Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Rivaille_02    20/08/2017    2 recensioni
«Sono Levi Ackerman, il vostro professore di educazione fisica. Vi anticipo che, alla fine di tutte le lezioni, dovrete pulire la palestra. Anche se non ci sarò le ultime ore, dovete pulirla. Ci siamo capiti, mocciosi?» spiegò severo. Il professor Levi era un maniaco della pulizia. Non c’è stata classe che non abbia pulito la palestra quando c’era lui.
«Sì prof!» risposero i ragazzi intimoriti dall’insegnante. Solo Eren sembrava non averne paura. Al contrario, quando i loro sguardi si incrociarono, arrossì.
Genere: Sentimentale, Slice of life, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Armin Arlart, Eren Jaeger, Levi Ackerman, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Spoiler!, Triangolo
Capitoli:
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Il telefono squillò disturbando il sogno di Eren che, sbuffando, allungò il braccio verso quell’oggetto fastidioso. Si chiese chi fosse lo stupido che lo chiamava quando ancora dormiva. Appena vide chi era il responsabile del suo risveglio, rispose immediatamente.
«Capit- volevo dire, Tetsuya? Perché mi stai chiamando a quest’ora?» gli chiese mettendosi a sedere sul letto.
«La gita con la squadra, Eren!». Questa frase fece saltare il ragazzo giù dal letto per poi urlare alla madre che era sveglio. «Sono già le sei e mezza...pensi di farcela in dieci minuti o vuoi che ti aiuti?» domandò il capitano facendo su e giù davanti alla porta d’ingresso.
«Ce la faccio, tranquillo! Se vuoi entra pure. Riattacco che sennò faccio tardi!» detto questo, Eren chiuse la chiamata per prepararsi in fretta e furia. L’altro ragazzo rimase fuori ad aspettarlo: lo conosceva, tempo cinque minuti e l’avrebbe subito raggiunto. E così fu. Appena qualche minuto dopo, il castano uscì con una valigia. Dopo aver salutato tutti, si avviarono a scuola.
«Tu che porti?» gli chiese Tetsuya osservando con quanta facilità portava il bagaglio.
«Qualche cambio, roba per il bagno e...» si interruppe. Il capitano lo invogliò a continuare guardandolo curioso. Eren spostò gli occhi su di lui sorridendogli. «La PlayStation con qualche gioco!» finì entusiasta.
«Non penso che la utilizzeremo tanto...» lo avvertì triste l’altro.
«Ma almeno di sera possiamo giocare!» ribattè ridacchiando. Tetsuya si limitò ad annuire sorridendo. Passò lo sguardo dal viso dell’amico al suo abbigliamento. Indossava pantaloni lunghi a fine Maggio.
«Eren, non hai caldo con quei pantaloni?» domandò guardandolo stranito. Il ragazzo scosse la testa.
«Magari mi cambio a scuola... a Ragako fa caldo!» esclamò.
«Ricordi che le stanze sono con due letti, vero?».
«Sta tranquillo, capitano! Staremo in stanza insieme!» lo rassicurò dandogli una pacca sulla spalla.
Una volta a scuola, la manager e l’allenatrice li diedero il buongiorno e aspettarono gli altri ragazzi. Quando furono tutti presenti, salirono sul pullman per andare alla stazione. C’era chi ascoltava musica, chi giocava al telefono, chi parlava. Eren faceva parte di quest’ultimo gruppo. Seduto vicino al capitano, discuteva degli ultimi videogames a cui aveva giocato. In treno lo stesso. Oltre a quello, parlavano anche della scuola e di cose quotidiane. A volte si intromise anche la manager sclerando sui ragazzi degli anime che nominavano.
Il viaggio durò circa un’ora e mezza. Quando scesero dal treno, li aspettava un pullman che li portò al loro albergo. Una volta arrivati, l’allenatrice distribuì le chiavi delle stanze ai ragazzi. Quella di Eren si trovava al secondo piano ed era la numero ventisette. Era abbastanza piccola ma perfetta per due ragazzi come lui e Tetsuya. Il castano andò nel piccolo terrazzino della stanza ad osservare il cielo. Lo stesso che stava guardando Armin dalla finestra di camera sua.
Il biondo aveva la febbre alta e non riusciva a fare un passo che subito cadeva. Quella mattina Mikasa era andata a trovarlo.
«Vuoi che ti registri le lezioni?» le chiese aprendo la porta per andarsene.
«Mi faresti un enorme piacere» rispose l’altro sorridendo.
«Allora dopo passo da te» avvisò la ragazza. Armin annuì e si salutarono.
Mikasa uscì e si diresse verso la scuola. Nonostante il caldo, continuava a tenersi la sciarpa rossa al collo. Sentì qualcuno tirargliela. Si girò di scatto e vide Sasha con un onigiri in mano.
«Andiamo a scuola insieme?» le chiese quest’ultima sorridendo. L’altra annuì.
«Abiti qui vicino?».
«Sì! Se vuoi puoi venire qualche volta. Potremo organizzare un pigiama party e invitare le altre!» le propose entusiasta mentre mangiava il suo onigiri. La ragazza accettò. Sasha era la sua prima amica femmina in quella scuola e di certo non voleva sprecare quell’occasione per provare a fare amicizia anche con le altre ragazze.
Arrivate a scuola, andarono dai ragazzi della loro classe. Erano ormai diventati una classe unita, fatta eccezione per Jean ed Eren che ancora litigavano. Al primo non andava giù l’idea che il castano avesse trattato così male Armin.
Suonata la campanella, corsero in classe: il professor Levi non accettava ritardi. Ma stavolta quello in ritardo era proprio lui. Gli alunni si sorpresero nel vedere la cattedra vuota. Si misero, quindi, a sedere tranquillamente. Decisero di aspettare qualche minuto. Ad un certo punto, Historia si alzò e si diresse verso la porta.
«Vado a chiedere ai custodi se il prof è arrivato» avvertì.
«Sta ferma, biondina! Se non c’è è meglio. Si chiude la porta, si spengono le luci almeno pensano che non ci siamo!» disse Jean che stava controllando il telefono di Marco.
«Pensi che funzionerà?» gli chiese Ymir chiudendo la porta.
«Alle medie funzionava sempre. Vero Marco?» guardò l’amico che cercava disperatamente di riprendersi il cellulare. Historia si arrese e tornò al suo posto. Ymir spense le luci e si mise a sedere mettendosi la bionda sulle gambe. Sasha si girò indietro per parlare con Mikasa. Connie andò alla cattedra e iniziò a imitare i professori.
«Ragazzi, sono il professor Springer! Mettetevi tutti seduti!» esclamò ottenendo come risultato le risate dei compagni. Sasha alzò la mano. «Parla pure Blouse!». La ragazza si alzò e si mise accanto a Connie.
«Io e Mikasa pensavamo di fare un pigiama party questo sabato. Interessa a qualche ragazza?» chiese.
«Questo volevi chiedere?!» domandò sorpreso il ragazzo guardandola. Tossì. «Pensavo volessi venire all’interrogazione di Storia, Blouse!» riprese il tono da insegnante. O almeno ci provò.
«Quale interrogazione scusa?! E poi a quest’ora dovevamo avere ginnastica...» ribattè l’altra stranita.
«Sono io il professore qui!» le puntò il dito cercando di sembrare serio, senza successo. «Ecco la domanda per te, Blouse» si schiarì la voce.
«Non le fare le domande che si fanno alle elementari, Connie!» esclamò Reiner divertito.
«Quali domande?» chiese Ymir girandosi verso il ragazzo.
«Se non sei mai andata a scuola è normale che tu non lo sappia» si intromise Annie senza guardare in faccia nessuno. Era seduta al suo banco con le braccia incrociate e la testa bassa.
«Ragazzi, fate silenzio! Allora Blouse, rispondimi per bene» Connie provò ad assumere un tono serio, ovviamente senza successo. A Sasha scappò una risata. «Di che colore era il cavallo bianco di Napoleone?» chiese cercando di mantenersi serio. Tutta la classe scoppiò a ridere, il ragazzo compreso.
«Se le domande fossero tutte così, a quest’ora avremmo tutti la sufficienza!» esclamò Jean asciugandosi le lacrime per le risate. Ad un certo punto, la porta si aprì.
«Se le domande fossero tutte così sareste all’asilo, non alle superiori» disse una voce maschile dal tono severo. Connie e Sasha corsero al loro posto. «Cosa stavate facendo, mocciosi?» chiese mettendosi a sedere sulla cattedra. Gli studenti si guardarono a vicenda.
«Stavo interrogando Sasha, prof!» provò a giustificarsi Connie. Il professore sospirò.
«Non importa. Vi voglio vedere in palestra in quindici minuti, capito?». I ragazzi obbedirono mentre Levi rimase in classe. Fermò Mikasa. «Tuo fratello risponde quando lo chiami?».
«Non l’ho ancora chiamato... provo più tardi. Perché?». La ragazza era confusa. L’altro rimase in silenzio. Mikasa allora se ne andò con Sasha. Levi raggiunse la classe poco dopo. Si sentiva l’assenza di Eren. O almeno la sentiva il professore. Infatti, una volta in palestra, aveva notato che era tutto più tranquillo senza di lui. Nessuno litigava, nessuno urlava, niente. Ridevano, chiacchieravano normalmente. Appena furono tutti presenti, l’insegnante lo chiese.
«Manca qualcuno oggi?».
«Manca Armin, prof» rispose Marco.
«A proposito, come sta, Mikasa? Ha la febbre alta?» domandò Bertholdt guardando la ragazza.
«Ragazzi. Manca solo Arlert?» domandò serio. Tutti annuirono. «Jaeger? Non è di questa classe?».
«Sì, giusto. Manca anche Eren» rimediò Jean sbuffando. Marco gli scosse il braccio per farlo stare zitto.
«Non vi siete accorti della sua assenza?».
«Ma se è in gita con il club non va contata come assenza, no?» chiese Historia alzando la mano.
«Per questo non me l’avete detto?» Levi era piuttosto irritato. Aveva uno sguardo che metteva i brividi a tutti. Un misto fra rabbia e tristezza nel quale gli alunni vedevano solo la prima. A loro il professore appariva soltanto come un uomo severo ma allo stesso tempo gentile, siccome li faceva sempre giocare nelle sue ore. Nessuno notava mai la sua tristezza nel vedere Eren quasi sempre escluso dal gruppo.
«Non gliel’abbiamo detto perché se n’era già accorto» Jean incrociò le braccia guardando male l’insegnante. Rimasero tutti in silenzio.
«E se non fosse stato così?».
«Come se non ci si accorgesse dell’assenza del proprio ragazzo... non mi faccia ridere» sbuffò il ragazzo beccandosi una botta sulla schiena da parte di Reiner.
«Avevamo detto di non...» iniziò questo a bassa voce, ma fu interrotto.
«Non me ne frega. Prima o poi le cose vanno dette». Mikasa li guardò stranita.
«Cos’è questa storia?» chiese irritata avvicinandosi a Jean. Sasha cercò di tenerla per il braccio. Era l’unica che non sapeva niente. Marco si nascose dietro l’amico, che non ci pensò due volte a rivelarle tutto.
«Non ti sei accorta che Eren va spesso in vice-presidenza?». La ragazza annuì. «E che ci è andato molto di più in quest’ultimo mese?». Annuì di nuovo. «E tutte quelle occhiatine che si lanciano?». Allora Mikasa capì. Si girò verso Levi furiosa. Se non l’avessero retta, gli avrebbe di sicuro tirato un pugno.
«Fammi quel che vuoi, quel che è fatto è fatto ormai» disse soltanto il professore. Cosa poteva fare ora che l’avevano capito? Assolutamente niente. «Per oggi vi lascio fare quel che volete. Basta che mi lasciate in pace perché sono parecchio irritato oggi» avvertì allontanandosi. I ragazzi calmarono prima Mikasa, poi andarono a prendere le palle per giocare un po’. Levi uscì dalla porta che portava al cortile e chiamò Eren. Questa volta rispose.
«Pronto, Levi?».
«Devo parlarti. Hai un minuto?». Appoggiò la schiena al muro.
«Dovrei farmi la doccia... è una cosa veloce?».
«Te lo dico subito. Sanno di noi». Il ragazzo non rispose. Si sentì però un tonfo. «Eren?!».
«Anche Mikasa?» chiese scioccato.
«L’ha scoperto oggi» rispose Levi sedendosi. «Ma cos’era quel tonfo? Tutto apposto?».
«Sì... sono solo cascato per lo shock...».
«Ti sei fatto male?» domandò dolcemente.
«Rispetto a quando mi butto in campo non è niente» ridacchiò. Levi sorrise.
«Con chi sei al telefono, Eren?» chiese una voce maschile. L’uomo si mise in allarme.
«Oh, Tetsuya. Uhm... sono con un amico di scuola» gli rispose il ragazzo. «Ora devo riattaccare. Ti chiamo dopo» riattaccò subito senza nemmeno aver dato il tempo a Levi di rispondere. Non poteva farsi beccare al telefono con un professore. Questo, infatti, ci rimase male. Non si aspettava una cosa del genere. Rimase seduto con la testa nascosta fra le braccia. I suoi occhi erano lucidi. Pian piano le lacrime iniziarono a rigargli il viso. Eren, però, non poteva piangere. Sapeva che l’aveva ferito ma non poteva farci niente. Non poteva dirgli “ti amo” davanti a qualcun altro. Anche lui stava soffrendo. Aveva persino paura di tornare a casa. Pensava che l’avrebbero preso in giro, che non l’avrebbero più visto con gli stessi occhi. Aveva paura di cosa avrebbe potuto fargli sua sorella. Aveva paura. Per la prima volta nella sua vita.
«Hai riattaccato per stare con me, Eren?» chiese Tetsuya abbracciandolo da dietro.
«In verità dovrei farmi la doccia...» fece per girarsi ma si fermò. «Hai l’asciugamano addosso?».
«Certo che ce l’ho! Non voglio mica saltarti addosso, Eren» rise l’altro. Il castano allora si alzò e andò in bagno. «Vuoi che ti prepari i vestiti?».
«Se puoi prendermi una canottiera e un pantaloncino mi faresti un favore» gli sorrise chiudendo la porta. Quel sorriso fece battere il cuore al capitano che sorrise a sua volta.
   
 
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