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Autore: fra_eater    21/08/2017    4 recensioni
Dal testo :
orecchie “Loving can hurt, loving can hurt sometimes. But it’s only thing that I know” .
Con un rapido movimento di bacchetta spense la radio.
L’ultima cosa che voleva sentire era una stupida canzone melensa su quanto l’amore potesse fare male.
Come se lei non lo sapesse, come se lei non avesse passato anni della sua vita a guardare le spalle di uno stupido ragazzo mentre non faceva altro che ferirla con le sue parole e i suoi gesti.
Genere: Angst, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Famiglia Weasley, Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Nome forum/efp: fra_eater
Lista Het o Slash: Het
Fandom: Harry Potter
Coppia: Ron/Hermione
Pacchetto scelto da indicare per intero: Pacchetto Bonnie & Clyde: Se c'è una cosa di cui sono sicuro è che vorrei solo coprirti di baci. (Frank Kafka). 
Photograph – Ed Sheeran
Contesto (se avete scelto un telefilm, indicate l'ep e la stagione): Dopo la seconda guerra magica/ Pace
Note: Ho voluto sfruttare alcuni argomenti trattati nella canzone, concentrandomi sul tema dei ricordi e dell’attesa richiamando l’ultima strofa nel titolo come filo conduttore della storia.
 
Wait for me to come home
 
 Le notti d’estate permettono una vita notturna superiore a quelle invernali, anche in un luogo umido come Londra dove per le strade vagavano anime il cui corpo era saturo di diverse sostanze: chi aveva l’alcool negli occhi, chi il cibo che gli usciva dalla bocca, chi la sofferenza nel cuore.
Dalla finestra di un appartamento situato al terzo piano di un vecchio palazzo stile coloniale, una figura comparve da dietro i vetri lucidi, scostando una tenda decorata con minuscoli fiorellini lilla, intenta a scrutare la strada illuminata dalla tenue luce dei lampioni non per la prima volta in quella serata afosa.
Le dita sottili si spostarono dalla tenda alla testa rossa di un gatto che aveva appena iniziato a strusciarsi contro le caviglie nude della padrona che gli dedicò un mezzo sorriso, per poi rimettere sul volto l’espressione crucciata con la quale fissava la strada.
La ragazza risistemò una ciocca di ricci bruni fuggiasca nella crocchia disordinata, improvvisata per combattere l’afa estiva, e cominciò a girare per la casa, inquieta, soffermando lo sguardo sul camino spento, fissandolo come se da un momento all’altro dovessero scoppiettare un fuoco rigoglioso.
I piedi nudi sul parquet si muovevano frenetici, strisciando nervosi da una stanza all’altra; il gatto continuava a seguirla, strusciando il suo pelo ispido e rossiccio contro le caviglie sottili.
“Oh, Grattastinchi” esclamò la ragazza grattandolo tra le orecchie e ricevendo delle fusa di ringraziamento “Credi che dovrei continuare ad aspettare Ron?”
Il gatto spalancò gli occhi gialli, riflettendosi in quelli castani della padrona e, per tutta risposta, trotterellò via, per andare ad acciambellarsi sulla poltrona più vicina. Va’ a dormire,  era questo il suggerimento.
Hermione fissò l’orologio da parete con un sospiro: erano le 3 del mattino. Avanzò pensierosa verso la propria camera da letto. Erano cinque giorni che non aveva notizie di Ron. Aveva mandato gufi, messaggi nel fuoco, persino il suo patronus, senza mai ricevere una risposta in cambio.
Tutto per colpa dell’ennesimo litigio, forse il più stupido che avessero mai avuto; l’ennesimo commento sprezzante da parte sua nei confronti della sensibilità da cucchiaino del ragazzo. Forse quella era stata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso.
Si stese sul letto, godendo un po’ del lieve venticello che entrava dalle persiane laccate di verde. Le lenzuola lilla del letto alla francese erano intatte nel lato destro. Le accarezzò pensando al gufo di Ginny giunto quel mattino in cui le diceva che il fratello stava bene, di non preoccuparsi, che stava da Harry e che presto sarebbe tornato da lei.
Le dita di Hermione strinsero la stoffa leggera mosse da un impeto di rabbia nei confronti del ragazzo: “Perché sei sparito, Ronald?” esclamò all’oscurità, stingendo i denti.
Sospirò nel tentativo di riprendere il controllo di sé.
Allungò la mano sul comodino e afferrò la bacchetta magica poggiata su un voluminoso mattone che invano aveva cercato ore prima di conciliarle il sonno.
La bacchetta in legno di vite venne agitata nell’oscurità e ben presto le note calme e dolci provenienti da una piccola radio aleggiarono nella stanza, speranzose di alleviare i nervi di chi le aveva evocate.
Hermione chiuse gli occhi lasciando che la musica compiesse il suo ruolo catartico, quando la voce calda dell’interprete giunse alle sue orecchie “Loving can hurt, loving can hurt sometimes. But it’s only thing that I know” .
Con un rapido movimento di bacchetta spense la radio.
 L’ultima cosa che voleva sentire era una stupida canzone melensa su quanto l’amore potesse fare male.
 Come se lei non lo sapesse, come se lei non avesse passato anni della sua vita a guardare le spalle di uno stupido ragazzo mentre non faceva altro che ferirla con le sue parole e i suoi gesti.
Affondò la testa nel cuscino e fissò il soffitto ripensando a tutti quei momenti in cui aveva pianto per lui e poi, inspiegabilmente, cominciò a ridere. Rise perché pensò alla sua faccia determinata mentre affrontava il troll di montagna, rise nel vederlo nella sua mente rosso di rabbia mentre lei danzava tra le braccia di un altro e si piegò in due dalle risate mentre lo ricordava tentare invano di difendersi dall’attacco dei suoi canarini.
Hermione ritornò con la testa sul cuscino di piume. Il volto sul soffitto bianco dove una macchia di umidità cominciava a rendersi visibile, ora un po’ più rilassata.
Aveva passato tanti momenti con lui. Belli, ma soprattutto brutti. Aveva sentito le sue braccia stringerla, darle il calore di cui aveva bisogno, il sostegno che un amico, un fratello, un complice e un amante erano in grado di darle.
Nei momenti più difficili quell’amore che faceva così male era l’unica cosa che riuscisse a farla sentire viva. E senza rendersene conto, con questo pensiero, cadde tra le braccia di Morfeo.
 
“Dovresti ricordarti di attivare gli incantesimi di difesa la sera. Sei pur sempre una strega in vista”.
“Ma che…?”
Hermione si rizzò a sedere. Ai piedi del suo letto vide una bellissima ragazza dai lunghi capelli rossi sorriderle affabile “Buongiorno Hermione” trillò allegra.
“Buongiorno Ginny” rispose l’altra, con voce impastata, passandosi una mano tra i capelli arruffati “Che ci fai qui?”
“Ti ho portato la colazione!” esclamò la rossa indicando il comodino dove l’aroma di caffè proveniente da un bicchiere di carta posto accanto alla sua bacchetta.
“Oh, non dovevi” esclamò grata.
Ginny sorrise in risposta.
Hermione la fissò a lungo da sopra al suo caffè caldo “Hai qualcosa di diverso” disse.
 La rossa corrucciò le labbra, curiosa “Ho qualcosa sul naso?”
“No, no” ridacchiò l’altra “Sembri… non so… raggiante”.
“Forse perché è una bella giornata” rispose la ragazza, alzandosi dal letto e iniziando a curiosare in giro.
Hermione la fissava di sottecchi. Voleva chiederle di Ron, sapere se stava bene, se avesse avuto qualche sua notizia, ma non voleva di certo farsi vedere preoccupata per lui.
Ginny era vicina al caminetto, le dava le spalle coperte da un ampio vestito blu che le copriva le forme, quando Hermione gridò “Come mai sei qui?”
“Ron sta bene, se è quello che non vuoi chiedermi” rispose e prese qualcosa dal caminetto per poi tornare indietro, risiedendosi sul letto.
“Perché non si muove? Stanno male?”
La ragazza stringeva tra le pallide dita una cornice in legno chiara dove c’era una fotografia di lei e Ron abbracciati di fronte all’abbazia di Westminster.
Hermione la prese dalle sue mani accarezzando le immagini incappucciate per il rigido clima invernale ma sorridenti.
“È stata scattata con una macchinetta fotografica babbana” spiegò la ragazza “Non si muovono come le fotografie magiche, sono eternamente nella stessa posizione”
“Oh,” esclamò Ginny, sorpresa “un po’ noioso, non trovi?”
 Hermione non rispose. Fissava il suo volto sorridente accanto al ragazzo che amava. Era bello vedere i loro occhi aperti, pieni di vita, da cui si poteva scorgere un cuore felice e non gravido di preoccupazioni.
 “A Ron piace” disse dopo un pò.
Con un rapido movimento, Ginny le sfilò la cornice di mano “Se a Ron piace,” disse in risposta al suo sguardo sconcertato “Devo mostrarla a casa. Sono certa che mio padre la adorerà. E ora preparati, andiamo a fare un po’ di shopping. Ho una voglia matta di gelato babbano”.
 
Le strade di Londra erano tutte per loro. Con i suoi shorts verdi e la canotta rossa, Hermione passeggiava per le strade gremite di turisti ignari che quelle due ragazza fossero delle streghe.
A Ginny non dispiaceva il mondo dei babbani. Da quando lei e Harry stavano insieme spesso avevano passeggiato per quelle strade in romantiche serate, ma la cosa che le piaceva di più era girare per negozi con Hermione: la divertiva vedere le commesse che giravano tra i vari scaffali senza l’uso della magia e diceva che le dava una certa soddisfazione passare le dita sulle stoffe morbide, a provare diversi abiti ben conscia che le sarebbe bastato un colpo di bacchetta una volta giunta a casa per sistemarli in caso non stessero come voleva lei.
Una volta sedute ad un bar in St. James Park Hermione aspirò avidamente da una cannuccia il suo frappé al cioccolato, fissò Ginny nei suoi occhi azzurri così simili a quelli di Ron e decise finalmente a mettere da parte l’ orgoglio: “Dov’è Ron, Ginny?”
La ragazza non distolse lo sguardo dal suo gelato “Non ne ho idea. Con Harry, forse”.
“Cosa?”
“Mi ha chiesto solamente di portarti alla Tana ‘sta sera, non so che cosa abbia in mente”.
“Ginny”.
“Dimmi”.
“Dimmi tu la verità”.
Ginny le regalò un sorriso sornione “Cosa vuoi sapere?”
“Cosa succede a Ron?”
“Aspetta”.
“Cosa?”
“Devi solo attendere questa sera” rispose la ragazza, alzandosi dalla sedia laccata di bianco e facendo l’occhiolino ad alcuni ragazzini che le stavano fissando da diversi minuti e che, rendendosi conto di essere stati scoperti, scapparono via, imbarazzati.
“Che ne dici se andiamo alla redazione del Profeta?” propose “Passiamo dal passaggio del Paiolo Magico. Mio padre mi ha sempre detto di passare da lì piuttosto che smaterializzarmi in qualche vicolo buio”.
Hermione prese il portafoglio per pagare il conto; Ginny non ricordava mai che nel mondo babbano non si usavano i galeoni.
“Che devi fare al Profeta?” chiese, facendo cenno alla cameriera tatuata e con i capelli blu prima di prendere la borsa a tracolla da terra.
“Devo prendere lo stipendio” rispose velocemente la rossa. Troppo velocemente.
Hermione scrutò Ginny sospettosa, ma non disse nulla e la seguì per le vie di Londra fino all’angusta via che portava al pub che rappresentava il passaggio tra il mondo magico e il mondo babbano: il Paiolo Magico.
Le due ragazze salutarono Tom, il barista, e ignorarono gli sguardi curiosi che alcuni maghi e streghe di diversa età li regalavano. Dopo tutto, entrambi i volti delle ragazze erano noti: Ginny giocava da alcuni anni come Cacciatrice nelle Holyhead Harpies, la sua faccia era spesso sui giornali sportivi e negli ultimi tempi anche il suo nome, dato che si dilettava a scrivere articoli sportivi per la Gazzetta del Profeta. Ovviamente anche il viso di Hermione era molto conosciuto anche tra i bambini; infatti, dopo la seconda guerra magica, anche lei aveva una propria figurina delle Cioccorane e molto spesso, per il suo lavoro presso il Dipartimento della Regolazione e Controllo delle Creature Magiche al Ministero, qualcuno in quella sala aveva avuto a che fare con lei.
Una volta giunte sul retro del locale Ginny prese la sua bacchetta dalla borsa e picchiettò sui mattoni del muro di fronte a sé; questi iniziarono a ritirarsi fino a creare un varco che la più giovane della famiglia Weasley attraversò subito, voltandosi e guardando Hermione come in attesa.
“Allora?” disse la rossa con un sorriso.
“Ginny, tu mi nascondi qualcosa” rispose la ragazza, facendo un passo indietro.
“Ma no” ridacchiò la ragazza, poco convinta “Accompagnami alla Gazzetta, dai”.
“La Gazzetta versa il compenso degli articoli direttamente sul conto alla Gringott” esclamò Hermione “Me l’hai detto tu” e con un pop sparì.
 
Hermione si materializzò su una collinetta che le donava una perfetta visuale della Tana nella sua integrità, con i suoi piani sfalsati e il suo aspetto barcollante circondata da un verde giardino mal curato.
Quel che attirò la sua attenzione però fu un piccolo tendone bianco, simile a quello che avevano allestito per il matrimonio di Bill e Fleur, nel giardino. Nessuno le aveva fatto accenno a qualche avvenimento importante che giustificasse la presenza di quella struttura.
Non era sicura che sarebbe riuscita a trovare lì Ron, ma da qualche punto doveva pur cominciare.
A passo spedito, la strega marciò verso la dimora della famiglia Weasley, ben intenzionata a stanare il figlio più giovane.
 
Hermione si guardò intorno prima di accostarsi alla pesante tenda bianca. A guardarla bene l’erba del giardino era per di più secca, bruciata dalla luce del sole.   
Non c’era nessuno intorno a lei né sembrava esserci nella Tana dove dalle finestre non si vedeva alcuna figura muoversi. Era tutto così strano.
 C’era troppa pace.
Accostò l’orecchio alla tenda, incerta se entrare o meno.
Al suo interno sentì distintamente delle voci e dei passi frenetici, come di qualcuno che correva da una parte all’altra.
Si avvicinò quanto più le era possibile, stando ben attenta a celare la sua presenza.
“Dovrebbe stare più in alto”.
La voce assonnata di George era ben chiara nonostante la distanza che li separava.
“George non ti ci mettere anche tu!”
“No, ha ragione lui, Harry! Deve stare più in alto!”
Le voci di Harry e Ron avevano un tono diverso: il primo sembrava sfinito, il secondo isterico.
“Ma i bambini dove sono?” chiese Ron, questa volta la sua voce sembrava essere più lontana; sicuramente si stava spostando velocemente. Chissà che stavano combinando.
“Tu non dovresti essere qui”.
Hermione sobbalzò e si trovò faccia a faccia con le due donne di casa Weasley: la madre di Ron e Ginny.
“S-signora Weasley” cercò di farfugliare la ragazza, ormai scoperta. La donna abbandonò velocemente il cipiglio nervoso e le sorrise materna “Da un lato sono contenta che tu sia qui” esclamò “almeno la pianterà di esaurire tutti”.
Ginny prese la ragazza sotto braccio e le sussurrò all’orecchio  “Sei sempre stata la più perspicace dei tre” ridacchiò.
La signora Weasley spalancò la tenda urlando “Potete smetterla! È qui!” e, al suo cenno, Ginny spinse l’amica nel tendono, in modo che tutti potessero vederla.
Di fronte a lei tre teste rosse e una nera le regalavano sguardi che andavano dalla gioia, allo stupore e poi allo sconforto e alla rabbia.
“Miseriaccia, Ginny!” urlò Ron, isterico “Dovevi fare solo una cosa! UNA!”
“Non te la prendere con lei” si intromise Harry, abbracciando la fidanzata, protettivo “Se tu non fossi sparito, Hermione sicuramente non si sarebbe insospettita”.
Ron aprì la bocca per ribattere, ma la richiuse subito, mettendo su un broncio da bambino, rosso in viso.
“Doveva essere una sorpresa” mormorò “Ma ormai…”
Hermione cominciò a camminare nella sala e osservò il soffitto, o meglio, quel che era sospeso a mezz’aria tra lei e il soffitto.
Foto. Tantissime foto di lei, di lei e Ron da soli o con altri; foto di Hogwarts, di Londra, dell’Australia.
Erano diversi tipi di foto, sia magiche che babbane.
Quegli occhi eternamente aperti le trasmettevano la gioia di quei momenti passati; i sorrisi e gli abbracci che si scambiavano i soggetti delle fotografie magiche la contagiavano di allegria.
Erano tutti ricordi, erano tutti pezzi di loro, della loro vita, della loro amicizia, del loro amore.
“Questa doveva essere l’ultima”.
 Hermione si voltò e vide Ron con Ginny al suo fianco. Il ragazzo prese la bacchetta dalla tasca posteriore dei jeans e quel che aveva in mano volò direttamente di fronte a lei, a due passi dal suo naso. Era la foto che Ginny aveva preso da casa sua quella mattina.
“È strano che Hermione sia senza parole” esclamò George, rompendo la solennità che si era creata in quel momento “Magari dovresti farle più spesso queste sorprese, Ron, così siamo sicuri che stia zitta”.
“Oh, George! Sta’ un po’ zitto tu!” esclamò la signora Weasley “Siamo già di troppo”.
“Che vuol dire?” Hermione si guardò intorno, sul viso un’espressione mista tra l’ansia e la curiosità e gli occhi fissi in quegli cobalto del rosso.
Ron si grattò il naso e si avvicinò a lei, rosso in viso “Avevo immaginato tutto diverso” disse “Dovevano esserci Teddy e Victorine che ti portavano dei fiori, Ginny con del cioccolato, poi…”
“Ron” lo interruppe Hermione “Non mi interessa quel che doveva esserci. Vuoi dirmi che succede?”
Il ragazzo deglutì, visibilmente a disagio.
“Coraggio, Ron” Harry lo incoraggiò da lontano “Hai affrontato ragni, Mangiamorte, Horcrux. Questo non è niente al confronto”.
“Questo lo dici tu” mormorò il ragazzo facendo scappare una risata alla strega di fronte.
Vedendolo in difficoltà, Hermione gli prese le mani “Ron?” lo chiamò con dolcezza.
Ron rafforzò la sua presa “Ci sono stati tanti momenti che abbiamo passato insieme, Hermione. Momenti duri, difficili. Mi hai sopportato e anche io ho sopportato te”.
“Come, scusa?”
“Lasciami finire” la rimproverò. Dal suo sguardo, la ragazza capì che doveva aver ripetuto tante volte quel discorso.
“Ma come vedi da queste foto, sia magiche che babbane, abbiamo affrontato. Quindi ti chiedo, se tu lo vuoi ovviamente, ma se non vuoi credo che poi sarà un po’ problematico; anche se adesso è andato tutto ai goblin, per la miseria, e…”
“Ron, arriva al punto!” lo rimproverò Ginny.
“Sì, giusto!” Ron sospirò, avvicinò le mani di Hermione al suo petto e le poggiò sopra la morbida stoffa di  cotone blu notte della sua maglia. “Hermione” disse “vorresti creare altri ricordi con me?”
La ragazza strabuzzò gli occhi “In che senso?”
“Tutto questo macello e non è in grado di fare una proposta decente” il lamento di George piombò come un fulmine su Hermione.
Proposta? Ron le stava forse chiedendo di sposarla? Lì ? Di fronte a tutta la sua famiglia e a Harry?
“Non era così che l’avevo immaginata, miseriaccia” si difese il ragazzo, rosso dall’imbarazzo. Guardò nuovamente la ragazza “Hermione, io…”
“Sì” esclamò lei.
Ron spalancò gli occhi, incredulo “Sei sicura? Cioè, sei sicura di aver capito bene?”
Hermione sollevò lo sguardo. Gli occhi lucidi e il sorriso più radioso che avesse mai avuto sulle labbra.
“Se c’è una cosa di cui sono sicura e che vorrei solo coprirti di baci ed essere tua moglie”.
Ron, in prede alla felicità, la prese di peso e la sollevò da terra, permettendo alla ragazza di baciarlo come aveva detto.
 
“Mamma, stai piangendo?”
“Oh, George, sono solo così felice”.
“Fred ha vinto la scommessa, comunque”.
 
“Credi che dovremmo dirglielo ora, Ginny?”
“Lascia che si godano il momento, Harry. Quando si saranno ripresi potremo dire a Ron che diventerà zio”.
“Speriamo che non mi uccida”.
“Ultimamente si è allenato con le fatture. Se fossi in te terrei la bacchetta pronta”.
 
Ron e Hermione si allontanarono, rossi entrambi in viso per l’emozione.
 “Ne è valsa la pena aspettarti a casa” ridacchiò lei.
Ron le baciò la fronte “Tornerò sempre a casa da te”.
 
  
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