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Autore: kira_92    19/08/2017    0 recensioni
Fu a letto che Isak parlò per la prima volta: “Perché non mi hai mai detto che conoscevi Sana tramite suo fratello e i suoi amici?”
“No ne vedevo il bisogno. Non parlo più con loro da almeno un anno.” Ed in parte era vero. Aveva cambiato scuola per cambiare vita, per avere un’altra possibilità con la vita. E come poteva iniziare una nuova vita se continuava a pensare al passato? Anche se sapeva benissimo dentro di sé che non era solo quello il motivo. Lui voleva anche nascondere il suo passato.
Genere: Angst, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments, Movieverse, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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L’idea di questa ff mi è venuta durante un rewatch della quarta stagione, precisamente durante la scena tra Yousef e Sana dove Yousef racconta di quando Even ha provato a baciare Mikeal e dopo ha provato a togliersi la vita. Penso abbiate capito di quale scena si tratti. Ho realizzato in quel momento quanto fosse triste il fatto che non abbiamo mai avuto una spiegazione raccontata da Even stesso. Abbiamo solo avuto pochi dettagli da persone che non fossero lui. Ed è triste e non solo per questo perché Even è un personaggio molto complesso che avrebbe davvero molto da raccontare e non gliene è stata data alcuna opportunità.
Questa ff è nata con lo scopo di dare una voce a questo fantastico personaggio, così unico e infatti non ho mai visto un personaggio così in altre serie tv. E se amate Even, tanto quanto lo amo io, penso che sarete d’accordo con me. Gli ho dato una voce e spero di non aver combinato disastri. Ho cercato in tutti i modi di non farlo diventare ooc ma se notate degli errori, vi prego di dirmelo affinchè possa correggerli. Credo che questa sia una delle ff a cui tengo di più ed ho cercato di renderla perfetta ed adesso la lascio a voi. Enjoyy!


 
​PROLOGO



Even si trovava nella sua camera a fissare il soffitto. Non riusciva a credere a quello che aveva fatto, ancora una volta non era riuscito a fermare ciò che il suo cervello gli comandava. E nessuno, nemmeno Sonja per quanto dolce e carina, poteva riuscire a capire pienamente cosa si provava ad avere questa malattia. A non avere un controllo su di sé, a vedere la vita distruggersi con le proprie stesse mani senza avere la forza di fermarsi, di cambiare.
Even malediva ogni giorno che passava in preda alla mania eccessiva, anche se in quei momenti non riusciva a capirlo. Odiava vedere le conseguenze di un'azione che lui stesso aveva causato e che in circostanze normali non avrebbe mai fatto e quel giorno era successo di nuovo: Il ragazzo della Bakka, scuola superiore di Oslo, aveva provato a baciare Mikeal suo compagno di scuola musulmano. Ovviamente quest'ultimo era diventato furioso.
“Che cazzo stai facendo, amico?! Stai alla larga da me!”.
Le parole risuonavano nella sua testa come lame affilate. Stai alla larga da me.
Quando lo avrebbe capito che era destinato a restare solo per il resto della sua vita? Anzi, quando avrebbe capito che fin dalla nascita era sempre stato solo? E perché sua madre lo aveva fatto nascere se era destinato a rovinarsi la vita con le sue stesse mani a causa di questi momenti di mania eccessiva?
Even non aveva più il coraggio di mettere piede in quella scuola. Non aveva più il coraggio di guardare in faccia i suoi amici. Succedeva di continuo nella sua vita: Era un tipo socievole e non gli era difficile fare nuove amicizie, il punto era saperle mantenere. Ogni volta che si sentiva parte di un gruppo o a qualcuno in generale finiva sempre per avere quegli episodi di mania che mandavano all'aria tutti i rapporti. Even si odiava, odiava sè stesso, odiava ciò che era, odiava non essere capace di cambiare, di tenere sotto controllo la sua malattia. I dottori gli avevano prescritto pillole, gli avevano detto che poteva condurre una vita normale e che la malattia poteva essere tenuta a bada tranquillamente. Ma il liceale della Bakka era stanco di tutto e nonostante la sua ragazza dicesse che faceva progressi, che riusciva a tenerla sotto controllo, lui non li notava.
Ed era accaduto di nuovo.
Ed Even non voleva più uscire dalla sua stanza ed affrontare il mondo. Voleva solo dormire e lasciarsi cullare dalle braccia di Morfeo. Il sonno era l'unico vero conforto nei momenti depressivi causati dalla mania.
Ad un tratto sentii bussare alla porta. “Even, so che sei lì dentro. Apri!” Era Sonja, ma il ragazzo non voleva vedere nessuno.
Si portò le coperte sopra il viso, nascondendosi dal resto della stanza e ignorando la sua ragazza che lo chiamava. Iniziò a piangere silenziosamente. Non era questo ciò che voleva. In quel momento aveva sentito il cuore esplodergli di affetto e Mikeal era anche un bel ragazzo, solo che l'impulsività dettata dalla mania lo aveva portato a tentare un bacio. Even non era innamorato di Mikeal, voleva solo essere un bacio innocente e non passionale. Ma nessuno lo aveva visto in quel modo ed adesso tutti credevano che fosse gay. L'iralità della situazione lo portò ad una risata nervosa. Gay? Che stronzata! Lui era un pansessuale non dichiarato. Un altro segreto che portava con sé. Un pansessuale non dichiarato bipolare.
Even continuò a ridere nervosamente, ridere al destino, al caso, o a quel qualcosa che lo aveva fatto nascere pansessuale e bipolare in questa società che sebbene non fosse quella del medioevo aveva così tanti pregiudizi e generalizzazioni che era ugualmente difficile viverci. La risata cessò e si ritrovò a fissare nuovamente il vuoto con la testa affollata di pensieri e lui era solo. Sonja si era anche arresa nel bussare e chiamarlo, cosa che da una parte apprezzava ma dall'altra lo faceva sentire più solo e abbandonato. Dopo un po’, minuti che sembrarono ore, Even si addormentò sfinito dai pensieri.

I giorni passarono ma il momento depressivo lo accompagnava giorno e notte e questa volta sembrava non volesse andare via. Questa sensazione di essere sbagliato premeva sul petto e faceva male al cuore. Non usciva più di casa e mangiava a appena. Sonja era sempre più preoccupata, lo vedeva nei suoi occhi, ma non sapeva come reagire.
Un pomeriggio Even ebbe l'idea di imparare il Corano in arabo. Nella sua testa era convinto che imparandolo forse si sarebbe fatto perdonare dai suoi amici. Ma più lo leggeva e più vedeva che l'omosessualità era vista come qualcosa di contro natura ed un peccato imperdonabile, più la sensazione di essere sbagliato si faceva presente, forte e irremovibile.
‘Forse una lama sul braccio avrebbe fatto meno male’, pensò.
Passarono i giorni e imparò il Corano in arabo in poco tempo. Non usciva di casa ed era sempre chiuso in camera. Usciva solo per mangiare quando Sonja era via. Sonja aveva provato a parlargli, ma lui rispondeva a monosillabi. “Ho solo bisogno di un po’ di tempo e mi calmo” le aveva detto dopo l'ennesimo “come stai?”. Ed alla sua domanda “prendi le pillole?” lui rispondeva con un “si” e un sorriso che voleva strapparsi dalle labbra perché non poteva essere più falso.
Gli dispiaceva prenderla in giro. Even amava veramente la sua ragazza, ma aveva deciso di rinunciare alle pillole. Era stanco, e la verità era che aveva deciso di rinunciare a tutto. Il ragazzo pensava che una volta imparato il Corano sarebbe tornato tutto apposto, ma i suoi amici sembravano non capire. Aveva iniziato a scrivere versi del corano in arabo a tutti loro e le uniche risposte erano “????” e “amico, che hai?”. Ma anche se avevano iniziato a scrivergli di nuovo, lui non riusciva a togliersi questa sensazione di essere sbagliato.
Questo dolore nel petto e le voci nella testa che continuavano a dirgli ‘sei solo. É inutile continuare a vivere così. Meglio morire e basta.’ Fu durante una notte, sempre chiuso in camera, che decise di farla finita.
Scrisse un biglietto a Sonja, dicendole che era contento di aver passato del tempo con lei. Che era la migliore ragazza che potesse avere e che non era colpa sua tutto questo.
Scrisse un altro biglietto per i suoi, dicendo loro che gli voleva tanto bene e di scusarlo per non essere stato forte abbastanza da reagire.
Ed infine scrisse un altro biglietto per i suoi amici della Bakka: Scusate se non sono stato abbastanza. Abbastanza cosa? Chiese la sua mente. ‘Tutto’, rispose un’altra voce nel cervello. Non era abbastanza in niente.

Il giorno dopo quando Sonja uscì, lui tentò di togliersi la vita. Fu Sonja a ritrovarlo successivamente, dopo che era rientrata a casa perché aveva dimenticato delle cose importanti. Ma lui aveva già perso i sensi. Quando riprese i sensi, la prima cosa che vide furono le mura bianche dell'ospedale. Aveva una flebo attaccata al braccio sinistro, Sonja gli teneva una mano tra le sue e la baciava piangendo e i genitori lo guardavano con quello sguardo che lui odiava tanto, come se si sentissero colpevoli.
Sonja gli baciò nuovamente la mano e gli carezzò i capelli. “Inizieremo da capo, un'altra scuola e vedrai che andrà meglio.”
Even la amava. E si sentì in colpa per averle fatto passare tutto questo. A differenza sua, Sonja era una ragazza molto forte. Ed anche se non ne aveva le forze, voleva dannatamente credere che questa volta lei avesse ragione.
Un'altra scuola, perché alla Bakka non ci sarebbe più tornato. Un'altra scuola, un'altra vita e si chiese dopo quanto tempo avrebbe di nuovo incasinato le cose. Ma Even non poteva sapere che nella nuova scuola avrebbe incontrato la sua persona speciale e non avrebbe più tentato il suicidio.
  
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