Anime Vacue
Miss
Peregrine si lasciò sfuggire un sospiro mentre sorseggiava la sua tazza di tè.
Era qualche tempo che si era stabilita a casa mia, insieme a tutti gli altri
bambini Speciali, ai quali stavo insegnando a comportarsi da Normali, per
quanto possibile. Era difficile, ad esempio, per Millard
andare in giro senza che qualcuno non notasse i suoi sciarponi e i cappelli
anche con venticinque gradi, ma erano problemi inevitabili per un ragazzo
invisibile.
Eppure,
nonostante ormai con la scomparsa dei Vacui non potessi più dimostrare alcuna
capacità Speciale, per i miei amici, e soprattutto per Miss Peregrine, nulla
era cambiato: per i primi rimanevo l’eroe che li aveva guidati alla libertà a
cavalcioni di un Vacuo e controllandone altri undici, per la seconda ero uno
dei suoi protetti a tutti gli effetti. Forse era per quello che quel giorno
continuava a guardarmi, come se dovesse dirmi qualcosa e non sapesse come fare.
Il suo atteggiamento m’incuriosì così tanto che alla fine le chiesi
apertamente: «Qualcosa non va, Miss Peregrine?»
La Ymbryne annuì.
«Ho
ricevuto una lettera, Mr. Portman. Temo che indirettamente riguardi anche lei.»
«Me?»
«Sarebbe
disposto ad accompagnarmi in un Anello?»
Rimasi
sorpreso da quella richiesta.
«Certo,
nessun problema.»
«Preferirei
stavolta che venisse solo lei, perché se ho ragione le sue capacità potrebbero
tornarci utili, Mr. Portman.»
M’incupii.
Era strano che non volesse neppure Emma.
«Sono
rimasti degli Spettri in circolazione?»
«Le
spiegherò tutto non appena sarà il momento. Si organizzi, partiamo alle 12 in
punto.»
Ormai
sapevo che se Miss Peregrine s’impuntava su qualcosa sarebbe stata una dura impresa
farle cambiare idea, così annuì e andai a cercare Emma per avvertirla della mia
partenza. A mezzogiorno meno due minuti ero pronto di fronte alla porta
d’ingresso. Miss Peregrine arrivò quasi subito.
«Ho
chiesto ai suoi genitori di badare ai bambini mentre non ci siamo, quindi
possiamo andare.»
Alzai gli
occhi al cielo. Immaginavo già l’entusiasmo dei miei alla richiesta.
Camminammo
a lungo, per poi prendere un paio di pullman. Sapevo già quale sarebbe stata la
nostra prima meta, l’Anello che ci avrebbe permesso di raggiungere la casa di Bertham, e da lì un altro Anello, ma dove ci avrebbe
condotto quest’ultimo rimaneva un mistero, nonostante le mie continue domande
alla ymbryne. Alla fine mi arresi e la seguii lungo
la strada. Era quasi sera quando giungemmo finalmente alla porta dell’Anello
che avremmo visitato. Non c’era alcun cartello e Nim, il vecchio assistente di Bertham, ci disse che era stato esplorato da poco.
«Siamo
rimasti veramente tutti molto sorpresi. È...»
Miss
Peregrine annuì: «Immagino. È piuttosto sorprendente che mio fratello fosse
riuscito a trovare un ingresso per questo particolare Anello, ammetto. Miss Tuffet è ancora presente, vero?»
Nim
annuì: «Certo, è lei che ci ha spiegato la situazione. A quel punto il pensiero
è andato subito a...»
Non
completò la frase, ma mi fissò in un modo inequivocabile.
«Questo
Anello è infestato dai Vacui? È per questo che mi volevate?»
Nim era
imbarazzato, ma non mi rispose e la cosa mi stava facendo impazzire. Era mio
diritto sapere almeno se appena varcata la soglia avrei dovuto nuovamente
affrontare una battaglia a costo della mia vita?
Di tutta
risposta, invece, Miss Peregrine aprì la porta.
«Andiamo.»
Presi un
profondo respiro e la seguì, ritrovandomi in una spiaggia circondata da una
foresta. Radici di alberi di grosse dimensioni arrivavano a pochi centimetri
dalla sabbia, che in modo netto eppure quasi naturale prendeva il posto
dell’erba a qualche metro dal mare.
«Dove
siamo?»
Miss
Peregrine, all’apparenza per nulla impressionata, rispose: «In un isolotto
greco, all’incirca intorno al 1240, anno più, anno meno.»
«Questo
Anello sembra davvero fuori dal mondo...»
«Era
necessario che lo fosse.»
La
guardai sorpresa: «Eh?»
La ymbryne mi sorrise appena: «Devo farle conoscere una
persona. Mi segua.»
Ci
inoltrammo nella foresta, e fu dopo pochi metri che lo sentì chiaramente. Mi
fermai di colpo, come folgorato, poi mi piegai in due. Era una sensazione che
pensavo che non avrei sentito mai più e mi prese totalmente alla sprovvista,
seppure la conoscessi benissimo.
Miss
Peregrine si fermò e mi guardò con un’espressione indecifrabile: «Mister
Portman?»
Dovetti
prendere fiato profondamente prima di poter rispondere: «Vacui.»
La ymbryne annuì: «Quanti?»
Era una
bella domanda. La bussola all’interno del mio stomaco sembrava impazzita e
puntava in tutte le direzioni, come se i miei sensi da Speciale, dopo tanto
inutilizzo, avessero deciso di scatenarsi al massimo.
«Tanti.
Direi almeno una sessantina, forse anche di più.»
«Capisco.»
Rimasi
sorpreso dalla sua placida espressione e, rimettendomi dritto, le dissi: «Non
so se sarò in grado di controllarli tutti. Il mio record finora è di dodici e
sono fuori allenamento.»
«Naturalmente.»
Perplesso,
aggiunsi: «E lei non è preoccupata dall’idea di dover affrontare sessanta Vacui
in due?»
«Sono
abituata a preoccuparmi quando i problemi si presentano, non prima.»
Ero
sempre più confuso. Voleva dire che sarebbe andata nel panico solo quando un
Vacuo avrebbe provato a ucciderla?
Sospirai:
«Terrò gli occhi aperti.»
Procedemmo
senza aggiungere altro, mentre i miei pensieri e le mie ansie si facevano
sempre più pressanti ad ogni passo. Non li vedevo ancora, ma sapevo che di
fronte a noi c’erano almeno cinque Vacui ad attenderci. Presi l’unica arma che
trovai, un bastone bello robusto, e mi preparai con ogni fibra del mio corpo a
buttarmi in avanti, scansare Miss Peregrine di peso, se necessario, e
affrontare le belve per lei invisibili. Ma proprio quando ero pronto a
scattare, vidi qualcosa che mi sorprese totalmente.
In una
piccola radura, dove secondo tutti i miei sensi dovevano esserci cinque Vacui
pronti a mangiarci, c’erano invece cinque bambini, tra i tre e i cinque anni,
che giocavano a un girotondo. Mi paralizzai, confuso fra quello che mi diceva
il mio istinto e quello che vedevano i miei occhi.
Miss
Peregrine si fermò e mi guardò, ancora con quell’espressione indecifrabile: «Li
vede?»
Annuii.
«E come
sono?»
«Sono
bambini piccoli. Non ci hanno neanche notato, stanno giocando a girotondo. Non
capisco... lei non li vede, vero?»
«No.»
«Quindi
sono Vacui. Tutto il mio corpo mi dice che sono Vacui... ma i miei occhi vedono
dei bambini. Cosa succede, Miss Peregrine?»
«Li
guardi bene, Mr. Portman.»
Mi
avvicinai, cauto ma curioso, di quella curiosità folle che può portare a morte
certa. Dov’erano le creature nere e mostruose a cui ero abituato? Possibile che
potessero essere... così? Mi
avvicinai con cautela, pronto a tentare di prendere il controllo del gruppo
alla prima mossa falsa, ma i bambini continuarono a girare fra loro. Fu allora
che mi accorsi delle prime cose strane.
Tanto per
cominciare, la scena era completamente silenziosa. Li vedevo ridere, vedevo le
loro bocche muoversi, ma nulla arrivava alle mie orecchie. Era come se qualcuno
avesse premuto il tasto muto sul telecomando. Non erano solo le orecchie a
darmi problemi. Nonostante fossero intenti in quel girotondo frenetico, senza
fermarsi un momento, fui costretto a strofinarmi gli occhi più volte. Non
riuscivo a individuare bene i loro volti. Vedevo che erano umani, che avevano
gli occhi, la bocca, il naso, ma mi era impossibile descriverne anche solo uno,
come se fossero avvolti nella nebbia.
Fu mentre
cercavo di avvicinarmi di più che uno di loro si accorse di me. M’indicò agli
altri, lo vidi muovere la bocca come se parlasse, ma la sua bocca non emise un
solo suono. Il girotondo si sciolse e anche in questo caso il loro
comportamento mi stupì, perché contrariamente a quanto fossi abituato furono i
bambini più grandi a cercare di nascondersi dietro ai più piccoli, che si
eressero di fronte ai compagni come uno scudo. Neanche ora che erano fermi
riuscivo a vedere chiaramente i loro volti, ma era chiaro che fossero
spaventati da me, come dei veri bambini di fronte a uno sconosciuto. Ero pronto
a parlare, a cercare di calmarli, quando nella nebbia del volto del bambino più
piccolo mi apparve un dettaglio che mi fece cambiare totalmente idea. Cercando
di parlare ai compagni, il piccolo aveva aperto la bocca, mostrando un
dettaglio fin troppo familiare.
Tre lingue.
Feci
segno a Miss Peregrine di rimanere dietro di me. Non capivo cosa avessi
davanti, ma indubbiamente c’entravano i Vacui. Non avevo scelta, chiusi gli
occhi e penetrai nella mente del più piccolo del gruppo, come non facevo da
tempo.
Fu a
questo punto che successe qualcosa di strano, di così inaspettato che mi fece
ondeggiare. Sentì Miss Peregrine afferrarmi al volo, mentre nella mia testa si
alternavano immagini diverse: vedevo quello che vedeva il bambino, come quando
possedevo un qualunque Vacuo, ma allo stesso tempo vedevo, come sovrapposta,
un’altra immagine. Era all’interno di una casa, di fronte a un tavolo in legno,
dipinto di bianco, con una tovaglia azzurra, lo stesso colore delle pareti e
del pavimento. Sentii anche una voce, una voce di versi gutturali che solo le
mie orecchie erano in grado di comprendere.
Prepara il tè, Clio. Sembra proprio che
avremo compagnia per la merenda. Sei felice?
La
sorpresa fu tale che interruppi il collegamento e caddi all’indietro, fra le
braccia della ymbryne. Mi resi conto che avevo
vissuto tutta la scena in apnea e respirai.
«Che
diavolo...»
Miss
Peregrine subito lo rimbrottò: «Mr. Portman! Le parole!»
«Mi
scusi...»
Rimasi
per un attimo scombussolato da quello che avevo visto e sentito, tanto che
impiegai un po’ ad accorgermi che i bambini avevano cambiato atteggiamento nei
miei confronti. Si erano avvicinati con aria incuriosita, e sembrava che il più
piccolo avesse in qualche modo “raccontato” agli altri della mia capatina nella
sua testa, perché ora venivano a cercarmi, mi abbracciavano le gambe e ogni
traccia di paura era sparita dai loro volti.
«Ma
che... calma, calma, uno per volta!»
Miss Peregrine
sembrava incuriosita: «Mr. Portman?»
«Guardi,
non lo so, mi stanno assaltando come fossi il gelataio!»
La ymbryne ridacchiò, ma quel momento di confusione fu
interrotto quasi subito dal verso stridulo di un uccello. Vidi scendere dal
cielo un tuffetto che, un attimo prima di toccare terra, si trasformò in una
signora sulla sessantina, con l’aria un po’ severa ma dolce, come una nonna. E
così dovevano considerarla quegli strani bambini, perché subito circondarono
anche lei.
«Calmi,
bambini, calmi! Dove siete, eh? Oh, eccovi qua, ora vi sento.»
Guardai
la nuova ymbryne con un po’ di sospetto. Quindi
neanche lei li vedeva?
Miss
Peregrine, tuttavia, non si fece problemi: «Vittoria?»
La donna
la guardò per qualche secondo, poi s’illuminò: «Alma! Quanto tempo! Come hai
fatto ad entrare? Credevo avessimo sigillato questo Anello per sempre!»
«Temo che
nel vostro isolamento vi siate perse qualche novità...»
Le due ymbryne si abbracciarono, poi Miss Peregrine mi presentò:
«Ho portato con me il giovane Jake Portman. Credo che potrai immaginarne il
motivo.»
«Oh sì.
Eirene vi sta già aspettando.»
«Eirene?»
Miss
Peregrine mi sorrise: «È la persona che volevo farti conoscere.»
Miss Tuffet sorrise a sua volta: «La nostra casa è dall’altra
parte dell’isola. Seguitemi.»
Poi si
bloccò un momento, e solo io potei vedere come i bambini l’avevano circondata.
Sbuffando e ridacchiando disse loro: «Venite anche voi, se volete, avanti!»
Fu a quel
punto che mi permisi di fare una domanda: «Miss Tuffet?»
«Dimmi
tutto, giovanotto!»
Indicai i
bambini: «Lei... non li vede, vero?»
La ymbryne annuì: «Non li vedo e non li sento, almeno la
maggior parte di loro. Però posso toccarli e loro possono toccare me. Sono quasi
cent’anni che la nostra relazione continua in questo modo. È strano, a volte
sembra di essere da soli su quest’isola e allo stesso tempo sai di non esserlo
mai.»
Provai un
moto di tenerezza verso quella signora. Si era affezionata a delle sorte di
fantasmi e loro ricambiavano con carezze e abbracci. Uno di quei piccoli, quello
a cui ero entrato nella mente, mi aveva preso per mano con dolcezza e con un
sorriso, senza più traccia delle tre lingue che mi aveva mostrato all’inizio,
mi accompagnava. Da parte mia io ero sempre più confuso. In che razza di mondo
parallelo ero finito?
La nostra
passeggiata durò una ventina di minuti, e più ci avvicinavamo alla meta, più i
bambini aumentavano. Erano tutti piuttosto piccoli, il più grande avrà avuto al
massimo sette o otto anni, e non appena notavano la nostra combriccola si
avvicinavano curiosi, chiedevano agli altri bambini in quello strano linguaggio
muto che non ero in grado di comprendere e molti si aggregavano a noi, in un
corteo assurdo e muto, ma non per questo meno allegro e colorato, uno
spettacolo di cui potevo essere l’unico spettatore. Finalmente giungemmo alla
dimora della ymbryne, una casa bianca costruita in
modo da assomigliare tremendamente a quelle delle Barbie, che stonava non poco
con l’ambiente quasi esotico che ci circondava. Miss Tuffet
si accorse del mio sguardo perplesso e mi spiego: «Eirene adora il bianco e
l’azzurro, e io avevo un po’ di nostalgia della mia casa. Abbiamo trovato un
punto di accordo.»
Sempre
più confuso e assaltato dai bambini festosi, mi limitai ad annuire. Poi la ymbryne si rivolse ai piccoli: «Ragazzi, lo sapete che
tutti in salotto non entriamo. I nostri ospiti torneranno presto a giocare con
voi, ora li sta attendendo Eirene.»
I bambini
a quelle parole fecero una sorta d’inchino con la testa e arretrarono, tornando
a giocare fra loro. Li osservai e non riuscì a trattenermi dal commentare: «Chiunque
sia, questo Eirene deve avere molto rispetto da parte loro.»
Miss
Peregrine sorrise divertita, come se sperasse vanamente che un giorno anche io
mi comportassi allo stesso modo con lei, e Miss Tuffet
mi corresse: «Non è rispetto, è riconoscenza. Capirai presto perché.»
Dopo aver
chiesto educatamente permesso entrammo nell’edificio e la ymbryne
ci guidò al piano superiore. La casa era incredibilmente linda e candida,
nonostante il marasma di bambini che ci abitava, e come avevo notato dalla
visione, gli unici colori che ci circondavano erano il bianco e l’azzurro. Una
voce femminile ci accolse gentilmente: «Venite, venite pure! Avanti!»
Entrammo nella
stanza che avevo visto, quella con il tavolo bianco e la tovaglia azzurra. Ad
accoglierci trovammo due donne: una aveva circa sui trent’anni, aveva i capelli
castani lunghi fin quasi alle ginocchia, gli occhi e la pelle scura e vestiva
con un abito blu chiaro; l’altra avrà avuto quindici o sedici anni, il volto
pallido e lentigginoso, con i capelli biondo scuro legati in due trecce
disordinate. La donna con l’abito blu ci sorrise: «Calimera!»
Io la
guardai confuso e lei rise: «Vi ho solo augurato buongiorno nella mia lingua,
il greco.»
Io
arrossii: «Oh, mi scusi. Buongiorno a lei.»
La donna
mi rivolse un sorriso ancora più radioso: «Io sono Eirene, e lei è Clio.
Saluta, Clio!»
La
ragazza abbassò lo sguardo, imbarazzata, poi aprì la bocca.
Calimera.
Trasalii,
e Eirene ridacchiò tranquilla.
«Ho come
l’impressione che non ti abbiano spiegato la situazione prima di portarti qui,
o sbaglio?»
«Per
nulla.»
«Direi
allora che è il caso di dare qualche spiegazione. Intanto, posso chiederti il
tuo nome?»
«Jake Portman.»
«Molto
piacere, Jake. E lei dev’essere la sua ymbryne,
Miss...»
«Peregrine.»
Eirene ci
indicò le sedie: «Prego, accomodatevi. Clio, riesci a servire il tè?»
La
ragazza annuì e ci accomodammo. Eirene non mi staccava gli occhi di dosso,
curiosa e divertita dalla mia presenza.
«Ci
scusiamo fin da ora se la nostra ospitalità non sarà all’altezza, siete i primi
ospiti che riceviamo in quasi novant’anni.»
Ripetei:
«Novant’anni?»
Miss Tuffett annuì: «Sì, e ci sorprende molto che siate riusciti
a raggiungerci, da quello che sapevamo il nostro Anello doveva essere
completamente sigillato.»
Miss
Peregrine intervenne: «Penso di dovervi mettere al corrente di quello che è
accaduto al di fuori di qui.»
E
riassunse in breve l’attacco degli Spettri alle ymbryne,
l’intervento degli Speciali di Miss Peregrine, il mio contributo alla battaglia
e soprattutto dell’invenzione di suo fratello Bertham
che permetteva di viaggiare attraverso gli Anelli.
«Per puro
caso, e senza sapere dove portasse, mio fratello era riuscito ad aprire una
porta anche su questo Anello.»
Miss Tuffet annuì seria: «Ora è tutto chiaro.»
Miss
Peregrine aggiunse: «Così ho pensato che far incontrare Jake ed Eirene potesse
essere istruttivo per entrambi.»
La ymbryne annuì: «Concordo.»
Eirene,
dopo aver ascoltato con attenzione, si rivolse nuovamente a me: «Immagino che
ormai tu abbia capito quale sia la mia capacità da Speciale.»
Annuii:
«Anche se credevo di essere l’unico a poter vedere e controllare i Vacui.»
Miss
Peregrine mi rivolse uno sguardo tagliente: «Il tuo dono è certamente raro, ma
non ho mai detto unico.»
Eirene mi
fece l’occhiolino: «Tranquillo, anche per me è la prima volta che incontro
qualcuno con la mia stessa capacità. E ora che ci avete raccontato di voi, mi
sembra giusto ricambiare il favore. Clio, vieni un attimo qui, ti dispiace?»
Clio
ubbidì immediatamente, sempre con quell’aria un po’ sommessa.
«Vi
voglio presentare meglio Clio. Lei è stata la prima ospite di questo centro di
recupero.»
«Centro
di recupero?»
Ma mi
fermai quasi subito. Clio aveva salutato nuovamente con un cenno della testa e
Miss Peregrine le aveva risposto.
«Aspetti,
Miss Peregrine! La può vedere?»
La ymbrine sorrise alla ragazza: «Non bene in volto, ma la
vedo.»
Miss Tuffett aggiunse: «Alcuni dei nostri ospiti sono visibili
anche alle persone comuni, ma non più di quattro o cinque.»
Eirene
ridacchiò: «Isavros dipende dall’umore, se è triste o
arrabbiato torna ad essere invisibile. Ci stiamo ancora lavorando, ma ho ottime
speranze.»
Cercai di
collegare tutte le informazioni in mio possesso: «Quindi tutti loro... sono dei
Vacui, giusto?»
Questa
volta, a sorpresa, rispose Clio.
Voi ci chiamate così, ma non mi piace come
nome.
Mi
guardai intorno, chiedendomi se le ymbryne avessero
compreso, ma dai loro sguardi capii di no. Cercai di rispondere, ma quasi
subito, senza che veramente l’avessi voluto, mi uscì quella strana lingua fatta
di versi e colpi di tosse.
Non volevo offenderti. Voi come vi chiamate?
Rimasi
sorpreso a mia volta. Di solito avevo bisogno di sentire il dolore che
annunciava la presenza di un Vacuo a un livello molto alto per poter usare la
loro lingua, ma in quel momento non provavo dolore. Forse mi ero solo abituato,
stando in mezzo a tutti loro. Ma non fui meno sorpreso di sentire Clio
scherzare.
Di solito ci chiamiamo col nome che Eirene ci
ha dato.
Rise,
vedendo la mia faccia, poi tornò seria.
Eirene ci chiama Anime Perdute. Lo trovo un
nome molto azzeccato.
Fu la
stessa Eirene a intervenire: «Scoprii il mio dono poco dopo l’esperimento che
trasformò molti Speciali in Vacui. Allora gli Spettri non esistevano, pensavamo
rimanessero solo così. Dopo aver scoperto di essere in grado di vederli e
parlarci, persino di controllarli, decisi di tenerne uno con me, per studiarlo,
ben conscia dei rischi che stavo correndo. Miss Tuffett,
che era con me anche allora, era contraria, ma alla fine cedette.»
La ymbryne sospirò: «Non avete idea di quanto sappia essere
testarda...»
Eirene
continuò: «Volevo capire se in loro fosse rimasta traccia di quel che erano. Mi
dissero che ero folle, che ormai erano solo mostri da uccidere per poter
sopravvivere. Non nego che i primi tempi lo abbia anche fatto, ma poi con un
Vacuo in particolare riuscii a creare un rapporto.»
Il
pensiero mi tornò per un momento al mio primo Vacuo, quello che ormai era il
motore della casa di Bertham. Provavo ancora dei
sensi di colpa nei suoi confronti.
«Rimanendo
sempre insieme, sempre all’erta, notai che a volte, anche in momenti in cui non
lo controllavo, i suoi comportamenti non erano sempre aggressivi, anzi.»
Sbarrai
gli occhi. Era successo anche al mio Vacuo, quando aveva protetto gli orsostruzzi. Avvampai in volto dalla vergogna. Lo sapevo e
non avevo potuto fare nulla per lui.
«E alla
fine, anche senza controllarlo, iniziò a proteggermi spontaneamente. Non voleva
più mangiarmi, voleva solo la mia compagnia. Certo, anche troppo, a volte...»
Clio
abbassò lo sguardo imbarazzata.
Scusa.
Sbarrai
gli occhi.
«Quel
Vacuo... eri tu?»
Clio
annuì con una minuscola smorfia imbarazzata ed Eirene continuò: «Esatto, Clio è
stata la mia prima protetta. Fu lei, spontaneamente, a indicarmi che voleva
aiutare i suoi simili. La possibilità di poterli redimere era allettante e con
la mia ymbryne pensammo se un metodo fosse possibile.
Questo Anello era inizialmente solo un banco di prova, una possibilità data a Clio
e ad altri quattro Vacui. E sembrava funzionare tutto.»
Clio
riprese la parola, anche se solo io potevo capirla.
Il nostro problema è che abbiamo un vuoto
nell’anima. Normalmente cerchiamo di riempirlo con il cibo, ma Eirene ci ha
mostrato un altro modo.
Eirene
sembrava un po’ imbarazzata: «Parlavo con loro, e più tempo passava e meno il
loro aspetto era mostruoso. Lentamente riacquistavano il pensiero e la parola,
anche se a livello molto semplice. Per quello sono quasi tutti bambini qui,
perché attualmente è il loro livello di maturità.»
Aveva
senso. Clio era la più grande perché era insieme ad Eirene da più tempo.
Miss Tuffett si rattristò: «Ma poi arrivarono gli Spettri...»
Clio ebbe
quasi uno scoppio di rabbia a quella parola, ma Eirene la calmò toccandole la
spalla: «Gli Spettri erano la prova che qualcosa di ciò che erano era rimasto
intatto, ma che si poteva manifestare in una forma diversa, distorta, deviata.
Quello che doveva essere un esperimento divenne una soluzione di emergenza: un
gruppo di Speciali molto agguerriti m’inviò qui a forza una sessantina di
Vacui, anche solo per impedir loro di trasformarsi a loro volta o di finire
nelle mani degli Spettri. Infine ci sigillarono dentro.»
Le
guardai sconvolto: «È terribile! Potevate morire!»
Miss Tuffett sospirò: «Ci andammo vicine. I protetti che avevamo
ci furono fedeli e ci aiutarono a richiudere in qualche modo quell’orda
affamata. E poi lentamente, a turni, Eirene fece quello che aveva fatto con i
primi. Ma furono almeno cinque anni di terrore!»
«Cinque
anni?»
Eirene
fece una smorfia: «Per calmarli. Per renderli come li vedi ora ci sono voluti
altri sessant’anni.»
Era
un’enormità. Un tempo che non riuscivo nemmeno a immaginare davvero.
«Ma
intanto iniziavano a ricordare se erano stati maschi o femmine, recuperavano
parte del loro carattere originario. Ognuno di loro è diverso l’uno dall’altro.
Ma per il momento non c’è ancora modo di far recuperare loro alcune cose molto
importanti...»
Clio
abbassò lo sguardo.
Le nostre parole. I nostri ricordi. I nostri
nomi.
La
guardai sorpreso: «Clio non è il tuo vero nome?»
Non lo so. Clio è il nome che mi ha dato
Eirene, e lo trovo bellissimo. Ma non ricordo nulla prima di lei.
La donna
rise: «Mi sono sbizzarrita con i nomi, sono quasi tutti della mia amata
Grecia.»
Miss Tuffett alzò gli occhi al cielo: «Una fatica ricordarseli
tutti... e senza poterli vedere, poi!»
Clio rise,
poi Eirene si rivolse ancora a me.
«Spero di
non mostrarmi inopportuna, ma vista l’occasione assolutamente insperata vorrei
chiederti un favore enorme.»
«Se
posso...»
Eirene
prese il braccio di Clio, con delicatezza: «Potresti accompagnarla a fare un
giro fuori dall’Anello?»
Prima che
potessi anche solo pensare alla risposta, Clio assunse un’espressione
terrorizzata e si mise a gridare.
NO! NO! MAI!
Eirene,
che evidentemente si aspettava quella reazione, rimase calma e le rispose,
eccezionalmente, in quella lingua che solo in tre in quella stanza potevamo
capire.
Clio, non ti sto cacciando. Ragiona: negli
ultimi quarant’anni non hai fatto progressi per ritornare ciò che eri. Credo di
non poter fare di più per te rimanendo qui.
Non mi interessa. Io non vado via senza di
te!
Io non posso andarmene, lo sai, o il rischio
per tutti gli altri sarebbe troppo alto. Tu invece sei una delle poche che è in
grado di allontanarsi da me senza rischi.
E se ti sbagliassi?
Eirene le
sorrise.
Per questo ho chiesto aiuto a Jake. Lui ti
aiuterà a controllarti se ci fossero problemi. Può farlo, è come me.
Clio fece
l’offesa.
Nessuno è come te.
La donna
rise.
Nemmeno come te. Ognuno è unico, lo sai.
Fammi questo regalo, fatti una passeggiata fuori di qui, se poi non succede nulla
tornerai qui e non ti farò più uscire.
Mai più?
Mai più, se tu non lo vorrai.
Clio ci
pensò su.
Solo perché so quanto ci tieni a ridarci i
ricordi. Ma a me non servono, io sono felice qui.
Eirene
annuì.
E io sono felice di sentirtelo dire. Per
favore, Jake, solo lei. Basterà qualche ora, non conosciamo le conseguenze
dell’invecchiamento al di fuori di un Anello temporale su di loro. Solo per
vedere se la sua memoria si sblocca un po’.
Annuì.
«Solo che
il mondo è... un po’ andato avanti, nel frattempo.»
Eirene
sorrise, il sorriso più ampio e divertito che avesse fatto finora: «Allora Clio
avrà un sacco di cose da raccontarci quando tornerà.»
La
ragazza fece una smorfia e alzò le spalle.
Vado a prepararmi. Prima andiamo, prima
tornerò.
Eirene
annuì e appena Clio uscì dalla stanza si rivolse a Miss Peregrine: «Non ho
neanche chiesto il suo parere. Lei è concorde con la mia richiesta?»
La Ymbryne annuì con aria seria: «Conosco l’abilità di Mr.
Portman, so che se si tratta di una sola persona è sicuramente in grado di fare
da contenimento.»
Sospirai,
sperando di non deludere tutte quelle aspettative.
Al
confine dell’Anello, accompagnata da praticamente tutti gli abitanti di
quell’isola felice, comprese Miss Tuffett ed Eirene, Clio,
di evidente controvoglia, era pronta a partire. Avevamo cercato gli abiti dalla
foggia meno antica disponibili, e avevamo trovato tra quelli di Eirene un
vestito che sembrava assomigliare un po’ a quelli del film Grease.
Qualcuno l’avrebbe guardata un po’ di storto ugualmente, ma era ancora
accettabile.
La sua
protettrice le diede una carezza sulla guancia.
Mi fido di te. Sarai bravissima, qualunque
cosa succeda.
E se senza di te mi tornasse fame?
Jake ti aiuterà.
Clio mi
guardò.
Se vuoi mettermi sotto controllo da subito,
capirò.
Io scossi
la testa: «Dobbiamo studiare le tue reazioni, che senso avrebbe? Ma sarò
all’erta e se servirà lo farò in un attimo.»
Dentro di
me, speravo di non averla sparata troppo grossa.
Dopo gli
ultimi saluti, attraversammo la porta e ci ritrovammo nel corridoio della casa
di Bertham. Miss Peregrine si diresse a passo sicuro
verso la porta che conduceva all’Anello più vicino a casa mia. Io sorrisi alla
nostra ospite.
«C’è
qualche posto che ti piacerebbe visitare?»
Clio
quasi non alzava lo sguardo dal pavimento, terrorizzata. Sospirai.
«Immagino
tocchi a me scegliere...»
Guidai la
ragazza attraverso il nuovo Anello, poi chiesi a Miss Peregrine una deviazione
verso la città più vicina.
«Sei
sicuro? Penso che le città di oggi siano molto diverse da quelle a cui Clio è
abituata.»
«Appunto
per questo.»
Dire che
avessi un piano era un parolone troppo grosso, era più una vaga intuizione che
altro, ma fino a quel momento mi ero sempre mosso in quel modo con i Vacui e
più o meno aveva funzionato. Miss Peregrine mi guardò un pochino pensierosa, ma
poi acconsentì. Provai a spiegare a Clio cosa avrebbe visto, ma mi resi conto
dalle sue reazioni che la ragazza non aveva assolutamente ricordi di ambienti
al di fuori del suo Anello. Mi spiegò con gentilezza che il periodo che aveva
vissuto al di fuori di esso con Eirene era ancora a un livello così primitivo
che non faceva caso a niente se non ad Eirene stessa e al...
Arrossì
parecchio prima di pronunciare l’ultima parola.
Cibo.
La guardai
comprensivo e la guidai all’interno di un edificio.
Uao... che cosa...
Le
sorrisi: «Benvenuta in un centro commerciale.»
La
lasciai girare meravigliata fra le vetrine colorate e luccicanti, piene di cose
di cui probabilmente non immaginava nemmeno l’utilizzo, ma sicuramente
affascinanti.
Miss
Peregrine mi avvicinò con discrezione: «Mr. Portman, ha con sé qualche
finanza?»
«Per
fortuna sì, basterà non esagerare.»
«Bene.»
Quella
discussione però mi fece perdere per un attimo di vista Clio, ma ci pensò il
mio istinto a farmela trovare subito. Era di fronte a un grosso negozio di
giocattoli, dove erano esposti molti peluche. Sorrisi, pensando a tutti i
bambini dell’Anello. Mi avvicinai.
«Ti
piacciono?»
Clio
annuì.
Mi piacciono gli animali. Abbiamo qualche libro
illustrato a casa, ma questi sono molto più carini, penso piacerebbero anche
agli altri.
«Ne sono
sicuro. A tutti i bambini piacciono i peluche.»
Guardò la
vetrina ancora per qualche minuto, poi accettò di allontanarsi con me verso una
libreria, per cercare un regalo da portare ad Eirene e a Miss Tuffett.
La accompagnai
ancora in qualche negozio, poi iniziai a sentire lo stomaco brontolare.
«Che ne
dici di uno spuntino, Clio?»
Mi
voltai. Era rimasta qualche passo indietro, di nuovo davanti al negozio di
giocattoli, lo sguardo perso in un orsetto di peluche. Feci per avvicinarmi, ma
in quel momento uscì dal negozio una bambina accompagnata dalla mamma con un
altro peluche in mano, che le scivolò a terra senza che se ne accorgesse.
Prontamente Clio lo raccolse e si voltò verso la coppia.
Aspettate!
I suoi
versi gutturali non attirarono l’attenzione della bimba. Stavo per intervenire,
ma Clio si mise a correre.
«Ferme!»
La donna
si voltò, e con lei la bambina. Clio si chinò con un sorriso, porgendo il
giocattolo.
«Ti è
caduto questo.»
La
bambina s’illuminò e afferrò il peluche, stringendolo strettissimo. La donna le
sorrise: «Come si dice a questa signora gentile?»
La
bambina le rivolse un sorriso grande come tutto il suo volto: «Grazie!!!»
Clio le
fece un cenno: «Non c’è di che.»
La coppia
si allontanò e Clio tornò sui suoi passi, venendo verso di me.
«Scusami,
mi sono allontanata senza permesso... dove volevi portarmi? Jake? Stai bene?»
Io ero
senza parole, ero rimasto lì, a fissarla con un’espressione da ebete sul volto.
«Jake?»
«Clio...
tu...»
Finalmente
Miss Peregrine si decise a intervenire. Con un sorriso cortese e contenuto le
disse: «Ha una bellissima voce, Miss Clio. Ha mai pensato al canto?»
Clio
arrossì: «In realtà no, qualche volta Eirene canta e io le vado dietro,
però...»
«Dovrebbe
allenarsi anche in autonomia.»
Fu a quel
punto che la ragazza la guardò perplessa.
«Un
attimo... mi ha risposto?»
A quel
punto esplosi io: «Sì! Sì! Clio, stai parlando! Stai parlando normalmente!»
Miss
Peregrine annuì: «E ti assicuro che il tuo volto è ora molto più definito. Sei
indistinguibile da qualunque altra persona presente in questo luogo.»
Clio si
specchiò nella vetrina confusa: «Io... davvero? Non... sento questa grande
differenza...»
Felice,
decisi di anticipare quello che avevo in mente di fare a fine gita. Entrai nel
negozio e le comprai la versione più piccola del peluche che aveva visto in
vetrina, un piccolo orsetto bianco. Clio divenne tutta rossa.
«È da tanto
tempo che non ricevo un regalo...»
Le
sorrisi: «Direi che bisogna festeggiare, no?»
Annuì,
prendendolo in mano: «Certo...»
E rimase
lì, immobile, a fissare il pupazzo, mentre con le dita sfiorava il tessuto
morbido e peloso, lo sguardo quasi assente.
«Clio?»
Non mi
rispose.
«Clio?»
«Io... ho
già vissuto questa scena, sai?»
La
guardai incuriosito. Grossi lacrimoni avevano iniziato a scenderle dal volto,
ora tutto rosso.
«Era una
bambola, non un peluche, ma era uguale. Avevo fatto qualcosa di bello e la
mamma me l’aveva regalata. Era bianca come questo orsetto. E la mamma...»
Si fermò,
sopraffatta dell’emozione.
«La mamma
mi chiamava Tiana.»
Osai
intervenire: «Tiana? È un bel nome.»
Si morse
un labbro: «Ricordo... la mia mamma. E il mio nome.»
La
guardai incoraggiante: «E non è una bella cosa?»
Lei
scosse la testa: «Come posso tornare da Eirene ora? Lei è stata mia madre e
ora... la tradisco così. Lei che mi ha tolto la fame...»
Io non
capivo sinceramente quel discorso, ma Miss Peregrine si limitò a un piccolo
abbraccio, in cui Clio affondò la testa continuando a piangere.
«Non la
sta tradendo... si ricorda, Miss? Eirene l’ha mandata qui proprio per questo.
Sta realizzando il suo desiderio, sta confermando tutto ciò in cui ha sempre
creduto. Sarà solo fiera di lei. Non solo non ha ceduto per nulla alla fame, ha
fatto un passo enorme verso la sua indipendenza.»
Clio... o
Tiana, a questo punto, fece un profondo respiro e cercò di ridacchiare.
«Massì, in fondo la mia mamma è morta da tempo... anche se
non ci penso mai, ho almeno novant’anni.»
Cercava
di scherzarci su, ma si vedeva che il pensiero in realtà le faceva male. Aveva
appena ricordato qualcuno che non avrebbe mai più potuto rivedere. Si asciugò
le lacrime con la manica del vestito, in maniera decisamente poco educata.
«Sono
contenta di ricordarla, ma non cambia quel che provo per Eirene. Lei è e sarà
sempre la mamma della mia seconda vita, e ora so che mi basta pensare a lei per
non sentire più il vuoto. Per favore, adesso riportatemi da lei, sarà felice di
sapere quello che è successo.»
Annuii:
«D’accordo.»
Io e Miss
Peregrine rimanemmo da parte, lasciando a Clio... cioè, Tiana, il tempo di
parlare con Eirene, Miss Tuffett e gli altri ospiti
dell’Anello. Solo alla fine Eirene tornò da noi, profondamente commossa.
«Grazie.
Grazie di tutto cuore per quello che avete fatto per Clio.»
Arrossii:
«Non è nulla rispetto a quello che hai fatto tu da sola in tutti questi anni.»
Mi
abbracciò come avrebbe fatto con uno dei suoi bambini e divenni se possibile
ancora più rosso.
«Non è
vero, hai fatto molto di più. Hai dato a Clio la sicurezza di poter uscire e la
speranza a tutti gli altri.»
Ridacchiai
nervosamente: «Pensa se la portavo al cinema, allora...»
Eirene si
staccò da me e mi indicò in lontananza la ragazza: «Voleva ancora dirti
qualcosa.»
Fece
ancora un cenno col capo e si allontanò. Miss Peregrine andò a parlare con Miss
Tuffett e ci lasciò da soli.
Le
rivolsi una piccola smorfia: «Allora, come ti devo chiamare? Clio o Tiana?»
Lei mi
sorrise placidamente: «Come preferisci. Eirene mi chiamerà sempre Clio e a me
sta bene.»
«Resterai
sempre qui?»
Tiana
annuì: «Sì, Eirene e Miss Tuffett hanno bisogno di me
e al di fuori non c’è nessuno ad aspettarmi. E poi non ho recuperato ancora
tutta la mia memoria, e non sono sicura di volerlo fare. Magari ricorderei
anche delle cose brutte, e i miei ricordi qua sono tutti felici.»
«Bè,
fuori ti aspetto io. Volevo farti assaggiare la pizza, prima.»
Tiana
ridacchiò: «Certo. Un giro con te lo farei ancora volentieri. Chissà, magari
riusciremo a portare fuori anche qualcun altro.»
«Se
qualcuno dovesse essere pronto, fatemi un fischio. Ma non troppi insieme, non
so se ho soldi a sufficienza per comprare peluche per tutti.»
Clio
rise, stavolta, e di gusto.
«Lo terrò
con cura.»
Le feci
la linguaccia: «L’unico peluche in un Anello con sessanta bambini? Non ci
crederò mai!»
«Quindi
tornerai a trovarci?»
«Certo,
magari anche con qualche altro amico. E con Emma, che se scopre che sono uscito
con un’altra ragazza mi brucia vivo come minimo.»
Rise: «Sarebbe
bello.»
Miss
Peregrine si avvicinò: «È ora di tornare a casa. Ci staranno aspettando.»
Sospirai.
Non era un addio, avevo intenzione di tornare ancora in quell’isola utopistica,
di parlare ancora con Eirene, di aiutare altri bambini a ritrovare se stessi e
chissà, magari di trovare anche un modo per salvare il mio Vacuo, che con il
suo sacrificio permetteva proprio questi piccoli, enormi miracoli. Speravo
davvero che nulla di tutto quello che potesse succedere al di fuori di
quell’Anello m’impedisse di tornare, di dare un senso pacifico al mio dono,
quel dono Speciale che sembrava essere nato per distruggere e che una donna
speciale aveva trovato il modo di rendere invece costruttivo. Avrei parlato ad Emma
e agli altri di loro, e sono certo che sarebbero stati ben felici di conoscerli
tutti, tutte quelle piccole anime vacue. Mi sentii grato al mondo intero per
quella giornata Speciale, con la S maiuscola, nel vero senso della parola.
«A
presto.»
Primo (e penso ultimo) esperimento sui libri di Miss Peregrine, su
un dettaglio che mi ha colpito mentre leggevo il secondo libro: ma questi Vacui
non possono avere un ricordo di se stessi? Eppure poi lo recuperano quando
diventano Spettri... ecco come è nata questa idea. Sperando che la storia vi
piaccia, vi saluto.
Alla prossima!
Hinata 92