Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: LazySoul    21/08/2017    2 recensioni
Hermione Jane Granger si trova in cella, imprigionata nella sua stessa scuola e costretta ai lavori forzati ed a giornalieri interrogatori e torture. Ma dove è finito Draco Malfoy? il ragazzo di cui si è innamorata e che gli aveva promesso di salvarla?
Dal I capitolo:
Sapevo cosa aspettarmi, ogni volta era più o meno simile alla precedente: domande su domande che mi venivano poste dalla voce stridula della “Signora”, che altro non era che Bellatrix Lestrange, il mio mutismo che la faceva andare su tutte le furie, minacce di morte, torture, dolore... tanto dolore, ma poi finiva e io mi ritrovavo scaraventata nella mia cella a leccarmi le ferite come un animale.
Sì, all’incirca era sempre la stessa storia.
Era come andare dal dentista, ed io lo sapevo bene dato che entrambi i miei genitori lo erano: ti sedevi sul lettino, soffrivi un po’ nel momento del controllo o dell’impianto dell’apparecchio o di qualsiasi altra “diavoleria babbana” per avere una dentatura perfetta, ma poi finiva e tu sapevi che non sarebbe durato molto il dolore, che presto sarebbe passato...
Attenzione: Questo è il sequel di un'altra storia: "Mai Scommettere col Nemico"
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, FemSlash | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger, Luna Lovegood, Nuovo personaggio, Un po' tutti | Coppie: Draco/Hermione, Harry/Ginny, Lavanda/Ron, Lucius/Narcissa, Pansy/Theodore
Note: Lime, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VI libro alternativo
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Mai Scommettere col Nemico'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A



Consiglio di leggere prima qua: Capitolo nono

21. Let’s be friends

 

(Draco’s point of view)

 

«La doccia è mia» esclamò Hermione, alzando la mano e dirigendosi con passo spedito verso il bagno. A metà strada si fermò, si guardò intorno e aggrottò la fronte: «Dov’è finita la Parkinson?»

Smisi di fissare la sua espressione corrucciata e mi guardai intorno, rendendomi effettivamente conto che di Pansy non c’era nemmeno l’ombra.

Feci spallucce: «Non ne ho idea. Avrebbe dovuto aspettarci qua».

«Avrà avuto altro da fare», disse lei, con tono casuale, prima di chiudersi in bagno.

Mi sarebbe piaciuto seguirla e fare la doccia con lei, ma la situazione era delicata e non avevo tempo da dedicare alla mia attività preferita: fare arrossire la So-Tutto-Io-Hermione-Granger.

Avevamo recuperato la zanna, ma ci rimanevano ancora due Horcrux da trovare, e non avevamo nemmeno la certezza che fossero gli ultimi rimasti.

Tirai fuori dalla tasca il bauletto in cui avevo posto la zanna e, dopo averlo fatto tornare alla sua dimensione naturale, lo posai sul comodino accanto al galeone e alla Pozione Polisucco.

Fu in quell’istante, mentre adagiavo il bauletto in legno che mi resi conto di un dettaglio che avrei dovuto notare prima: la boccetta di Pozione Polisucco era quasi vuota.

Aggrottai le sopracciglia mentre la prendevo in mano e me la rigiravo tra le dita: «Non è possibile», dissi, cercando di ricordare quanta ne avesse usata Hermione per prendere le sembianze di Pansy.

Sfiorai con le dita le tacche disegnate sul vetro della boccetta. Hermione ne aveva bevute due, quindi…

«Pansy», mormorai, stringendo le labbra con disappunto in una linea sottile. Ma perché avrebbe dovuto prendere della pozione polisucco?

Sempre con la boccetta in mano mi diressi verso il tavolo e fu in quell’istante che vidi un foglio di pergamena bianco, tranne che per una piccola scritta, storta e nervosa che diceva: “Torno presto, P.”

Posai la boccetta e mi portai una mano al volto, sfregandolo con rassegnazione.

«Donne», sospirai, rendendomi conto che non sarei mai stato in grado di comprenderle, nemmeno se mi fossi messo d’impegno.

Presi la bacchetta e pulii la melma che mi lasciavo dietro ovunque andassi, tutta colpa dei luridi tubi nei quali ero stato costretto a scivolare per raggiungere la Camera dei Segreti.

Alzai gli occhi al cielo e cercai di togliermi il grosso dello sporco con un incantesimo, così da non lasciare impronte sul pavimento o sgocciolare fango scuro.

L’aiuto di Breedy era stato fondamentale; se non fosse stato per lui, chissà cosa ci saremmo dovuti inventare per di uscire da lì. Percorrere il tubo al contrario non sarebbe stato di sicuro facile o comodo, quindi ero, ancora una volta, in debito con quell’elfo domestico.

Presi dall’armadio dei vestiti puliti, un asciugamano e aspettai davanti al bagno che Hermione finisse la doccia.

L’attesa fu snervante, continuavo a leggere i titoli dei libri di scuola che avevo nella libreria accanto all’armadio; finii con l’impararli a memoria nell’arco di due minuti. Stavo per prenderne uno a caso in mano, così da leggerlo per far passare il tempo quando la porta del bagno si aprì di uno spiraglio.

Mi ritrovai a fissare l’occhio e parte dello zigomo di Hermione: «Posso avere un asciugamano e dei vestiti puliti?», chiese, mostrandomi un angolo di bocca sorridente.

Fissai i vestiti che tenevo tra le braccia e, con un sorriso sornione, glieli mostrai: «Intendi qualcosa di simile?»

L’angolo di bocca s’increspò in una smorfia, mentre l’occhio rideva divertito: «Esatto».

Spuntò da dietro la porta il suo braccio nudo, pelle bianca solcata da peluria dorata, e la sua mano si chiuse intorno a ciò che le stavo porgendo.

«Grazie», disse, prendendo vestiti e asciugamano.

Sentii la sua risata, poi la porta si richiuse, nascondendola alla mia vista.

Per qualche secondo la tentazione di abbassare la maniglia e irrompere nel bagno mi fece rimanere immobile dov’ero, ancora col braccio sollevato. Quando mi ripresi dal momento di debolezza sbuffai e voltai le spalle alla porta, tornando all’armadio, dove recuperai un altro asciugamano e dei vestiti.

Per quanto mi sarebbe piaciuto passare del tempo di qualità con la Saputella-So-Tutto-Io Granger, ero consapevole che avevamo altre incombenze. Per prima cosa non sarebbe stato male scoprire dove si fosse cacciata Pansy e il motivo per cui aveva deciso di prendere un po’ della pozione polisucco che avevo rubato dalle scorte di Piton. In secondo luogo dovevo chiedere a Blaise se lui e la Lovegood avessero trovato qualcosa a proposito di passaggi segreti o vie alternative per far sgusciare all’interno del castello Sfregiato e compagnia bella. Inoltre dovevo assolutamente parlare coi miei genitori e non solo per la questione fidanzamento, ma anche e soprattutto per scoprire se avessero idea di dove potesse trovarsi la coppa di Tassorosso. E infine dovevamo organizzare la gita alla torre di Corvonero, dato che la Lovegood doveva ancora parlare con la Dama Grigia e chiederle del suo diadema perduto.

Troppe cose da fare, ma per fortuna non avevamo limiti di tempo e potevamo organizzarci al meglio e, nella migliore delle ipotesi, riuscire a fare tutto in un paio di giorni.

In quell’istante Hermione uscì dal bagno; la massa di indomabili capelli ancora umida, i miei vestiti che le stringevano la zona dei fianchi e del seno e un dolce sorriso a illuminarle le labbra: «La doccia ora è tutta tua».

Quella ragazza mi avrebbe portato alla pazzia, me lo sentivo.

«Grazie», dissi, lasciandole un veloce bacio sulla guancia, prima di chiudermi la porta alle spalle e sparire dentro il bagno.

Battei il mio record personale e riuscii a fare la doccia e a vestirmi in una decina di minuti circa. Solitamente preferivo godermi il getto dell’acqua calda molto più a lungo, ma data la situazione in cui mi trovavo, non avevo tempo da perdere.

Il Mondo Magico non sembrava intenzionato a salvarsi da solo, sfortunatamente, e la mia presenza sembrava ampiamente richiesta negli ultimi tempi.

Una volta uscito dal bagno con un ampio sorriso sulle labbra (l’unico effetto che una doccia calda poteva avere su di me era quello di rendermi felice) trovai Hermione con un foglietto di pergamena in mano e uno sguardo corrucciato.

Quando i suoi occhi scuri incontrarono i miei, ebbi un’ulteriore conferma del fatto che qualcosa non andava.

«É per te», disse semplicemente, porgendomi il foglio.

Lessi le poche righe con un misto di confusione e noia: i miei genitori richiedevano la mia presenza al più presto e asserivano di dover discorrere di una questione importante.

Molto probabilmente volevano soltanto infierire ulteriormente a proposito della questione “fidanzamento-con-una-perfetta-sconosciuta” e cercare di convincermi a prendere una decisione al più presto.

Per quanto avrei preferito cenare tranquillamente con Hermione e concludere la serata con una bella dormita, sapevo di non potermi tirare indietro; prima avrei parlato con loro e prima avrei avuto modo di far crollare il piano malsano di mio padre.

«Devo andare, non posso ignorarli, anche se lo vorrei tanto», sospirai, infilando il foglietto in tasca e indossando il mantello.

Hermione annuì, nel suo sguardo c’era una punta di preoccupazione che mi feriva, ma come darle torto? Capivo i suoi timori meglio di quanto lei pensasse. Avevamo passato anni a infierire l’uno sull’altro, venivamo da ambienti molto diversi e lei nel mio mondo non sarebbe mai stata accettata a cuor leggero. Come potevo non capire il suo timore di essere messa da parte in favore di un partito più idoneo, di un partito approvato dai miei genitori e dall’ambiente sociale in cui vivevo?

Eppure il suo non fidarsi completamente di me non faceva altro che ferirmi.

Presi la maschera da Mangiamorte e posai la bacchetta nella tasca del mantello.

Hermione seguì ogni mio movimento con una certa cupezza: «Torna presto, ok? Io intanto chiedo a Breedy di lavarci i vestiti sporchi e di portarci qualcosa da mangiare».

Le sue parole mi bloccarono a pochi passi dalla porta. Senza pensarci mi avvicinai a lei e la baciai.

Forse fu un tentativo di conforto un po’ misero, ma era l’unico a cui avevo pensato e che ritenevo abbastanza efficace.

Accarezzai con dolcezza le sue guance, inspirando a fondo il suo buon odore e assaggiando le sue labbra con lentezza e desiderio.

«Sarò di ritorno prima che tu ti renda conto della mia assenza».

Mi stupii delle parole sdolcinate che erano uscite dalle mie labbra; con lei mi succedeva un po’ troppo spesso e la cosa cominciava a preoccuparmi seriamente. Appena la guerra fosse finita, mi sarei fatto vedere da un bravo medimago, o magari da uno psicologo babbano (a quel punto ero disposto a provare ogni possibile soluzione che il mondo magico e non era in grado di offrire).

«Allora sei già in ritardo» mormorò lei, con un tono altrettanto melenso.

Il fatto che non fossi l’unico ad aver perso la ragione mi rincuorò quel tanto necessario a farmi ridere sommessamente per qualche secondo.

«Basta smancerie, donna, devo andare», dissi, facendole alzare gli occhi al cielo con un sorriso divertito sulla labbra.

Le rubai un ultimo bacio a stampo e uscii da camera mia, indossando la maschera da Mangiamorte.

Una volta arrivato davanti alla porta che conduceva alle stanze dei miei genitori mi bloccai,tolsi la maschera, raccolsi tutto il mio coraggio, presi un profondo respiro e bussai.

Ad aprirmi fu mia madre, un volume stretto al petto e uno sguardo serio a irrigidirle i lineamenti: «Entra, caro», mi disse, scostandosi dall’uscio.

Appena misi piene nel piccolo salottino, mi stupii di trovare Pansy seduta sul divano, tra le mani stringeva un bauletto decorato finemente e sul viso aveva un’espressione di confusa rassegnazione. Davanti a lei mio padre, in piedi, la fissava con cupo biasimo.

«Ti ho fatto chiamare», iniziò lui, mentre mia madre chiudeva la porta alle mie spalle e la Parkinson mi lanciava uno sguardo colmo di speranza: «Perché ho visto la tua ex fidanzata, con le sembianze di Bellatrix Lestrange, entrare nella stanza di quest’ultima e uscirne con il bauletto che contiene la coppa di Tassorosso. Volevo chiederti se avevi qualcosa a che fare con questa faccenda».

Abbassai lo sguardo su ciò che aveva Pansy tra le mani e analizzai la scena che mi si presentava davanti con occhi nuovi.

Non ricordavo di aver direttamente parlato alla Parkinson degli Horcrux e dubitavo che Hermione l’avesse fatto. Non avevo idea di cosa avesse potuto farle credere che intraprendere un’azione tanto pericolosa sarebbe stata una buona idea. Rubare dalla stanza di mia zia un oggetto tanto prezioso, rischiando la vita… Ero senza parole. Ora però si spiegava la pozione polisucco che avevo notato mancare dalla boccetta e la scomparsa di Pansy da camera mia.

«Non proprio, diciamo che ha agito senza che io le dessi direttive al riguardo, ma è dalla nostra parte, padre», gli dissi, fissando il volto della Parkinson con occhi nuovi. L’avevo sempre vista come una ragazzina debole, ma dovevo ammettere che le sue ultime azioni mi avevano fatto ricredere.

«Oh», disse mio padre, corrugando la fronte e grattandosi pensosamente il mento: «Sono lieto di sentirtelo dire e sono felice che tua madre mi abbia consigliato di chiedere la tua opinione prima di cruciarla e tentare di carpirle informazioni».

Le dure parole di mio padre fecero sussultare la povera Pansy che, ancora seduta sul divano, lanciò all’uomo di fronte a sé uno sguardo di orrore e stupore insieme, prima di nasconderlo dietro ad apparente indifferenza.

«Grazie, madre», dissi con gli occhi sbarrati dallo sconcerto, appuntando mentalmente di presentare Hermione come mia fidanzata solo dopo essermi accertato che mio padre fosse disarmato: «Ora, se non vi dispiace io e Pansy torniamo nei sotterranei, è stata una lunga giornata e abbiamo tutti bisogno di riposare».

Mio padre annuì, voltandosi verso mia madre.

Feci segno a Pansy di raggiungermi e lei non se lo fece ripetere due volte, abbandonando il suo posto sul divano e, senza che le dicessi niente, diminuì le dimensioni del bauletto, che ancora stringeva tra le mani, e se lo infilò nella tasca dei pantaloni.

Quando alzai lo sguardo, vidi i miei genitori l’uno accanto all’altro, mio padre con un braccio intorno alla vita di mia madre e quest’ultima con la fronte appoggiata alla sua spalla. Fin da bambino non erano mancati i litigi tra i miei genitori, allo stesso modo in cui non erano stati pochi i periodi felici in cui avevo, sfortunatamente, assistito a smancerie ben peggiori; eppure quella scena mi sembrava troppo intima, tanto da mettermi a disagio.

«Buona notte», esclamai, dirigendomi verso la porta con Pansy che mi tallonava.

«Buona notte», risposero in coro i miei genitori, prima che scomparissi oltre la porta.

Una volta fuori, fissai a lungo la ragazza accanto a me che, con gli occhi sbarrati fissava il muro di fronte a sé.

Aprii bocca per tempestarla di domande, ma poi decisi di tacere, così da lasciarle qualche minuto per riflettere, prima di farle il terzo grado.

Iniziai a dirigermi verso la sala comune Serpeverde e non fui particolarmente sorpreso di sentire dietro di me e poi accanto a me i passi veloci della Parkinson.

I primi metri li percorremmo in silenzio. Fu Pansy a interromperlo: «Grazie, Malfoy».

Le lanciai un’occhiata veloce, sembrava ancora stravolta, ma leggermente più padrona di sé.

«Perché l’hai fatto?», le chiesi, riferendomi ovviamente alla sua missione suicida.

«Perché sono stupida, ecco perché», rispose, stringendosi nelle spalle, poi una risatina isterica le sfuggì dalle labbra: «Cavolo, quanto sono stupida. Cosa volevo dimostrare? Avrei potuto farmi uccidere… Tuo padre era ad un passo dal cruciarmi, per fortuna tua madre l’ha fatto ragionare all’ultimo».

Ci fu un breve silenzio, poi continuò: «Volevo dimostrare a me stessa di esserne in grado».

Le sue parole mi sembravano più indirizzate a se stessa che a me, come se si fosse dimenticata di avermi come interlocutore.

Alzò brevemente il suo sguardo su di me e i nostri occhi s’incrociarono: «Volevo dimostrarti di non essere la persona che tu credi. Non solo almeno».

La sua confessione mi fece sentire in colpa, sensazione che cercavo il più delle volte di ignorare, ma che ultimamente sembrava perseguitarmi.

«Pansy…», iniziai a dire, anche se non avrei saputo dire come volessi continuare la frase, talmente mi sentivo soffocare dal pentimento. L’avevo usata, per anni. Avevo usato lei e il suo amore nei miei confronti per cercare di dimenticare Hermione e la forte attrazione che sentivo nei suoi confronti. Ero stato uno stronzo.

Alzò la mano per impedirmi di continuare una frase che in realtà non sapevo come terminare.

«Prima o poi smetterò di considerarti il centro del mio universo, Malfoy, ho solo bisogno di tempo»,  ammise, con un triste sorriso: «Non è possibile smettere di amare una persona da un giorno all’altro, ci ho provato, ma non ci sono riuscita. Non sto cercando di farti pena, voglio solo essere sincera».

Ero sconvolto dalle sue parole e più che farmi pena mi faceva sentire ancora di più un essere abominevole.

«Vorrei solo chiederti di essere amici. Non posso cancellarti dalla mia vita dall’oggi al domani e ignorarti non serve a niente, ci ho già provato. Non ho intenzione di mettermi tra te e la Granger, è ovvio che non potrei mai avere la possibilità di vincere. Quindi, penso che rimanere amici sia l’unica soluzione».

Eravamo ormai arrivati di fronte alla sala comune, pronunciai la parola d’ordine e vi entrammo in silenzio.

Ero sorpreso dalle sue parole, non mi aspettavo tanta diplomazia da parte sua, forse perché l’avevo sempre considerata una persona isterica, senza in realtà conoscerla davvero.

La verità era che negli anni in cui eravamo stati assieme non mi ero mai preso la briga di conoscerla veramente, di ascoltarla ed esserle vicino come avrei dovuto in quanto fidanzato. Come aveva fatto ad innamorarsi di me? Di un essere tanto spregevole?

Ci fermammo davanti alla porta della mia stanza: «Sarei felice di rimanere tuo amico, Pansy. Mi dispiace di…»

Il suo abbraccio mi prese alla sprovvista e tutto quello che riuscii a fare fu ricambiare. Il suo odore familiare, così come la sensazione del suo corpo contro il mio, mi fece sentire una fitta di rimpianto. Se solo le avessi dato un’opportunità, se solo non fossi stato stregato dalla Granger…

«Non farla soffrire più di quanto tu non abbia già fatto. Per quanto sia diffide da ammettere, è una in gamba», disse Pansy, sciogliendo l’abbraccio e facendo un paio di passi indietro.

«Farò il possibile», la rassicurai, stupito.

La Parkinson tirò fuori dalla tasca il bauletto in formato mignon, porgendomelo: «Ancora non ho capito perché la coppa qua dentro sia così importante, ma conto sul fatto che prima o poi me lo spiegherete».

«Non sembri tu», mi lasciai sfuggire, facendola sorridere.

«Le persone crescono, cambiano. Al momento sto cercando di essere una versione migliore di me stessa, una più coraggiosa e sincera; non ha senso vivere di rimpianti», spiegò, fissando la propria mano protesa verso di me: «Merlino! Mi si è spezzata un’altra unghia!», esclamò con tono rabbioso.

Presi il bauletto con un sorriso sulle labbra, dietro alla corazza della persona matura c’era ancora la Pansy che mi aveva amato per anni senza chiedere nulla in cambio, quella a cui avevo finito col volere bene.

«Buona notte», le augurai.

«Sì, buona notte», mi rispose con tono scocciato, mentre si mordicchiava l’unghia.

Entrato nella mia stanza, trovai Hermione seduta sul letto con il libro delle Fiabe di Beda il Bardo tra le mani e un’espressione di serena curiosità dipinta sul viso.

«Sono tornato», le annunciai, appoggiando il bauletto sul tavolo e spogliandomi del mantello e della bacchetta: «Ho novità».

Hermione chiuse il libro e lo posò sul mio comodino: «Sì?», chiese, dirigendosi verso di me.

«Direi proprio di sì», esclamai, prima di notare il suo sguardo preoccupato: «C’è qualcosa che non va?»

«Harry mi ha mandato un messaggio», ammise, tirando fuori dalla tasca dei pantaloni il galeone incantato: «Dice che hanno trovato un modo alternativo per entrare nel castello».

Osservando la sua espressione, capii che non aveva ancora finito, ma non potei fare a meno di interromperla: «Direi che è un’ottima notizia».

«Vogliono attaccare questa notte».

Sbarrai gli occhi, guardandomi intorno con aria smarrita: «Questa notte?», ripetei, portandomi una mano tra i capelli: «Dobbiamo avvisare i miei, Blaise… Ci manca ancora il diadema! Non possono aspettare domani?»

«Temo di no, non sono riuscita a rispondergli perché avevi tu la bacchetta, ma da quello che ho capito vogliono colpire il prima possibile, non vogliono aspettare», disse, avvicinandosi a me.

Strinse le sue dita intorno alla mia mano destra: «Dobbiamo avvisare Zabini e Luna, devono parlare al più presto con la Dama Grigia», aggiunse, appoggiando la fronte contro la mia spalla: «Cosa volevano i tuoi?»

«Abbiamo la coppa di Tassorosso, grazie a un caso fortuito mio padre ha involontariamente aiutato Pansy a rubarla a mia zia».

Hermione si scostò, così da guardarmi dritto negli occhi: «Bene», mormorò con un sorriso sulle labbra. Strinse la sua mano nella mia, senza interrompere il contatto visivo, poi sbuffò e sul suo volto comparve una smorfia: «Non capisco perché io debba sempre avere il ciclo nei momenti meno opportuni».

Sollevai un sopracciglio, indeciso se ridere della sua espressione scocciata o consolarla.

Alla fine optai per la seconda; ero troppo giovane e bello per morire.

«Su, è solo una volta al mese», dissi, impacciato, posandogli la mano libera sulla spalla.

Gli occhi di Hermione si assottigliarono: «Solo una volta al mese», ripeté, lo sguardo di chi non aveva apprezzato il mio tentativo consolatorio.

Possibile che non riuscissi a combinarne una giusta?

«Vado a dire a Blaise le novità», dissi, facendo un passo indietro e districandomi dalla presa ferrea della sua mano che, più che stringermi amorevolmente le dita, stava cercando di staccarmele dal corpo.

«Bravo, Malfoy, vattene, perché potrei non rispondere delle mie azioni», sibilò lei: «Solo una volta al mese», ripete con voce rabbiosa, incrociando le braccia al petto e fulminandomi con lo sguardo.

«Torno presto», la rassicurai, una volta fuori, in corridoio.

«Ringrazia che non ho la bacchetta!»

Chiusi la porta e tirai un sospiro di sollievo.

Appunto mentale: mai sminuire le mestruazioni.

Altro appunto mentale: cercare un modo per farsi perdonare.

  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: LazySoul