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Autore: Alison92    20/08/2017    1 recensioni
Fra le tante attrattive della scuola privata Thomas Dreier, i cinque giorni di vacanza offerti ai migliori quindici studenti della scuola sono certamente un richiamo per tutti i giovani allievi.
Lyvia Sommers fa parte di quei quindici eletti scelti per partire verso la splendida isola di Everdove, dalle acque limpide e dal cielo cristallino.
Un'antica leggenda però si nasconde fra quelle coste, insidiandosi nelle vite serene e felici dei giovani.
La storia oscura della famiglia Rosenburg, seminata di odio e terrore, conduce Lyvia e gli altri studenti verso differenti orizzonti, verso una casa maledetta che cela un passato grondante di sangue e vendetta.
Genere: Drammatico, Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La prima cosa che vidi fu il mio riflesso sullo specchio. Coprirlo non ne cancellava l’esistenza, serviva solo per illudermi che un lenzuolo sottile mi avrebbe protetta da ciò che si trovava lì, dalla casa e da me stessa. Quindi lo sfidai, osservando il mio riflesso, alla ricerca di eventuali anomalie. Ero solo io, la stessa Lyvia di sempre, poi i miei occhi divennero scuri. Le pupille di ossidiana mi spaventarono, facendomi arretrare. Mi sfiorai le palpebre, come per scoprire se io stessa ero cambiata, il mio riflesso restava immobile, con gli occhi iniettati d’oscurità. Sotto il mio sguardo terrorizzato, una mano sconosciuta mi tastò il collo pallido, poi un’altra mano spuntò e incise un lungo taglio sulla mia gola.
 Il taglio era perfetto, spaccava in due la mia sottile pelle e il sangue trasudava dalla ferita, sporcando il raffinato abito blu. In preda al  panico, afferrai un tagliacarte sulla mia scrivania e lo scagliai con violenza contro lo specchio. Il vetro si frantumò in mille pezzi e tornò a mostrare la mia immagine distorta. La mia mente era arrivata al limite, sentivo le tempie doloranti e il cuore palpitare. Mary si precipitò in camera mia e fissò lo specchio con il tagliacarte conficcato nel centro.
-Lyv, cos’è successo?
Mi abbassai affinché i nostri sguardi fossero alla stessa altezza.
-A quanto pare, distruggere oggetti è un buon metodo antistress.
Le dissi scandendo ogni parola, con il tono di voce fuori controllo.  Mary sembrò guardarmi impaurita, come se avesse cominciato a temere anche me. La piccola Mary mi apparve per ciò che era davvero, solo una bambina. L’abbracciai e si lasciò andare al mio tocco.
-L’ho visto anche io, quel signore che mi premeva il coltello sul petto.
-Quale signore?
Mary non seppe rispondermi, mi disse solo che aveva avuto timore che ciò che vedeva nello specchio fosse reale, ma lei era rimasta illesa e si era rasserenata.
-Forse stiamo solo perdendo tutti la testa.
La fiducia di Mary mi tenne lontana dalla pazzia, adesso ne sono certa.
Scesi nella sala principale quando l’orologio indicò che erano giunte le ore otto. Indossavo ancora l’abito lungo e blu, ma avevo indossato gioielli di zaffiri che avevo trovato in camera mia.
-Ragazzi, Amy ha una teoria.
Annunciò Dary quando la silenziosa cena terminò. Amy si alzò e avanzò verso il centro della stanza, con l’abito rosa in ganza che le frusciava ad ogni passo.
-Credo che almeno in parte le storie della Taller siano vere. Potrebbero esserci quegli spiriti, gli stessi che uccisero i coniugi Rosenburg, che danno la caccia a noi.
Tutto mi fu più chiaro. Ogni singolo elemento del puzzle mi apparve finalmente con le sue ragioni, con i suoi significati e presagi oscuri.
-Siamo noi.
Sussurrai, guadagnandomi l’attenzione di tutti.
-Siamo noi.
Ripetei a voce più alta.
-I figli dei Rosenburg, siamo noi. Forse solo una copia, ma li rappresentiamo. I nostri nomi, le stanze arredate secondo i nostri gusti, i nostri nomi sulle pareti e sulle tombe…noi siamo i sedici figli dei Rosenburg.
Appoggiai la mano sulla bocca e le lacrime cominciarono a scendere sul mio viso.
-Sta completando la carneficina. Non ha potuto uccidere loro, quindi noi prenderemo il loro posto, completeremo la sua opera assassina.
-La Taller! Cercate la Taller!
Urlò Trevor quando finii di parlare, ma era inutile, lei non c’era più. Scomparsa. Lei ci aveva condotti là, in pasto a chissà quale essere. Un lamento sfuggì dalle mie labbra, perché mi stavo rendendo conto della verità, che era stata talmente semplice.
-Perché? Perché proprio noi?
Urlai prima di spalancare la porta e di uscire. Non avrei potuto restare un secondo di più lì dentro. La mia ragione lottava contro la verità, mi ritrovai a combattere e stessa. Corsi verso la costa, verso il mare.
  
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