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Autore: EragonForever    14/08/2017    3 recensioni
L'universo è in pericolo di estinzione, un'antica minaccia sta tornando per rimpossessarsi della conoscenza del Pilastro dell'Equilibrio per piegare l'intera umanità al suo volere. Ma prima dovrà fare i conti con una nuova generazione di Guardiani, sei ragazzi provenienti da dimensioni diverse rinati a nuova vita e divenuti immortali, forti del potere delle Arti Mistiche, dovranno dare fondo a tutta la loro energia per fermarlo. Perchè se la guerra incombe, la nostra umanità non avrà un futuro.
***
Salve gente, questa è la nuova versione appena ristrutturata, spero con il cuore che vi piaccia
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 12: Un'unica forza

Nel frattempo a Tharoon, dopo i preparativi necessari per il viaggio, il gruppo di Dafne era partito alla volta del Covo dei Dijinn del Deserto sotto il sole cocente che, sebbene fossero Guardiani, rendeva comunque difficile la loro traversata. Il deserto, sebbene avesse il suo fascino per le dune di sabbia dorata e le sue oasi, era un luogo lo stesso inospitale. Solo Tenma vi era abituato dato che li vi era nato e cresciuto.

"Ehi, sei sicuro di sapere dove si trova il loro covo?", esordì Arya ad un certo punto, che lo affiancò.

Lui le sorrise rassicurante.

"Si tranquilla, ci siamo quasi.", rispose.

Le guidava con passo spedito e sicuro tra le dune finchè non raggiunsero una spessa parete rocciosa.

"Eccoci qua, siamo arrivati.", esordì il castano.

Le due ragazze si fecero non poco perplesse.

"Ehm ... ne sei proprio sicuro? Non vediamo nessuna entrata.", osservò Dafne, incerta.

"Non temete, ce l'abbiamo davanti, è solo invisibile, state a vedere.", spiegò Tenma, per poi tendere le mani in avanti "Apriti Sesamo!", esclamò.

A quelle parole ecco che all'improvviso davanti ai tre apparve fatalità un portone dorato finemente elaborato con intrecci di un tenue color avorio e lo stemma dei Dijinn, ovvero una lampada magica diviso a metà tra le due ante che poco a poco si aprirono sotto lo sguardo stupito delle due Guardiane, che guardarono il compagno con fare interrogativo. Lui allora alzò le mani.

"Che volete farci, non l'ho mica scelta io la parola d'ordine ... altrimenti avrei scelto qualcosa di molto più complesso.", borbottò.

"Mh ... in effetti hai ragione, comunque sarà meglio andare.", fece Dafne di rimando per poi entrare seguita dai suoi compagni.

Davanti a loro si aprì un tunnel sotterraneo illuminato da alcune torce grande quanto una casa. Il soffitto era pieno di stalattiti che gocciolavano per l'umidità che impregnava il luogo. Non c'era nessuno, silenzio totale, interrotto solamente dal rumore delle gocce che cadevano. Infine raggiunsero la fine del tunnel dove vi era situata un'altra porta identica a quella d'entrata, sorvegliata da due guardie. Erano due energumeni di pietra dall'aspetto alquanto minaccioso. Si poteva individuare una semplice armatura dove vi era inciso lo stemma sul petto. Tra le mani tenevano delle alabarde poco rassicuranti. Erano alti si e no due metri e mezzo. Non appena li videro arrivare i loro occhi si illuminarono di una tenue luce dorata e mossero le alabarde a mo di sbarramento.

"Chi siete? E cosa ci fate qui?", chiese una con voce rimbombante.

Dafne allora si fece avanti.

"Vi possiamo assicurare che non abbiamo cattive intenzioni. Noi siamo i Guardiani e siamo qui per conferire con il vostro sovrano per una questione di estrema importanza.", spiegò.

I due allora li osservarono per qualche secondo come se stessero facendo uno scanner e poco dopo li lasciarono passare.

"Andate, vi sta aspettando.", dissero, per poi tornare nella loro posizione frontale di guardia.

Infine ecco che si aprirono le porte dalle quali filtrò una luce abbagliante che gli accecò, costringendoli a chiudere gli occhi. Quando il bagliore si attenuò li riaprirono poco a poco, rimanendo senza parole dall'incredibile spettacolo che si presentò loro davanti: una città completamente dentro la roccia ... e che città. Ampi palazzi dal taglio orientale con le loro cupole dorate e le mura d'avorio, grandi giardini con addirittura delle fontane e palme esotiche. Era un vero e proprio incanto. Ma la cosa che più di tutte colpì i tre Guardiani furono gli abitanti di quel luogo, i Dijinn, grossi energumeni muscolosi dalla pelle gialla come la sabbia dalle sfumature color terra. Dai loro possenti tronchi nascevano quattro massicce braccia tanto forti da sbriciolare una montagna, sotto la cintura che gli cingeva la vita, il ventre perdeva di solidità, diventando man mano una coda di pulviscolo etereo che si muoveva sospinto dalle correnti del sottosuolo.

In testa portavano dei turbanti marrone scuro o rossi, con tanto di corna d'ariete anellate e un neo sulla fronte. Vestivano all'araba, ovvero con un semplice gilet in modo da mettere in mostra il loro petto possente e ai polsi portavano dei bracciali dorati. Le loro iridi erano pozze d'oro liquido o di ossidiana. Ma la cosa veramente incredibile era che c'erano addirittura delle famiglie. Le donne Dijinn al contrario dei maschi avevano due braccia, erano molto più esili, di una bellezza più unica che rara, con occhi da cerbiatte dalle sfumature del cielo e cascate di fluenti chiome purpuree, corvine e castane. Il loro corpo dannatamente perfetto era coperto da veli che lasciavano spesso intravedere il generoso seno tondo e sodo. Ai polsi portavano gioielli come bracciali o collane attorno al loro splendido collo. Non avevano corna d'ariete ma piccole e deliziose orecchie a punta con dei pendenti. Sulla fronte, come i loro compagni avevano il consueto neo, nasino all'insù e labbra piccole e delicate. Sembravano fiori del deserto. Anche i piccoli Dijinn erano a dir poco degli adorabili pargoletti. Vivevano in pace e tranquillità, una vita pacifica e serena, cosa che fece sorridere i tre ragazzi. Tenma nel vedere tutte quelle rare bellezze per poco non svenne, finchè non fu riportato alla realtà da uno sguardo penetrante di Arya, quindi per farsi perdonare le diede un bacio sulla fronte.

Tutto intorno era un profumo soave di spezie aromatiche con le risate allegre dei bambini come sottofondo. Sembravano totalmente ignari della grave situazione al di fuori del loro mondo da quanto fossero sereni e felici, il che era molto strano. L'unica opzione più ovvia era che il loro sovrano non avesse appunto messo al corrente il suo popolo appunto per non turbare la loro serenità e la quiete. Nessuno parve accorgersi della loro presenza finchè un'ancella Dijinn non venne loro incontro facendo un piccolo inchino.

"Onore a voi nobili Guardiani, il mio signore mi ha mandato personalmente per scortarvi a palazzo, prego seguitemi.", li invitò.

I tre ragazzi allora la seguirono fino a raggiungere quello che doveva essere il palazzo reale e ne rimasero veramente incantati, era a dir poco qualcosa di magnifico: altre mura color avorio con cupole di pura giada finemente decorate in oro così come l'enorme portone. Ai lati c'erano due statue che raffiguravano dei leoni rampanti come simbolo di forza. La scalinata era di marmo candido e sembrava riflettere di luce propria.

Ma l'interno fu qualcosa di gran lunga più spettacolare. L'ingresso era circolare con un colonnato sempre di giada che entrava in perfetto contrasto con le pareti sempre in avorio. Negli angoli c'erano magnifiche piante esotiche dalle forme e colori più svariati. C'erano anche delle statue che raffiguravano Dijinn danzanti. La scalinata era sorvegliata da due guardie, portava al piano di sopra. Salendo poterono notare che le pareti raccontavano la storia dei Dijinn tramite meravigliosi dipinti da cui rimasero a dir poco rapiti. L'ancella sorrise con fare divertito.

"Sorpresi eh? Il mio signore è uno a cui piace molto apparire.", spiegò.

"Ce ne siamo accorti.", fece Tenma di rimando.

Infatti il palazzo in se era davvero molto appariscente e ogni cosa saltava subito all'occhio. Giunsero infine alla sala del trono il cui portone era di pura giada e irradiava di mille colori e sfumature. Le guardie, dopo che l'ancella ebbe detto loro che il sovrano li stava aspettando, lasciarono libero il passaggio e subito il portone si aprì su uno spettacolo più unico che raro: la sala del trono aveva le pareti che sembravano oro liquido sfumato all'avorio alle quali erano appesi i quadri dei precedenti sovrani. Era circolare con il colonnato addirittura rosso rubino e le scale che portavano al trono, anch'esso di giada, erano color sabbia. Lì, seduto in modo poco convenevole, stava il sovrano dei Dijinn: rispetto ai suoi sudditi era molto più grosso, le quattro braccia sembravano scoppiare da quanto fossero muscolose, così come il petto possente. La carnagione era d'avorio e gli occhi due pozze d'oro liquido. Le sue corna erano anellate mentre in testa portava un turbante alquanto vistoso con una gemma al centro sempre di giada così come il neo sulla fronte. Vestiva di un'appariscente yukata verde limone finemente ricamato di fili dorati, in netto contrasto con il turbante. Al suo fianco ovviamente c'erano delle ancelle intente a imboccarlo e a fargli i massaggi alle tempie e sui possenti pettorali. I Guardiani rimasero comunque di sasso poichè era la prima volta che si trovavano davanti a una scena del genere. Fortunatamente l'ancella venne in loro soccorso e, schiarendosi la voce, richiamò l'attenzione del sovrano, che sbuffò con fare seccato.

"Che c'è Mayumi?", chiese, alquanto irritato.

"Perdonate l'interruzione mio signore ma i Guardiani sono qui.", rispose, indicando i tre ragazzi.

Il sovrano li guardò con fare perplesso.

"I Guardiani eh? Vi facevo più vecchi, sul serio, non mi aspettavo dei poppanti come voi.", commentò divertito.

Tenma, piuttosto offeso, si fece quindi avanti.

"Faremo finta di non aver sentito ... comunque, nobile Thor, signore dei Dijinn delle Rocce, io e le mie compagne siamo qui per una richiesta.", esordì, per poi guardare Dafne che si fece avanti.

"Mio signore, siamo qui per chiedere il vostro aiuto da parte dei ribelli nella battaglia contro gli schiavisti ... purtroppo hanno risorse insufficienti per farcela da soli e per questo motivo serve il vostro aiuto.", spiegò, cercando di essere più convincente possibile.

Il sovrano però nel sentire quella richiesta si adirò non poco.

"Che cosa?! Voi volete che io, Thor, Signore dei Dijinn dovrei chinare il capo solamente perché siete Guardiani?! Tutto questo è davvero inaccettabile! Noi Dijinn non ci inchiniamo tanto facilmente! Se proprio volete il nostro aiuto dovrete dimostrare di esserne all'altezza ... Guardiani!", esclamò.

I ragazzi si guardarono piuttosto preoccupati, non avevano altra scelta che stare alle sue condizioni, così Shin si fece avanti.

"E in che modo dovremo dimostrarlo?", chiese, le braccia conserte.

A quella domanda Thor sogghignò.

"E' semplice, se uno di voi riuscirà a sconfiggermi in duello avrete il mio aiuto, in caso contrario ... buttate le vostre chiappette divine fuori di qui.", rispose.

Maverick fece per rispondere ma fu trattenuto appena in tempo. Poi il gruppo si consultò per qualche minuto.

"Allora ... e adesso come la mettiamo?", borbottò Shin, serio.

"Già, se accettiamo uno di noi verrà ridotto in polpette.", fece il rosso di rimando.

Shea sospirò.

"A quanto pare non possiamo tirarci indietro, uno di noi deve accettare ... ma chi?"

Stavolta fu Tenma a sospirare.

"Lo affronterò io, è una cosa che riguarda la mia dimensione, perciò mi sembra più che giusto.", disse con decisione.

A quelle parole i suoi compagni non lo contestarono, poiché sentivano che era giusto così, quindi il Guardiano si fece avanti, guardando Thor con determinazione.

"Accetto la vostra sfida!", esclamò.

Il sovrano dei Dijinn lo guardò con stupore, sorpreso dal suo coraggio, evidentemente aveva dato per scontato che sarebbero scappati a gambe levate.

"Devo dire che hai fegato nanerottolo ... preparati perchè non avrò alcuna pietà.", lo provocò.

Stavolta fu Tenma a sogghignare.

"Tsz ... chissà quante volte l'ho sentita, talmente tante volte che ho perso il conto"

"Ti farò piangere in ginocchio! All'arena tra un'ora esatta!", esclamò il sovrano, congedandoli.

Mayumi allora li portò in una delle stanze degli ospiti in attesa del duello che comprendeva un vistoso letto a baldacchino, un armadio, un davanzale e vicino ad esso un tavolino, il tutto ovviamente appariscente.

"Starete qui fino a che non giungerà il momento, poi verrò a chiamarvi.", spiegò per poi congedarsi.

Non appena rimasero soli Arya guardò Tenma negli occhi, battendogli i pugni sul petto.

"Razza di stupido! Perché hai accettato?!", esclamò.

Il compagno allora la prese per le spalle, fissandola intensamente negli occhi.

"L'ho fatto perché è l'unico modo per ottenere il suo aiuto e salvare così la mia dimensione.", rispose, serio.

"Questo lo so bene ma potrebbe essere molto pericoloso ... credimi, non dubiterei mai di te, è solo che ... sono molto preoccupata, con quelle quattro braccia potrebbe spappolarti e poi ..."

Venne interrotta dal contatto delle sue labbra che la baciarono con ardente passione per poi specchiarsi nei suoi occhi smeraldini che la guardarono con amore.

"Non temere amore mio, ce la farò, te lo prometto e sai perché? Perchè tu sei la mia forza più grande.", la rassicurò con voce calda e profonda.

Arya lo guardò con gli occhi che brillavano di emozione.

"Oh Tenma ...", sussurrò, baciandolo a sua volta.

Nel vederli a Dafne non poté sfuggire un sorriso mentre piacevoli ricordi le tornavano alla mente. Anche lei un tempo aveva provato quel sentimento e in fondo al cuore lo provava ancora nonostante lui ora non fosse più al suo fianco.

Un'ora passò veloce e Mayumi tornò a chiamarli per poi condurli all'arena, ovvero una specie di Colosseo in miniatura già pieno zeppo di spettatori dato che la notizia doveva essere volata. In mezzo ad essa se ne stava Thor a petto nudo pronto per la sfida. Prima di iniziare Tenma salutò Arya con un bacio, poi le due compagne andarono a sedersi sugli spalti. Infine raggiunse il sovrano al centro dell'arena che lo guardò come se fosse stato carne da macello.

"Mo te spiezzo in due nanerottolo.", lo provocò.

"Lo vedremo"

Poco dopo un suono di gong diede inizio allo scontro che sembrò volgere subito a vantaggio di Thor che ricoprì la sua pelle di roccia, rendendola impenetrabile, già sicuro di vincere. Tenma non si stupì più di tanto dato che anche lui poteva ricoprire il suo corpo di roccia, solo non in modo completo. Subito allora evocò un drago di terra pronto per l'attacco seguito da uno di piante che iniziò a immobilizzare l'avversario mentre l'altro cercava di fare una breccia, tentativi ovviamente vani dato che Thor con le sue possenti braccia li sbriciolò entrambi. Il Guardiano allora evocò Torgard, il suo martello da combattimento intagliato in legno di quercia rinforzato di un antico metallo chiamato Illirya che lo rendeva indistruttibile e con esso cercò di rallentarlo come meglio poteva nonostante Thor fosse dotato di una forza sovrumana e il controllo sulle rocce, giocando in casa, mettendo Tenma alle strette. Il giovane però poteva contare sulla sua incredibile velocità e agilità, cosa che Thor con la sua armatura non possedeva dato che lo rallentava di molto, così ne aproffittò sfruttando la cosa a suo favore e, riuscendo a creare una breccia nelle sue difese, riuscì ad atterrarlo colpendolo con violenza il suo addome frantumando così la sua armatura sotto il suo sguardo incredulo. Aveva vinto.

Tutti i presenti rimasero a dir poco ammutoliti poichè nessuno era mai riuscito a battere il loro sovrano e non si sarebbero di certo aspettati che a sconfiggerlo fosse stato solamente un ragazzino con un martello grande il doppio di lui. Thor allora si alzò da terra con fare incerto, fissando l'avversario negli occhi.

"Chi ... chi sei tu? E come hai fatto a battermi? Nessuno c'era mai riuscito prima d'ora"

Il Guardiano sorrise.

"Il mio nome è Tenma mio signore e sono riuscito a battervi grazie alla mia velocità e agilità, poiché la vostra armatura di roccia vi rallentava parecchio. Comunque bello scontro, siete un combattente davvero eccezionale maestà, degno del vostro nome.", rispose.

"Non per niente sono il sovrano del mio popolo.", si vantò l'altro, per poi ricomporsi "Comunque, dato che hai vinto avrete il mio aiuto contro gli schiavisti che opprimono Tharoon con il loro fetore. Non fatevi ingannare, anche se il mio popolo vive sereno sa perfettamente della guerra ma essendo troppo orgogliosi preferivamo rimanere neutrali, ma ora è tempo della ribalta e non ci tireremo indietro.", spiegò, estremamente serio.

E con quelle parole lui e il suo esercito seguì i Guardiani in quella lotta per il bene della loro patria. Era davvero imponente, armato di martelli, spade e alabarde, la cui pelle era la loro armatura. Avevano uno sguardo fiero di chi sapeva quello che stava facendo essendo l'ultimo barlume di speranza. Difatti i Ribelli non appena li videro scoppiarono in lacrime di gioia, poiché finalmente le loro speranze erano state esaudite. Così pieni di nuovo vigore iniziarono ad organizzare l'attacco decisivo e l'aiuto dei Dijinn fu davvero indispensabile poiché fornirono loro un equipaggiamento di gran lunga migliore. Così, dopo una settimana di preparativi poterono partire alla volta di Mireen, decisi più che mai a salvare la loro patria. Fu una traversata tranquilla nonostante il caldo, ma dopo quattro giorni raggiunsero la loro meta e puntualmente ad attenderli trovarono l'Esercito Senza Nome di Thanatos, composto dai Demoni Lupo, ovvero esseri con fattezze lupine con orecchie e coda da lupo dalla pelliccia o nera, o bianca, o grigia, in pratica erano licantropi che si ergevano su due zampe, alti si e no 1.70 per un peso di 60kg. Il loro fisico era esile magro ma comunque scattante. Non avevano ne armi ne armatura poiché la loro arma erano gli artigli affilati come rasoi e le zanne. In tutto si poteva contare si e no su 300 elementi, mentre l'esercito dei Ribelli unito a quello dei Dijinn su ben 400 uomini. Ci furono attimi di tensione ma il suono del corno diede inizio alla battaglia che avrebbe deciso il destino di Tharoon una volta per tutte. Infine i due eserciti si scontarono con un boato. Entrambi avevano i loro punti di forza, i Ribelli potevano contare sulla loro incrollabile volontà e il potere dei Dijinn che metteva il nemico non poco in difficoltà. L'esercito avversario invece aveva dalla sua il morso che rendeva i malcapitati licantropi e i poteri congelanti alquanto poco efficaci contro i Dijinn, essendo almeno il doppio di loro.

Lo scontro imperversava in mezzo alla polvere creatasi dell'impatto tra i due eserciti. Dafne e Arya aiutavano meglio che potevano facendo da supporto. Tenma nel frattempo si trovava faccia a faccia con Thanatos, pronto a pareggiare i conti per la sconfitta subita a Iryndiel. Entrambi sembravano vere e proprie furie, anche se il Guardiano era più avvantaggiato dal fatto che giocava in casa, il che significava che aveva il controllo totale del terreno. Thanatos però poteva contare sul fatto che aveva il controllo delle sue paure, cosa che però non ebbe effetto dato che il Guardiano, forte anche della presenza di Arya sul campo non si lasciò travolgere facilmente. Conoscendo il terreno poteva anche contare sui suoi punti strategici e grazie a questo, con somma sorpresa di Thanatos, tramite una lama di ghiaccio, lo colse alla sprovvista, tagliandogli un braccio. Il suo avversario preso dall'ira lo guardò con ferocia.

"Questa me la pagherai molto cara!", urlò, per poi colpire a morte il sovrano dei Dijinn ferendolo al torace.

A quella vista Tenma corse in suo aiuto cercando disperatamente di salvarlo. Il suo sguardo pieno di dolore diceva già ogni cosa e il ragazzo allora lo guardò con occhi carichi di determinazione.

"No, non vi lascerò morire chiaro?! Tharoon ha bisogno di voi ... il vostro popolo ha bisogno di voi e per questo non potete arrendervi proprio ora, non ve lo permetterò!", esclamò, guardandolo dritto negli occhi mentre la ferita sanguinava.

Nel suo sguardo poté percepire tutta la sua paura, una paura che anche lui aveva provato, ovvero quella di morire, finché Dafne non lo aveva salvato, e ora lui doveva fare lo stesso senza se e senza ma. Quel pensiero bastò e all'improvviso entrambi i loro corpi vennero avvolti da un'aura color sabbia e poco a poco la ferita al torace del Dijinn si rimarginò. Il Legame dell'Anima aveva trionfato anche questa volta e forte di quel nuovo potere la forza di Tenma aumentò cento volte tanto, portando così i Ribelli alla vittoria, che, anche grazie al fatto che combattevano in casa, avevano sfruttato la loro conoscenza del terreno per battere il nemico. Con quella loro tanto agognata vittoria Tharoon fu liberata dagli schiavisti e i fratelli di Tenma vennero esiliati, ma allo stesso tempo perdonati da quest'ultimo poiché nonostante quello che avevano fatto rimanevano pur sempre la sua famiglia. Ora che anche Tharoon era libera i Guardiani fecero ritorno a casa, non prima di aver eletto un nuovo sovrano Dijinn dato che Thor era diventato il famiglio di Tenma, stanchi ma comunque felici, poiché un'altra dimensione era salva.

 

Angolo dell'Autrice

Salve popolo di EFP, perdonate l'assenza ma questo capitolo mi ha tenuta veramente impegnata con tutto quello che vi dovevo inserire. Da come leggerete accadono una serie di avvenimenti che alla fine porta i Dijinn e i Ribelli a combattere insieme contro gli schiavisti. Ora la squadra della bella Dafne potrà contare anche sulla forza di Thor, ora famiglio del nostro Tenma. Spero con tutto il cuore di essre riuscita a gestirmi per il meglio!

Ringrazio Vago, KnightofFire e Teoth per le loro recensioni e i loro preziosissimi consigli. Detto questo ... alla prossima avventura!

Saluti la vostra EragonForever! (Sistemato il dialogo con Thor)

   
 
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