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Autore: ROW99    21/08/2017    1 recensioni
Essere soli è una delle cose più devastanti che possano colpire la vita di una persona, ma spesso la luce è nascosta più vicino di quanto sembri, magari negli occhi di qualcuno di insospettabile!
Dal testo: Non è facile avere amici quando sei troppo intelligente. Sembri sempre troppo alto, troppo lontano per chi vive una vita normale. Minaho non ricorda un periodo della sua vita in cui non sia stato solo. Forse, nei suoi primi ricordi, prima dell’incidente che gli porterà via il padre, vi era una stilla di felicità, ma poi tutto era crollato.
nb: Minaho e Manabe frequentano la Raimon, ma in una sezione diversa dai protagonisti di IE go
Genere: Drammatico, Fluff, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri, Manabe Jinichirou, Minaho Kazuto
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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If God had a name what would it be?
And would you call it to his face?
If you were faced with Him in all his glory
What would you ask if you had just one question?

Solo.
Sempre solo. Costantemente solo.
La pioggia ha battuto le strade di questa grande città per giorni, prima di sfumare in un’ umidità diffusa. L’asfalto sta sputando tutto il calore di questa terribile estate che si è ormai avviata irrimediabilmente alla fine. Un ragazzo cammina lungo il fiume, le mani nelle tasche per combattere il freddo che inizia a insinuarsi sotto i vestiti quando si abbassa la guardia, come le mani di un amante impaziente.
Il ragazzo si ferma vicino a una roccia e vi si appoggia, ignorando l’umidità che gli inzuppa i pantaloni. Le mani abbassano il cappuccio della felpa rivelando un cespuglio di capelli arancioni ben disposti in ciuffi simmetrici. Alcune gocce scivolano lungo il suo viso scavato, e no, non è colpa dell’umidità.

Minaho Kazuto, il primo della scuola.
Minaho Kazuto, il maniaco delle investigazioni.
Solo.

Non è facile avere amici quando sei troppo intelligente. Sembri sempre troppo alto, troppo lontano per chi vive una vita normale. Minaho non ricorda un periodo della sua vita in cui non sia stato solo. Forse, nei suoi primi ricordi, prima dell’incidente che gli porterà via il padre, vi era una stilla di felicità, ma poi tutto era crollato. La morte aveva abbracciato la sua vita e quella di sua madre, che se ne era volata in cielo su un pavimento piastrellato, imbottita di idromorfone e ansiolitici, mentre un bambino piangeva con la testa coperta da un cuscino per non sentire quei singulti, quei respiri sempre più flebili e quella voce che spegnendosi chiamava il nome del padre, non il suo.
Oramai solo era stato accolto per pietà da una cugina della madre, che chiamava Zia ma vedeva forse due volte alla settimana. L’unico affetto che aveva conosciuto era quello delle svogliate babysitter economiche che lo dovevano sorvegliare fino al compimento dei quattordici anni, ovvero due anni prima, momento dal quale aveva preso a vivere da solo in un appartamentino di poche pretese.
Un ragazzo di quindici anni a vivere da solo. Poteva denunciarla a quella strega, ma stava bene nella sua solitudine domestica e finché aveva un affitto pagato mensilmente e una spesa fatta e consegnata due volte alla settimana non vedeva il perché di imporre la sua presenza a chi lo aveva sempre vissuto come un peso.
A scuola tutti lo scansavano come se avesse la peste, perché ne avevano paura. Minaho sapeva leggere dentro alle persone una maniera assai inquietante. Interpretava un movimento, l’inclinazione del sopracciglio, un movimento del labbro e ne forniva una precisa giustificazione. Lo aveva imparato dal padre, in quei pochi anni che aveva vissuto in piena felicità. L’Uomo era un grande investigatore.
Nessuno voleva stare accanto ad un ragazzo come Minaho. Troppo strano. Troppo solo. Troppo secchione.
Era appena iniziato un altro anno scolastico. I suoi corsi sarebbero cambiati, la sua fama no. Come se non bastasse ci pensó il professore di storia a presentarlo ai nuovi compagni come “primo della scuola! Ottimo allievo! Sono certo che diventerete buoni amici!”.
Gli sguardi degli “amici” dicevano tutto su quello che già pensavano di lui. Corse rapidamente con gli occhi sulla classe e il suo spirito analitico afferrò subito i principali tipi. La simpaticona (falsissima e ipocrita, a giudicare dal movimento ciclico della mano che copriva il sorriso finto), il teppista, il vagabondo, la stramba, il secchione….
Cosa cosa cosa???? Il secchione??
Lo sguardo di Minaho era andato a posarsi su un ragazzo dai capelli lilla che gli aveva lanciato un sorriso strano. La sua mente allenata non era riuscito a catalogarlo fra i sorrisi che che conosceva bene: l’interessato, l’ipocrita, il pietoso, lo sprezzante…
Che fosse… che fosse autentico? No…. Impossibile!
La lezione trascorse abbastanza rapida, e non ci volle molto all’arancione per scordare lo strano sorriso.

Dopo una settimana di lezioni la situazione andava di male in peggio. Incredibile a dirsi, ma non aveva scambiato una singola parola con nessuno. NESSUNO. La sfilza di massimi voti che aveva preso non aveva affatto aiutato, tra l’altro. Lo ignoravano con arte e maestria, pensò. Solo quello strano ragazzo lilla continuava a fissarlo. Lo vedeva con la coda dell’occhio quando lui pensava che non lo avesse notato. Perché non riusciva a capirne il perché? Lo mandava completamente in tilt.
Fu quel giorno che la sua vita subì l’ennesimo, immeritato scossone. Era il suo sedicesimo compleanno e non si aspettava, ovviamente, nessun augurio, ma sperava che almeno quel giorno la sfortuna lo lasciasse in pace.
Svoltó nel vialetto di casa, infilò le chiavi nella toppa e giró.
La porta non si aprì.
Riprovó ancora tre volte imprecando a bassa voce, prima di dirigersi imbufalito verso la porta sul retro. Barricata anche questa. Sembrava che le serrature fossero state cambiate. Stava chiedendosi come fosse possibile quando vide un biglietto sullo zerbino, mezzo pestato dato che non lo aveva affatto notato prima.
“MINAHO, CARO, SONO LA ZIA.
  OGGI HAI SEDICI ANNI. SAI QUANTO TI VOGLIA BENE, MA HO GIÀ SOSTENUTO TANTE SPESE IN MEMORIA DI TUA MADRE. SEI CRESCIUTO BENE. SONO CERTO CHE TROVERAI UN BEL POSTO DOVE VIVERE. TI HO LASCIATO QUALCHE BANCONOTA NELLA BUCHETTA DELLE LETTERE, QUANDO BASTA PER UN PAIO DI MESI D’AFFITTO, FINO A CHE NON TROVERAI UN BUON LAVORO PER LE TUE SPESUCCE.
PASSA A TROVARCI PRESTO!
LA ZIA”
Senza parole. Così si sentiva Minaho. La strega lo aveva appena sbattuto fuori di casa. Un minorenne da solo, senza un posto dove stare e con quattro soldi per pulirsi la coscienza. Cosa lo tratteneva dall’andare dalla polizia e denunciarla? Forse la poca voglia di lottare che gli rimaneva. Come poteva dimostrare le sue ragioni? La donna aveva tutti i documenti sul suo affidamento  e lui non poteva dimostrare nulla senza andare a supplicare i servizi sociali. Per cosa poi? Finire i pochi anni che gli rimanevano prima della maggiore età in un maledetto orfanotrofio? Infinitamente meglio cavarsela da solo, tanto ci era abituato, e chissà se l’avrebbe vista, la maggiore età…
Sì mosse stizzito verso il cancello mentre sentiva la rabbia montare. Non che fosse più solo di prima, la donna non era niente per lui, ma come diavolo avrebbe fatto a trovare un posto dove dormire in mezza giornata?
Era così furioso che sbatté violentemente il piede contro il gradino d’ingresso della casa, finendo solo per farsi un male tremendo.
Sbatté con violenza il cancello e si sedette sul marciapiede con le lacrime agli occhi per il dolore al piede e l’umore più che disperato.
-Pure la pioggia? Grazie!- urló sarcastico mentre le prime gocce d’acqua gli bagnavano i capelli.
Non seppe mai quanto rimase seduto sotto l’acqua con la testa tra le mani. Il piede gli pulsava e non riuscì a trattenere una lacrima. Nel suo cuore voleva solo un amico, gli bastava una persona sola per andare avanti, ma così non ce la faceva proprio più!
Non dovette passare molto tempo in quella posizione però, perché era ancora quasi asciutto quando sentí una mano appoggiarsi sulla sua spalla destra.
-Ehm… Ciao!
Minaho alzò gli occhi e spalancò la bocca dallo stupore. Era quel ragazzo dai capelli lilla che frequentava il suo stesso corso! Cosa ci faceva li con quello strano sorriso preoccupato stampato in faccia?
-Co… cosa… Ciao… cioè… cosa ci fai tu qui?
-Niente … abito dalla parte opposta della strada e non ho potuto fare a meno di vedere la scena… non so cosa tu abbia letto su quel biglietto, ma sembravi sconvolto… Minaho, vero?
Cosa? Il ragazzo si era interessato al suo nome? (non che ci volesse tanto, bastava seguire gli appelli in classe, ma lui non aveva degnato di interesse il nome di nessuno, quindi non aveva idea di come il lilla si chiamasse).
-Sì. .. Minaho kazuto… e tu sei…
-Manabe, Manabe jinichirou, piacere! Mi domandavo proprio perché non rivolgessi la parola a nessuno, a scuola…. Ma in realtà posso immaginarlo. Anche io non sto simpatico a tanti, sai?
E così dicendo fece un’espressione così buffa che Minaho non poté fare a meno di increspare le labbra in un sorriso mezzo paralizzato, ma spontaneo.
-ma… perché sei qui? Ti bagnerai, e con me perdi solo tempo, mi odiano tutti come puoi immaginare.
-Sul bagnarmi non preoccuparti… piuttosto… perché credi che la genti ti odi? Io non ti odio! Anzi,  ritengo che una probabilità accettabile sia che tu possa risultare simpatico al… diciamo… 57 per cento delle persone? Sai.. razionalizzando il numero di persone che incontriamo ogni giorno, le più recenti statistiche di psicologia dei rapporti…
L’arancione ascoltava sbalordito questo fiume di commenti. Cosa voleva questo qui da lui?
-... ed ecco come ho stimato il tuo coefficiente di simpatia! Ma cosa sto dicendo? La matematica mi fa sempre parlare a vanvera… perdonami…
-Tranquillo …. Le scienze piacciono tanto anche a me … soprattutto mi piace scrutare gli altri, capirne la mente e il corpo.
Cosa stava dicendo? Perché parlava a un quasi sconosciuto in mezzo a una strada? Sarà forse quel sorriso… strano? Quello sguardo che non lo lasciava un istante?
-Comunque arriviamo al dunque… non puoi rimanere qui fuori!- esclamò Manabe
-e dove vuoi che vada?... Sono appena stato messo alla porta, se te lo stai chiedendo…  non ho idea di dove andare ancora.
-Vieni dentro da me, no? – esclamò il lilla come se la cosa fosse sottintesa fin dall’inizio del discorso.
-Cos… cosa? Da t… te? No… meglio di no…. Io do solo fastidio alle persone…
-Ma che dici! L’ho visto subito che sei simpatico! È una settimana che ti scruto ma… a dire il vero di solito nemmeno io piaccio alle persone sai… non ho avuto il coraggio di parlarti prima….
-Io… s…simpatico?
Minaho sentiva rivolgersi quel termine per la prima volta nella sua vita. Era spiazzato oltre ogni umana misura.
-Ed inoltre,- perseguí Manabe- non penso tu sia in grado di andare lontano ora come ora…
Minaho non capí cosa intendesse, ma appena fece per alzarsi una tremenda fitta al piede lo riportó alla realtà dei fatti. Per ora non poteva camminare molto.
-Vieni, andiamo dentro. Ti asciughi e poi diamo un occhiata a quel piede… lo sai che adoro le scienze no? Di medicina ci capisco…
Minaho era sconvolto. Si lasciò sorreggere fino alla porta dell’abitazione di fronte, quindi si sedette mentre il lilla apriva la porta.
-Anche io vivo solo sai? Appena ho potuto mi sono liberato dell’assillo continuo dei miei… così pressanti! Non so se mi vogliano veramente bene sai? Non è che siano lontani comunque… giusto un paio di quartieri da qui.
Minaho aveva i denti stretti per il dolore, Ma non poté non notare come il lilla parlasse a cuor leggero e sorridendo di argomenti così tristi.
Manabe fece sedere L’arancione su un divano e come un fulmine sparí sulle scale, per tornare dopo un istante con dei vestiti asciutti.
-Tieni!  Abbiamo la stessa taglia! Splendido no? Mettiti questi prima che ti venga un raffreddore e togliti la scarpa, torno subito con del ghiaccio per il piede.
Minaho fece appena in tempo ad accennare un “Ma…” che Manabe era già sparito di nuovo.
Prese in mano i vestiti del lilla. Profumavano di sapone ed erano… ecco… leggermente pucciosi?
Si diede del pollo da solo e si cambió la maglietta. Si accorse solo allora di essere gelato.
Manabe tornó dalla cucina con un sacchetto di ghiaccio mentre L’arancione si sfilava le scarpe con un sospiro di sollievo e si infilava i pantaloni asciutti. Quando vide il lilla diventó rosso come un peperone.
-Ma… ma cosa guardi? Potevi girarti no?- Minaho aveva fatto una faccia così buffa che Manabe scoppió a ridere.
-Tranquillo amico! Non ho visto nulla di compromettente, inoltre la distanza è di circa due metri e l’inclinazione della porta di 30 gradi… ne segue che…
Un mezzo sorriso seguito da un gemito di dolore dell’arancione spezzarono a metà la frase. Il lilla si grattó la nuca.
-Perdonami… dimenticavo che stai soffrendo. .. Quando parlo il mondo si fa molto lontano a volte…
Così dicendo Manabe prese un cuscino, vi fece appoggiare all’arancione il piede e gli diede il ghiaccio. Minaho non trattenne un leggero mugugno di dolore quando lo mise sulla contusione.
Dopo cinque minuti stavamo parlando a raffica. A Minaho sembrava impossibile di non riuscire a frenare le parole. Stava facendo uscire anni di solitudine con quel ragazzo così simpatico, e lui ascoltava.
Sapeva ascoltare e sdrammatizzare, ma anche raccontare, nonostante una certa tendenza a cacciare dati e numeri nelle frasi.
Senza volerlo si resero conto che era calata la sera. Parlavano da almeno tre ore! Una cosa mai vista per entrambi.
-ok… forse è meglio se preparo qualcosa da mangiare, tu OVVIAMENTE sei mio ospite.
Manabe aveva calcato così buffamente la parola ovviamente che Minaho non seppe rifiutare, anche perché non aveva idea di dove andare… e poi… quel ragazzo gli piaceva davvero. Non si era mai trovato così con qualcuno dopo la morte del padre.
-ok… sei davvero gentile a farmi… a farmi restare. Lascia almeno che ti aiuti a cucinare!
Appena provó ad alzarsi L’arancione gridó di dolore. Qualcosa non andava. Il dolore aveva risalito la caviglia e si irradiava nel polpaccio.
Manabe lo spinse di nuovo a sedere.
-ma come… una botta dovrebbe essersi già fatta dimenticare…- disse guardando il sacchetto di ghiaccio oramai sciolto.- lascia che ti dia un’occhiata.
Il lilla toccó delicatamente la caviglia del ragazzo. Non bisognava essere appassionati di medicina per capire il problema.
-Minaho, hai una contrattura dovuta alla botta. Niente di rotto ma non esiste che tu ti muova per un po’.
-Ma come faccio… devo cercare una casa…
-Lascia stare. Starai da me un paio di giorni ok?
Ok, adesso la situazione iniziava a farsi imbarazzante, pensò l’arancione strabuzzando gli occhi.





Angolo dell’autore in prova:….
Buonsalve a tutti! Questa è la prima storia che pubblico dalla mia iscrizione… non sono tanto pratico dei personaggi ancora, spero di non aver fatto pasticci inenarrabili! (Già capire come funziona l’html ha richiesto due ore di potenti scleri)…
Ebbene, questo è il primo angolino dell’autore aggiunto mezz’ora dopo la pubblicazione, appena mi sono reso felicemente conto di averlo dimenticato preso dalla foga di aver dominato il malefico codice html…
Grazie a tutti coloro che leggeranno, e spero avranno la bontà di non uccidere la mia misera personcina… almeno non subito, no? :)
   
 
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