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Autore: lunatique    23/08/2017    0 recensioni
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«Ora possiamo andare?» Carola che con la mente stava già gustando il suo succo di ananas sotto i raggi del sole.
Eva annuì e si girò, iniziando ad incamminarsi verso il loro ombrellone.
«Non sei così tanto mezza sega, però!»
Una voce maschile urlò, costringendola a rigirarsi.
«Dubiti troppo delle mie doti!»
In risposta ricevette una risata cristallina, «Io sono Diego comunque, Diego Carisi!»
«Eva De Cesari!» E proseguì per la sua strada, scomparendo tra la gente.
Genere: Commedia, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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1. Tra Choco Krave e braccia intorpidite


01 Luglio 2017, ore 08:30, casa De Cesari, Roma

 
L’estate è la stagione più strana tra le quattro. Da sempre il periodo dell’anno più atteso da tutti, adulti e piccini, studenti e lavoratori, quello da cui ci si aspetta un po’ di relax dopo un anno di stress accumulato,  ma anche divertimento, avventure e nuove scoperte.
È come se cercassimo di infilare le esperienze che potrebbero occupare una vita in quei tre mesetti di sole; e allora diventa una corsa continua, un tour de force, una sfida contro il tempo che passa e contro l’autunno che arriva minaccioso.
Per Eva l’estate era, da che ne aveva memoria, esattamente questo: una sfida contro il tempo. Perché la fuori c’era un modo che l’aspettava e lei non si accontentava di passare qualche giornata al mare con gli amici, o di rilassarsi in balcone con la nonna, tra una briscola e l’altra. Aveva tutto l’inverno per leggere libri sdraiata su un letto o per “rincoglionirsi” – come diceva la madre – davanti alla TV.
Lei voleva ridere fino a sentirsi male, vivere un amore degno di quelli raccontati da Jane Austen e vedere con i suoi stessi occhi tutti i panorami dipinti da Monet. Potete quindi dedurre facilmente che le aspettative per la sua estate non erano alte e spesso irrealizzabili, di più.
Da piccola aveva sempre trascorso i mesi di Luglio e Agosto nel paesino originario della nonna, nel basso Lazio. Si divertiva a passare il tempo tra gli scorci antichi e la natura di quel luogo a giocare a nascondino, e con i suoi cugini e gli altri bambini del posto avevano formato una combriccola niente male. C’era qualcosa di poetico, secondo Eva, nelle immense distese verdi che si ammiravano dalla casetta arroccata della nonna paterna, e nel vecchio cedro che si faceva spazio tra gli orticelli, protagonista delle decine e decine di storie di fantasmi raccontate dai più anziani del paese. Crescendo però, si sa, le cose cambiano. Nel corso della sua pre-adolescenza molte amicizie andarono perse, altre si allentarono notevolmente e lei ed il fratello Pietro smisero di far visita a quel posto se non in rare occasioni, presi da altre priorità.
«Ancora così stai? Muoviti, pigrona!» Carola e la sua chioma nero pece fecero irruzione in cucina, interrompendo i suoi pensieri e facendola quasi strozzare con una cucchiaiata di latte e cereali.
Eva buttò un’occhiata veloce al vecchio orologio appeso sopra l’ingresso, «ma fono folo le otto e messa» rispose con la bocca ancora piena di Kellogg’s Choco Krave, che resero le sue parole quasi incomprensibili a qualsiasi essere umano ma non alle orecchie, ormai allenate, della sua amica.
«Io ho già fatto colazione, una doccia, depilata, sistemato le ultime cose in valigia ed ora sono qui; e tu?»
«Ed io ho mangiato i Choco Krave.»
«E tu hai mangiato i Choco Krave» ripeté la mora, una non sottile nota di esasperazione nella voce squillante, «sbrigati!»
«Okay okay…» Eva alzò le mani come in segno di resa, finendo in fretta quello che rimaneva della sua colazione «…nazista» commentò tra un boccone e l’altro a denti stretti.
Lei e Carola sono amiche da quando ne hanno memoria e le loro madri le portavano a giocare nella piazzetta davanti casa. Abitano nello stesso palazzo, con quattro piani tra i loro appartamenti ma questo non gli impedisce certo di passare le loro giornate sempre insieme, l’una a casa dell’altra. Praticamente Eva considera Carola come la sorella che non ha mai avuto, e Carola quella con cui scambierebbe volentieri la vipera che si ritrova.
Questa sarebbe stata la loro prima vacanza insieme ed in completa autonomia, nella casa al mare di Carola sulle magnifiche coste abruzzesi.
La rossa non ci mise molto a prepararsi, anche perché aveva alle calcagna un segugio – Carola – che non le dava tregua. Una rinfrescata per svegliarsi meglio e si vestì con quello che si era preparata il giorno prima; un accenno di mascara e rossetto rigorosamente rosso – che, come diceva lei, fa sempre la sua porca figura – et voilà, era pronta per iniziare la sua estate nel migliore dei modi.
Trascinò i bagagli con fatica fino al portone del palazzo, dove la Signora Romano le aspettava nella sua Ford Focus che, un tempo – e prima di incontrare la numerosa e caciarona famiglia Romano – si raccontava fosse addirittura di un bianco brillante.
«Buongiorno ragazze!» Le salutò con un sorrisone la donna, mentre loro prendevano posto nei sedili dietro. «Pronte?»
«Prontissime!» Squittì Eva, che non stava più nella pelle.
«Carola hai preso tutto vero? Non farmi fare avanti e indietro venti volte perché magari hai dimenticato le tue amate borse di Primad…»
«Sì ma’» cantilenò la figlia, scocciata «ho tutto quanto, ne sono sicura.»
Rita sorrise come solo una mamma sa fare alle ragazze riflesse nello specchietto retrovisore «va bene, partiamo allora.»
 
 
Il viaggio fu più lungo di quello che Eva si aspettasse, o forse era l’ansia dell’attesa che le faceva vivere i secondi come minuti ed i minuti come ore. A sua discolpa però, Roma – coste abruzzesi via macchina non si percorreva certo in un battito di ciglia.
Durante tutto il tragitto le due amiche cantarono insieme le canzoni che passavano alla radio, scherzarono e cercarono di ammazzare il tempo in ogni modo. Fino a quando, stanca, Carola poggiò la testa qualche secondo sulla spalla della rossa finendo per cadere inevitabilmente tra le braccia di Morfeo. Eva sentiva il braccio intorpidirsi sotto il peso della sua testa – e fidatevi che pesava, la madre le diceva sempre che era fatta di coccio – ma decise di non svegliarla per non rimanere vittima della sua ira funesta. Stava con l’altro braccio poggiato sulla portiera ed in silenzio religioso a guardare distrattamente gli alberi che gli sfrecciavano vicino, quando finalmente riconobbe un’immensa distesa cristallina illuminata dai raggi del sole già alto in cielo: il mare. Era un buon segno, no? Significava che ormai erano arrivate e che si trattasse solo di girare gli ultimi angoli e percorrere le ultime stradine, vero?
Eva non poteva crederci e senza pensarci due volte diede una gomitata sulle costole dell’amica, per svegliarla.
«Ma cosa cazzo…»
«Il mare Caro, il mare!»
Carola si stropicciò gli occhi un paio di volte per poter metter meglio a fuoco ciò che la circondava, «e mi hai svegliato per questo? Non hai mai visto il mare in vita tua?»
«Claro que sì; ma significa che siamo arrivate, zuccona.»
«Ah» fu l’arguta risposta dell’altra, accompagnata da un’espressione da pesce lesso, «Ah!» Esclamò una seconda volta, come se finalmente le rotelline del suo cervello avessero ripreso a girare nel verso giusto, e si mise anche lei con la punta del naso a patitina attaccata al finestrino, a contemplare il panorama.
Fu questione di minuti e la Signora Romano parcheggiò in una via a pochi passi dal mare dove si trovavano una serie di villette a schiera, tutte ben tenute. Le ragazze scesero dalla macchina riordinando le loro cose e trascinandole verso i cancelletti marroni di una villa rosa pesca, con un piccolo giardino che la precedeva.
«Benvenuta a Casa Romano» Carola aprì le braccia in un gesto teatrale, facendo cadere malamente le borse che teneva in mano e rimase lì impalata al centro di quello che doveva essere il salotto – immenso, pensò Eva – della casa. L’arredamento era molto più moderno di ciò che si era immaginata durante le ore precedenti, mantenuto tutto sul crema e sfumature varie. L’unico punto di colore che saltava all’occhio erano i due divani posti ad L, rosso fuoco, addobbati da cuscinetti con stampe eccentriche.
«Mostra la casa ad Eva, invece di fare la scema.» Disse Rita dando una pacca sul sedere alla figlia come era solita fare, superandola e sparendo in cucina per posare lo stretto necessario che aveva portato per non morire di fame il primo giorno.
Carola obbedì, entrando nei panni di una perfetta guida turistica – che non era –.
La villa era a due piani: di sotto vi era un grande spazio che comprendeva salotto e tutto ciò che ci si può trovare, ed una lunga tavolata in legno con un cesto di vimini vuoto abbandonato nel mezzo. La cucina era separata dal resto da una porta scorrevole ed aveva, sul muro di sinistra, un altro piccolo tavolino adatto a quattro persone.
Dal salotto si accedeva anche ad una scala marmorea che portava al piano superiore, dove vi erano tre camere di diverse dimensioni: una con un letto matrimoniale, dei genitori, un’altra più piccolina e che presentava oggetti che Eva identificò come femminili – molto probabilmente di Carola e della sorella Letizia – e l’ultima con tre letti, che dovevano appartenere per forza a Cristiano, Saverio ed Alessio, i tre fratelli maggiori. Le ultime due stanze consistevano in bagni di discrete dimensioni, il primo con vasca ad angolo mentre il secondo aveva solo una semplice doccetta e sanitari.
Le ragazze sistemarono le loro cose nella camera solitamente destinata a Carola e Letizia che, in un batter d’occhio, si riempì di vestiti, trucchi, scarpe, orecchini e gingillini vari; dopodiché scesero al piano inferiore dove la madre aveva già preparato un piatto ti pasta al sugo ed un po’ di insalata per tutte e tre, dato che tra una cosa e l’altra si era fatta ora di pranzo ed i loro stomaci cominciavano ad accusare la fame.
«Credo di aver sistemato tutto» Rita si fermò davanti alla macchina, infilando la chiave per sbloccarla «vi ho lasciato un po’ di pasta nelle credenze, latte e qualche scatoletta di tonno.»
«Grazie mille Rita.»
«Grazie mami, fa buon viaggio.»
«Ah ed i numeri di emergenza sono su un foglietto appeso al frigorifero»
«Lo so» disse Carola, aprendole la portiera.
«Ah e ricordatevi di chiudere il gas dopo che avete cucinato»
«Certo.»
«Ah e se succede qualcosa ho già parlato con la Signora Anna e mi ha dett…»
«Sì abbiamo tutto sotto controllo, non hai niente di cui preoccuparti!» La interruppe la figlia, roteando gli occhi al cielo.
«D’accordo» la donna le guardò come si guarda un bambino che ha appena imparato a camminare, stringendole poi in una morsa soffocante abbraccio con tanto di bacio schioccante sulla fronte.
«Divertitevi ragazze.»
La videro entrare nella macchina e sparire in fondo al vialetto, prima di tornare dentro casa.
«E adesso? Che si fa?» Domandò Eva mentre si richiudeva la porta alle spalle. Carola le rivolse uno sguardo che aveva un nonsoché di sadico, ed un sorriso che non era da meno.
«E adesso comincia l'estate.»

 

Spazio Autrice
Buongiorno ed eccomi ritrovata con questa nuova storia senza impegno ne pretese, solo una piccola cosuccia che mi è venuta in mente.
In questo primo capitolo non succede molto ma era necessario farlo così per potervi introdurre al meglio Eva e la sua amica Carola e quello che sarebbero andate ad "affronte".
Spero comunque sia stato di vostro gradimento, sarei più che felice di sapere cosa ne pensate in una recensione qui sotto, sia nel bene che nel male.
Alla prossima, tanti bacini xxx
 
 
   
 
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