei gay ».
Un ghignò comparse sul suo volto. « Non… non credo sia una domanda appropriata ».
« Hai paura che lo dica a qualcuno? Prometto di portarmi il segreto oltre la tomba ». 
Entrambi risero.
« Anche se rispondessi alla tua domanda, cosa cambierebbe? ». Cercava di mantenere un tono serio, ma non poteva fare a meno di corrompere le sue parole con una risata sommessa.
Hilda si alzò in punta di piedi e si avvicinò a lui, che la fissò divertito muoversi con quel suo fare così leggiadro.
« Sei gay, quindi » scherzò.
Gli sfilò la penna dal taschino sul suo petto e scarabocchiò qualcosa che Colress non poté vedere al suo interno. Stropicciò il foglio e prese gentilmente la mano dell’uomo.
Portò le sue labbra all’orecchio destro dell’uomo, che la fissava spaesato ma, al contempo, incuriosito da quella ragazza. « Non me ne faccio di questo foglio, da morta. Fa’ ciò che ritieni più opportuno » e quando si allontanò scoccò un bacio sulla guancia destra. Colress per allora aveva già aperto la mano e non fece altro che posare il pezzo di carta nelle mani dell’uomo, che la richiusa e la ripose in tasca. Al contatto con le sue labbra, notò che la pelle era appuntita.
Con un salto si gettò a letto e ritornò a guardare al soffitto, eludendo lo sguardo del professore che, al contrario, continuava a scrutarla.
« Devi tagliarti la barba ».
« Voglio lasciarla crescere » sorrise lui. Riprese a parlare, dopo un poco. « Sai, avrei voluto conoscerti. Hilda Claude Baskerville ».
« Già ».

Quando Hilda si girò per guardarlo, era già ritornato nel corridoio, la sua mano che accarezzava il punto dove lei aveva lasciato il tenero bacio.

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flashback – Castelia City – 19/11/11
« Avanti ».
La voce di N risuonò nella stanza. 
Era bianca, speculare a quella di Hilda, e bianco era ogni mobile con la quale era stata spartanamente riempita.
Udì dall’altro lato della porta una voce maschile rispondere.
La porta si aprì.
« Come facevi a sapere che mi trovavo dietro alla porta? » esordì il Professor Jackson, il capo balenando dalla porta.
Si fermò sulla soglia ed appoggiò la schiena sul lato sinistro del battente, incrociando la gambra sinistra sul
« Ho sentito dei passi avvicinarsi e poi fermarsi ».
« Davvero? ». Un sorriso nervoso corse lungo le labbra dell’uomo. « Sai che giorno è oggi? ».
N asserì. « Hilda… lei com’è? ».
« Sta bene. Son venuto qua apposta per dirtelo ».
« Dirmi cosa? ».
« In questo esatto momento, la professoressa Fennel Flannagan sta cominciando il PRM ».
« Mentre parliamo? ».
« Mentre parliamo ».
N guardò attorno a sé, eludendo lo sguardo del professore che lo scrutava ridendo sommessamente. 
« Cosa… cosa ti ha convinto ad aiutarci? ».
« Uh? ».
« Devi pur avuto un motivo per venire qua, no? Qualcosa… che ti convincesse che tutto ciò è giusto ».
« Che tutto ciò è giusto? Non credi che sia giusto? ».
« Sei tu il prof, no? » sorrise N « dimmelo tu ».
Colress affondò la mano nella tasca del camice bianco e cercò per il pezzo di carta a cui Hilda aveva risposto. Finalmente lo trovò, e le sue dita presero a tastare la ruvida superficie della cellulosa. Mentre fissava N, i cui occhi smeraldini vagavano per la stanza, si chiese se fosse giusto darglielo.
Le parole di Ryoku gli balzarono in mente.
« Ha ricevuto il biglietto? ». Lo sguardo del ragazzo planò sugli occhi azzurri del professore. « Hilda, intendo ».
« Ti ho già risposto giorni fa ».
N sorrise. « C’è… » pronunciò, ma i suoi respiri non arrivavano alle sue labbra. La voce si era spezzata. « C’è… c’è qualcosa che posso avere prima di morire? ».
« Il grande Natural Harmonia-Gropius spaventato dalla morte? ». La risata cristallina di Colress riempì l’aria « Ti pensavo più temerario ».
« Non è della mia morte di cui ho paura ».
« Anche perché non morira—».
« Sai cosa intendo ».
Quella frase suscitò una sensazione di compiacenza nell’uomo. « Sì, suppongo di sì ». Il suo sguardo scese sull’orologio sul suo polso. « Dopo quest’operazione tornerò a Striaton City, a continuare a sviluppare questa tecnologia. Io e Fennel abbiamo trovato che, in base al cibo ingerito da Musharna, le prestazioni cambiano notevolmente ».
« Interessant—».
« Stiamo cercando di individuare la causa, affinché l’operazione di PRM fili liscia come l’olio. Affinché Musharna dia il suo completo potenziale ».
« E mi stai dicendo questo… perché? ».
Il professore sorrise. « Ci vediamo dopo. Non morire, Natural ».
Colress chiuse la porta ed N udì un rumore di passi allontanarsi.

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flashback – Castelia City, Processo di Reset Mnemonico – 19/11/11 
« Le lettere dell’alfabeto sono, in totale, 26, e così deve essere anche il nostro intervallo. Su cinquantadue carte, ventisei ne andrebbero escluse così, ma non è da intendersi che perderebbero il loro scopo. Affatto. Le carte sarebbero comunque utili come spazio fra una parola e l’altra, certamente ».
La voce di N risuonava nell’aria.
Quando Hilda aprì gli occhi stava fissando il mare. Una leggera brezza soffiava sul suo collo, come se le pareti della casa non esistessero e la ragazza fosse in pieno getto del caldo scirocco che dal mare spirava verso di lei.
« Volendo potremmo scegliere di usare, diversamente, altre chiavi di lettura, come ad esempio i numeri pari o dispari, con le proprie eccezioni, o i multipli di un dato numero ».
La sua bocca si mosse da sola.
« Perché c’è qualcosa che hai intenzione di dirmi? ».
« In real—».
« tà sì, molto ».
« Come… come facevi a sapere quello che stavo per dire? ».
Hilda si alzò e si voltò verso di lui, avvicinandosi a dove era seduto. « Non capisci? Tutto questo, è già successo. Non… non è la realtà! ».
Prese una sedia, la alzò in aria e la lanciò verso il muro, fracassandola in una manciata di pezzi di legno. Afferrò il tavolo dal basso e lo rovesciò in aria, andando a scontrarsi con la libreria dietro che cadde sopra di esso, e con lei tutti i libri sopra. Rideva, compiendo quelle azioni: era come un sogno lucido, senza nessuna ripercussione sulla realtà.
N guardava lo spettacolo scioccato.
Quando Hilda alzò gli occhi per guardarsi attorno, il paesaggio attorno stava scomparendo e venendo rimpiazzato da un intimidatorio bianco.
« Cosa sta succedendo, Hilda? ».
« Niente, N… sto dimenticando ».
Una lacrima corse lungo la guancia del ragazzo.
« Non voglio… non voglio dimenticarti ».
Hilda fece un passo verso di lui e gli afferrò la mano. « Tranquillo, andrà tutto bene ».
« Come… come fai a saperlo? Non te ne ricorderai ».
« Può— può anche darsi » disse, le lacrime che le impedivano di produrre un discorso continuo « scu—scusami, N… Io—».
N si spinse su di lei ed avvolse le sue braccia attorno al suo esile corpo, le loro labbra toccarono unendosi in un lungo ed appassionato bacio. Tutt’attorno a loro, il paesaggio non faceva che cambiare: si passava dai grattacieli di Castelia City durante una giornata di sole al porto durante quella fatidica sera di Novembre, dallo sfondo domestico del suo appartamento al bacio sulla ruota panoramica di Nimbasa City.
Un lampo di luce accecò gli occhi di Hilda.

La castanna schiuse gli occhi, lungo le sue braccia poteva sentire una forte morsa stringere.
« Hilda? Hilda? Sono Ethan! Ethan Shepard! ».

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flashback – Pinwheel Forest – 18/11/11 
Le nuvole oscuravano il cielo quel giorno ed il colore tetro che portavano appresso non presagiva altro che un forte temporale in arrivo. Il vento spazzava le praterie ed i boschi della Pinwheel Forest, la macchia verde che separava la città industrializzata di Castelia City dal sobborgo di Nacrene City.
Una macchina nera, vetri scuri, si era immersa nell’area boschiva limitrofa allo Skyarrow Bridge per poi accostarsi vicino ad un dirupo.
« Avanti, Colress, aiutami a prenderlo ».
Dalla porta del guidatore uscì Ryoku, nelle sue abitudinali vesti cerimoniali, mentre dall’altra fu lo scienzato, vestito di un camice bianco.
I due si ritrovarono nel retro della vettura e ne alzarono il cofano, rivelando un corpo legato come una cuccagna e adagiato come un bagaglio qualunque nel portabagagli della macchina.
« Mpf! » mugugnava il corpo, ma Ryoku rispose con una risata.
« Forza, slegalo, ma lascia le manette alle mani ed alle caviglie » ordinò il Saggio, ed indicò la bocca di Zinzolin « Colress, sciogli il bavaglio ».
Misero Zinzolin sull’orlo del dirupo ed il Saggio estrasse la pistola dalla tasca.
« Non sono mai stato così soddisfatto di fare qualsiasi cosa nella mia vita ».
« Mpf… mf—tenuto quello che volevi, Ryoku? ». La voce di Zinzolin tuonò nelle loro orecchie come l’ulutato di un Absol nella notte. « Liberarmi dalla polizia per poi uccidermi? Pensi di essere meglio di me? ».
« Colress, dammi la pistola. Non lo sopporto ».
« Posso—posso ancora essere utile! Poss—».
« ZITTO! O ti farò più male di quanto necessario sia per vivere ».
Afferrò la pistola fra le sue mani e ne accarezzò la canna. « Non è bellissima, Zinzolin? Soprattutto se usata per una buona causa » sorrise.
Puntò l’arma verso il piede destro di Zinzolin e sparò un colpo, che si riflesse nel vecchio con un urlo di dolore. Portava solo gioia e soddisfazione a Ryoku.
« Bastardo, ti—».
Fece fuoco un’altra volta al polpaccio, ed il vecchio saggio quasi cadde sulle proprie ginocchia.
« Pronto a dire addio, Zinzolin?—».
« Signore? ».
La voce melliflua di Colress, fino ad allora silente, s’insinuò nelle loro orecchie.
« Cosa… cosa c’è? ».
« Posso… fare l’ultimo colpo? ».
« Cosa? Come mai questa richiesta, Colress? ».
« Io… vede, una delle persone morte per mano di Zinzolin, Ju—Julie Jackson, era mia cugina ».
« Oh, capisco… be’, se hai proprio tanto piacere… » accettò, allungando la pistola verso l’uomo « dopotutto, sei stato tu a consigliarmi questo posto l’esecuzione, darò a te l’onore ».
Colress alzò lo sguardo « Grazie mille, signore ».
Impugnò la pistola con ambedue le mani ed i suoi occhi azzurri scivolarono prima sulla canna della pistola, fumante, per poi atterrare sul cuore di Zinzolin. Il suo sguardo medico, preciso, gli permetteva di vedere attraverso la carne del Saggio ed individuare ogni osso del suo corpo, ogni singolo centimetro della sua pelle. Ogni segreto del corpo era conosciuto, a lui.
« Addio, Zinzolin ».
 
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flashback – Nimbasa City – 18/11/11
« Genevieve, ti amo! ».
« Come, Tancredi? Eppure ti ho visto andare a prendere il gelato con Ermenegilda! ».
« Cosa? Ma io amo solo te, Gene—».
Un fragore vibrò per le mura della casa.
Ethan alzò il capo dalla tazza di the verde che stava bevendo e si guardò furtivamente attorno, scosso profondamente dal suono che aveva appena udito. Altazosi, andò in cerca per la casa della fonte del suono quando vide, lampeggiante, il dispositivo di controllo che suo zio gli aveva consegnato qualche settimana prima. Segnava “DEAD”.

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flashback – Castelia City – 19/11/11
Ethan aveva guidato per quattro ore attraverso l’autostrada che collegava Nimbasa City e Castelia City alla ricerca di risposte. Era ancora demoralizzato e impaurito dalla notizia che aveva ricevuto, seppur indirettamente, attraverso il congengo di Zinzolin: ciò poteva significare solo una cosa. Sapeva che non fosse un brav’uomo, suo zio, ma sopra la ragione e la logica non potevano che vincere i ricordi e le emozioni. E lui si ricordava di Zio Ed.
Fermò la macchina dove aveva parcheggiato due settimane prima, per poi entrare nell’edificio.
« Buongiorno » esordì al bancone « vorrei… parlare con qualcuno ».
« Ma certo, mi dica pure. Ha appuntamento con qualcuno? ».
« Non… non credo. Dica che sono lo zio di Zinzolin, quello del Team Plasma.
La donna dietro il bancone s’irrigidì. I suoi occhi sgranarono ed abbassò lo sguardo: poteva sentire che ci fosse uno stigma che quelle parole portassero, e non sapeva se esserne triste o felice. Certamente sentiva che ciò gli portava potere.
« Salga pure, all’ultimo piano ».

Il luogo dell’incontro era il medesimo dell’incontro con lo zio. Solo, non ci sarebbe stato lui.
« Avanti » udì, dopo aver bussato ripetutamente.
« Buongiorno, sono—».
« So chi sei ». Di fronte a lui, dove una volta sedeva Zinzolin, sedeva un altro saggio, nei quali abiti, se non per il diverso colore della fantasia, avrebbe potuto benissimo confondere suo zio. Era della sua altezza e, sorprendentemente, condividevano alcune caratteristicihe del viso.
« Sei il nipote di Zinzolin, no? ».
« Lei è un… collega? ».
Il saggio sorrise. « Esatto. Sono Ryoku, e tuo zio lavorava con me nel Team Plasma ».
« Non… non ho mai sentito di te ».
« Tuo zio è sempre stato quello che è sempre voluto stare sotto le luci dell’attenzione. Suppongo che questo metodo non gli sia andato a gioco, dopotutto ».
« Credo… di s—».
« Accomodati pure qua, con me. Dimmi, perché sei venuto? ».
Ethan avanzò dei passi verso il Saggio e rapidamente prese posto ad una sedia di distanza, intimidito da quella figura che così stranamente rassimiliava suo zio.
« Avevo vi—avevo visto che mio zio era stato preso dentro dalla po—polizia—».
« Come mai non ci sono anch’io? Non ci è questo posto? ».
Ethan asserì.
« Vedi, il Team Plasma non ha niente da nascondere. È un’associazione dedita alla salvaguardia dei Pokémon ed all’avanzamento scientifico nell’ambito dello studio dei Pokémon. Tuo zio è stato coinvolto in quello che si può dire, quasi, uno scandalo, ma ora è tutto a posto ».
« Apposto? ».
Ryoku asserì. « Certo. L’inchiesta, guidata da un agente della polizia internazionale, un certo Looker, si è rivelata un buco nell’acqua per Zinzolin ed è uscito qualche giorno fa. Credo ieri, addirittura! ».
« E s—sa che fine ha fatto? ».
« Vuoi dirmi che non è venuto da te? ».
« N—no ». È morto avrebbe voluto urlare, ma sapeva come stavano le cose. Era stato mentito, anche in quell’esatto momento.
« Oh, allora non so come aiutarti. C’è altro che posso fare? ».
« Non—non credo. Io—».
« Allora abbiamo finito, no? La porto fuori ».
« Non serve. Me ne vado ».
Un sorriso incurvò le labbra di Ryoku mentre osservava quel povero ragazzo uscire con la coda fra le gambe. 

Era a metà del corridoio, pronto ad entrare nell’ascensore, quando vide un uomo vestito di bianco passargli davanti e dirigersi verso la stanza di Ryoku. Quando lo guardò negli occhi, gli sembrò quasi che lui, per un breve momento, l’avesse degnato di un breve sguardo anch’esso.
Ethan bofonchiò un indistinto « Buongiorno » ma l’uomo in camice non rispose. Vide superarlo e perdersi dietro la curva del corridoio, i suoi capelli biondi che lo seguivano. 
Incuriosito dal suo comportamento, e senza preoccuparsi che Ryoku, un uomo che già allora aveva bollato come bugiardo e suo nemico, s’arrabbiasse, decise di vedere da dove proveniva quest’uomo. 
V’erano due porte, distanti tra loro, che lo colpirono, per la pulizia di esse. La prima recitava BODY 2 mentre la seconda, che dava direttamente su un lungo tratto di corridoio, BODY 1.
« Niente, N… sto dimenticando » udì provenire da una porta.
« Eh? ».
Quella voce.
Si avvicinò alla porta della stanza BODY 1 ed appoggiò l’orecchio sulla porta. Era lei: era la voce di Hilda.
« Hilda! Hilda! » esclamò, battendo i pugni contro il legno della porta, che non sembrava voler aprirsi « Hilda! Sono Ethan! ».
Abbassò le braccia: non avrebbe mai risposto così. Probabilmente, neanche lo sentiva. 
Estrasse la sua Pokéball ma, all’interno di quel luogo, non fu in grado di aprirla. La rimise dentro la tasca e si gettò con tutta la forza con cui poteva contro ciò che la separava dalla ragazza dai capelli castani e la porta capitolò ai suoi piedi.
Hilda era ditesa su di un letto e dal suo capo provenivano decine di elettrodi che erano collegati ad una macchina circolare, bianca, con uno sportello di vetro sul davanti, poco vicino al letto. All’interno v’era Musharna che si agitava e muoveva la bocca, come a segno di fagocitare qualcosa. 
Si gettò sul corpo della giovane, le tolse gli elettrodi uno per uno e la scosse per le braccia finché non aprì le palpebre.
« Hilda? Hilda? Sono Ethan! Ethan Shepard! ».
Anche se in preda all’emozione, poteva percepire che lei non rispondeva come avrebbe dovuto. Era confusa e non sembrava riconoscerlo.
« Hilda! Hild—».
« Che cos’è tutto questo? Chi è lei? ».
Degli uomini in camice bianco comparvero alla porta. Entrarono in flotta nella stanza e lo trascinarono fuori, mentre si dimenava e cercava di ritornare alla sua amata. Colress, incuriosito dalla confusione, aveva raggiunto la stanza e osservava la scena con sospetto.

♦︎ ♦︎ ♦︎
 
flashback – Anville Town – 04/03/12
« And if a ten ton truck, kills the both of us! »
« To die by your side, well the pleasure, the privilege is mine! ».
Dopo essersi incontrati nella stazione di Castelia City ed aver affrontato assieme il viaggio in treno dalla metropoli alla città di Anville Town, Louis aveva deciso di portare Erika nel suo bar preferito, un karaoke-bar incastrato fra le viuzze della piccolo centro cittadino che serpeggiano fra i monumenti storici di Anville.
La Sgabello Rotto, questo il nome del locale dove erano finiti a cenare, era animato quella sera da una gara di karaoke a cui poteva prendere parte chiunque. Bevuti numerosi boccali di birra e consumato il miglior panino che Erika aveva mai mangiato nella sua vita, pensò in quel momento, Louis credette bene che fosse il momento, anche per loro, di tirarsi in ballo.
« Ed ora, signori e signore, un grande applauso per la prossima performance, Louis Bloomfield ed Erika Joy! ».
« Cosa? » esclamò Erika, gettando il boccale di vetro sul tavolo « mi hai iscritto! ».
« Ho iscritto entrambi! » sorrise Louis « dai, forza, sarà divertente! ». Louis le afferrò il braccio e la ragazza non sembrò opporre resistente, brilla per l’alcol, quando la trascinò fuori dalla sedia « Dai! Solo una canzone! ».
« Va bene, va bene! ».
« Così si fa! ».
Louis corse su per il palco e strattonò Erika con sé, che lo raggiunse subito dopo e si posizionò accanto a lui, davanti ai due microfoni.
« Canteranno, per noi, Don’t You Remember, di Adele! ».
« Chi l’ha scelta? » incalzò Erika il presentatore.
Louis sorrise « Io, c’è qualche problema? Non—non la conosci? ».
« No, no, va bene. Mi piace molto ».
Si guardarono, e per un attimo Erika provò quella forte sensazione che l’aveva assalita scesa dal treno, osservando negli occhi il ragazzo dai capelli verdi. Scosse la testa e si riportò davanti al microfono, mentre le luci si facevano soffuse e i riff della chitarra cominciavano a risuonare nell’aria.
« When will I see you again? You left with no goodbye, not a single word was said » esordì la 
giovane. Quelle note, così calde e confortantil’avviluppavano come in un abbraccio. « No final kiss to seal any sins, I had no idea of the state we were in… ».
Louis fece un passo avanti, dalla penombra nella quale era calato, e rispose.
« I know I have a fickle heart, and a bitterness, and a wandering eye, and a heaviness in my head… ». 
Prese quel momento per respirare, dopodiché sentì un vento caldo pervaderlo ed esplose con l’acuto. « But don't you remember? » cantò, e diede il lato destro del suo viso per voltarsi e guardare in faccia Erika « Don’t you remember the reason you loved me before? ». Poteva quasi sentire la ragazza risponderei suoi occhi brillavano e tremava« Baby, please remember me once more ».
La chitarra continuò, mentre i due si guardavano, persi nello sguardo l’uno dell’altro.
Erika ricominciò.
« When was the last time you thought of me? ». 
Louis 
riprese con lei, cantando il resto della strofa assieme. « Or have you completely erased me from your memory? I often think about where I went wrong: the more I do, the less I know… ».
Louis abbassò la voce e ritornò silenzioso, mentre osservava Erika proseguire a cantare.
« But don't you remember? Don’t you remember the reason you loved me before? Baby, please remember me once more ».
Cantò il more finale esibendosi in un prodigioso acuto mentre Louis restava fermoinermead osservare una creatura così bella cantare.
Erika continuò. « Gave you 
the space so you could breathe, I kept my distance so you would be free » fece, ed una lacrima scese lungo la sua guanciaseguita da un’altra ed un’altra ancora. Louis alzò la mano sinistra, libera, al suo viso e le asciugò le lacrime via.
Riprese la canzone il ragazzo: « I hoped that you'd find the missing piece!, to bring you back to me! » cantò, e più cantava e più le lacrime scendevano lungo il docile viso della ragazza.
Erika, improvvisamente, alzò il microfono verso le labbra di Louis e di conseguenza fece lui, portando il suo microfono alle bocca della ragazza. N’era risultato che i due si fossero avvicinati inesorabilmente e le loro braccia, incrociate, toccavano l’un l’altra.
« Why don't you remember? Don’t you remember the reason you loved me before? » 
fecero a squarciagola entrambi, il pubblico in silenzio che osservava la performance « Baby, please remember me once more! ».
Erika scoppiò a piangere. Le lacrime continuarono a scendere lungo il suo viso, i singhiozzi si fecero più rapidi e il suo sguardo si appannò. Abbassò il microfono per avvicinarsi al petto di Louis, dove, pur stando in piedi, si rannicchiò. Appoggiò il suo orecchio destro sulla sua cassa toracica, mentre il ragazzo pronunciava le parole finali.
« When will I see you again? ».
   
 
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