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Autore: nikita82roma    20/08/2017    5 recensioni
Un letto, due mani che si cercano e poi si raggiungono. Rapporti che sono regolati dalla forza dell'universo.
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Kate Beckett, Rick Castle | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
- Questa storia fa parte della serie 'Partner in Crime. Partner in Life'
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Erano entrambi distesi sul grande letto con le lenzuola bianchissime appena cambiate e nell’aria c’era un delicato profumo di agrumi, vaniglia e borotalco. Si muovevano appena, stiracchiandosi in mezzo ai cuscini che sembravano buttati qua e là, come una barriera che li proteggesse dal mondo, e le loro mani che si cercavano, attratte da non sapevano quale forza dell’universo, che pretendeva che loro stessero vicini, insieme, come erano sempre stati, vittime della forza di quel sentimento innato che li rendeva indissolubilmente legati, per sempre. Le loro mani si sfiorarono mentre stavano dormendo, si accarezzarono, si strinsero, come una cosa del tutto normale, senza che nemmeno si svegliassero e si tennero così, continuando a dormire, nell’ordine naturale delle cose, dove c’erano loro ed il loro piccolo mondo che li vedeva protagonisti assoluti, che fino a quel momento era sempre cominciato e finito con loro.

 

Kate si sedette sul bordo del loro letto, continuando ad osservare Jake e Reece che dormivano tranquilli tenendosi per mano e quasi non le sembrava vero. Da quando erano nati avevano praticamente pianto per tutto il tempo, calmandosi solo pochi istanti per mangiare, vinti dalla fame più che dalla loro testardaggine nel continuare a strillare, imperterriti, senza che nulla li calmasse, provocando in Beckett, più che in Castle, uno stato di agitazione che mal si conciliava con il suo stato di neo mamma e a nulla valevano le rassicurazioni di suo marito, si era lasciata andare anche lei ad un pianto disperato, non riuscendo in nessun modo a calmare i suoi piccoli, tanto da chiamare poi medici e infermieri per assicurarsi che non stessero male e le rassicurazioni sul loro perfetto stato di salute se da un lato la sollevarono, dall’altro la fecero sprofondare ancora di più nella preoccupazione di non riuscire a gestire quella situazione. Non pensava che sarebbe stata una passeggiata, da quando le avevano detto che erano due gemelli, la sua ansia si contrapponeva all’euforia di Castle che avrebbe avuto non uno ma due figli maschi, e le sembrava di fare la guastafeste a rovinare la sua gioia con le sue preoccupazioni, ma era stato così. Poi una gravidanza meno problematica di quanto pensasse ed un parto decisamente semplice, l’avevano quasi rassicurata, facendole pensare che in fondo si stava preoccupando per nulla, erano i suoi bambini e la gioia quando glieli adagiarono entrambi sul petto ancora non riusciva a trovare parole per descriverla. Poi, però, si sentiva completamente inutile ed inadeguata, non riuscendo in nessun modo a calmare il loro pianto, facendosi venire tutti i dubbi sulle sue capacità di madre, molti di più di quanti non ne aveva avuti quando era nata Lily, che invece bastava che la prendesse in braccio per farla smettere di piangere e dormire tranquilla. Si era illusa che forse bastava sempre quello, ma con i gemelli non era così e nemmeno Castle che si vantava di riuscire a calmare qualsiasi bambino, riusciva a far smettere di piangere Jake o Reece. Nel mezzo della sua crisi di pianto aveva anche chiesto a Castle se quelli fossero veramente i loro bambini, chiedendosi se magari non li avessero scambiati al nido e per questo lei non funzionava. Rick si sarebbe anche fatto venire lo stesso dubbio se non fosse che non c’erano altri gemelli e che i due erano veramente la sua copia di quando era bambino, lo aveva detto anche Martha che era rimasta shockata di vedere due piccoli Richard, come li aveva chiamati appena visti, occhi azzurri esclusi, dato che entrambi li avevano come quelli di Kate.

Appena arrivata a casa, ancora prima di metterli nei loro lettini, li aveva adagiati sul loro letto e dopo che avevano fatto qualche smorfia e qualche lamento, si erano subito calmati, avevano smesso di piangere non appena si erano trovati, avevano percepito la presenza uno dell’altro. Le sembrava un miracolo, non solo che non piangessero, ma proprio loro, i suoi due piccoli bambini. Se le avessero detto anni prima che avrebbe sposato Castle ed avuto tre figli con lui avrebbe riso fino a sentirsi male, eppure in quel momento le sembrava tutto così giusto, così naturale e la sua vita non avrebbe avuto alcun senso senza tutti loro. Accarezzò dolcemente le due piccole pesti che ora invece erano così tranquille, tanto da credere che fosse impossibile che erano gli stessi esseri urlanti dei giorni precedenti, che avevano tenuto sveglia non solo lei, ma probabilmente tutto il reparto. Era vero, erano proprio la copia di Rick, avevano anche la sua stessa espressione imbronciata mentre dormivano e quel piccolo ciuffo uguale al papà. Non credeva fosse possibile amarli così tanto, non credeva fosse possibile che sarebbe riuscita ad amare tutti loro così tanto, di fatto il suo cuore non si era diviso in più parti, una per ognuno, ma sentiva come se fosse raddoppiato e poi raddoppiato ancora, per accogliere tutti loro, la sua vita.

 

La porta si aprì piano e sentì il passo veloce di Lily che la raggiungeva e subito dietro quello più pesante di Castle. La vide che si preparava a lanciarsi su di lei in uno dei suoi soliti slanci, ma le fece un cenno di rallentare e fare piano.

- Sono loro? Quelli che erano nella tua pancia? - Gli chiese la piccola mentre Kate la prendeva facendola sedere vicino a lei, abbracciandola e baciandola. Le era mancata così tanto in quei giorni quella che ora era la sua primogenita, la sua copia esatta, come la chiamava Rick.

- Sì, sono i tuoi fratellini. Ti piacciono? - Le chiese Rick avvicinandosi alle due.

- Insomma. - Rispose delusa storcendo la bocca con la sincerità dei suoi poco più di tre anni osservandoli nelle loro tutine bianche con le iniziali ricamate sopra. - Sono piccoli, non ci posso giocare.

- No, ancora no. Quando saranno più grandi sì. - La rassicurò suo padre, ma non sembrava ancora molto convinta. Lily si lasciò ancora per un po’ coccolare da Kate osservando i nuovi arrivati ancora un po’ diffidente.

- Li posso prendere in braccio? - Chiese infine.

- Ora no amore mio, dopo quando si svegliano, ok? - Le disse dolcemente sua madre e per Lily la curiosità per i suoi fratelli finì lì.

- Ok. Ora posso andare a giocare con le mie bambole? - Kate la lasciò andare sorridendo aiutandola a scendere dal letto e Rick la guardò mentre usciva sgambettando velocemente dalla stanza.

- Ci sono Alexis e mia madre di là. - La rassicurò e Beckett annuì. - Si può sapere come hai fatto per fargli stare tranquilli?

- Io… niente… li ho solo messi sul letto vicini e… si sono calmati. - Gli spiegò quasi commossa.

- Si sono presi per mano. - Notò lui sorridendo parlando sottovoce.

- Già… credo che avevano bisogno solo di quello, di stare vicini e insieme.

- Li capisco sai Kate, so cosa si prova. C’è una forza nell’universo che ti spinge ad avere bisogno di una persona da avere vicino, che non vorresti lasciare mai, per me sei tu. Loro sono sempre stati insieme e sarà così così per sempre. Non è confortante sapere che qualunque cosa accadrà, potranno sempre contare uno sull’altro?

- Sì… credo che dovremmo trovare una soluzione per i prossimi tempi, per farli dormire… a meno che non gli lasciamo il nostro letto. - Sorrise lei nel vedere quelle due creaturine che si perdevano nel loro grande letto matrimoniale.

- Uhm… una soluzione la troveremo. Sei sempre preoccupata?

- Un po’ sì ma… ce la faremo, no? - Domandò Kate sospirando, bisognosa del conforto di suo marito.

- Come sempre. E poi guardali, non ne vale la pena di passare qualche notte in bianco per loro? - Rick accarezzò la gamba di Jake, il più vicino a lui dei due, mentre Kate fece lo stesso con la mano di Reece.

- Ne vale sempre la pena per loro, Castle. Però ne riparleremo tra qualche mese. E sappi che ti sveglierò ogni volta, ogni notte. La scusa del sonno pesante non reggerà questa volta. - Gli sorrise e lui la guardò aggrottando la fronte preoccupato, ma fu solo un momento, poi gli sorrise anche lui e la baciò dolcemente. Era a casa con sua moglie e i suoi figli, in quella che un tempo era solo una famiglia un po’ sui generis che ora lo era nel senso più pieno e più completo. Non poteva chiedere di più, non poteva essere più felice.

 



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