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Autore: ___Page    16/08/2017    3 recensioni
"Il cielo sopra Dressrosa era terso quella notte e dello stesso colore del mare sotto di loro."
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Sanji, Usop
Note: OOC | Avvertimenti: Spoiler!
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IL CIELO SOPRA DRESSROSA





Sanji aveva amato sua madre, la sua dolcezza, la sua forza, il suo sorriso.
All'inizio inconsciamente e senza che questo rappresentasse un qualche malsano complesso di Edipo, Sanji aveva incessantemente cercato quel sorriso in ogni celestiale creatura che avesse incrociato sul proprio cammino.
Non che Sanji cercasse o volesse una donna che fosse come sua madre. Sarebbe stato morboso e limitante, per lui che le donne le amava tutte e incondizionatamente. Dispotiche, ingenue, doppiogiochiste, scaltre, dolci, coraggiose, spaventate, sincere, bugiarde.
Tutto ciò che Sanji cercava era l'All Blue e tutto ciò che voleva era rivedere quel sorriso. Un sorriso splendente, capace di nascondere un male incurabile e la bugia di quanto fosse buono un cestino per il pranzo caduto tre volte in una pozzanghera. Se avesse potuto rivedere un simile sorriso anche solo una volta sapeva che gli sarebbe bastato per il resto dei propri giorni.

Non si era aspettato una reazione del genere né era riuscito subito a capirla.
Quando finalmente lo aveva rivisto, quel sorriso luminoso che nascondeva una debolezza solo fisica e due gambe tremanti sotto un sottile strato di cotone, Sanji non era riuscito a capire cosa fosse quella puntura al centro del petto. Tanto più che la situazione sfiorava il paradosso.
Era convinto di avere perso la propria occasione. Quando Rufy in precario equilibrio sulla balaustra del Baratie gli aveva raccontato tutte le loro avventure fino a quel momento c'era stato un nome e un dettaglio che avevano attirato la sua attenzione più degli altri.
Kaya.

"Era tutta pallida e spaventata. Però devi vedere come sorride a Usopp!"

Così aveva detto Rufy e Sanji aveva invidiato questo Usopp. E invidia sarebbe dovuto essere tutto il sentimento che avrebbe dovuto provare verso di lui. Invidia e forse, al massimo, rispetto tra compagni di viaggio. Per l'affetto era ancora presto, Sanji ne era convinto, era decisamente troppo presto, con la sola eccezione di Nami-swan, e avrebbe sfidato chiunque a contraddirlo. Nessuno di loro era cresciuto in mezzo a una ciurma di cuochi tutta al maschile. Lui era il solo che avesse già avuto un'esperienza di prima mano di quel genere, lui conosceva le tempistiche meglio di chiunque altro e per l'affetto era ancora troppo presto.

Ma mai che nessuno gli desse retta su quella dannata caravella e Usopp era dovuto correre da lui con in mano quello stupido paio di occhiali da cecchino, per mostrarglieli, così stupidamente felice da far sentire felice anche lui, con quello stupido sorriso sul volto che Sanji aspettava di vedere da una vita. Non sapeva se il sorriso di Kaya fosse così. Sapeva che quello di sua madre era così e ora Sanji avrebbe potuto rivederlo ben più di una volta soltanto.
Ciò che Sanji non aveva né mai avrebbe messo in conto era quanto importante sarebbe diventato quel sorriso. Perché era così simile al sorriso di sua madre, per quello, solo per quello, se lo era ripetuto allo sfinimento mentre attraversava Alubarna alla ricerca di quel travestito dalle mani lunghe che si era permesso di rubare gli occhiali ad Usopp. Non era stata la palese delusione sul volto del cecchino, non era stato il pensiero che si sarebbe sentito ancora una volta un incapace non all'altezza, non era che Usopp quegli occhiali se li era guadagnati. A muoverlo era solo e soltanto il desiderio di vedere ancora il sorriso di sua madre.

Era stata la perfetta bugia per un sacco di tempo. Una perfetta bugia su Usopp ma non di Usopp e questo era il colmo. Ma a Sanji di cosa fosse il colmo non era importato un fico secco quando con un sollievo che lo aveva quasi messo in ginocchio, se lo era trovato davanti sano e salvo sul tetto del Puffing Tom. Bendato fino alla punta del naso, con una maschera ridicola e una ridicola voce ma vivo, concreto, abbastanza vicino da poterlo toccare. Non ci fossero state altre più impellenti questioni e una delicata e giovane donna da salvare, Sanji lo avrebbe rivoltato come un calzino e in quel momento non gliene sarebbe fregato niente di vederlo sorridere come sua madre o meno. Non ci fossero state altre più impellenti questioni, il suo unico pensiero sarebbe stato ficcare in quella zucca vuota che non poteva mollare tutto a quel modo, che si rimettesse insieme e trovasse il modo di aggiustare anche il resto e tornare perché Sanji non aveva intenzione di rinunciare a ciò che finalmente aveva aggiustato lui.
Aveva ringraziato le altre più impellenti questioni che lo avevano obbligato a sopprimere l'istinto di vomitargli addosso tutti i propri sentimenti e gli avevano dato abbastanza tempo per riprendere il controllo. Era una decisione di Usopp e di Usopp soltanto ma questo non cancellava il colorito e coinvolto sfogo che aveva avuto luogo nella testa di Sanji.

E non c'era più margine di errore, non aveva più niente a che fare con sua madre o con il sorriso di sua madre. Riguardava solo Usopp e il sorriso di Usopp e le lacrime di Usopp e il coraggio con cui riusciva ad attraversare un bosco pieno di giganteschi insetti senza battere ciglio e la sua espressione concentrata quando prendeva la mira e tutte quelle stronzate sull'essere una zavorra senza utilità per nessuno.
Usopp, il suo compagno di viaggio, il suo amico, il suo buongiorno al mattino e la sua risata alla sera. Usopp, quasi perso e ritrovato per un soffio. Usopp, che era innegabilmente un uomo.

Difficile dire se fosse stato più lo shock di scoprirsi bisessuale o di averlo quasi perso, difficile dire se fosse la frenesia di una vita per mare o di una vita per mare come sottoposto, amico e compagno di Rufy. Sanji era stato zitto con la promessa di affrontare la questione innanzitutto con se stesso, non appena avesse riportato Nami alla nave, strappandola dalle grinfie dell'uomo-leone, che dopo avergli rubato il frutto del diavolo perfetto voleva rubargli anche la sua dea.
Mai avrebbe immaginato che uno degli effetti collaterali del post-zombificazione fosse una totale confusione dei propri sentimenti. Mai avrebbe immaginato di finire zombificato, tanto per cominciare.
Era stato istintivo sacrificarsi per Rufy, preoccuparsi per Zoro, essere felice che fossero tutti sani e salvi. Ma che quello che provava per Usopp non fosse semplice affetto per un amico lo aveva dovuto realizzare di nuovo e ci era riuscito solo una volta a Sabaody.
Uno dei giorni più brutti della sua vita.
Aveva lottato con le unghie e con i denti per salvarli, per salvarlo, rassegnato a non potergli dire ciò che doveva. Aveva creduto che fosse finita, finita per sempre.

Poi per due anni, mentre imparava a camminare nel cielo e scopriva la propria duplice sessualità, Sanji aveva avuto modo di provare e riprovare un discorso che avrebbe avuto bisogno di più ossigeno e meno sirene per vedere la luce.
Ovviamente Trafalgar Law aveva dovuto scegliere proprio la loro successiva tappa come villeggiatura. Nessuno avrebbe potuto biasimarlo per non aver parlato con Usopp mentre Robin rischiava la vita sul lato infuocato dell'isola in compagnia solo di quella fogna ambulante del capitano e di quell'imbecille di un arrotacoltelli. E dopo, quando si erano finalmente riuniti tutti, il simpatico ed espansivo chirurgo aveva pensato bene di giocare con i loro corpi e le loro personalità.
C'era già abbastanza confusione per correre il rischio che Usopp finisse con il pensare che Nami-swan provasse qualcosa per lui. Non era sicuramente il momento migliore, dichiararsi mentre si trovava nel corpo della sua meravigliosa dea, a cui nessuno avrebbe potuto resistere.
Non si sarebbe tirato la zappa sui piedi così, non era mica uno Zoro lui.

Se aveva pensato che Sabaody fosse stato uno dei momenti più spaventosi della propria vita era solo perché prima di allora Usopp non aveva mai avuto la geniale trovata di attardarsi nella sala controllo di un laboratorio prossimo all'esplosione per guidarli all'uscita. Quando lo aveva visto arrivare sano e salvo, ancora una volta sano e salvo – di cosa diavolo era fatto quel ragazzo? – senza bende questa volta, cresciuto, forte, senza più alcun bisogno di lui a guardargli le spalle, Sanji non aveva ringraziato per non aver perso il suo sorriso, il suo buongiorno, la sua risata, le sue fandonie, che riuscivano a rendere ancora più avventurosa una vita per mare alla ricerca di un tesoro nascosto e sconosciuto. Aveva ringraziato per lui e soltanto per lui.

Il cielo sopra Dressrosa era terso quella notte e dello stesso colore del mare sotto di loro quando Sanji prese Usopp in disparte, sul castello di poppa.

Era buffo.
Buffo come un discorso che aveva riprovato infinite volte ora inciampasse sulla lingua ogni tre parole.
Buffo come lui, che mai vacillava, solido come un pilastro, balbettasse sconclusionato mentre parlava con il re del tentennamento.
E buffi sicuramente, quando alla fine mandò al diavolo la dignità, il romanticismo e il buon senso, i tre tentativi di baciarlo senza accecarsi con il suo naso, tutti falliti, finché Usopp non venne in suo soccorso, afferrando i baveri della sua camicia inamidata e impeccabile e imbroccando la giusta angolazione al primo colpo.
Sanji sgranò gli occhi, colto alla sprovvista e con il dubbio che fosse tutto solo un sogno, finché le mani di Usopp, molto concrete e più ferme di quanto avrebbe mai potuto immaginare, si spostarono intrepide una a lato del suo collo e l'altra sulla sua nuca.
Sentì la testa annebbiarsi, quel briciolo di coscienza che ancora conservava dissolversi, gli occhi chiudersi contro una volontà che, onestamente, nemmeno gli interessava ritrovare.
Un attimo prima di tornare l'uomo che sempre era stato, cavalleresco, passionale, romantico, e stringere Usopp tra le braccia, un ultimo pensiero razionale gli attraversò la mente.

Era blu ovunque l'occhio riuscisse ad arrivare e il cuore non gli aveva mai battuto così forte.
Potevano deriderlo e negare quanto volevano ma Sanji sapeva, aveva sempre saputo che l'All Blue esisteva. E lui lo aveva appena trovato.
 

 
§

 
«Credevi che l'avrei sposata?»
Era insospettabilmente comodo stare sdraiati a quella maniera, i piedi che puntavano in direzione diametralmente opposta e le teste vicine. Usopp ruotò il capo, appoggiato al braccio di Sanji, piegato e con la mano a fargli da cuscino, più per assicurarsi che vedesse molto bene la sua espressione scettica che non per desiderio di guardarlo in faccia.
«Puoi biasimarmi?»
Qualunque velleità di Sanji di mostrarsi, senza alcuna valida argomentazione a proprio favore, indignato si sgretolò nell'istante in cui i suoi occhi blu si fissarono in quelli scuri e densi del cecchino.
Dannazione, Usopp era così sexy quando era serio.
«Lo avrei fatto solo per voi.» precisò, asciutto.
«Immagino la tua disperazione.»
«Ti sei dimenticato quello che ti ho detto prima di Dressrosa?»
Usopp ghignò già tronfio, neanche avesse scoperto l'ubicazione dello One Piece. «O dubito di te o dubito di Viola.»
Per un attimo fu solo silenzio.
«V-Viola-chan?» titubò Sanji, mandando giù pesantemente, in parte per essere stato colto in flagrante, in parte per il ricordo della bella principessa. Dopotutto, non lo faceva apposta ma non per questo pensò di non meritarsi la centra con cui Usopp lo colpì in pieno volto. «L'hai incontrata?» domandò, tornato in sé, mentre si sfregava la fronte.
«E ci ho anche fatto quattro chiacchiere.» affermò il cecchino, tornando a guardare il cielo con aria fintamente offesa.
Il cielo sopra Wa era terso quella notte e dello stesso colore del mare sotto di loro. Gli ricordava la sera del loro primo bacio.
Esalò un mugugno sorpreso e infastidito quando sentì venire meno l'appoggio del gomito di Sanji sotto la nuca ma non fece in tempo a protestare che il cuoco ruotò sulla pancia e sollevò il busto, quel tanto che era necessario per portare il proprio viso sopra quello di Usopp e ben più vicino di quanto sarebbe dovuto essere legalmente consentito secondo il cecchino.
«Era una donzella in difficoltà, sai che non riesco a evitarlo. E poi non è come se con te non lo avessi mai fatto.»
«Io non sono una donzella!»
Sanji ghignò, tra l'arrogante e il rapito. «Tu sei Usopp. Ed è per questo che ti amo.»
Usopp avrebbe voluto rispondere qualcosa di sagace. A onor del vero, aprì anche la bocca ma così rimase, stordito, mente le parole gli arrivavano al cervello come il glucosio nel sangue quando mangiava una fetta della sua torta al mandarino.
E, prima di sapere come, stava sorridendo, con quel suo sorriso che mai avrebbe saputo quanto significava per Sanji perché semplicemente Sanji non riusciva a spiegarlo. Prima di sapere come, aveva già inarcato la schiena per piegarsi all'indietro e portato una mano sulla sua nuca. Prima di sapere come, le labbra di Sanji erano a pochi centimetri dalle sue.
Usopp socchiuse gli occhi, pronto a perdersi.
Il cielo non era mai stato così blu.
 
 
 
  
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