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Autore: lukespj    22/08/2017    2 recensioni
Doveva essere un giorno normale, e invece è stato un giorno speciale.
***
Ma quello che non sapeva era che quella era solo la prima di altre coincidenze, o forse meglio dire indizi, su quello che quella giornata aveva in serbo per lei.
(( Daniel Sharman ))
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Doveva essere un giorno normale
e invece è stato un giorno speciale
 
 
 
 

Quella mattina, dopo aver spento la prima sveglia, si era riaddormentata girandosi sul fianco sinistro.
Era ormai diventata un’abitudine da una settimana a quella parte, in quanto di notte era quasi impossibile dormire come si deve. Troppo caldo e troppo chiasso. Ma, d’altronde, non si poteva pretendere diversamente, considerando che stava in uno dei quartieri più frequentati – e più propenso alle feste- di Madrid.
Quando, alle 7:30, suonò la seconda sveglia, si alzò di scatto, quasi spaventata. Sospirò pesantemente rendendosi conto che era solo il suo cellulare, allungando un braccio per premere sul tasto STOP.
Ma, quando fece per fare un passo per dirigersi verso il bagno, si accorse che la stanza girava leggermente e che la vista – già un po’ sfocata a causa della miopia- era tendente al nero.
Non imparerai mai eh? sussurrò a sé stessa, rimettendosi a letto e massaggiandosi le tempie.
Aveva ereditato la pressione bassa dal padre e, quando faceva caldo, ne risentiva particolarmente. Sorrise inconsciamente al pensiero che, se fosse stata a casa, la madre le avrebbe urlato dietro il solito “DEVI ALZARTI PIANO!” alzando gli occhi al cielo.
Quando sentì la porta del bagno chiudersi, segno che Karina, la ragazza americana che era in casa con lei, si era svegliata e alzata prima di lei, respirò a pieni polmoni e si alzò – lentamente, questa volta.
Accese il piccolo ventilatore bianco, posizionato sulla scrivania in legno un po’ vissuta e rovinata dal tempo, posta vicino al letto e di fronte alla finestra, e la piccola abajure nera, posta su una delle mensole vicino al letto – tutta la stanza era estremamente piccola, ma a lei non importava, per il poco tempo che passava lì dentro era più che sufficiente.
Staccò il cellulare dalla carica – che staccò dalla spina e ripose nel cassetto, insieme alla sua inseparabile lucina della notte verde, che aveva minimo la sua stessa età- tolse la modalità aereo e scrisse il buongiorno ai suoi genitori, o l’avrebbero data per dispersa.
La porta del bagno dopo qualche minuto si aprì e richiuse, facendole capire che Karina aveva finito e che poteva andarci lei.
Recuperò le cose che le servivano per lavarsi la faccia e darsi una sistemata e, dopo aver alzato la persiana della finestra per far passare un po’ d’aria, andò in bagno.
Si guardo allo specchio e vide la sua faccia ancora assonnata, gli occhi leggermente rossi e gonfi per le poche ore di sonno e le trecce mezze disfate, con i capelli che sparavano da tutte le parti.
Scosse la testa e si prese tutti i suoi cinque minuti quotidiani di tempo per sé, per poi tornare in camera e sistemare un po’ il casino che si creava sempre quando rientrava.
Dopo di che, aprì l’armadio e, senza neanche guardare, tirò fuori i suoi jeans chiari lunghi, che avevano uno strappo sul ginocchio sinistro, e una canotta bianca.
Dopo essersi vestita e aver piegato e riposto nell’armadio il suo pigiama corto bianco con stampate delle balene azzurre, ebbe appena il tempo di sciogliersi le trecce e mettersi gli occhiali dalla classica montatura nera – tornando a vedere il mondo nel modo giusto – che Pepe, l’uomo spagnolo sulla settantina che la ospitava, bussò alla porta della sua stanza urlando il solito “Giulia, a desayunar”.       Il perché urlasse ancora non l’aveva capito, soprattutto al mattino.
Così, con i riflessi e la prontezza di un bradipo, si avviò verso il soggiorno, percorrendo il lungo corridoio stretto che era sempre nella penombra – dato che non aveva nessuna finestra diretta e la luce che c’era era molto debole.
Arrivata a destinazione, si sedette al solito posto intorno al tavolo rotondo, dove c’era ad aspettarla il caffelatte bollente. Mise due fette di pane nel tosta pane bianco e abbassò la piccola leva sulla destra, rimanendo in contemplazione.
 
“Good Morning!”
 
La voce squillante di Karina la risvegliò dal suo stato di trance – nemmeno se ne era accorta di essersi persa nei suoi pensieri.
Si girò verso la ragazza che si era già seduta al suo fianco – indossava i soliti shorts di jeans e una maglia grigia grande il doppio di lei, che era una ragazza di media statura e magrolina, i suoi capelli rosso-aranciato naturale le ricadevano mossi sulle spalle e gli occhi chiari erano sempre vispi, anche al mattino.
 
“Morning” biascicò, ancora con la voce decisamente assonnata.
 
Il pane saltò dal tostapane, così lo recuperò e ci spalmò sopra la marmellata di fragole, mentre Karina prese due muffin dal vassoio al centro del tavolo.
Come ogni mattina, l’unica voce che si sentiva era quella di Karina, che parlava senza sosta, senza nemmeno il bisogno dell’intervento di Giulia, che si limitava ad annuire o a rispondere con dei semplici yep quando necessario.
Finita la colazione, Giulia corse in bagno a lavarsi i denti, per poi tornare in camera, infilarsi velocemente le converse bianche – o che avrebbero dovuto essere tali, ma che ormai erano tutte grigie- ripose il telefono e le chiavi di casa nello zaino, per poi chiudere la cerniera e metterlo in spalla.
Tirò giù la persiana, spense il ventilatore e la luce della stanza, uscendo e chiudendosi la porta dietro di sé, senza dimenticarsi l’abbonamento dei mezzi e raggiungendo Karina in corridoio, dove la stava aspettando.
Salutarono Pepe ed uscirono, chiamando l’ascensore, dato che erano al quarto piano. Arrivate al piano terra, uscirono dalla porta principale e girarono a sinistra, dirigendosi verso la fermata della metro, Lavapies, in fondo alla loro via.
Nonostante andassero in due scuole differenti, potevano fare un buon pezzo di strada insieme.
Riuscirono a prendere la metro in arrivo, con non poca difficoltà a salire – al mattino sembrava proprio di stare in una scatola di latta di sardine, cosa comprensibile dato che la gente doveva andare a lavorare.
Scesero alla quinta fermata, la stazione di Argüelles, per cambiare dalla linea gialla a quella marrone.
Anche qui, fecero quasi fatica a salire, ma fortunatamente per Giulia erano solo tre fermate.
Quando arrivò alla stazione Alonso Martinez, salutò Karina e scese dalla metro, uscendo poi dalla stazione e dirigendosi verso l’International House, distante solo un paio di minuti.
Arrivata a scuola, si sedette sul divanetto grigio posizionato alla reception e prese il telefono.
Sorrise vedendo che aveva una decina di notifiche di whatsapp tutte dalla sua migliore amica a distanza, Giulia – con la quale aveva in comune molto più che il nome.
Quando aprì i messaggi, vide che erano tutte foto di Daniel Sharman, una delle sue più grandi crush – la sua migliore amica si divertiva a farla sclerare e quindi ogni tanto la riempiva di foto.
Ma quello che non sapeva era che quella era solo la prima di altre coincidenze, o forse meglio dire indizi, su quello che quella giornata aveva in serbo per lei.
Alle 9:25 lasciò la sua comoda postazione e si diresse al primo piano verso l’aula 5.
Le avevano cambiato classe rispetto alla settimana precedente, il che comportava cambio d’insegnante e compagni nuovi, e quindi presentazioni – cosa che odiava profondamente dato che non sapeva mai cosa dire.
In classe, oltre a lei, c’erano altre tre ragazze e un uomo. Delle tre ragazze, fortunatamente, conosceva già Julia, una ragazza americana che aveva conosciuto per caso la settimana prima nella caffetteria della scuola.
La nuova insegnante entrò in aula – era una donna sulla quarantina, abbastanza alta, dalla corporatura robusta, gli occhi chiari che vedevano grazie agli occhiali dalla montatura verse e i capelli biondi riccissimi.
Si presentò dicendo di chiamarsi Teresa e chiese a tutti di dire come si chiamavano e da dove venivano.
Giulia fu la prima a parlare, seguita poi da Julia, che era di Houston, Ana, una ragazza serba dagli occhi azzurri e i capelli biondissimi, Marina, che era della Corsica, i lunghi capelli marrone scuro erano dello stesso colore dei suoi occhi, e infine Daniel – seconda coincidenza, a cui la ragazza non fece per niente caso- che era sulla cinquantina e veniva da San Francisco.
Finito il giro di presentazioni, incominciò la lezione e in un batter d’occhio, erano le 13:30, ora che stabiliva la fine delle lezioni mattutine e che lasciava agli studenti il tempo necessario per mangiare e rilassarsi per un po’ prima di ricominciare con le lezioni pomeridiane.
Dopo aver preso il suo solito panino e la bottiglietta d’acqua, si sedette ad uno dei tavoli della caffetteria, venendo poi affiancata da Julia, Andy – un altro ragazzo americano- e Ina, una ragazza croata.
Finita la pausa, Giulia salutò gli altri e si avviò verso l’aula 2, dove aveva l’ora di lezione face-to-face con un docente – certo, era meglio quando c’erano anche altri compagni, ma così la lezione era molto più focalizzata a cercare di migliorare i suoi errori.
Quando l’insegnante arrivò, la ragazza sospirò mentalmente vedendo che anche questo docente era cambiato.
Anche lui sulla quarantina, alto, pelato, con la barba brizzolata, un sorriso stampato in faccia che gli prendeva anche gli occhi scuri.
Quando si presentò, dicendo di chiamarsi Isaac, Giulia non poté fare a meno che pensare al suo licantropo preferito – ed ecco anche la terza coincidenza.
Ignara di tutto, seguì la lezione, ma infondo, come avrebbe potuto immaginare che la sua giornata avrebbe preso una piega totalmente diversa, inaspettata e speciale al finire delle lezioni?
Alle 15:30, terminata la lezione, salutò Isaac ed uscì dall’edificio, andando sulla strada principale per poi dirigersi verso Starbucks, il suo posto fisso per fare merenda.
Prese il suo solito Peach Green Tea Lemonade e si sedette al solito tavolino vicino alla porta.
Non fece in tempo a scrivere alla sua migliore amica che il suo nuovo insegnante si chiamava Isaac – dato che già non scleravano abbastanza per Teen Wolf- che le arrivò una notifica da twitter che diceva che Daniel Sharman era a Madrid.
Rimase per un bel po’ imbambolata – il telefono in una mano, il suo tea nell’altra e la bocca spalancata- per poi precipitarsi fuori come un fulmine e iniziare a vagare a vuoto, come una disperata.
Aveva scritto a gente a caso su twitter per capire dove andare, Madrid era immensa e lui avrebbe potuto essere ovunque.
Ma, proprio quando stava per arrendersi – stava vagando senza meta da troppo tempo con un caldo micidiale e la sua “amata” pressione bassa si stava facendo sentire – una ragazza le rispose su twitter e, dopo varie notifiche, le disse di andare a Callao.
Quando raggiunse la meta, vide che c’erano due macchine della polizia e molte ragazze davanti al Cine Callao, capendo così che doveva essere quello il posto in cui si trovava – o meglio, dove doveva andare- Daniel.
Dopo un po’ di fatica, riuscì a trovare la ragazza che le aveva scritto e la sua amica, mettendosi ad aspettare insieme a loro.
Guardò il telefono e si rese conto che erano già le sei. Era stanca morta, le facevano anche malissimo le spalle e la schiena a causa dello zaino, ma non aveva nessuna intenzione di andare via da lì senza aver visto anche solo un riccio di Daniel.
Il tempo passava, la gente aumentava sempre di più e tutti stavano diventando impazienti. Continuavano a chiedere a che ora sarebbe iniziata la Con di Fear The Walking Dead, pur consapevoli che la maggior parte di loro non sarebbe potuta entrare non avendo il pass, ma nessuno diceva niente.
Ad un certo punto, all’alba delle 19:30, iniziò a muoversi qualcosa e, pochi minuti dopo, due attori – un uomo e una donna- uscirono dalle porte vestiti da zombie.
Rimasero fuori a cercare di spaventare tutti – inutilmente, anche se qualcuno si divertiva ad urlare come delle galline spennate spaccando i timpani a tutti i presenti- per poi, dopo un tempo che sembrava interminabile, rientrare nel cinema e sparire.
 
E fu allora che successe.
 
Dopo essersi fermato a fare le foto ufficiali per l’evento, Daniel uscì dalla porta.
Indossava una camicia di jeans e dei jeans neri e sorrideva, sorrideva a trentadue denti.
Giulia non ci poteva credere, aveva Daniel Sharman a cinque, massimo sei metri da lei e si rese conto che, dannazione, quel ragazzo era semplicemente perfetto, lo schermo in cui era abituata a vederlo non gli rendeva minimamente giustizia.
Daniel urlò un “HOLAAA!”, facendo così sclerare tutti i presenti, cosa che ampliò ancora di più il suo sorriso. Continuava a salutare con la mano, e la ragazza faceva lo stesso e, pur sapendo che tra tutte quelle persone non avrebbe mai potuto vederla, si convinse che l’aveva salutata, poco importava se in realtà stava salutando la folla.
Dopo quasi essere caduto dalle scale – che demente pensò la ragazza- Daniel rientrò nel cinema, sparendo.
Giulia rimase lì per un tempo indeterminato a fissare la porta, non riuscendo bene a realizzare ciò che era appena successo.
Quando tornò in sé, salutò le due ragazza che aveva conosciuto, dirigendosi verso la metro per tornare alla homestay, dato che ormai erano le 20:30 e lei doveva assolutamente farsi una doccia e chiamare i suoi prima di cenare – come avrebbe fatto non ne aveva idea, ma non le importava.
Nel tragitto verso la casa, mandò un’infinità di audio disagiati alla sua migliore amica.
Si rese conto di essere troppo tranquilla, ma ancora non aveva realizzato il tutto.
Arrivata a casa, salutò Pepe e si precipitò in camera, chiamò i suoi e si fece una doccia lampo, riuscendo ad essere a tavola per le 21:00 esatte.
Dopo cena, tornò in camera e, dopo aver fatto i compiti ed essersi preparata per andare a letto, riguardò il piccolo video che aveva fatto poco tempo prima e mise come sfondo del telefono la foto che aveva fatto a Daniel mentre sorrideva, magari così si sarebbe convinta che sì, lo aveva visto ed era così felice.
Persa nei suoi pensieri, si addormentò, sfinita.
 
 
 
La mattina dopo, si svegliò con un sorriso stampato in faccia.
Era da troppo tempo che non si svegliava così, ma si sentiva talmente bene che si alzò e si preparò molto più in fretta del solito.
Aveva voglia di andare a scuola e vedere i suoi compagni, sicura che avrebbe passato una giornata stupenda.
Mentre aspettava che venisse preparata la colazione, sbloccò il telefono per scrivere ai suoi genitori, ma si bloccò quando vide il suo sfondo.
Ancora non poteva credere a quello che era successo la sera prima.
Sì, è vero, avrebbe tanto voluto che Daniel si avvicinasse di più, non tanto per la foto – cosa che tutti desideravano e che l’avrebbe resa davvero ancora più felice- ma per poterlo abbracciare e dirgli tutto quello che sentiva, quanto orgogliosa era di lui e tante altre cose.
Ma era comunque felicissima per quello che era successo, era grata a chiunque avesse deciso che proprio lei, quella sera del 24 Luglio 2017, a Madrid, avrebbe visto a pochi metri da lei Daniel Sharman.
E in quel momento, realizzò che, per la prima volta in vita sua, si era risvegliata da un sogno, con una prova che testimoniasse quanto bello e incredibile sia stato.
 
 
 
 
 

* angolo autrice *

 
Salve a tutti!
Ebbene sì, sono tornata dopo tanto tempo con una nuova OS!
Non penso che sia necessario dire quanto importante sia questa per me, penso si capisca benissimo.
Come sempre, vi chiedo di lasciarmi tutti i vostri pareri, commenti e critiche, e di dirmi assolutamente se trovate degli errori ( o orrori lol) di qualsiasi tipo.
Inoltre, anche questa volta ho pubblicato sia su efp che su wattpad, il nome è sempre @/lukespj quindi non ho copiato nessuno
 
Un bacione e alla prossima,
Giuls xx
   
 
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