Che ognuno dei componenti della Ciurma di Cappello di Paglia avesse una propria paura non era cosa risaputa a molti e anche i nakama, abituati a grandissime imprese guidati dal coraggio e l’ambizione, avevano dimenticato quelle piccole debolezze. Prima tra tutti, Nami. Certo, in battaglia non primeggiava e, dopotutto, non era nemmeno così intelligente come cercava di dare a vedere, ma circondata dai suoi compagni sapeva di essere in grado di fare qualsiasi cosa. Per cui venne letteralmente colta alla sprovvista quando quella sensazione pungente e straziante rifece capolino nella sua vita. Pensava di essersi lasciata alle spalle le vicende di Arlong Park, la morte di Bellmer e del frutteto di mandarini il cui profumo aveva coronato la sua infanzia spezzata dalla responsabilità della liberazione del suo villaggio. Eppure, per una stupida lampadina sfavillante, aveva avuto la sensazione di essere tornata nella sua angusta e buia cabina dove giorno dopo giorno disegnava dettagliate mappe del mare per un uomo - pesce - che l’aveva sfruttata sin dalla tenera età.
Nella cucina della Sunny, dove era in atto una festicciola di cui il motivo i Mugiwara se ne erano dimenticati ore prima, improvvisamente la luce si era spenta e la nave era piombata nel buio. Franky era subito corso a dare un'occhiata al generatore e le voci dei nakama spezzavano la tensione con battute e versi decisamente scemi che in altre occasioni l’avrebbero fatta ridere a crepapelle. Invece, un brivido di freddo l’aveva costretta ad incurvare la schiena, cercando una posizione fetale, mentre l’aria era arrivata sempre meno ai suoi polmoni obbligandola ad accelerare il respiro. Arlong era il suo incubo personale, l’artefice del vuoto del suo cuore che a fatica era riuscita a ricolmare con le risate e i mesi di navigazione.
Poi, un calore improvviso: una mano accogliente che avvolgeva nel proprio palmo le sue dita gelate e il benessere che si irradiava dal braccio nel resto del corpo. E, infine, quelle poche sillabe:
- Ti aiuto io. -
La sua voce era stata solo un sussurro in mezzo alla cagnara ma era stata dolce e premurosa, così diversa dal grido determinato con cui le aveva rivolto quelle parole la prima volta. Mai aveva osato fidarsi di nessuno, nemmeno di Genzo e Nojiko, prima di incontrare Rufy. I suoi discorsi stracolmi di fiducia verso il mondo e verso le proprie capacità l’avevano affascinata, l’avevano fatta sperare in un finale diverso per la propria storia; e questa nuova fine, o meglio, inizio, non era tardato ad arrivare e aveva visto proprio lui, lo stupido ragazzino con il cappello di paglia, come artefice. Ora, a distanza di anni da quegli avvenimenti, il capitano non aveva mai deluso le sue aspettative. Certo, stupido rimaneva ancora ma lo sapeva anche dotato di empatia e gentilezza. E anche quando Nami pensava di aver visto tutto, lui era ancora in grado di stupire, di mostrarsi imprevedibile e coraggioso, determinato a conquistare a modo suo il sogno di Re dei Pirati. Insomma, accanto ad un uomo simile Nami sapeva di essere al sicuro, di essere in grado di fare qualsiasi cosa. La decisione di imbarcarsi con Rufy era stata la cosa migliore della sua vita; lui era la cosa migliore della sua vita. Sapeva che quella mano, che ancora stringeva tra le proprie dita, non l’avrebbe mai abbandonata o delusa. E lei, lo sapeva per certo, ormai ne era dipendente. Il fantasma di Arlong era, ora, scomparso e con un pensiero fugace Nami sperò che Franky non lo aggiustasse proprio quel generatore.