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Autore: Laix    22/08/2017    6 recensioni
Lo scopo di questa raccolta di one-shot è di sperimentare varie coppie (non solo love couples) sia tra le più conosciute che tra le più impensabili. Alcune delle presenti sono già state suggerite da voi: con diversi personaggi e couple sperimentate, si vede cosa ne esce e si cerca di accontentare tutti! Non siete vincolati alla lettura dell'ultima shot pubblicata... Ogni shot è una storia a sé, quindi liberi di aprire la tendina dei capitoli e scegliere i duetti favoriti! ;) I contesti possono essere dei più svariati, anche passando per l'assurdo :D
***
35. Mary Sera e Shuichi Akai ~ [Sei dura, donna. Dura come la pietra, il ghiaccio, sei cemento. Io con te divento calce ma tu non ti rompi mai, una corrente salata che viaggia al contrario e apre le onde. Eppure guarda cosa hai nascosto lì sotto. Dietro le botte, gli insulti, lo sguardo, l'odio, ti stai solo preoccupando per me e per il destino avverso che inseguo. Hai già visto tutto coi tuoi occhi e su un altro uomo.]
Genere: Commedia, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Ai Haibara/Shiho Miyano, Heiji Hattori, Ran Mori, Shinichi Kudo/Conan Edogawa, Vermouth | Coppie: Heiji Hattori/Kazuha Toyama, Ran Mori/Shinichi Kudo, Shiho Miyano/Shinichi Kudo
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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34. Sera Masumi e Tooru Amuro ~ 

***




Romanzo rosa

- Eccoti i soldi, te li lascio qui sul tavolo. -
- Oh, no, prendili pure. Oggi offre la casa. -
Masumi guardò perplessa Amuro, il sorridente cameriere del Poirot, che le aveva appena rivelato che il suo caffè era offerto.
- Uh. Davvero? - ridacchiò Sera, riprendendosi le monetine che aveva lasciato sul tavolo vicino alla tazza di caffè vuota e ricacciandosele in tasca. - Come mai? C'è qualche offerta giornaliera? -
- Nah, non direi. Semplicemente poi lo pago io per te alla cassa – concluse lui, guardandola sorridente.
Masumi corrugò la fronte senza capire. Poi si imbronciò e si portò le mani ai fianchi, iniziando a fiutare il motivo.
- Ma perché dovresti pagarmi tu il caffè? Sembro squattrinata, okay, e forse un po' lo sono, ma riesco a pagarmelo da sola! -
- Non è niente di tutto ciò, sciocchina – ridacchiò lui, lasciando interdetta Sera al patetico suono della parola “sciocchina”. - Non posso offrirti un caffè in pace senza che tu pensi alle cose peggiori? -
- No, un attimo... ma perché mi vuoi offrire il caffè? - insisté lei, convinta che ci fosse qualcosa sotto. Era una detective e certe cose le percepiva, sprovveduta di certo non era. - Non ci conosciamo neppure tanto bene, ci saremo visti tre volte... -
- Perché sei carina. Allora, posso? - risolse lui con l'ennesimo sorriso, lasciando Sera completamente ammutolita.
- Ah... ehm... io... - balbettò lei, iniziando ad imbarazzarsi e portandosi una mano dietro la nuca. Non ricordava più l'ultima volta che qualcuno le aveva offerto un caffè perché era carina. Forse non c'era proprio mai stata nella vita una volta così, ecco perché.
- Lo prendo per un sì. A presto, Sera-san! - la salutò Amuro, girando i tacchi e tornando al suo lavoro.
Sera gli guardò le spalle ancora per alcuni secondi, prima di uscire perplessa, molto perplessa, da quel locale e salire in sella alla sua moto.
Tooru Amuro, mentre serviva i tavoli, lanciò un'occhiata di sbieco verso l'esterno e la vide mettersi il casco per poi partire a razzo. Sorrise tra sé e sé, con un solo pensiero fisso in testa: step 1, raggiunto.

Alcuni giorni dopo, Sera insisté per pagarsi il caffè e il pasticcino alla crema coi propri soldi. Amuro le rispose che aveva già pagato lui in cassa, e che ormai non poteva emettere un altro scontrino.
- Beh, allora vorrà dire che ti passo i soldi in mano senza farci vedere da nessuno -
- Non mi interessano i tuoi soldi, Sera-san... - rise lui, asciugando alcuni bicchieri appena tirati fuori dalla lavastoviglie. - Mi interessa che tu venga qui spesso, così ci facciamo due chiacchiere. Hai da fare, oggi? -
- Sì, devo proprio scappare. - rispose lei un po' freddamente.
Non capiva che cosa quel ragazzo volesse ancora da lei. L'apprendista del detective Mouri le stava abbastanza simpatico e, in quelle poche volte che si erano visti anche assieme alle altre ragazze del Teitan, non le era certo passato indifferente. Si era accorta della sua grande intelligenza e dell'acume, della generale prontezza di riflessi nei riguardi di qualunque cosa contenesse una minima percentuale di pericolo, e del fatto che, sommariamente, era davvero in gamba. Un detective a suo parere idoneo, in grado di tenere testa alle situazioni - ovviamente erano le medesime caratteristiche che possedeva lei e che viceversa, a rigor di logica, avevano colpito anche Amuro, che lei se ne fosse accorta o meno.
Lui era anche bello, solare, sempre sorridente, eccetera eccetera. Però, davvero, cosa voleva da lei?
- Che peccato. Cerca di passare anche quando non sei così impegnata, così abbiamo il tempo di parlare e di mangiare insieme qualcosa. Ovviamente offerto da me. -
La ragazza roteò gli occhi al cielo e lui rise di gusto, mentre lei afferrava il casco per uscire fuori, con un lieve batticuore. Indugiò ancora qualche secondo al bancone.
- Ci posso pensare. Vediamo. Basta che non mi chiami ancora “sciocchina”, sono rimasta traumatizzata l'ultima volta! -
- Beh, mi fa piacere però che te lo ricordi. -
Lei gli fece la linguaccia e si diresse fuori, senza più voltarsi.
- A presto, sciocchina – la salutò lui facendo in modo che lei sentisse. E col seguente pensiero in testa: step 2, raggiunto.


- Masumi, stammi a sentire un secondo... -
- Sì, Shu-nii! Dimmi tutto! -
- Potresti stare un po' più lontana dal Poirot e dal cameriere che ci lavora dentro? -
Sera rimase a bocca aperta come un baccalà, senza sapere cosa rispondere al fratello maggiore. Comunque, su una cosa era sicura: stava per arrossire.
- Mh... perché mi dici questo? - gli chiese lei, a disagio.
- Perché ultimamente ti vedo spesso uscire da lì. E per diverse ragioni che ora non ho il tempo di spiegarti, lui non mi piace particolarmente. -
- Avete avuto degli screzi, vero? Vi conoscete... -
- Non ti preoccupare degli screzi che abbiamo avuto noi. Preoccupati di starci lontana. -
Di cui la traduzione era “visto che a me non piace, non deve piacere neanche a te”.
Oh, oh. Solo lei cominciava a intravedere la situazione prendere direzioni un po' tortuose?
- Ma... Shu-nii... - iniziò lei, cercando bene le parole. Col fratello conveniva sempre essere cauti, figurarsi col fratello potenzialmente incazzoso. - Se tu hai dei problemi con lui mi sta bene. Cioè, non benissimo, ma sono affari vostri. Lui a me non ha fatto niente e... -
- E' solo questione di tempo. -
- Ma che dici? A me non sembra il tipo che farebb... -
A quel punto Shuichi si fermò, bloccando bruscamente la loro spensierata passeggiata verso la sede dell'FBI, e la costrinse a voltarsi a sua volta verso di lui.
- Masumi, quello che dici è vero. Ma fidati se ti dico che da quell'individuo è meglio stare alla larga, non puoi mai essere sicura di ciò che gli passa per la testa -
- Penso tu ti stia preoccupando troppo, Shu... non sono più una bambina, so a cosa vado incontro! E poi non è niente di che, è solo uno che ogni tanto mi offre un caffè, che c'è di male? Eh? - provò lei, con un sorriso molto tirato ma speranzoso.
- Non sono nato ieri, Masumi. - le disse lui semplicemente, alludendo al fatto che lei non riusciva a nascondere i sentimenti come forse credeva. E che se per caso la sua ingenuità le impediva di vedere cosa c'era dietro alle continue offerte di caffè da parte di un ragazzo, c'era il fratello a ricordarglielo.
Lei abbassò lo sguardo, piuttosto in imbarazzo. Non le andava di stare lontano dal Poirot, ormai le piaceva andarci e Tooru non le dispiaceva affatto, era solare come lei.
Il problema era che Shuichi era freddo, invece, e non lo capiva. Non li capiva.


- Niente moto, oggi? - chiese Amuro con la sua solita cordialità, tuttavia squadrandola da capo a piedi con sguardo curiosamente insistente.
Vedendola con indosso un vestito, invece della solita giacca di pelle e pantaloni, aveva capito che difficilmente era venuta in moto. Non era un vestito particolarmente femminile, ma era leggero e morbido, adatto alla stagione, e le stava molto bene.
- Che intuito da detective – disse lei facendo una linguaccia. - Niente moto. L'ho portata a sistemare, c'è un problemino alla marmitta -
- Spero nulla di grave – continuò lui cercando di sembrare interessato ma senza riuscirci: non la guardava in volto, indugiava invece con lo sguardo sul suo vestito.
- No... niente di grave – sorrise lei, captando il modo in cui la guardava.
- E senza moto, immagino dovrai fermarti qui per un po'. Proprio come ti avevo proposto qualche giorno fa... -
- Uh, sì. Probabile che abbia qualche minuto in più di tempo – confermò lei, fingendosi disinteressata. Come se non avesse leggermente programmato tutto.
- Molto bene! Caffè anche oggi? - disse lui allegro, uscendo dal bancone e chiedendo ad Azusa se poteva prendersi venti minuti di pausa.
Venti minuti che passò interamente con lei, seduti ad un tavolino appartato del locale a bere e scherzare. Erano in effetti due persone così solari da non trovare delle vere difficoltà a parlare di tutto e di più, a prescindere da quanto si conoscessero: veniva loro spontaneo e si divertivano.
- E quindi, quando posso venire a vedere la tua stanza d'albergo? Ho sempre voluto vedere come vive una persona in un albergo – disse lui, sorridendo senza malizia.
- Oh, beh... come vivrebbe in un appartamento normale, suppongo – rispose lei scrollando le spalle.
- Ma non è un appartamento normale. Ci sono dei servizi diversi, e... insomma, sono curioso! Mi inviterai? -
- Beh... penso... si possa fare - rispose lei, percependo però un pizzico di disagio. Non capiva perché lui stesse bruciando le tappe a quella velocità, possibile che davvero lei gli piacesse? Non riusciva a togliersi dalla testa le parole del fratello maggiore. Forse Shuichi temeva che, come gran parte dei ragazzi di quell'età, Tooru si volesse approfittare di lei per divertirsi un po'. E se c'erano altri motivi, qualcosa di guastato nel loro rapporto e nel loro passato, lei lo ignorava perché Shuichi si teneva tutto per sé. Magari comunque era vero e Tooru era un collezionista di ragazze, chi poteva saperlo – ma con tutte quelle che venivano al bar a sbavargli addosso, perché proprio lei? Forse perché non sbavava in modo così palese? Non lo sapeva, ma di certo sentiva un interesse per lui che era recentemente cresciuto, e probabilmente allo stesso livello percepito da Amuro. E cioè, a ben pensarci, anche a lei sarebbe andato a genio il divertirsi fine a se stesso con un ragazzo, senza un impegno forzato. Lei era uno spirito libero, fattore che forse il fratello faticava a prendere in considerazione.
- Va bene. Dimmi tu quando sei libero. - concluse lei con un sorriso, contagiando anche lui.
Il quale nella mente pensò: step 3, raggiunto.


- Masumi? Dove sei? -
- Sì, Shu, scusami! So che dovevamo vederci, ma ho fatto tardi e... ecco... - si giustificò lei al telefono, senza sapere cosa dirgli in sostituzione di “sono con il tale che detesti e non riesco a venire”.
- Con chi sei? -
- Con un paio di amiche! -
- Non credo proprio. -
- Come? - esalò con rossore violento in viso.
- Masumi. Preferirei non dover scoprire che... -
Ma perché, perché suo fratello proprio non riusciva a fidarsi di lei e la trattava ancora come una mocciosa? Non si vedevano né sentivano mai, quelle rarissime volte che succedeva lei ne era gioiosa - fino a quando, almeno, non realizzava che la motivazione per cui la cercava consisteva nell'intimarle di stare lontana dalle persone che le piacevano. E solo perché, a quanto pareva, le suddette non piacevano a lui. Non capiva se oltre a questo ci fosse anche gelosia fraterna, apprensione, semplice di voglia di rompere le palle. Qualsiasi cosa fosse era frustrante a dir poco.
Sentì in sottofondo la voce dell'agente bionda, Jodie, fermarlo e dirgli qualcosa come “ooh, ma lasciala un po' in pace!”
- Jodie, se si mette a frequentare quel tizio ho il dovere morale di non lasciarla in pace -
- Shu-nii, ti sento. -
- Sì, bene. Meglio così. -
- Non hai il diritto di impormi cosa fare e chi vedere nel momento in cui le mie scelte vanno contro i tuoi desideri! Io sono io, è chiaro? - disse lei di getto, temendo però subito una sua reazione. Con lui era spesso colta da questi brevi attimi di coraggio che, purtroppo, evaporavano velocemente così come erano arrivati.
- Stai pur certa che ragionando così vedrai le conseguenze sulla tua pelle. - rispose semplicemente lui, freddo.
- Adesso devo andare. Ci sentiamo più tardi, forse. -
E riattaccò, sospirando scocciata. Non era abituata a comportarsi così con il fratello, ma la stava davvero irritando.
Tornò da Tooru, che la stava aspettando all'ombra di un albero, per andare insieme verso il suo albergo dove lei l'aveva infine invitato. Dove sarebbero stati da soli. Sorrise soddisfatta alla vista dello sguardo sereno di lui, chiaro indice di come la loro situazione stesse filando liscia come l'olio.
Alla faccia tua, Shu-nii.


Appena Masumi si svegliò, percepì la testa girarle vorticosamente. Richiuse gli occhi e sentì le braccia intorpidite, i sensi confusi. Provò a riaprire le palpebre tremanti e in quel breve lasso di tempo constatò che si trovava nella sua stanza d'albergo, riconobbe subito il soffitto e la disposizione delle lampade a muro. Beh, ottimo, no?
Adesso i problemi erano soltanto due, fortunatamente: uno, non ricordava nulla dei momenti precedenti al presunto sonno che l'aveva colta lì dentro; due, era legata al letto con delle manette. Mettiamone un terzo che non guasta mai: chi l'aveva portata lì in quello stato?
Provò a sollevare la testa, ma le ricadde subito sul cuscino. Ansimò leggermente in preda alla nausea. Era intontita ad un livello tale da farle venire il presentimento di essere stata drogata, tesi avvalorata dalla difficoltà nel ricordare gli ultimi eventi.
La telefonata con Shu. Tooru che la aspettava sotto l'albero. Il suo sorriso bianco in contrasto con la carnagione scura, con l'ombra. La camminata verso l'albergo. Tooru che le offriva da bere al bar dell'hotel, prima di salire. Lei che si arrabbiava perché era stufa di farsi offrire cose.
Tooru...
Dove diavolo si trovava lui? Non era stato mica aggredito come lei e portato chissà dove?
- Oh, ma ben svegliata, dolce fanciulla – disse una voce allegra appena uscita dal bagno, a lei molto conosciuta.
Quella di Amuro.
Lui le camminò accanto, guardandola sorridente mentre se ne stava legata, immobile e intontita. Senza aiutarla, come se fosse tutto assolutamente normale. Lei fece saettare lo sguardo in tutte le direzioni, cercando un responsabile, temendo che lui non stesse capendo la gravità della situazione. Ma non c'era nessun altro oltre a loro due, lì dentro, e il suo sorriso stampato non intendeva lasciargli il volto.
Che significava?
- Ci hai messo un bel po' a svegliarti, ti facevo meno dormigliona -
- Ehi. Che... che vuol dire tutto questo? -
Sera si allarmò non poco, perché il suo primo pensiero non fu qualcosa come “questo tizio mi ha ingannata, Shu aveva ragione, mi sta tenendo come ostaggio!”, che era poi la situazione effettiva progettata da Amuro, ma i suoi dubbi andarono tutti diretti a qualcos'altro. Il sadomaso.
Amuro forse apprezzava quel genere di cose?
Oh, santo cielo.
E suo fratello, se lo sapeva, come diavolo aveva potuto nasconderglielo?! Invece di usare tanti preamboli idioti come “non mi piace particolarmente quel tizio”, “gli passano cose strane per la testa”, “ho il dovere morale di fermarti”, dirle subito che era un tipo tutto manette e fruste era troppo difficile?!
Masumi si schiarì la gola, maledicendosi per essersi fatta trascinare in una situazione simile in completa ingenuità. La sua agitazione si rifletté a tutto il corpo, inconsciamente iniziò a tirare i polsi legati verso di sé facendo tintinnare il metallo delle manette contro lo schienale del letto. Quel rumore la fece rabbrividire.
C'era di buono che, almeno, le manette non erano ricoperte da pelo colorato.
- A-allora, io ti avverto, Amuro-san... ehm... come posso spiegarmi... - iniziò lei arrossendo.
Amuro la fissò perplesso, mentre la sentiva parlare. Inclinò la testa.
- Spiegare cosa, scusa? Sei ammanettata, per caso ti è sfuggito? -
- Sì, e, ehm. E' proprio di questo che vorrei parlarti. Cioè, mettiamo che mi andasse bene passare subito al sodo con te, ma... - Masumi deglutì, in totale imbarazzo. - Ma a me... ecco... non piacciono particolamente queste pratiche. Ecco. -
- Di che pratiche parli? - proseguì Amuro, senza ben capire.
Presumendo che la ragazza stesse per avere un singolare crollo nervoso, almeno a giudicare dai sussulti del suo corpo e dai respiri agitati, Amuro ritenne doveroso farla desistere subito da azioni scomode come urla, squittii e insulti, tutte cose che avrebbero potuto attirare orecchie indiscrete – in fondo si trovavano in una struttura pubblica. Quindi, a questo scopo, estrasse lentamente una piccola pistola da dietro i pantaloni e gliela puntò addosso.
Sera sgranò gli occhi, senza poterci davvero credere.
Oh, per la carità.
Oh, ma, ma, cosa sto vedendo.

Perfetto. Davvero magnifico. Amuro probabilmente non si riusciva a far bastare le fruste o le borchie. Aveva addirittura una pistola.
E la domanda angosciante era come intedesse usarla, a questo punto. Sera scosse la testa, non voleva nemmeno pensarci.
- Non puoi fare sul serio, Amuro-san... io, ecco, io... queste cose qua... non... -
- Mi vuoi dire di che “pratiche” parlavi prima? -
- Pratiche sessuali. - puntualizzò Sera velocemente, mordendosi un labbro e iniziando a sudare.
Il ragazzo rimase in silenzio per alcuni secondi, a bocca socchiusa, fissandola. Dopodiché si piegò in avanti e scoppiò a ridere tenendosi la pancia. Sera non capì cosa diavolo ci fosse da ridere, in quel modo sguaiato per giunta, ma si unì anche lei alle risate giusto per non farsi mancare nulla e scrollarsi un po' di dosso tutta quell'ansia.
- Tu sei matta! Non era proprio quello che avevo in mente, legandoti a questo letto - continuò Amuro, affievolendo man mano la sua risata e raddrizzandosi. - Ciò che avevo in mente, mi spiace dirtelo, riguarda tutt'altro. Per la precisione tuo fratello. - ribatté lui soddisfatto, guardandola mentre cambiava espressione in modo lento e ben delineato. Sera iniziava a comprendere tutto, tutto il diabolico meccanismo.
- Cioè... è come se io fossi un tuo ostaggio? Per... attirare mio fratello qui? -
- Mh. Esatto. -
- Col quale quindi, deduco, sei in brutti rapporti? -
- Brava. -
- E mi hai corteggiata tutto questo tempo, fin dall'inizio, solo a questo scopo? -
- Precisamente. -
- E per nient'altro? -
- Niente che mi venga in mente. -
- Che sei uno stronzo abissale te l'ha mai detto nessuno? -
- Più e più volte. -
Sera cacciò un urlo da arte marziale selvaggia e mosse le gambe per aria, cercando di colpirlo con dei calci. Tirò poi forte le braccia verso l'alto, stringendo i denti e sperando di poter sfracellare il supporto in legno di quel letto, ma il materiale era troppo resistente. Tuttavia continuò, ancora e ancora, procurandosi forti dolori ai polsi per via delle manette.
Nel giro di tre secondi era divenuta un autentica bestia desiderosa di sangue.
Le era sembrato tutto un po' troppo bello e semplice, per essere vero.
- Liberami immediatamente! -
- Per sottostare alla tua furia? Proprio no -
- Ti ammazzo! Ti squarto vivo! -
- Sì, l'ho notato e ti credo - rispose lui senza scomporsi, continuando a puntarle contro la pistola e facendo sì che lei se ne rendesse almeno conto. Perché sembrava non importagliene proprio una cippa. - Ma ti consiglio di non agitarti in questo modo e di non attirare attenzioni inopportune, sciocchina. -
Se avesse sentito ancora una volta, una sola volta il suono di quella parola, se lo sarebbe presto mangiato vivo senza nemmeno cuocerlo. Era terribilmente indispettita per ciò che aveva subìto, e ancora non aveva nemmeno ben chiaro tutto il quadro generale in cui lei stava fungendo da ingranaggio essenziale.
Sera smise di sbraitare, nutrendo in effetti il timore di attirare qualcuno del personale in quella stanza e provocargli magari un incidente. Spostò lo sguardo su di lui, tranquillizzandosi meglio che poteva e cercando di affrontare la situazione in modo neutro. Gli sorrise tagliente, guardandolo in cagnesco.
- Proprio una bella idea, complimenti - disse lei sarcastica, in tono di sfida.
- Mi spiace di averti fatto credere ad una bella storiella. -
- Nah, tanto lo so che ormai hai perso completamente la testa per me, nel tentativo di fregarmi. -
Amuro sorrise divertito, senza staccarle gli occhi di dosso. Era tosta la ragazza. - E' probabile, ma era un rischio che dovevo correre. -
- Beh, comunque pazienza. Me ne tirerò fuori senza problemi, io volevo solo divertirmi! -
- Mi fa piacere sentirtelo dire. Io invece non sono tipo da relazioni passeggere e divertenti, sono un ragazzo serio. - disse lui ridacchiando, facendole salire il nervo compulsivo. - Comunque tuo fratello sta già arrivando... mentre dormivi stesa dal sonnifero, gli ho inviato un SMS col tuo telefono, fingendomi te. Ormai è questione di minuti. -
- Cosa... cosa intendi fare? - gli chiese Sera in un bisbiglio, percependo delle sgradevoli fitte al petto. Non aveva paura per se stessa, ma per il fratello. L'aveva già perso una volta, almeno nelle sue intime convinzioni, e non voleva sperimentare di nuovo quell'orribile sensazione dopo averlo ritrovato. Si colpevolizzò per aver contribuito inconsciamente, e stupidamente, ad attirarlo in quella trappola.
- Te lo dirò tra poco, quello che voglio fare a Shuichi Akai. Sarà molto divertente. - ribadì lui a bassa voce, con un ghigno poco rassicurante.
Sera si sentì in dovere di intervenire assolutamente per evitare il peggio. Non sapeva come, ma si trovava lì e doveva ricorrere a tutte le risorse di cui disponeva.
- Ascolta, qui hai già qualcuno. Hai me. D'accordo? Fai quello che ritieni necessario a me, non so se hai in mente torture o cose simili, ma qualsiasi cosa sceglierai gli servirà da lezione vedendo il risultato su di me, te lo assicuro. Perché immagino sia questo ciò che vuoi fare: dargli una lezione per qualcosa successa tra di voi. Avete ancora questioni da risolvere e non sapete come fare, se non scoccandovi queste “punizioni”? Sì, forse, non lo so e non mi interessa, ma non sarà necessario aggiungere altro. Non commettere niente ai suoi danni, ti scongiuro! Ne ha già passate tante! Io non posso perderlo di nuovo! - disse lei senza esitazione, lasciandosi andare, guardandolo dal letto implorante. Sentiva le lacrime pizzicarle gli occhi.
Amuro la guardò perplesso, sbattendo le palpebre e massaggiandosi il mento.
- E' molto... onorevole da parte tua – disse lui, sinceramente colpito. - Ma non ho alcuna intenzione di applicare torture o anche solo di usare questa pistola, se non per intimarti di stare buona fino al suo arrivo. -
- Vuoi usarla su di lui, allora? Ti ho già chiesto di... -
- No, nemmeno su di lui. Non ho strumenti di tortura con me, e non sono abituato a portarmene dietro. E se proprio vuoi saperlo, questa pistola è scarica. -
Sera trattenne il fiato, senza capire un accidente.
- E allora, cosa diavolo vuoi fare? Dimmelo. - disse lei fermamente, guardandolo dritto negli occhi. - Non ho paura. -
Amuro assottigliò gli occhi, riflettendo. Abbassò lo sguardo concentrato verso terra, massaggiandosi ancora il mento. Poi, come colto da un'illuminazione, rialzò lo sguardo su di lei.
- Dimmi una cosa, Sera-san. Tu in che rapporti sei con tuo fratello? -
- Generalmente... buoni – biascicò lei, senza capire dove lui volesse andare a parare. Ed esitando a dire la parola “buoni”, visto che sarebbe stato meglio usare la parola “strani e incogniti”, nonostante il bene fraterno che scorreva tra i due, e questo parve non sfuggire ad Amuro.
- Ogni tanto ti fa arrabbiare? Dì la verità. E' impossibile che uno col suo carattere, così diverso dal tuo, non contrasti di tanto in tanto. -
- Sì, abbiamo dei contrasti. Ma come tutti. Ogni tanto abbiamo idee diverse, modi di agire diversi... -
- E cosa succede quando le vostre idee sono dichiaratamente diverse? -
- Lui cerca di farmi fare ciò che vuole, ciò che preferisce. Ciò che preferisco io è come se non contasse. Se a lui non piace qualcosa spinge anche me ad odiarla, perché pensa sia la cosa migliore per me – disse lei tranquillamente, come fosse sotto l'effetto di un incantesimo. Come mai si stesse aprendo con quel tizio era un mistero, ma in fondo neanche così tanto: aveva avuto spesso bisogno di sfogarsi su questo punto, lei voleva bene a Shuichi ma non era la prima volta che lui si comportava così con lei. Lo riteneva un atteggiamento molto scorretto e manipolatorio, forse esercitato per via del suo essere sorella minore da incanalare sulla giusta via, e non aveva mai avuto il coraggio di dirglielo direttamente. Ora che aveva l'occasione di parlarne, seppur con la persona più sbagliata, era di certo un sollievo.
- Ho capito cosa intendi. Ti senti trattata come una bambina -
- Una mocciosa senza cervello -
- In qualche modo vorresti dimostrargli il contrario? Che invece sei adulta, responsabile, in grado di gestire le tue azioni? -
- Disperatamente. -
- E quindi – iniziò lui, avvicinandosi a lei e cercando nella tasca dei jeans la chiave per aprire le manette, - te la sentiresti di dargli questa dimostrazione assieme a me? -
Quando lui riaprì le manette, lei fece scivolare fuori i polsi e si mise a sedere sul letto, guardandolo perplessa. - Cosa intendi dire? -
- Ti chiesto scusa in anticipo per quello che sto per dirti – cominciò lui, sedendosi sul letto accanto a lei. - Tra me e tuo fratello ci sono molti problemi risalenti al passato. Non sono facilmente risolvibili, non so se lui te ne parlerà mai, ma se avrai voglia gli chiederai di farlo. Io lo odio, te lo dico senza mezzi termini. E non riesco tutt'ora a trovare un metodo convincente per prendermi gioco di lui, fargli capire che io ci sono sempre e posso essere una seria minaccia nella sua vita. E' l'unica vendetta sensata e non sanguinosa che mi venga in mente, però sembra sempre piuttosto il contrario, è lui che mi scocca gli sgambetti più umilianti. E questo non mi va veramente più giù. -
Sera guardò il pavimento con sguardo attento, ascoltando tutto ma sentendosi sempre più perplessa. Capì comunque che l'atmosfera si era fatta più rilassata, lei si sentiva tranquilla e le si era anche esaurito il nervosismo. - Capisco... ma quindi io cosa c'entro? -
- Volevo “usarti” per fargli passare dei gran brutti momenti. Lui ti sta sicuramente chiedendo di stare alla larga da me, perché ha captato il pericolo. Teme che io cerchi di frequentare te solo per fargli capire che ho in pugno alcune parti della sua vita, che mi sono “impossessato” di sua sorella, e che non deve farmi arrabbiare. -
- E correggimi se sbaglio, ma non è esattamente quello che intendevi fare? - chiese lei ironica, alzando un sopracciglio.
- Sì. Ma siccome non sono così orribile non l'avrei tirata lunga con te, al contrario ti avrei fatto capire tutto molto velocemente. Tanto che ti ho portata qui al nostro primo appuntamento, ti ho legata e frastornata, in modo che tu potessi capire subito che genere di persona posso essere e spegnessi nell'immediato qualsiasi sentimento provassi per me. Voglio solo fare uno scherzo permanente a lui, non far soffrire te a lungo termine. -
Sera si grattò la nuca, pensierosa. - Detto così sembra quasi un atto gentile. Se la premessa non fosse uno scherzo sadico, rischierebbe di esserlo. -
- Volevo che leggesse il tuo messaggio falso che gli ho inviato io, in cui ho semplicemente scritto che ti sentivi spiata da qualcuno. Che lui allora piombasse qui di fretta, mosso dal dubbio si trattasse di me, e ci trovasse insieme in qualche atto esplicito e imbarazzante. Niente di spinto o che potesse seriamente turbarti, Sera-san, ma per lui doveva essere un momento impressionante e cruento che la memoria gli avrebbe rinfacciato spesso. Cosa c'è di meglio della tua sorellina avvinghiata al tuo nemico? -
Masumi arrossì, voltando lo sguardo dal lato opposto di lui. Santo cielo che ricopre mari e fiumi della Terra, che mente bizzarramente perversa.
- Con delle manette? Allora lo vedi, che qualche mania forse ce l'hai?? -
Lui ribatté ridacchiando. - Ovviamente te le avrei levate al momento opportuno. Solo che volevo rendere ignara anche te fino alla fine, senza spiegarti nulla e agendo all'improvviso, mi andava bene avervi entrambi contro. Fino a quando, almeno, non mi è sorto il dubbio che avremmo potuto collaborare. -
Sottolineò quella parola, inducendo Sera a rivoltare lentamente lo sguardo verso di lui.
- Quando hai detto “hai me, usa me” e hai fatto venire a galla tutto il tuo coraggio, ho voluto chiederti se per caso anche tu non avessi qualche questione in sospeso con tuo fratello. Nulla di grave come quelle che ho io, ma qualcosina che ogni tanto ti irritasse, che nonostante tu provi e riprovi a fargli capire non ti riesce mai. Ed ecco che è spuntata fuori. Ecco che forse vogliamo dimostrargli la stessa cosa: che lui non ha il controllo che crede. Che è giusto vedere me come minaccia, e te come donna. -
Masumi ci pensò su attentamente, capendo perfettamente la logica di quel discorso.
E pensò che non era affatto male. L'aveva giudicato come perverso, ma in alcune cose che aveva detto le riusciva di identificarsi in modo piuttosto semplice.
- Mi prometti che è solo questo ciò che hai in mente? Non gli farai del male? -
- Te lo prometto. Voglio solo divertirmi molto e vedere la sua faccia dilaniata da amare consapevolezze, Sera-san. Ed essere sicuro che se lo ricorderà ancora per molto tempo. - sorrise lui, stavolta in modo più rassicurante.
Sera sorrise allo stesso modo, prima però di accigliarsi e innervosirsi all'improvviso. Il piano le piaceva e la convinceva, Tooru aveva capito piuttosto a fondo le sue motivazioni; ma adesso c'era da definire il lato pratico di questo piano malvagio. Masumi era diretta e non amava girare attorno alle cose, perciò espose subito i suoi dubbi.
- Dovremo baciarci sul serio? - chiese allora ridacchiando e scrollando le spalle, come se in fondo sapesse che non era possibile. Sicuramente lui aveva un piano più congegnato.
- Beh. Certo che sì. Come altro fare, sennò? - chiese lui in tutta tranquillità, stringendosi nelle spalle.
Lei divenne un peperone rosso spellato e pestato esattamente alla fine di quella frase. Si voltò di nuovo dall'altra parte per non mostrarsi a lui.
Era abbastanza pazzo.
- E se io mi rifiutassi? - mormorò, colta all'improvviso da una timidezza che di solito non si confaceva ad una come lei.
- Lo farò comunque, come avevo previsto inizialmente nel mio piano che non ti comprendeva come complice. - rispose lui con la stessa identica calma. Era tutto molto naturale per questo individuo, maledizione.
- Questa è molestia, lo sai? Io ti potrei denunciare! - continuò lei, stavolta guardandolo aggressiva ma sempre con un acceso rossore sulle guance. Si sentiva patetica all'inverosimile, specie perché lui rise a quell'affermazione.
- Bah, ho affrontato di peggio. Fallo pure se vuoi. Ma ti perdi una grande occasione, facile facile, di convincere tuo fratello a porti al suo stesso livello. -
Sera prese un profondo respiro, per poi rilasciarlo lentamente dal naso con un accenno di frustrazione. Sembrava un ippopotamo pronto a caricare.
Lui in fondo aveva ragione.
E lei non era famosa per essere una codarda.
Lei non era famosa per lasciarsi scappare occasioni d'oro.
Erano solo due bacetti che si sanno dare anche i ragazzini delle elementari.
E se ancora arrossiva per una cosa del genere, suo fratello non aveva torto a trattarla come una piccola, indifesa marmocchietta.
E Amuro, un bel ragazzo con cui già aveva messo in programma di divertirsi, era matematicamente impossibile baciasse male.
Due piccioni con una fava alla faccia di questo, di quello e quell'altro ancora, chiunque essi fossero.
- E va bene. Ci sto. Basta tergiversare. - disse lei ferma e con pieno controllo, rivolgendogli un'occhiata di infuocata determinazione che divertì moltissimo Amuro.
- Vuoi fare pratica, dolcezza? - chiese lui per scherzare e per provare a gettarla ancora nell'imbarazzo.
- Assolutamente. - e il fatto che mantenesse lo sguardo e il tono su quella linea inflessibile e dalle evidenti sfumature guerriere, lasciò di sasso Amuro che spalancò gli occhi. Oh, oh. Lei alzò una mano e gli afferrò il mento, senza esitare. - Dobbiamo essere credibili o no? -
Lo trascinò verso il proprio viso, stampando le labbra su quelle di lui. Amuro le portò le mani alle spalle per allontanarla, in quanto troppo preso in contropiede. Era tosta la ragazza, ed era già la seconda volta nell'arco di cinque minuti che lo pensava. Ma d'altronde l'aveva pensato anche tutte le volte precedenti in cui l'aveva incontrata.
Tuttavia, quando le sue mani si posarono sulle esili spalle di lei, si fermarono. Gliele tenne appoggiate sopra senza spingere né allontanarla, perché se lei aveva mostrato quell'impulso e quel coraggio, era adesso il suo turno di non farsi stravolgere e di accettare il suo impeto.
Lasciò comunque a lei la guida di quell'atto, la quale aveva la chiarissima intenzione di evolvere l'entità di quel bacio. Si lasciò trascinare, e mentre la baciava sorrise. Come aveva immaginato, si stava divertendo.
Ma adesso la questione importante era: si stava divertendo anche lei?
Decise di staccarsi lentamente e gradualmente, senza rischiare di essere brusco. Incontrò il suo viso a non più di due centimetri dal proprio, lievemente arrossato e contornato da due occhi lucidi e trasognati. A vederla così da vicino e in quello stato, coi capelli neri già scompigliati e mossi, era oggettivamente molto bella. Peccato somigliasse tanto ad Akai, ma era qualcosa che poteva per il momento accantonare in un angolo molto remoto della mente.
- Okay, sì... sei già molto convincente così. Se volevi dimostrarlo ce l'hai fatta. - le mormorò lui con un sorriso, forse più dolce di quel che inizialmente intendesse darle. Spostò le mani dalle spalle al suo viso, con una delicatezza che scosse Sera con dei brividi.
Lui si lasciò sfuggire un sospiro malfermo, mentre le toccava le guance e la guardava a quella vicinanza: sentiva delle piacevoli fitte nel petto, piccole ma mitraglianti, e fece scivolare una delle due mani lungo il fianco della ragazza.
- Se allora sono stata credibile... adesso dobbiamo solo aspettare che arrivi – sussurrò lei, ma quasi non si riusciva a udire. Lui la sentì solo perché le era così vicino, perché sentiva i respiri a contatto con la pelle.
- Già... dobbiamo solo aspettare – confermò lui sempre sussurrando, come se temesse di sgretolare i vetri invisibili di quell'atmosfera alzando solo di poco la voce. - Solo aspettare. -
- Già. - concluse lei fissandolo e deglutendo.
Non appena lei disse questo, entrambi capirono come il verbo “aspettare” si stesse adeguando poco alla situazione attuale. Tooru mosse il viso in avanti e le afferrò il labbro inferiore con le proprie, per poi estendersi a tutto il resto con una lentezza estenuante.
- Non fraintendere, sto facendo pratica anche io con te – biascicò lui senza interrompere il bacio.
- Certo, lo capisco – gli fece eco lei allo stesso modo.
Nel giro di mezzo minuto Sera si trovò distesa sul letto mentre con le mani gli arpionava i capelli e le spalle, percependo in modo vivido una scia di respiri e labbra che pian piano scendeva e totalizzava il suo collo.
- Okay, è probabile che a questo punto siamo diventati credibili... - riuscì a dire lei ora che aveva un attimo di fiato.
- Sì, siamo diventati credibili. Ma secondo me manca ancora qualcosa – mormorò lui tra i respiri.
- Uh, anche tu avevi questa sensazione? -
- Chiara e limpida -
Continuando così ancora per un po', completamente avvolti da quell'inaspettato momento lussurioso che aveva preso forma uscendo dal loro controllo, non si accorsero che la porta della stanza effettivamente si aprì, ad un certo punto. Un Akai agitato e poi brutalmente impietrito da capo a piedi fece capolino lì dentro, senza dubbio. E avrebbero continuato ignari se non fosse che Akai, dopo aver intercettato prima la sorella, poi Bourbon e infine un paio di manette, annunciò la sua presenza in malo modo, gestì male lo sconvolgimento che aveva preso possesso di lui alla vista di ciò che dinnanzi ai suoi occhi si svolgeva e attrasse così l'attenzione di parecchi passanti in corridoio.
La leggenda narra che fu uno spasso di dominio pubblico, insomma, ma che i due diretti interessati se lo stavano quasi perdendo, presi com'erano dalle loro precedenti faccende. A malavoglia dovettero interrompersi e riscuotersi nel momento in cui Amuro incassava due pugni in pieno viso (erano stati dolorosi, ma che gioia intensa il pensiero di avergli provocato un trauma e averglielo letto negli occhi) e Sera riceveva in regalo lo Sguardo del Ghiaccio Eterno dal fratello.
Il piano non era sicuramente fallito, dunque. L'obiettivo era stato raggiunto. Solo che ad un tratto si era accantonato da solo, non si sa in quale momento preciso. Dimenticato.

Akai non lo avrebbe mai ammesso nemmeno col demonio in persona armato di tridente, ma aveva preso una batosta quel giorno. Realizzare, in modo peraltro così palese ed esplicito, che la sorella faceva quello che voleva senza stare a sentire i suoi consigli, mossa da futili sentimentucci da ragazzina per uno che tentava di soggiogarla al solo scopo di ferire lui, l'aveva fatto sospirare più e più volte con gravità e stancare più del necessario. Neanche il caffè nero riusciva alle volte a risollevarlo. In questo modo non gli veniva neanche più voglia di metterla in guardia, facesse un po' come le pareva. Era grande e doveva prendersi le sue responsabilità, stop, punto.
Mentre per quanto riguardava il caro Rei, lo avrebbe ucciso probabilmente molto presto. D'altra parte Scotch gli mancava, no? Stai per raggiungerlo. Fatti trovare ancora in una situazione simile con mia sorella, e lo raggiungi all'istante.
Oh, per carità, che piaga infetta quella situazione.
Sembrava la stupida trama di uno di quei romanzi rosa da 100 yen che vendevano fuori dalle edicole.








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Allora, come immagino avrete constatato, il contesto generale adottato per questa shot lo classificherei abbastanza serenamente nella categoria “assurdo o quasi”, categoria che riscopro sempre più piacermi in modo preoccupante. XD Poi, altra cosa, spero si sia capito bene tutto di questo capitolo. Essendo strutturato in modo un po' diverso da altri capitoli, con continui passaggi di scene che non tutti sempre gradiscono, mi auguro sia stato tuttavia scorrevole e non troppo incasinato.
Comunque, a parte forse qualche scena, credo la shot sia stata mantenuta su una linea ordinaria, facendo solo agire i personaggi, soprattutto Shuichi, in modi magari non sempre convenzionali. Ma passiamo alla nostra bella pairing completamente non-sense: era da tempo che volevo farci una shot, su questi due, e con il nostro amato Shuichi Akai (il mio sicuramente almeno) a fare da letale filo conduttore, è potuto uscirci qualcosa. Tooru i suoi motivi li aveva già e li conosciamo, mentre per Sera sono stati ricreati dal nulla ma mi parevano sensati – il problema della sorella che si sente padroneggiata da uno col carisma del fratello. E Sera e Amuro... che ne dite, come vi sembrano? Mi hanno sempre istigato, per quanto non si siano proprio incontrati decine di volte: hanno diverse cose in comune, a cominciare dal vizio di fare i detective della situazione; Masumi ogni tanto parla di lui a Ran e Sonoko, e anche quando si incontrano spiccano sempre per delle determinate qualità e si notano a vicenda. Insomma, very interesting, e tutta la shot l'ho voluta impostare su un tiro mancino progettato ai danni di Shuichi, qualcosa che potesse soddisfare entrambi. Che poi, vabbè, come al solito ho fatto evolvere in qualcos'altro *gnegnagnuhihi* 
E ovviamente spero vi sia piaciuto, mi piacerebbe come sempre ricevere vostre impressioni, non siate timidi :] Per vedere se si capiva fin da subito che Amuro stava progettando questo genere di atto, o se lo si realizza più facilmente dopo quando Sera affronta la cosa. O anche per dirmi che potevo evitare tutta questa pantomima e piantarli subito in albergo aggratis, che veniva un capitolo anche meno lungo ù___ù
Grazie a tutti per leggere/recensire/fare altre cose con questa raccolta! Vedo spesso utenti nuovi spuntare, mi fa molto piacere ^__^ Alla prossima!  

  
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