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Autore: Kia_1981    17/08/2017    1 recensioni
*Un giorno mi sono imbattuta in un articoletto che s'intitolava più o meno come questa storia. L'ho letto, l'ho messo da parte e, mentre morivo di caldo al mare, per rinfrescarmi le idee ho deciso di recuperarlo per scrivere questa storia. Se vi sembrasse "strana", chiedo perdono: colpa dei 40 gradi abbondanti che mi mettevano al tappeto. Come sempre, qualunque critica/ osservazione è ben accetta. Buona lettura!*
Megan sta tornando da Aldenor, "casualmente" accompagnata da Julian. Un incidente alla carrozza su cui viaggiano li costringe a trovare rifugio in un capanno nei boschi, dove si troveranno a fronteggiare una spaventosa minaccia e una situazione inaspettata.
Dal testo:
«A quanto pare la Gelida Charlotte dimostra una predilezione per le coppie», rispose pensieroso. Megan si girò fra le sue braccia per guardarlo negli occhi.
«Ma noi non siamo una coppia», gli fece notare.
«Ma questo Charlotte non lo sa e poi…», riuscì a non dire che avrebbero potuto esserlo.
«E poi… cosa?», volle sapere lei.
«Nulla», rispose sommessamente senza distogliere lo sguardo dal suo.
Genere: Azione, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Julian Lord, Megan Linnet
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'We're Simply Meant To Be'
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Megan non aveva idea di quanto tempo fosse passato da quando Julian era uscito: forse solo alcuni minuti, forse ore. Il tempo sembrava scorrere in modo strano, o forse era solo la noia che le dava quell’impressione. Aveva tenuto vivo il fuoco per scacciare i brividi di freddo che ancora la scuotevano, ma che si stavano facendo meno frequenti. Anche le mani, che prima erano arrossate e gonfie e percorse da un doloroso formicolio stavano tornando alla normalità. Un segnale rassicurante.
Era concentrata sulla propria diagnosi quando la porta si spalancò, facendola alzare di scatto rovesciando la sedia su cui era seduta.
Julian apparve sulla soglia, la mano appoggiata al petto per riporre la sua arma che sparì con un ultimo scintillio.

«Imbattibile, eh?», lo apostrofò Megan mentre lo guardava riprendere fiato.

Julian sogghignò.

«Infatti alla fine ho vinto io, ma devo averla lasciata avvicinare un po’ troppo un paio di volte», il giovane mosse qualche passo incerto, richiudendosi la porta alle spalle. «Credo di aver bisogno di voi. Come medico, intendo».
 
***
 
«Ti direi di stare a riposo, ma ho l’impressione che sarebbe una raccomandazione inutile», affermò la bionda dottoressa finendo di medicarlo: la ferita alla testa non era profonda, ma aveva sanguinato parecchio; in più c’erano almeno due o tre costole incrinate, tutto il resto era a posto. 

«In questo momento riposare è l’unica cosa che desidero», le assicurò stando disteso ad occhi chiusi. Un cupo brontolio accompagnò quelle parole.

«Sembra che il tuo stomaco non sia d’accordo», gli fece notare, divertita, la dottoressa.

«Il mio stomaco aspetterà: non ho intenzione di dargli retta in questo momento. E poi la mia scorta di dolci è troppo lontana», ribadì senza aprire gli occhi.
Sentì Megan alzarsi e tornare poco dopo al suo fianco. Aprì un occhio e vide che aveva con sé un involto contenente dei panini dolci con gocce di cioccolato. Avevano un profumo deliziosamente invitante e Julian si mise subito seduto incurante del dolore.

«Hai saccheggiato le cucine prima di partire?», gli chiese ironica osservando l’aria famelica con cui aveva addentato il primo panino.

«Ho fatto gli occhi dolci alle cuoche e mi hanno riempito di prelibatezze. Anche Jordan tornerà con un bel bottino», affermò orgoglioso. «Sempre che non si mangi tutto durante il viaggio», soggiunse. «Dovreste assaggiarne uno anche voi».

Megan si rese conto di aver fame non appena accettò l’offerta di Julian. Tuttavia si limitò a staccare piccoli pezzi del morbido impasto ripensando alla domanda a cui lui non aveva risposto e chiedendosi come tornare sulla questione.

«Dovresti lasciarne qualcuno anche per lei», disse infine sentendosi stupida.

«Lei? Lei chi?», domandò perplesso.

«La tua bella», gli rispose caustica Megan, giocherellando nervosamente con il suo ciondolo.

Julian esultò intimamente: aveva appena assistito ad una chiara dimostrazione di gelosia. Doveva essere successo qualcosa che l’aveva convinta a guardarlo con occhi diversi. Finalmente poteva avere la certezza di vedersi ricambiato. Però avrebbe dovuto essere ancora molto paziente: conosceva Megan abbastanza bene da capire quanto dovesse sentirsi confusa, perciò non sarebbe stato saggio essere troppo diretto con lei.

«Dubito che le farebbe piacere essere chiamata in quel modo. Soprattutto perché non è mia».

«Nemmeno a me farebbe piacere, questo significa che almeno è intelligente»

Julian sogghignò.

«Molto intelligente», confermò. «E generosa, indipendente, orgogliosa, altruista. Ha un carattere forte. Ed è bellissima», terminò osservandola di sottecchi. Forse aveva esagerato.

«Sembra perfetta», si lasciò sfuggire Megan a bassa voce.

«Per me lo è di sicuro», affermò Julian. «E un giorno spero di riuscire a dirle che la amo».

Megan si riscosse. La ama. Addirittura.

«Vuoi dire che non lo sa?», gli chiese incredula. Se davvero provava un sentimento così forte per questa ragazza, come aveva potuto non accorgersene?

«Sembrerebbe di no», le confermò con un sorriso imbarazzato. «Ora è molto presa dallo studio e dal lavoro. E immagino che abbia già fatto progetti per il futuro, visto che le manca poco alla laurea. Non voglio esserle d’intralcio», concluse convinto.

Megan era senza parole. Se a questa misteriosa giovane mancava poco alla laurea, forse la conosceva.

«Frequenta lo Studium?».

Julian fece un cenno affermativo.

«Lo frequenta e, dal momento che so per certo che la conoscete piuttosto bene, preferirei non dirvi di chi si tratta».

Megan incrociò le braccia, sbuffando contrariata: se non voleva dirglielo, avrebbe di sicuro trovato il modo di scoprirlo da sola. Considerato tutto quello che riusciva a scoprire lui, non poteva essere così difficile raccogliere informazioni su qualcuno. La voce di Julian interruppe le sue riflessioni, riportandola alla realtà.

«Quando ho richiamato la mia spada, Jordan e Jerome lo avranno sentito e si saranno messi in viaggio per cercarmi. Credo che saranno qui fra qualche ora, sarà meglio approfittarne per dormire un po’, non credete?»  

«Hai ragione», disse la giovane alzandosi per allontanarsi: quel letto era troppo stretto per poter dormire entrambi senza tenersi abbracciati. Julian la bloccò trattenendola per un polso e lei gli rivolse uno sguardo contrariato.

«Vado io a dormire sul tavolo. O per terra»

«Sciocchezze: tu sei ferito, resta a letto», gli ordinò in tono che non ammetteva repliche.

«E voi siete ancora mezza assiderata, siete esausta e avete bisogno di stare al caldo. Il letto è per voi», s’impuntò Julian che non aveva intenzione di cedere.

«Di questo passo saremo ancora qui a discutere quando arriveranno gli altri», si arrese Megan reprimendo uno sbadiglio. «Ascolta il tuo medico e mettiti a dormire. Su questo letto. Fine della discussione», terminò irremovibile.

Julian la guardò per un istante, quindi allentò la presa sul suo polso.

«D’accordo», assentì con un sorriso pericoloso. Appena Megan fece un passo per allontanarsi, le afferrò di nuovo il polso e la tirò sul letto accanto a sé. Il gesto incauto gli procurò una fitta di dolore allo sterno che lo fece impallidire.

«Ma sei impazzito?», protestò la giovane quasi urlando, rendendosi conto del colorito cadaverico dell’altro. «Se ti sei fatto male è peggio per te, brutto imbecille sconsiderato».

Julian rise.

«Mi sembra di ricordare che prima ci fosse posto per entrambi», le ricordò.

«Così potrai vantarti di essere stato a letto con me?», lo provocò.

«Sarà il nostro segreto», promise guardandola negli occhi. «In fondo abbiamo già passato la notte insieme, una volta, e non ne ho mai parlato con nessuno»

«Ma cosa dici?», si stupì. «Non abbiamo mai…», si interruppe ricordando a cosa si stesse riferendo.

«Giusto. In biblioteca», terminò pensierosa mentre Julian annuiva.

«Se riuscite a non farvi estorcere informazioni dalle vostre amiche, siete al sicuro», ridacchiò il ragazzo ricordando che Eloise e Lara erano riuscite a farsi raccontare una parte di quanto era accaduto quando erano rimasti intrappolati in biblioteca.

«E cosa vuoi in cambio del tuo silenzio?», volle sapere Megan.

«Assolutamente niente», fu la divertita rassicurazione.

«Non mi fido. Non voglio sentirmi in debito», protestò sbadigliando. «E se non la finiamo di discutere non riusciremo a dormire».

«Se proprio insistete…», cominciò Julian spingendola gentilmente sul letto. «Potreste concedermi di parlarvi con più confidenza, qualche volta? Non in presenza di altri ovviamente».

«E va bene, te lo concedo», assentì lasciandosi guidare verso il cuscino. Si sdraiò dandogli le spalle. «Dammi pure del tu quando non ci sono orecchie indiscrete nei paraggi. Però adesso lasciami dormire».

Aveva trovato strana la richiesta di Julian, ma era troppo stanca per pensarci. Lo sentì stendersi dietro di sé e, un attimo prima di scivolare nel sonno, le sue braccia la avvolsero donandole una ormai familiare sensazione di tranquillità. Le sussurrò qualcosa che non riuscì a capire, dal momento che non conosceva molto bene il dialetto di Aldenor, ma il tono delle sue parole le fece pensare che doveva essere qualcosa di molto bello.

Dormi bene, mia adorata.

Glielo aveva bisbigliato nella sua lingua, sperando che lei non capisse o, almeno, che stesse già dormendo. Era esausto, dolorante e abbastanza affamato, ma stava stringendo fra le braccia la donna che avrebbe voluto amare per il resto dei suoi giorni e per la prima volta poteva essere ragionevolmente sicuro di avere qualche speranza con lei. Chiuse gli occhi e si addormentò.
 
***
 
Un bussare poderoso e molto insistente alla porta li svegliò. Il fuoco si era spento e dalle imposte chiuse filtrava un po’ della luce grigia del mattino. Megan si precipitò fuori dal letto e cercò di sistemarsi vestito e capelli. Da fuori si sentiva la voce di Jordan che li chiamava.

«Lord! Alzati, maledizione! Sono arrivati», lo avvertì Megan.

Julian sbadigliò e si strinse al cuscino. «Buon giorno anche a voi, mia signora. Spero che abbiate dormito bene», biascicò con la voce impastata dal sonno. «Possono sfondare la porta, se vogliono. Io non ho ancora finito di dormire».

«Sì, certo. Molto divertente», borbottò seccata la dottoressa dirigendosi verso la porta. Aveva dormito benissimo; anzi, volendo essere completamente onesta, era sicura di non essersi mai sentita così riposata, nonostante la febbre si stesse alzando di nuovo, ma non aveva alcuna intenzione di ammetterlo. Si fermò vicino al tavolo, colta da un improvviso giramento di testa: forse avrebbe dovuto muoversi con più calma.

«State qui». Julian le aveva avvicinato una sedia e l’aveva fatta accomodare. «Faccio io gli onori di casa», si offrì e Megan scoppiò a ridere.

Quando Jordan e Jerome entrarono, la dottoressa era riuscita a tornare seria e stava cercando di sistemarsi i capelli. I nuovi arrivati la guardarono per poi scambiarsi uno sguardo perplesso.

«Cosa le hai fatto, Jules?», si informò Jordan tirando da parte l’amico. «Mia sorella potrebbe ucciderti se la vedesse così», concluse gettando un’occhiata allarmata a Megan che aveva seguito quello scambio sogghignando.

«Cosa vuoi che le abbia fatto? Ha la febbre», si giustificò. «E, visto che l’avete svegliata, siete voi che fareste meglio a stare attenti»

Gli altri due si lanciarono un'occhiata comicamente allarmata.

«Nessuno verrà punito se mi portate via di qui. Alla svelta», promise la giovane.

I tre ragazzi si scambiarono uno sguardo d’intesa e in pochi minuti furono tutti pronti a lasciare il rifugio.
 
 
 **********
 
 
NOTA: la storia raccontata da Julian è stata rielaborata da una leggenda conosciuta in epoca vittoriana. Anche le bamboline di cui si parla sono esistite veramente: erano di ceramica bianca, grandi pochi centimetri e, vendute in piccolissime bare, si ispiravano alla figura di questa sfortunata ragazza. Erano conosciute, appunto, come Frozen Charlotte.     
 
   
 
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