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Autore: Kia_1981    16/08/2017    0 recensioni
*Un giorno mi sono imbattuta in un articoletto che s'intitolava più o meno come questa storia. L'ho letto, l'ho messo da parte e, mentre morivo di caldo al mare, per rinfrescarmi le idee ho deciso di recuperarlo per scrivere questa storia. Se vi sembrasse "strana", chiedo perdono: colpa dei 40 gradi abbondanti che mi mettevano al tappeto. Come sempre, qualunque critica/ osservazione è ben accetta. Buona lettura!*
Megan sta tornando da Aldenor, "casualmente" accompagnata da Julian. Un incidente alla carrozza su cui viaggiano li costringe a trovare rifugio in un capanno nei boschi, dove si troveranno a fronteggiare una spaventosa minaccia e una situazione inaspettata.
Dal testo:
«A quanto pare la Gelida Charlotte dimostra una predilezione per le coppie», rispose pensieroso. Megan si girò fra le sue braccia per guardarlo negli occhi.
«Ma noi non siamo una coppia», gli fece notare.
«Ma questo Charlotte non lo sa e poi…», riuscì a non dire che avrebbero potuto esserlo.
«E poi… cosa?», volle sapere lei.
«Nulla», rispose sommessamente senza distogliere lo sguardo dal suo.
Genere: Azione, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Julian Lord, Megan Linnet
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'We're Simply Meant To Be'
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Si svegliò di soprassalto, con il respiro corto e madida di sudore. Aveva avuto l’impressione che la voce che aveva sentito fuori fosse riuscita ad avvicinarsi tanto da sussurrarle qualcosa all’orecchio.
Si alzò e barcollando si avvicinò a Julian che sonnecchiava seduto accanto al camino.

«Jules!» Gli diede un piccolo calcio alla gamba mentre si strofinava le braccia per scaldarsi. Sentiva dolori ovunque, aveva la nausea e avvertiva un freddo tremendo, quindi aveva concluso di avere la febbre.

«Sto morendo di freddo», gli comunicò cercando di non sforzare troppo la gola che bruciava da impazzire. Lui considerò con occhio critico le condizioni della dottoressa e andò a cercare qualcosa nella sacca. Ne estrasse il contenitore con il necessario per le emergenze mediche; poi continuò ad estrarre gli abiti. Megan era troppo esausta per protestare.

«Dovete avere la febbre alta», constatò Julian. «Avete qualcosa per abbassarla?»

«Gocce», si limitò a dire facendo un cenno vago in direzione del tavolo prima di lasciarsi cadere a terra davanti al camino. Guardò desolata i mantelli che sembravano ancora lontani dall’essere asciutti; si lasciò sfuggire un sospiro mentre si stringeva le ginocchia al petto in cerca di un po’ di calore. Julian si avvicinò a lei.

«Come si prendono?», domandò mostrandole la boccetta accuratamente etichettata. «Vi serve dell’acqua?»
Megan fece un cenno affermativo. Non aveva alcuna voglia di prendere quella medicina disgustosa, ma non poteva certo mettersi a discutere. Un istante dopo prese dalle mani di Julian una tazza leggermente tiepida da cui si levava un odore nauseante.

«Era avanzata un po’ di acqua, prima. Visto che l’abbiamo fatta bollire dovrebbe andare bene, giusto?», rimase ad osservarla mentre, con una smorfia schifata, beveva la sua medicina.

«Sei sempre attento alle lezioni di medicina, a quanto pare», commentò lei divertita, «Da quando hai smesso di frequentarle ho notato che qualcuno si è trovato in difficoltà.»

«Lo so che è sbagliato suggerire…», cominciò il giovane con espressione contrita, ma il gesto noncurante di Megan gli fece lasciare la frase in sospeso. Dopo averle tolto la tazza di mano si sedette a terra accanto a lei. Notò che stava tremando.

«Dovreste cambiarvi di nuovo, ma non credo abbiate più niente di asciutto»

«Infatti», confermò Megan.

«Posso darvi la mia camicia», propose il ragazzo ma non ricevette risposta. Rimasero in silenzio a fissare il fuoco.

«C’era qualcuno, fuori, nella tempesta», cominciò Megan, sperando di alleviare l’angoscia che provava. «Sentivo una voce che mi chiamava».

«Non dovete pensarci più», l’ammonì duramente Julian. «E dovete togliervela dalla testa».

«Quindi l’hai sentita anche tu! Non me la sono immaginata».

«Se la sentite di  nuovo, ignoratela. E smettete di pensarci», si limitò a ribadire lui senza rispondere. Megan sbuffò contrariata: era evidente che lui sapeva qualcosa che non le voleva dire, ma non aveva intenzione di desistere finché non le avesse raccontato tutto.

«Smetterò di pensarci quando ti deciderai a dirmi cosa ho sentito», si ostinò a ribadire.
Per tutta risposta il Cavaliere si alzò e, avvicinandosi al camino, prese un paio di mattonelle che aveva messo a scaldare, li avvolse in un panno e li infilò sotto le coperte, in fondo al letto.

«Dovrebbero tenervi un po’ più al caldo»

«Non cercare di cambiare discorso»

«Va bene», si arrese Julian, ma il sorriso che gli affiorò sulle labbra mise Megan in allerta. «Prendete la mia camicia e cambiatevi. Quando sarete pronta risponderò alla vostra domanda».

«Idiota», ribadì la dottoressa sbuffando platealmente, ma prese la camicia dalla sacca e si cambiò. La sensazione di avere di nuovo addosso qualcosa di asciutto, nonostante si trattasse dei vestiti di Julian, la fece sentire un po’ meglio. La camicia le stava lunga, ma le gambe le rimanevano scoperte. Le era già successo una volta, per uno sfortunato caso a cui preferiva non pensare, di trovarsi davanti a lui così poco vestita e avrebbe preferito che l’esperienza non si ripetesse.

«Mi sento ridicola», protestò. «E questa roba non mi copre abbastanza, ho ancora freddo».

«Allora andate a mettervi subito sotto le coperte», le suggerì il ragazzo compiendo uno sforzo sovrumano per evitare di guardarla. Probabilmente, considerò, Megan si sentiva già più in forze, dal momento che aveva ritrovato l’energia di insultarlo e brontolare. Un rumore improvviso lo fece balzare in piedi. Guardandosi intorno si accorse che una sedia si era rovesciata e Megan era raggomitolata a terra, tremante, accanto ad essa. In un attimo le fu vicino.

«Non riuscivo a reggermi in piedi», gli spiegò cercando di tirarsi su da terra, ma le sembrava di essere completamente priva di forze. Julian allungò una mano, sfiorandole lievemente una guancia. Megan non capì il motivo di quel gesto e nemmeno il sollievo che il giovane mostrò quando interruppe il gesto.

«Va tutto bene», la rassicurò sollevandola fra le braccia per adagiarla sul letto.

«L’ho sentita di nuovo», sussurrò. «E sento sempre più freddo. Ho la sensazione che non riuscirò mai più a scaldarmi».

«È quello che vuole farvi credere lei, non datele retta», provò a tranquillizzarla.

«Stai delirando anche tu?», lo apostrofò Megan. «Trova un modo per scaldarmi e dimmi chi o cosa mi stava chiamando là fuori. Me lo devi».

«Avete già addosso tutte le coperte che sono riuscito a trovare. Ma, se volete, posso scaldarvi io stesso», la punzecchiò.

«Fai come credi», sbottò lei senza soffermarsi a pensare se desiderasse o meno quella vicinanza. Trattenne il fiato quando Julian spostò le coperte e si distese dietro di lei. Poco dopo si sentì circondare dalle sue braccia.

«Potete ricominciare a respirare», la prese in giro, sussurandole vicino all’orecchio. La sua spiritosaggine gli valse una gomitata nelle costole.

«Sei…», cominciò Megan.

«Un idiota, lo so», terminò Julian per lei. «Ma non avrei mai permesso alla Gelida Charlotte di prendervi», soggiunse accentuando leggermente la stretta, gesto che non provocò alcuna protesta da parte della dottoressa.

«Chi è la Gelida Charlotte?», chiese incuriosita, preferendo ignorare la capriola che aveva sentito nello stomaco quando il giovane l’aveva stretta più forte a sé.  

«È il motivo per cui Padre Thorne ci ha mandati qui. Il padre di Lady Eloise, in una sua lettera, ha parlato di una vecchia storia che sembra essere tornata molto in voga da qualche tempo. A quanto pare sono sempre più numerosi i casi di persone che sostengono di aver avuto a che fare con questo fantasma». Megan si agitò nel sentire quel termine che le riportava alla mente spiacevoli ricordi. D’istinto le accarezzò una spalla per tranquillizzarla.

«In realtà Ned ha pensato che potesse trattarsi di una creatura sfuggita alla distruzione del Presidio, così ha spedito me, Jordan e Jerome a controllare. Abbiamo cercato a lungo e inutilmente. È una fortuna che abbia deciso di riaccompagnarvi, quando siete partita. A quanto pare ci serviva un’esca per attirare la Gelida Charlotte».

«Un’esca?», ripeté con disappunto. «Mi hai usata come esca?»

«Veramente è un’idea che ho preso in considerazione solo riflettendoci a posteriori. Ad ogni modo, considerando la leggenda, credo che si possa dire che siamo stati entrambi delle esche perfette»

«E la leggenda cosa dice? Non credo di averne mai sentito parlare. Si tratta forse di uno di quegli stupidi spauracchi per bambini?»

«Dubito che sia una storia conosciuta fuori dai confini di Aldenor», cominciò Julian. «Si narra che, molto tempo fa, in un piccolo paese fra le nostre montagne, vivesse una fanciulla dotata di una straordinaria bellezza ma di salute piuttosto delicata», Megan emise uno strano verso che poteva essere di disgusto o di disprezzo, divertendo il giovane che decise però di ignorarla proseguendo con il suo racconto.

«Un giorno, un giovane di una famiglia nobile, sentì parlare di questa incantevole fanciulla e decise di volerla conoscere. Si mise in viaggio e arrivò fino al paese in cui viveva Charlotte. Si innamorò di lei a prima vista e…»

«Che idiozia. Si sarà innamorato di quello che ha visto. Nemmeno la conosceva, il suo sentimento, ammesso che ci fosse, poteva essere solo superficiale».

«Milady, mi state rovinando la narrazione. Posso finire o non siete più interessata?»

«E va bene, continua pure», gli concesse Megan brontolando. Aveva sentito il bisogno di interromperlo perché cominciava a trovare fin troppo piacevole stare fra le braccia di Julian a farsi raccontare storie che le avrebbero forse provocato qualche incubo. Lui riusciva a farla sentire al sicuro, anche se fuori c’era una creatura del Presidio che non smetteva di chiamarla per nome.

«Bene», riprese soddisfatto il ragazzo. «Stavamo dicendo che il giovane perse subito la testa per lei e cominciò a corteggiarla. Charlotte si lasciò incantare con facilità dai modi e dai regali del suo ammiratore e in capo a poche settimane venne annunciato il fidanzamento dei giovani». Julian fece una pausa per non mettersi a ridere, poiché aveva sentito Megan sibilare un insulto molto colorito nei confronti del comportamento della protagonista della storia.
«Charlotte si trasferì in città, il suo fidanzato le regalò una casa, provvedendo anche al personale di servizio. Gli piaceva girare per la città con lei, in modo da sfoggiare la sua bellezza. Venne l’inverno e il giovane nobile ricevette l’invito per un importante ballo che si sarebbe tenuto in una città vicina. Ovviamente decise di andare con la sua fidanzata, nonostante lei da qualche giorno lamentasse di non sentirsi bene. Charlotte decise di assecondarlo, perché lo amava e voleva che lui fosse felice. La sera della festa il giovane si presentò a casa della fidanzata con una carrozza scoperta. Faceva freddo, l’aria odorava di neve: uscire a quell’ora e con quel mezzo era una follia, ma lui voleva che tutti potessero vederli e invidiarli per quello che avevano. Anche a Charlotte piaceva essere ammirata, così accettò di buon grado di usare quella carrozza. Partirono e, come chiunque avrebbe potuto prevedere con facilità, le condizioni del tempo peggiorarono presto. Cominciò a nevicare, sempre più intensamente. Passarono diverse abitazioni ma decisero di non fermarsi a chiedere riparo: non volevano rischiare di perdere la festa. La nevicata peggiorò trasformandosi in una tempesta di neve. Quando finalmente raggiunsero la loro destinazione, il giovane era febbricitante e Charlotte… era pallidissima, le sue labbra erano violacee, le punte delle dita nere: era morta durante il viaggio ma il suo fidanzato non se ne era nemmeno reso conto. Il ragazzo si riprese dalla sua malattia nel giro di qualche settimana. Non parlò più di Charlotte e di lì a poco si fidanzò nuovamente, e l’annuncio del proprio imminente matrimonio suscitò un grande scalpore, visto che era passato poco meno di un anno dalla morte della precedente fidanzata. Il nobile, però, non arrivò mai all’altare: uscito per una cavalcata con alcuni amici, venne sorpreso da una nevicata precoce. Ancora una volta la nevicata si trasformò in tempesta ma, quando il gruppo riuscì a trovare rifugio in un capanno simile a questo, ma il futuro sposo non riuscì a mettersi in salvo. Gli altri dissero che si era allontanato dal gruppo urlando terrorizzato di aver sentito nella tempesta la voce di Charlotte che lo chiamava. Il suo corpo non fu più ritrovato. Si dice che il fantasma della giovane vaghi nelle tempeste chiamando per nome le vittime prescelte».  

«Un branco di idioti», commentò Megan con disprezzo, riferendosi ai protagonisti del racconto e ricacciando indietro la sensazione di disagio che le aveva procurato ascoltare la storia.

«Sarà, ma questo non toglie che la storia che vi ho raccontato ha avuto un grande successo. Qualcuno ne ha fatto una ballata o un poema e, se non ricordo male, diversi anni fa andavano di moda queste piccolissime bamboline bianche, di ceramica, che venivano vendute in una scatolina a forma di bara ed erano chiamate “Gelida Charlotte”».

«Disgustoso. Come poteva essere apprezzata una cosa del genere?», si sorprese Megan.

«Non ne ho idea. Non mi sono mai interessate le bambole», sogghignò Julian. «Passato il freddo?», le chiese tornando subito serio.

«Pensi davvero che sia una creatura del Presidio?», domandò a sua volta Megan per evitare di rispondere: se gli avesse detto che si sentiva meglio, Julian non avrebbe più avuto motivo di stare lì e dal momento che lei cominciava ad apprezzare quella vicinanza, voleva rimandare ancora per un poco il suo allontanamento.

«Ne sono sicuro. L’ho percepita chiaramente, là fuori. Abbiamo sempre considerato la possibilità che qualcuno di quegli esseri fosse riuscito ad allontanarsi in tempo. Adesso ne abbiamo la conferma».
Non poteva più starle così vicino. In quel letto cominciava a fare fin troppo caldo e il motivo non era semplicemente la quantità di coperte sotto cui si erano infilati. Ma le domande di Megan non erano ancora terminate.

«Come mai sei convinto che entrambi abbiamo svolto il ruolo di esche?»

«A quanto pare la Gelida Charlotte dimostra una predilezione per le coppie», rispose pensieroso. Megan si girò fra le sue braccia per guardarlo negli occhi.

«Ma noi non siamo una coppia», gli fece notare.

«Ma questo Charlotte non lo sa e poi…», riuscì a non dire che avrebbero potuto esserlo.

«E poi… cosa?», volle sapere lei.

«Nulla», rispose sommessamente senza distogliere lo sguardo dal suo. Adorava perdersi in quegli occhi verdi.

«Sei innamorato di me, Jules?»

La domanda fu così diretta che lo colse alla sprovvista. Sentì il cuore accelerare mentre pensava a come rispondere e, soprattutto, al motivo che poteva aver spinto Megan a fargli quella domanda. Meglio tergiversare e capire cosa stesse succedendo.

«Io… non mi sarei mai aspettato una domanda del genere. Posso sapere perché me lo state chiedendo?», aveva ben chiara la risposta che avrebbe voluto poterle dare, ma non era sicuro che lei la volesse sentire.
Megan aveva già cominciato a sentirsi stupida nel momento stesso in cui, senza riflettere, aveva posto quella domanda. Ora lui non voleva rispondere. Gli costava così tanto dire sì o no? E, soprattutto, era sicura di voler sentire la risposta, qualunque essa fosse?

«Fa’ finta che non te lo abbia chiesto», gli rispose seccata. Aveva appena deciso che non le importava più saperlo.

«Siamo a letto insieme e tu indossi la mia camicia», le ricordò in tono malizioso. «Come potrei fare finta di niente?» 

La sfacciataggine di Lord non aveva limiti. Megan scoppiò a ridere beffarda.

«Sei senza vergogna. Non siamo “a letto insieme”. Non nel senso che intendi tu, razza di imbecille! E smetti di prenderti tanta confidenza!», lo colpì sul petto. Qualunque fosse il vero motivo che l’aveva spinta a fargli quella domanda, di certo era stato cancellato dal comportamento poco serio del giovane. «Ad ogni modo ti ricordo che sei stato tu il primo a tirare fuori l’argomento con quella storia che Charlotte predilige aggredire le coppie».
Cercò di voltargli di nuovo le spalle, ma lui la tenne ferma.

«Avete ragione, quindi mi sembra giusto rispondere alla vostra domanda. Sempre che la risposta vi interessi ancora», le disse tranquillo, sollevandole con delicatezza il volto per guardarla negli occhi.
Il cuore di Megan cominciò a battere più forte. Si rese conto di avere paura della risposta, qualunque potesse essere. Ciononostante, si ritrovò ad annuire: voleva sapere.

«Non sono innamorato di voi. Non più», confessò tutto d’un fiato.

«Bugiardo», lo accusò la giovane, cercando di contenere la rabbia e l’angoscia che la stavano assalendo. «Non ti credo».

«La prima volta che vi ho vista, mi sono innamorato di voi e sono stato innamorato di voi a lungo»

Doveva scegliere bene le parole: aveva una splendida occasione e non voleva sprecarla.

«Poi vi ho conosciuta meglio e i miei sentimenti sono cambiati. Non si può restare innamorati per sempre».

Megan distolse lo sguardo. Non riusciva più a sostenere quel confronto. Da quando gli aveva preso il ritratto si era ritrovata a pensare spesso a lui. Pensieri che non erano approdati ad una conclusione e che la lasciavano sempre più confusa. C’erano le solite considerazioni: Julian era troppo giovane per lei, faceva il cascamorto con tutte, non riusciva mai ad essere serio, era troppo insistente… d’altro canto era sempre disposto a dare una mano a chiunque e per qualunque cosa, era attento, sveglio, intelligente, premuroso e, soprattutto, aveva sempre dimostrato un grande rispetto per lei. Le lasciava i suoi spazi. La lasciava sbagliare. Più di una volta l’aveva fatta sentire in difetto ma non le aveva mai rinfacciato i suoi errori. L’aveva protetta senza farglielo pesare, senza chiederle niente in cambio o meglio, niente che lei non fosse disposta a concedergli.

Vi ho conosciuta meglio… i miei sentimenti sono cambiati…

Quelle parole continuavano a risuonarle in testa. Chiaramente aveva trovato un’altra a cui rivolgere le sue attenzioni.

«Hai ragione», si sforzò di dire infine, ma la sua voce sembrava incerta. «Non si può continuare ad essere innamorati quando il sentimento non è ricambiato. O quando ti rendi conto di aver perso la testa per qualcuno di insopportabile». Sorrise debolmente. «Quindi… lei chi è?»

Julian rimase interdetto per un momento quando si rese conto che Megan aveva capito esattamente il contrario di quello che stava per dirle. Avrebbe voluto confessarle che l’amava, che più tempo passava con lei, più era convinto di non volere nessun’altra nella propria vita. Invece lei aveva dato per certo che conoscerla meglio aveva significato smettere di provare qualunque cosa per lei. Quello che più lo aveva sorpreso era stato vedere quanto profondamente si sentisse ferita dalla conclusione a cui era arrivata.
Stava per risponderle quando un colpo improvviso li fece sobbalzare: sembrava che qualcuno stesse cercando di abbattere la porta.
Julian scivolò silenziosamente fuori dal letto e andò ad infilarsi gli stivali.

«Mi sta chiamando», sussurrò Megan. Fuori il vento aveva ripreso ad ululare furioso, ma si poteva chiaramente distinguere un richiamo in quel suono agghiacciante.  

«Ignorala!», l’avvertimento risoluto di Julian arrivò mentre il giovane finiva di vestirsi.

«Sei impazzito? Cosa pensi di fare da solo?»

«Milady, sono un Chiamato», le ricordò. «È mio compito combattere esseri come quello che c’è qui fuori, ma vi ringrazio di esservi preoccupata per me», le sorrise ammiccando.

Un Chiamato… a Megan tornò in mente il modo in cui le aveva sfiorato la guancia prima di prenderla in braccio per metterla a letto.

«Hai creduto che si fosse impossessata di me?», gli chiese.

«Ero abbastanza sicuro di no, ma ho preferito controllare: se mi fossi sbagliato, non avrei potuto toccarvi senza farvi del male».   

Era pronto per uscire ad affrontare la creatura. Megan rimase ad osservarlo mentre si portava una mano sul petto e, con sorpresa e curiosità, vide il bagliore azzurro della lama che il giovane aveva richiamato e che ora teneva stretta mentre si preparava ad uscire.
Socchiuse la porta e controllò l’esterno, poi lanciò un’occhiata a Megan.

«Non mi farà nemmeno un graffio. Sono imbattibile», affermò con un sorriso sfrontato per alleviare la tensione.

«Sbruffone», commentò Megan lievemente divertita. «Cerca di tornare tutto intero», sospirò preparandosi all’attesa.

Rimase per poco tempo nel letto, poi mandò al diavolo il freddo e si alzò, avvicinandosi alla porta. Dall’esterno provenivano ululati agghiaccianti e il rumore ovattato dello scontro che si stava combattendo nella neve. Non poteva vedere niente e presto un fastidioso nervosismo si impadronì di lei. Cominciò a fare avanti e indietro nel locale, andò a controllare gli abiti messi ad asciugare e, constatando che alcune delle sue cose erano asciutte e intiepidite dal calore del fuoco, decise di rivestirsi.

«Odio stare chiusa qui senza far niente», sbottò esasperata. Come facevano quelle “fanciulle indifese” che si mettevano costantemente nei guai aspettando che qualcuno andasse a salvarle? Quando era nervosa aveva l’abitudine di leggere storie in cui una igenua giovane in pericolo veniva salvata dall’eroe di turno per sfogarsi passando tutto il tempo ad insultare la protagonista. In quel momento avrebbe tanto voluto avere uno di quei libri con sé.
   
 
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