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Autore: Elsa Maria    20/08/2017    0 recensioni
Dopo 8 anni Heather si è fatta una nuova vita. L’orgogliosa calcolatrice, l’egoista ape regina, è cresciuta, lasciandosi alle spalle macigni del passato, tra i quali: le parrucche, l’intolleranza per il genere umano e il rapporto con un certo latino.
Non tutto è male quel che finisce male… Ma è davvero finito?
Cosa vuoi Heather Wilson?
Scappare.
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[One-shot divisa in 2 capitoli] [AejandroxHeather] [sidestory: DuncanxCourtney SierraxCody]
Buona lettura!!
Genere: Comico, Erotico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alejandro, Courtney, Duncan, Heather, Sierra | Coppie: Alejandro/Heather, Cody/Sierra, Duncan/Courtney, Trent/Gwen
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
Capitoli:
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Angolo dell'autrice:

Non pubblicavo su questo fandom da 5 anni, circa?
Non c'è traccia su EFP di quelle che erano le mie prime fan fiction (e meno male), per cui ho voluto fare questo improvviso rush test. Senza indicazioni o annotazioni vi invito ad avventurarmi e, se vi va di dirmi come è andata! Lasciate una recensione, piccola, grande, mi farebbe davvero piacere! VIVA LE RECENSIONI WUH!

Grazie a chi leggerà tutto, chi recensirà e al fandom di Total Drama che non smette mai di riportarmi indietro ai bei vecchi tempi (mi sento quasi Chris a scrivere certe cose-)

Buona lettura!






Capitolo 1




“Certo che è proprio carino qui.” Notò la donna, spostando sulla spalla la tracolla della borsa, non mollando la presa che teneva saldo al petto il figlio. Il piccolo sonnecchiava, confortato dal cullare leggero della madre.
Forse rimase qualche secondo di troppo ad osservare come le piccole mani del bambino stringevano il cotone elastico della canotta della madre, perché questa la richiamò dai suoi pensieri.
“Vuoi tenerlo in braccio?” Trasalì a quella domanda, una reazione così evidente che fece ridere la novella madre.
“È un tuo problema quello, lo lascio a te.”
“Ma zia Heather io ti voglio tanto bene.” Fece la vocina muovendo un braccetto del piccolo.
“Io no, mamma Sierra.” Rifece la vocina Heather, accompagnando con un sorriso; Sierra era la solita eccentrica, ma questo la rendeva lei ed era lieta che non fosse cambiata.
“Comunque, accomodati pure...” esitò per un momento. “Ti porto qualcosa?” Sembrava la giusta frase da dire a qualcuno in piedi nel soggiorno; non riceveva spesso ospiti, mai in realtà. Non era una sua mancanza o colpa, semplicemente non c'era nessuno da ospitare -non che le piacesse avere gente per casa.
“Non preoccupartene, pensavo di intrattenermi poco, ti avevo promesso che sarei passata.” Accettò solo il suo invito a sedersi. Abbandonò la borsa ai piedi del divano per offrire più comodità al piccolo, ancora assonnato.
“Ammetto che non mi aspettavo saresti venuta in questa casa con un bambino.”
“I tempi del reality sono finiti e comincio a credere che sia più lui a far paura a te.” E Heather questo non poteva proprio nasconderlo, soffriva di ripellenza agli idioti e ai bambini; mentre quel ragazzino non smetteva di lanciarle delle occhiatine.
“Se devo essere sincera, non ho creduto alla gravidanza fino a che non ho visto le foto sui tuoi profili.” E c'erano tutte le foto che ripercorrevano il percorso di Sierra, si ricordava indistintamente le reazioni di schifo di Courtney che minacciò di bloccarla pur di fermare quello scempio umano.
“Neanch'io a dire il vero, è la cosa migliore che mi sia capitata dopo Cody.”
“Sono davvero felice per te, Sierra.” Mentiva.
“Oh, la calcolatrice è felice per qualcuno, si salvi chi può.” Scherzò. “Se i tuoi fans ti vedessero adesso credo rimarrebbero delusi nello scoprirti umana.”
“Non credo, saprebbero bene che si tratterebbe di una strategia per vincere la tua fiducia.” Sfoderò il suo ghigno più lucente, di quelli che ormai raramente le riuscivano così bene.
“Touché.” Concordò, perdendosi un secondo nel giocare con le mani del piccolo che sorrise alla madre con solo due dentini in vista. “Come vanno le cose qui a Toronto?”
Heather alzò lo sguardo al soffitto, dovendo fare una veloce lista mentale degli eventi positivi e negativi che avevano caratterizzato quell'ultimo anno e mezzo.
“Bene.” Credo- non avrebbe mai potuto dirlo con certezza. “Ho finalmente trovato una strada, e sai come sono: non mi resta che percorrerla e raggiungere la mia meta.” Accavallò le gambe assumendo la classica posa da Heather vittoriosa, un brio che, Sierra avrebbe potuto affermare, era scomparso.
“Tu, con Cody e Zack?” Rigirò la domanda.
“Bene, davvero bene.” Heather avvertì una dolcezza in quelle parole come poche volte l'aveva sentita.
“Alla fine hai tenuto i capelli corti.” Affermò la padrona di casa, facendo caso al gesto vizioso che aveva fatto nello spostarsi dietro l'orecchio una ciocca.
“A Cody piacciono molto, per cui mi sono detta: perché no?”
“Ti donano.”
“Come a te i capelli lunghi.” Lo erano ancora di più da quando entrambe erano nel reality. “In confronto al taglio corto, questi sembrano più tuoi.” E lo sapeva, glielo avevano detto anche in passato.
“Dimmi un po'...” Riprese Sierra con un pizzico in più di vivacità nel tono. “Situazione sentimentale?”
Heather rispose tossendo forte, quasi strozzandosi con la sua stessa saliva. Da posizione fiera a presa alla sprovvista in un attimo.
“Ti sembro una persona che ha di questi problemi?” Aveva sbuffato, sintomo di una risposta ad una domanda dolente. “Stare da sola è ben più soddisfacente, non ho abbastanza energie per un'altra cosa da far funzionare.”
“Oh, capisco.” Si morse il labbro: un pessimo segno. Quando Sierra si mordeva il labbro con quel fare insistente, Heather sapeva bene che voleva dire qualcosa, qualcosa che era meglio non dire; ma non la istigò, attese che risolvesse i suoi dilemmi interiori da sé.
“Ecco, diciamo che questa mattina sono venuta a sapere di una cosa -d'altronde ho ancora sotto controllo il forum del reality, quindi non posso perdermi le novità.” Solo una non era stata raccontata di storia, ed Heather le era ancora grata per quel favore. Esitò di nuovo, stringendo Zack a sé per tenergli la piccola testa contro il petto, sapendo quale sarebbe stata la reazione di Heather alle parole che da lì ad un attimo avrebbe pronunciato.
“Oh, dannazione Sierra, parla!”
“Alejandro è a Toronto.”
Sbiancò. Cosa?- la sua mente si svuotò d'un tratto.
5 anni, 5 anni passati a non pensare più a quel nome, a sfuggire da quel nome ed ora sbucava proprio quando non sentiva più quella pesante ombra perseguitarla. Grazie destino-
“È arrivato oggi per una missione diplomatica ed ho trovato particolare la situazione, per questo non ho potuto non dirtelo.” 5 anni non erano uno scherzo, era passato troppo tempo da quando quel nome aveva avuto un significato, troppo tempo che in un'istante era tornato indietro.
“Capisco... Beh, grazie dell'informazione, sarà un piacere evitarlo, io e quell'asino morto non abbiamo più molto da spartire.” Sorrise sicura, nascondendo un evidente nervosismo, che la portò ad alzarsi per prendere aria. Sentiva la stanza farsi improvvisamente più piccola, l'ossigeno mancare e il suo corpo appesantito, incatenato alla sedia. “Spero eviti le strade trafficate, sia mai che capiti io al volante e lui sia il pedone.” Una genuina cattiveria che Heather riservava a quelli che le avevano fatto un torto... peccato che effettivamente lui non gliene avesse fatto alcuno.
Sierra sospirò, alzandosi con lei.
Dovresti parlarci.”
“Non penso sia il caso, non ho bisogno di un uomo nella mia vita, tanto meno qualcuno come Alejandro.

“Sei sicura come sempre.” Ma nel modo in cui l'aveva mormorato lesse un tono di delusione. “Tanto trovi tutto sul suo instagram, per gli spostamenti.” Eppure quella donna ne sapeva una più del diavolo, e riusciva sempre a stuzzicare lei, che era il diavolo.
“Come se io lo seguissi.” Sbuffò, accarezzando la tasca degli jeans dove aveva messo il cellulare.
“Infatti è il mio dovere da fan numero uno dei concorrenti di A tutto reality.” Riprese la borsa, sistemandosela come aveva fatto entrata in casa. “Cody mi aspetta in città, quindi mi conviene raggiungerlo se lo faccio aspettare poi si agita.”
“Conosco il tipo.” Sorrise, non volendola salutare con il broncio.
“È stato bello rivederti, temevo che...” ma non concluse la frase, scosse il capo, sorridendole a sua volta. “Sono felice che stai finalmente bene.”
“Anch'io Sierra, per questo non posso permettermi passi falsi.” E la porta si chiuse. Per un istante aveva spento il cervello, non aveva fatto caso all'amica che lasciava la casa, per quanto avesse risposto al saluto e ora abbassava la mano. Nella sua mente, come una pellicola dei vecchi film bianco e nero, si ripropose la storia della sua vita da 8 anni a quella parte, dalla fine dell'All stars fino a quel momento. I frame erano rovinati e l'audio ovattato, ma distingueva indistintamente eventi e figure... brutti ricordi che aveva bruciato parte per parte. Nessuno sapeva cosa fosse accaduto alla coppia più gettonata: Aleather. Accade dall'oggi al domani: tutte le foto insieme scomparse, e della coppia se ne erano perse le tracce.
Ovviamente lei era fin troppo a conoscenza degli eventi, ne era l'inizio, la causa e la fine. La fine era quella casa in cui si trovava, la pace che aveva conquistato e mantenuto per un anno e mezzo e che ora stava vacillando... solo per averlo sentito nominare. Le mancava un po' la Heather orgogliosa, menefreghista, calcolatrice che era, adesso era cresciuta e si era ritrovata sommersa dal retaggio del suo comportamento.
“Ridicola.” Mormorò a se stessa mentre sul cellulare aveva aperto l'applicazione di Instagram.
Nell'istante in cui stava per aprire la ricerca, il telefono vibrò facendola sussultare. Dannazione, mi spia?-
“Pronto?” Non voleva rispondere, ma quello era un numero a cui non si poteva dire no.
“Heather, dove sei? Gwen mi ha detto che non sei ancora arrivata a lavoro.” E in effetti l'aveva dimenticato.
“Le ho detto che avrei tardato, Sierra è venuta a trovarmi e, sì Courtney, ha davvero un figlio.”
“Non ci credo...” mormorò, e poteva vederla scuotere la testa. “Beh, appena hai fatto avvisala, non riesce a gestire tutto da sola.”
Courtney aveva investito su Heather, su un lavoro tranquillo che l'avrebbe aiutata ad integrarsi bene, quindi si era scelto un bar in centro, lasciando a lei il controllo del locale e, per aiutarla, aveva assunto Gwen, che aveva da poco perso il lavoro in un pub.
Lei e Gwen, quindi, gestivano insieme un locale e, per quanto fosse assurdo da credere, funzionava, ed anche bene!
“In realtà Sierra mi ha avvisato di una cosa e...” Sospirò, non volendo troppo girare intorno alla questione. “Alejandro è in città.”
“Alejandro è in città?!” Le fece eco, urlando, così forte che diede un colpo di tosse e abbassò la voce, tornando composta. "Ovviamente tu non penserai di incontrarlo... dopo tutto quello che ti ha fatto.”
“Ovvio che no.” Ribadì con tanto di sbuffo, che avrebbe dovuto rafforzare la sua risposta e non farla sembrare una bugia.
“Allora perché hai messo un mi piace sul profilo di Alejandro?”
“Cosa?!” La reazione arrivò prima del pensiero, dato che neanche era riuscita a cercarlo e tanto meno l'aveva fatto su Facebook.
“Heather la tua si chiama ostinazione.”
“Come la tua con Duncan?”
“Non è questo il punto.” Sapeva come rispondere a Courtney, ormai poteva affermare di conoscerla bene. “Il punto è che dopo 5 anni non mi sembra il caso di ritornare indietro, d'altronde è lui che ti ha lasciato sola.” Heather si morse un labbro, perché lei sapeva. Sapeva verità scomode che aveva fatto bene a tenere omesse, non avrebbero influenzato nient'altro che le ragioni del colpevole della storia.
“In verità Courtney... c'è una cosa che non ti ho mai raccontato.” Forse era arrivato il momento di raccontarlo, un po' per un consiglio, un po' per buttar fuori quella vicenda che l'aveva sempre torturata inconsciamente. Non aveva mai avuto occasione prima, d'altronde la ragazza non gliela aveva mai chiesto. Il rapporto tra Heather e Courtney era iniziato con un patto di riservatezza: “Io faccio quello che voglio, tu fai quel che vuoi, nel rispetto degli spazi personali di una e dell'altra.” un accordo chiaro e semplice, ma Heather aveva ignorato l'ultima parte, facendo ben presto perdere la pazienza a Courtney che si era proposta, per aiutare se stessa, di aiutare lei; per cui molte cose, le più importanti, le aveva sorvolate. Ed ora i nodi dovevano venire al pettine
“Il vero motivo per cui Alejandro mi ha lasciato 5 anni fa.” Ma per poterlo raccontare Heather aveva bisogno di una sedia, tanta pazienza e che Courtney tacesse, cosa che non credeva avrebbe fatto, eppure non ci fu un fiato dopo le sue parole.
Bisognava risalire non tanto a 5 anni prima, bensì a 8 anni prima, con la fine di All Stars e l'inizio effettivo della loro relazione.


“Ti fidi di me?” Glielo chiedeva ogni sera, mentre le accarezzava la schiena nuda. I polpastrelli solcavano la pelle, tratteggiando la colonna vertebrale, vertebra per vertebra, cercando un contatto ancora più profondo, più profondo di quello che da poco avevano avuto.
“Certo che mi fido.” A quella solita risposta, lui divideva le dita da lei e si girava sul fianco opposto, così che le loro schiene si sfiorassero. Tutto taceva.
Da un po' di giorni a quella parte avevano preso quella abitudine e finiva sempre allo stesso modo, sapeva che non andava bene. C'era qualcosa che la tormentava, che le stringeva il cuore la notte... la paura che il letto dall'altra parte rimanesse vuoto. Tre anni, tre anni di relazione che ora vacillavano per quel contratto che non era stato spostato dal tavolo in soggiorno. Ora sedeva di fronte questo e continuava a leggerlo interrottamente. Aveva comprato per loro una casa, una casa che sarebbe stato il loro nido d'amore, o quelle cose schifosamente sdolcinate che erano più da Sierra che da lei. Non sapeva se le avesse fatto piacere o meno, perché da quel giorno viveva con una profonda ansia di fondo, un'ansia che con il tempo aveva solo imparato a coltivare: “Non sarà un modo per raggiungere un suo scopo?”, “Mi vuole incastrare?”, “Mi tradisce?”.
Tutti pensieri leciti dati i soggetti che erano, ma lui non aveva mai mostrato comportamenti sospetti, quindi... perché? Non aveva senso quella proposta e c'era qualcosa che non le tornava, senza contare quella sua domanda continua.
Doveva indagare in prima persona, e non affidarsi dei messaggi letti sul suo cellulare o delle chiamate che gli faceva di tanto in tanto. Heather Wilson non si sarebbe fatta mettere i piedi in testa, tanto meno da un burromuerto qualsiasi.
Quindi assopendo nuove domande come: “Vuole tenermi legata ad una casa?” o “Spera che con un contratto di mezzo mi faccia sentire in debito con lui?” indossò il suo Dior nero, un tubino con la gonna svasata, il dietro che le toccava le caviglie e il davanti che invece lasciava intravedere le decolté lucide. Ciò che preferiva di quell'abito era la schiena scoperta e il modo in cui il tessuto scuro incorniciava la sua pelle perlata. Essere una modella aveva di quei vantaggi, vestiti ed accessori regalati e un portamento tale da far cadere facilmente uomini e donne ai suoi piedi. Secondo quanto letto nell'agenda dell'altro, quella sera sarebbe stata in un hotel di lusso e, mentre lui era in "riunione" (o così le aveva detto), lei l'avrebbe atteso al bar, per fargli una sorpresa ovviamente. Nel caso in cui fosse uscito solo, composto e magari con qualche politico rozzo al seguito, gli avrebbe creduto... altrimenti.
Le labbra si toccarono l'un l'altra testando la tenuta del rossetto, incorniciando poi un ghigno soddisfatto. L'eyeliner fece un lavoro pari se non migliore al rossetto sulle labbra, i suoi occhi ghiaccio erano più penetranti del solito: tutto perfetto. Uscì dalla toilette del bar dell'albergo, portando una ciocca di capelli corvini allo chignon che li teneva compatti. Ordinò un margarita, giusto per intrattenersi quel poco che le serviva con qualcosa fra le mani, addebitandolo ad una camera di cui aveva notato esserci la chiave. Accavallò le gambe, il tessuto le accarezzò le caviglie in uno sfiorare seducente che fece allungare qualche sguardo. Semplice, ma appariscente: era il suo stile. La bocca sfiorò il vetro fresco e ricoperto di sale del bicchiere, assaporando il gusto fresco e acidulo del cocktail, mentre la gola le bruciava appena per l'alcool.
“Ma guarda chi si rivede.” Una voce graffiante e calda la colse di sorpresa, un fulmine a ciel sereno.
“Josè?” Sorpresa e spaventata, avere in mezzo quella persona significava guai.
“In persona. Come mai da queste parti?”
“Coincidenza.” La chiamò lei, sapendo bene dove Josè volesse andare a parare con quella domanda, ma lei non doveva sapere che il fratello si trovava lì, per cui. “Tu?”
“Chiamiamola coincidenza, sono qui per affari noiosi che neanche mi riguardano e... guarda quale diamante grezzo trovo sola a bere.” Era un complimento? Una frecciatina? Bravo chi l'avesse capito.
“Da non attraente a diamante grezzo, certo che le persone cambiano con il tempo.” Rimise subito in ordine le loro posizioni: lui, un povero uomo, che ci provava con lei, l'ape regina.
“Non posso che essere più d'accordo con te, a vederti ora non sembreresti il tipo di persona che ha partecipato ad un reality così squallido.”
“E tu non sembri qualcuno che si lascia mettere KO dal fratello sfigato in diretta TV.” Osso duro, non poteva che ammetterlo, ma sapeva come tenerlo a bada, passare tanto tempo con uno dei fratelli Burromuerto aveva i suoi vantaggi. “Comunque scusami, ma stavo tranquillamente sorseggiando il mio cocktail, quindi.” Socchiuse gli occhi e prese un sorso più profondo del precedente, stirando le labbra per sopportare quel sapore forte.
Davanti a Josè comparve un whisky e sul suo viso un sorriso; non avrebbe mollato facilmente. Il problema era che non solo lui era una persona ostinata.
“Non posso vederti sola, il mio fratellino non mi perdonerebbe mai se lasciassi la sua fidanzata al primo sciacallo.”
“Qui lo sciacallo è uno e uno soltanto.”
“Ah, sì? Chi sarebbe?”
Heather si sporse verso di lui per rispondere acida e secca, ma la precedette e le ordinò un cosmopolitan prima che potesse rifiutare. “Sono un uomo galante, prima di scacciarmi fatti offrire un giro o due.” Le propose, una voce allettante che non poteva ricevere rifiuto, e quel cosmopolitan appena servito le fece accettare l'accordo. In men che non si dica avevano iniziato a parlare vivacemente e il cocktail, come il bicchiere di cherry che ne seguì, erano stati finiti. Faceva più caldo nel vestito nero, la voce era più alta e aveva iniziato a gesticolare vivacemente, segno di quanto fosse alticcia.
“Basta bicchieri non ne posso più.” Biascicò, respirando profondamente prendendosi qualche minuto per ragionare su cosa dire. “Non capisco come mai questo slancio di gentilezza nei miei confronti, litigi fra fratelli?”
“Classica rivalità.”
“Sarei il bottino?”
“Oh no, anche se per Al lo sei a tutti gli effetti.” Un bottino da vincere? Stupendo, quindi era una bella medaglia sul petto.
“Che palle.” Bofonchiò, giocherellando con il bicchiere ormai vuoto.
“Come mai?”
“Non sono un oggetto, non sono un premio, né tanto meno il gatto domestico a cui serve una casa.”
“Sei una donna libera.”
Heather gli rivolse completamente la sua attenzione, trovando quelle parole più interessanti del bicchiere.
“Una donna forte, che merita il meglio.” Rincalzò la dose, non lasciandosi sfuggire quella breccia che aveva trovato nel muro di Heather.
“E quale sarebbe questo meglio?” Non si era accorta quanto Josè fosse pericolosamente vicino.
“Qualcuno in grado di apprezzarti per come sei e non che ti tratti come soprammobile.”
“E cosa ti fa pensare che io mi faccia trattare in questo modo?”
“Sei qui a bere con me, mentre aspetti di scoprire se Al ti tradisca o meno.”
“Io sono qui perché lo voglio, piuttosto io non ho ancora capito perché tu sia qui.”
José le posò il dito sotto il mento, sollevandolo.
“Perché lo voglio, e non potevo lasciarmi sfuggire qualcosa che inseguivo da tempo.” Le sussurrò sulla bocca, non distogliendo lo sguardo dal suo. Heather non riusciva a contrastarlo, le sue parole la stavano incatenando ai suoi occhi “Hai scelto il fratello Burromuerto sbagliato.” Non perse tempo. Mentre la sua mano saliva sulla sua coscia morbida, le labbra l'avevano catturata in un bacio caldo e passionale che sapeva di alcool e saliva. Piegò lateralmente la testa, concedendosi a quel piacere, un piacere amaro figlio del tradimento. Ma era giusto così, era il prezzo da pagare se si sfidava Heather Wilson.

“Non so dirti cosa è venuto prima, se la coscienza del fatto che avevo baciato il fratello odiato del mio fidanzato oppure lo sguardo di Alejandro che aveva assistito alla scena e mi bruciava la pelle.” Sospirò piano, coprendosi il viso con una mano. Courtney non fece un fiato e ci volle qualche secondo prima che sentisse il suo respiro dall'altra parte della cornetta. “Non posso dire di non aver risposto, che non fosse stato un vero bacio, posso dire che non ero in me, che pensavo mi tradisse e che... non ero pronta a quel passo a cui mi aveva forzato.” Non le nascose la rabbia nel suo tono, l'irritazione che aveva provato per se stessa in quel momento e poi nei confronti di lui. Perché lui non aveva fatto nulla, era solo ed esclusivamente colpa sua. “Tornata a casa non c'era più, ero sola. Alejandro mi aveva lasciata.” Lei e il contratto sul tavolo del soggiorno. “Diamine, Courtney, dì qualcosa!”
“Hai fatto un gran bel casino, non c'è che dire.”
“Grazie tante, davvero.”
“Ma non sono stupita più del dovuto, non siete cambiati affatto, pensavo che il reality vi avesse insegnato qualcosa e invece... ma meglio così.” Concluse i pensieri che si era fatta della situazione. “Forse non dovete stare insieme, più vi inseguite e trovate più tutto torna in un punto vuoto in cui vi dovete lasciare.”
Il suo ragionamento non faceva una piega, eppure l'aveva messa in viva voce e il dito aveva concluso la ricerca che aveva iniziato.
“Già, meglio così.” Concordò, affatto convinta.
“Lo stai cercando vero?”
“Devo pur sapere come evitarlo, no?!” Evitarlo, ovviamente, non aveva bisogno di rivederlo, di provare a se stessa che, sì, alla fine il suo errore aveva giovato ad entrambi e trasformato la colpa in fortuna.
“Heather non devo ricordarti com'è stato il periodo seguente, vero?” Si morse il labbro, nuovamente. Dopo che Alejandro aveva abbandonato la casa, lasciandola totalmente a lei, si era ritrovata sola ad Ottawa, una città che conosceva da appena 3 anni, a cui non apparteneva, una realtà che si era legata a lei nel momento in cui aveva iniziato il lavoro da modella. Seguire quel mestiere aveva mostrato in fretta il lato della lama, tutti i party a cui doveva prendere parte, pieni di alcool e persone fortemente frustrate in cerca di altre persone sole, come lo era lei. Courtney era intervenuta a metà di quell'anno di alcool e festini. Lei aveva una casa grande, Courtney aveva bisogno di un alloggio per poter studiare legge nella grande capitale; una combinazione eccezionale che l'aveva tirata fuori dal baratro. Il fondo era stato toccato in una festa in cui alcool e conforto fra persone sole non bastavano più e qualche pillola avrebbe aiutato a movimentare il tutto. Courtney lo fece più per esasperazione che per gentilezza: doveva studiare e non perdere tempo a distrarsi da quello che succedeva troppo spesso nella camera di Heather. Poteva dire che senza l'amica, questo era diventato, per lei non sarebbe finita molto bene, forse a quell'ora sarebbe abbandonata in chissà quale villa o, peggio, vicolo. Il conto dell'aiuto dato le era stato presentato presto, quando all'altra servì un aiuto per conquistare una vecchia fiamma ritrovata; per quanto a Duncan Heather non gli era mai andata a genio. Stranamente, però, funzionò, tant'è che riuscì non solo a far amicizia con il ragazzo, ma a riavvicinare Courtney a lui e riattivate la vecchia meccanica odio amore fra loro. Quel che non aveva funzionato per lei ingranò bene per l'amica e la fine del racconto della sua vita andava a sbattere in quell'istante.
“Dimenticare quel periodo direi che è difficile.” La incalzò, sbuffando irritata. “Ma in questo momento è totalmente un'altra storia.”
“Come ti pare, tanto sappiamo entrambe chi avrà ragione alla fine.” Precisò con il suo solito tono presuntuoso. Penso che compilerò una lista con i motivi per cui non bisogna mai darmi torto.” E già poteva vederla prendere carta e penna, appuntando sulla prima riga un numero uno. C'era stato un periodo in cui la casa era piena delle sue liste.
“Come vuoi, ti dimostrerò del contrario.”
“Sfida accettata, il secondo punto sarà: mai sfidarsi su ciò che non si è certi di vincere.” Tanto le diede fastidio il nevrotico scrivere di Courtney che le attaccò in faccia, esasperata.
Ora aveva bisogno di concentrarsi, doveva elaborare una strategia ed evitare di pensare troppo a cose superflue, come la consapevolezza di quanto quel che stava per fare fosse sciocco. Per prima cosa analizzò gli ultimi aggiornamenti del profilo di Alejandro, fra baci e abbracci di politici (e politiche), qualche festa sulla spiaggia, il caldo infernale argentino, la villa della sua famiglia, poco c'era su Toronto, nessun accenno che fosse arrivato se non per il paesaggio che si intravedeva appena alle sue spalle in una delle storie caricate. Che volesse non essere trovato? Per lei o per il lavoro? Perché come lei sapeva di lui, ci avrebbe scommesso, lui sapeva di lei, ed era quasi certa che a fare la spia fosse stato Duncan. Poteva allungare il suo solito giro per arrivare di fronte il palazzo della foto e poi andare al bar ad aiutare Gwen, di cui, di fatto, si era dimenticata -ma non sarebbe stata odiata, l'altra non poteva odiarla più di quanto già non avesse fatto.
Procedette con ordine, seguendo il suo solito agire metodico: controllo del territorio d'azione, puntare l'obiettivo, colpire e affondare; non era mai stata delusa da questa sequenza, decisa e precisa avrebbe conquistato la vittoria!... se non fosse stato tutto un buco nell'acqua. Non solo aveva finito con l'arrovellare il cervello su dubbi e domande, che aveva zittito ringhiando a se stessa e stringendo il volante, il controllo del territorio si era rivelato un posto vuoto con qualche anima e barbone, strade che con piacere avrebbe evitato. Per cui non perse tempo nemmeno a fermarsi, riprese la sua strada, perché Alejandro non era lì. Fortunatamente non era lì.-
Si fermò ad un semaforo e sospirò, lasciandosi andare contro il sedile.
“Quanto sei cretina.” Disse a se stessa battendo la testa contro il volante. Arrenditi, è una sfida che non puoi vincere.- riecheggiava nella sua mente. Per una volta può anche vincere lui.- Ed era a questa convinzione che stringeva ancora i denti e continuava imperterrita la sua ricerca, finendo per girare tutta Toronto per trovare il nulla. Alla fine si arrese all'evidenza che era perfettamente riuscita nel suo intento, che Alejandro avrebbe avuto salva la vita e che lei non si sarebbe messa l'anima in pace, dovendo persino dare un punto a favore a Courtney. Se la sua vita fosse stato A tutto reality, arrivata a quel punto patteggerebbe per la sua auto eliminazione. Chiuse la portiera irritata, si fidò del clack della serratura senza controllare che fosse bloccata, avviandosi verso il bar con la testa bassa, mugugnando tanto forte da far girare i passanti.
Ma cosa volevano loro? Non avevano di certo dei problemi di ex da risolvere.
Soffiò, coprendosi la bocca con la sciarpa, rallentando il passo. Le era tornato in mente un evento, un singolo istante che aveva dimenticato perché al tempo si era convinta fosse un errore. Da poco si era trasferita nella nuova casa e, non avendo un piano, aveva accettato un lavoro a tempo indeterminato in un call center. Niente di impegnativo, ma che l'avrebbe intrattenuta durante la giornata -senza contare la necessità di uno stipendio. Aveva una lista infinta di numeri da chiamare, una lista di nomi a cui appartenevano i numeri e offerte da proporre: facile, anche troppo. Si ricordava che aveva sistemato le cuffie mentre attendeva che il numero, uno dei pochi senza nome di riferimento, rispondesse e fu esattamente nel momento in cui posò la lima di ferro all'unghia che una voce calda, fin troppo familiare, rispose, facendola trasalire. Un nitido pronto che ricevette risposta allo scoccare dei 00:06 secondi sullo schermo. “Salve, vorrei proporle un'offerta...” “Ehm, no scusi non sono interessato.” Non sapeva se l'avesse riconosciuta, in quel momento era lei quella confusa, poteva mettersi a pensare a qualcos'altro che non fosse il suo cervello incasinato? E quel sipario si chiuse così: con lei senza parole e la linea caduta. Forse non era neanche la sua voce, era certa che esistessero altri ispanici oltre Alejandro con un numero canadese, per cui quello che era successo nacque e finì lì... ma ora sembrava tutto più vero. Strinse maggiormente la sciarpa di cotone quasi a volersi strozzare, alzando gli occhi verso la porta del locale, una porta in legno che aveva una piccola finestrella che affacciava verso l'interno. Insieme a Courtney aveva scelto come allestire il locale, compresi gli infissi, ed era stata proprio lei ad insistere su quella porta, perché trovava carina quella finestrella, che lei invece aveva trovato insulsa; mai avrebbe immaginato quanto quella scelta l'avrebbe salvata.
Si chinò in fretta sulla scarpa, dando le spalle all'entrata di cui tintinnò la campanella. Non era un'allucinazione: la pelle bronzea, il corpo cesellato ad arte e i lineamenti del viso sottolineati dal pizzetto curato.
Di tanti locali.- strinse gli occhi, imprecando, lanciandosi poi nel locale. Occhiata felina all'esterno e poté girarsi verso una Gwen che, con un sorriso sornione, l'aspettava profondamente divertita sia dalla situazione che dalla sua espressione corrucciata.
“Parli del diavolo... e appari tu.”
“Hai di nuovo organizzato un rito satanico dietro il bancone?”
“Quante volte devo dirti che era un ordine di candele profumate in sconto ed il fatto che fossero nere e rosse era solo perché mi piace l'aroma?” Sbuffò, per poi poggiarsi con i gomiti sul bancone non distogliendo lo sguardo da lei. “Comunque, sai bene cosa volevo dire.”
“E cosa vorresti dire, scusa?” Finse indifferenza, ma le sopracciglia le avevano corrugato tanto la fronte che ne erano rimasti i segni.
“Suvvia, hai visto chi è appena uscito dal locale.”
“Oh, davvero, chi?” Non ostentò ironia, anzi la marcò, sforzando anche un sorriso, nel tentativo di non irritarsi.
“Allora, vuoi sapere di cosa abbiamo parlato?”
“Non mi interessa se ti ha chiesto di me.”
“Veramente mi ha chiesto se sentivo ancora voi del reality.” Si strinse fra le spalle, passando uno straccio sul bancone. Heather le lanciò un'occhiataccia mentre appendeva il giacchetto di pelle e la sciarpa nella stanza riservata allo staff, indossando il grembiule corto, che le copriva i pantaloni.
“E tu gli hai risposto?”
“Che ero in particolare contatto con te e che lavoriamo insieme qui.”
“Ma sei scema?!”
Scoppiò a ridere. “Scusa, ma è troppo divertente.” Sghignazzò per qualche altro minuto, prima di ritrovare un po' di compostezza. “Gli ho raccontato di Courtney, Duncan, io e Trent, delle partite di D&D che organizza di tanto in tanto Cameron, Sierra e Cody, lui sapeva davvero poco, dopo che ha lasciato Ottawa per tornare in Argentina.” E non si trattenne dal giudicarla con lo sguardo: indovina di chi è la colpa. “Ha perso i contatti e si è concentrato sulla sua nuova carriera.”
“Diplomatico, eh?”
“Così pare.”
“Beh, sono contenta per lui.” Non seppe cosa dire oltre quella scontatezza, mettendosi a pulire qualche tavolo che era stato usato per la colazione.
“Perché non gli parli?”
“Come?”
“Seguilo, parlargli, non lo so, non puoi tenere il broncio per tutto il tempo.”
“Certo e poi dovremmo contornare il tutto con una bella bevuta, un ritorno ai vecchi tempi... che ne dici di un ritorno alla realtà? Ehilà, cervello e ragnatele, non serve ti spieghi la situazione vero?”
“Fa come ti pare, come sempre, liberissima di affogare nella tua convinzione.” Gwen diede il buongiorno ad una coppia di clienti appena entrata, mentre lei continuò a borbottare lustrando il vetro di uno dei tavolini. La visione di Gwen era davvero ideale: parlare, risolvere, baci e sorrisi e poi cosa? Esattamente, non vedeva il poi, ed era proprio quello ad inquietarla tanto. Aveva davvero bisogno di Alejandro?, di avere un impegno a lungo termine con lui o, in generale, di avere un impegno con qualcuno? Stava bene da sola e perché non continuare ad esserlo. Strinse lo straccio, perdendosi nel suo riflesso. Da tempo quel suo sguardo non si era posato che su se stessa, l'unica persona di cui davvero le importava, capace di infonderle sicurezza soltanto guardandosi: sei una donna forte, sei dove sei solo ed unicamente grazie a te. Eppure se chiudeva gli occhi e distoglieva l'attenzione da se stessa non sentiva più nulla, solo il battito di quel cuore ricoperto di pece che Courtney e Gwen avevano tanto decantato. Heather Wilson non era persona da sentirsi vuota per colpa di un uomo, la colpa in questo caso era di Alejandro che aveva aperto una breccia nel suo animo, l'aveva coltivata e poi abbandonata a marcire, non si era preso cura di qualcosa che lui aveva causato, anzi aveva fatto, come suo solito, il bambino viziato lasciando da parte il giocattolo che gli aveva fatto male, lasciando lei intrappolata sotto un macigno. Era a causa di questa breccia se lei stava davvero bene con Alejandro, più di quanto avrebbe mai ammesso in vita sua. Quando c'era lui chiudendo gli occhi sentiva la sua voce, sentiva il suo calore, una compagnia che non le dispiaceva. I battibecco con lui davano un ritmo alla giornata, le frecciatine e quelle battute a cui lui riusciva a trovare un doppio senso, lasciandola appesa senza possibilità di ribattere, tutto sommato le mancavano.
Lasciò l'ordinazione ad un tavolo, sorridendo alla ragazza seduta a questo, riportando indietro con sé il vassoio.
Ma allo stesso modo, se si fermava a pensare oltre a questo, ad un futuro che teoricamente una coppia dovrebbe avere... beh, quel solo battito del cuore non le dispiaceva così tanto. Tutto si riduceva quindi ad una singola domanda: “Cosa vuoi Heather Wilson?” e non appena avrebbe trovato risposta, forse avrebbe anche potuto seguire il consiglio di Gwen.

“Direi che per oggi possiamo chiudere.” Affermò con fare orgoglioso Gwen, sollevando il sacco della spazzatura appena chiuso.
“Ci penso io, tu porta via la spazzatura.”
“D'accordo.”
“Non dimentichi qualcosa?” La ragazza la guardò mentre si metteva la giacca, interrogativa. “Capo, devi chiamarmi capo.”
“Ah, ah, certo Heather.” Prese la busta. “Non l'ho mai fatto non capisco perché dovrei iniziare.”
“Perché sono il tuo capo.”
“A domani, Heather.” La lasciò sola con lo scopettone in mano, che iniziò a passare. Alla fine la giornata era andata stranamente meglio, tutto era proceduto con tranquillità e la noiosa routine quotidiana le aveva fatto bene. Ora si sentiva più leggera, soprattutto con meno pensieri che si arrovellavano nella sua mente. Vero, la minaccia Latina era ancora a piede libero, ma non l'allarmava. Avrebbe dovuto lasciarsi andare al tempo, come quel pomeriggio le aveva insegnato, d'altronde non era più nel reality, tanta agitazione avrebbe soltanto nuociuto alla sua pace, non poteva farsi venire le rughe tanto presto -la pelata precoce le era bastata.
Riordinò quindi le sedie ed i tavoli, spense la luce del locale, mise l'antifurto ed uscì fuori, stringendosi nel giacchetto all'avvertire una folata di vento fredda. Girò due volte la serratura e mise il lucchetto in basso, tutto era fatto come ogni martedì quando chiudeva il locale. Routine, cara vecchia routine. Dalla tasca, tra scontrini e un pacchetto di mentine, tirò fuori le chiavi della macchina pronta a godersi una serata all'insegna di film trash e popcorn; il film che aveva in mente doveva essere tanto trash da superare persino A tutto reality. Avrebbe dovuto avere il peggio del peggio, qualcosa come Sharknado, tornado e squali, sangue e assurdità, le serviva questo, non ... Alejandro.

   
 
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