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Autore: Jade Tisdale    24/08/2017    0 recensioni
Post seconda stagione | Nyssara
È passato un mese dalla sconfitta di Slade, e mentre Starling City cerca di risollevarsi in seguito ai danni subiti, il Team Arrow continua a vigilare sulla città, proteggendola dai numerosi e frequenti pericoli.
Sara, invece, ha fatto ritorno a Nanda Parbat. Ma qualcosa, o meglio, una notizia, potrebbe dare una nuova svolta alla sua vita. E mettere a rischio quella di chi le sta intorno.
*
«La tua ragazza» sussurrò la mora «è questa Nyssa?»
Sara annuì, arrossendo lievemente.
«Dev'essere una persona splendida. Voglio dire, se è ancora con te dopo aver saputo di questa storia, significa che ti ama veramente.»
*
«Credevo di essere perduta per sempre» sussurrò, solleticandole dolcemente la pancia nuda «ma poi sei arrivata tu, e hai sconvolto completamente la mia vita. Tu mi hai ritrovata, Sara. Mi hai ritrovata e mi hai fatta innamorare follemente di te con un semplice sorriso.»
Nyssa intrecciò la propria mano in quella di Sara, rossa in viso.
«E poi» proseguì, con un sussurro «in questo inferno chiamato vita, stringerti la mano è la cosa migliore che mi sia potuta capitare.»
Genere: Angst, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, FemSlash | Personaggi: Nyssa al Ghul, Oliver Queen, Ra's al Ghul, Sarah Lance, Un po' tutti
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Love is the most powerful emotion'
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Capitolo 14: 
Masks

 

 

 

 

Nyssa non era riuscita a chiudere occhio per tutta la notte. Il solo pensiero che qualcuno avrebbe potuto fare del male a Sara l’aveva tenuta sveglia fino all’alba.
Nemmeno la sua amata aveva dormito molto, ma ciò era dovuto soprattutto al fatto che il materasso su cui si trovavano non era per niente comodo.
Quando Nyssa le aveva detto di essere stata seguita per tutta la sera, Sara aveva subito chiamato Oliver e si era diretta a casa di Laurel per assicurarsi che stesse bene. Avevano poi deciso di fermarsi a dormire da lei per precauzione, in caso qualcuno avesse tentato di attaccare la famiglia di Sara.
Oliver, invece, aveva informato Roy, intimandolo di trovare Thea e di non staccarle gli occhi di dosso, dopodiché, su richiesta da parte di Sara, chiese a Diggle di mandare Lyla in una safe house dell’A.R.G.U.S. e di sorvegliare il palazzo in cui abitava il capitano Lance. Nessuna delle due figlie volle dirgli cos’era accaduto per non farlo preoccupare, perciò avevano dovuto trovare un altro modo per proteggerlo senza che lui lo sapesse.
Alla fine, non c’erano stati altri attacchi, ma la sola idea che potesse trattarsi di qualcuno della Lega faceva contorcere lo stomaco di Nyssa.
«Andrà tutto bene» le sussurrò Sara quando i primi raggi di sole filtrarono dalla finestra, accarezzandole una guancia. La figlia di Ra’s al Ghul chiuse gli occhi, lasciandosi cullare dal contatto della mano di Sara sulla propria pelle, e dopo interminabili minuti di carezze e di sussurri, finalmente, si addormentò. Fu a quel punto che Sara si alzò, diede un bacio sulla fronte a Nyssa e raggiunse la sorella per vedere come stava.
«Va tutto bene?» domandò Laurel quando vide Sara sulla soglia della stanza.
«Stavo per farti la stessa domanda» rispose la bionda, poggiando i gomiti sul bancone della cucina. «Come hai dormito?»
«Bene» esordì l’altra. «Almeno fino a quando non siete piombate in casa mia nel cuore della notte entrando dalla finestra.»
Sara sorrise lievemente, cercando di nascondere il ricordo della paura che aveva provato la notte precedente.
«Scherzo» proseguì la maggiore delle sorelle Lance, avvicinandosi alla sorella di qualche passo. «Ora devo andare al lavoro, ma voi fate come se foste a casa vostra. È stata una lunga notte, perciò potete restare qui finché volete.»
«Grazie, Laurel.»
L’avvocato le dedicò un sorriso dolce. «Di niente. Magari prima passo in centrale a vedere come sta papà. E se noto qualcosa di strano te lo faccio sapere immediatamente.» Quando Sara si limitò ad annuire, Laurel riprese la parola. «Sicura che sia tutto a posto?»
Canary sospirò pesantemente. «Non lo so. Ho la testa piena di pensieri. E non ho idea di come fare per svuotarla.»
«Inizia chiamando Sin per assicurarti che abbia ricevuto il tuo messaggio e che questa mattina non torni a casa vostra, okay?» Laurel le mise entrambe le mani sulle spalle, accarezzandogliele leggermente. «Dopodiché, chiedi a Oliver di venire qui, così tu e Nyssa potrete riposare un po’. Oppure tornate a casa vostra, se preferite. Ma chiunque sia stato a pedinarvi, non credo si farà vivo molto presto, perciò potete stare tranquille.»
«Come fai ad esserne certa?»
«È una sensazione» rivelò, afferrando la propria valigetta da terra. «Devi solo tranquillizzarti. So che è una situazione difficile, ma la paura e l’ansia non miglioreranno le cose.»
Quando Laurel uscì e chiuse la porta, Sara si chiese come fosse possibile che sua sorella fosse così tranquilla in una situazione del genere. Non sapeva che in realtà quella di Laurel era una semplice maschera che sarebbe crollata prima di quanto pensasse.



Sara tornò a letto poco dopo, cercando di fare meno rumore possibile per non svegliare Nyssa. In realtà, sapeva benissimo che l’Erede era sveglia, ma in cuor suo sperava che fosse finalmente riuscita a dormire per più di dieci minuti.
Quando si sdraiò, ebbe fin da subito la sensazione di essere fissata dai suoi grandi occhi nocciola, così si lasciò andare ad un sospiro leggero.
«Davvero? Neanche cinque minuti?»
«In realtà ho dormito per ben trenta secondi, amore mio» sottolineò l’altra. «Mi sono svegliata non appena hai raggiunto Laurel.»
«Beh, sai come la penso. Se non dormiamo un po’ sarà solo peggio.»
«E tu sai benissimo che potrei trascorrere tranquillamente una settimana insonne senza dare di matto.»
Era vero, ma Sara sapeva anche che questa volta Nyssa sarebbe potuta impazzire prima del previsto.
«Potrebbe non trattarsi della Lega» la tranquillizzò Sara, intrecciando teneramente la sua mano con la propria. «Potrebbe trattarsi di qualcun altro.»
«Chi altro potrebbe volerci fare del male?»
«Per ora se la sono presa con te, non con me» puntualizzò la bionda. «E poi, potrebbe letteralmente essere chiunque. Abbiamo partecipato a molte missioni insieme al Team nelle ultime settimane, e tu non indossi mai la maschera. Hai mai pensato che qualcuno avrebbe potuto riconoscerti? Magari è proprio così, magari qualcuno vuole solo vendicarsi perché gli hai mandato il fratello o il capobanda in prigione. Non dobbiamo trarre conclusioni affrettate.»
Senza aggiungere altro, Nyssa si voltò dall’altro lato del letto, lasciando andare la mano di Sara e dandole le spalle.
«Te l’ho detto, Sara» proseguì, col cuore in gola. «Prima o poi arriveranno. Non importa quando, non importa come, ma arriveranno. E a quel punto non ci sarà più niente da fare.»

*

Passò una settimana da quel giorno. Nyssa non volle più parlare di quanto accaduto e Sara la assecondò. Decise anche di mentire a Sin per non farla preoccupare, dicendole che si era trattato di un semplice tentativo di furto e che avevano preferito tenerla lontana dai guai, anche se era stato un falso allarme. La ragazzina non se l’era di certo bevuta, ma per non creare problemi finse di credere alle parole di Sara.
Ora, quest’ultima si trovava seduta al bancone del Mystery Cafè, intenta a osservare Nyssa mentre serviva un cliente dopo l’altro con un sorriso raggiante stampato sul volto. Ripensando alla conversazione che avevano avuto a casa di Laurel la settimana precedente, Sara si rese conto di non aver mai visto Nyssa così scoraggiata prima d’ora. Quando le aveva detto quelle parole, era come se una parte di lei si fosse arresa all’idea di avere una vita normale. Sara aveva cercato di far trasparire il meno possibile l’angoscia che provava al solo pensiero di dover tornare alla Lega, ma anche Nyssa si stava difendendo bene. Nonostante quello che le era capitato, era riuscita a creare una maschera impenetrabile, che si rafforzava maggiormente ogni volta che si trovava fuori casa. Forse da un lato era meglio così, pensò Sara. Almeno lei aveva trovato un modo per distrarsi.
Dopo non molto, la mora si avvicinò a lei, porgendole un succo di frutta alla fragola.
Sara alzò lo sguardo nella sua direzione, colta alla sprovvista. «Quanto costa?»
«Offre la casa» scherzò Nyssa, facendole un occhiolino. Subito dopo, però, si ritrovò a dover sospirare. La tensione tra loro era ancora palpabile.
«Sembra buono» commentò Sara, rigirandosi la cannuccia tra le mani.
Nyssa annuì col capo, battendo lievemente il pugno chiuso sul bancone un paio di volte. «Allora… come ti senti?»
«Bene. Anche se ogni tanto il piccolo si fa sentire. Scalcia di continuo.»
Sentendo quelle parole, la figlia di Ra’s al Ghul sorrise ancora. Poi si pulì le mani con uno strofinaccio e puntò i suoi occhi in quelli di Sara. «Devo parlarti di una cosa.»
La bionda prese un respiro profondo, nervosa. «Ti ascolto.»
Prima di prendere nuovamente la parola, Nyssa si guardò intorno per qualche istante, dopodiché si sporse leggermente verso l’amata. «Ieri sera è successa una cosa mentre tornavo a casa dal lavoro.» Fece una pausa, aspettando che un cliente le superasse per dirigersi verso i servizi. «Scusa se non te l’ho detto prima, ma ho avuto paura.»
«Non importa» sussurrò Sara, col cuore in gola. Aveva un brutto presentimento, ma pregò fino all’ultimo che si stesse sbagliando.
Dallo sguardo di Nyssa, però, capì di aver fatto centro. Ed era quella la cosa più spaventosa.
«Mi hanno seguita. Di nuovo.»
Sara trattenne il respiro. «Ne sei sicura?»
«Sì.» Quando si accorse di aver alzato troppo la voce, Nyssa si avvicinò ancora di più a Sara. «Credo che fosse una donna questa volta. Ma non si è avvicinata troppo, è rimasta nel raggio di ottanta, forse settanta metri. O un po’ meno» sussurrò, sotto lo sguardo accusatorio di Sara. «Non te l’ho detto perché era tardi e stavi già dormendo. Non volevo farti preoccupare.»
«Non importa che ora fosse, Nys. Dovevi dirmelo.»
«Lo so.»
Sara ridusse gli occhi a due fessure. «Non hai dormito nemmeno questa notte, vero?»
«Come avrei potuto?» esclamò l’altra con un sorriso amaro.
La bionda inspirò a fondo, sentendo il proprio cuore contorcersi sempre di più. Anche lei era preoccupata, ma vedere Nyssa in quello stato non faceva altro se non alimentare le sue paure. E non voleva che la donna che amava cadesse nell’oblio a causa sua.
Sara fu costretta a riemergere dai propri pensieri quando un forte fischio si frappose tra lei e Nyssa.
«Però, dall’ultima volta che ti ho vista è cresciuto un sacco!»
Canary ci mise qualche istante per capire a cosa si stesse riferendo Josh, ma subito dopo si portò una mano sul ventre tondo e sorrise. «Si nota così tanto?»
«Giusto un pochino» ammise, rivolgendo un sorriso prima a lei e poi a Nyssa. «Allora, di quante settimane è grande il piccolo? Ormai il traguardo dovrebbe essere vicino.»
«Domani sono sei mesi» affermò la bionda, con una luce gioiosa negli occhi.
«Wow, allora è importante festeggiare questa tappa. Fortuna che domani è il suo giorno di riposo» rise, indicando l’Erede del Demonio col pollice.
Sara corrugò la fronte, stupita. «Ah sì? Non me l’avevi detto.»
«Volevo che fosse una sorpresa» ammise la mora, che nel frattempo si era voltata per preparare un caffè a Josh. «Soprattutto considerando il fatto che domani è un giorno speciale anche per un altro motivo.»
Quelle parole riuscirono a mozzare completamente il fiato di Sara. Quella settimana era stata così intensa che si era completamente dimenticata della ricorrenza imminente.
«Di che si tratta?» domandò l’uomo incuriosito.
«L’8 Ottobre è…»
«…il giorno in cui ci siamo conosciute» concluse Sara per lei.
Nyssa le dedicò un sorriso dolce, seguito da un cenno col capo. «Era il 2008. Perciò domani saranno passati sei anni dal nostro primo incontro.»
Nel notare lo scambio di sguardi tra le due donne, Josh iniziò a sentirsi in imbarazzo. «Sono molto felice per voi, ragazze. Ma credo che io e Nyssa dobbiamo tornare al lavoro» spiegò, subito dopo essersi schiarito la voce.
La figlia di Ra’s si rese conto solo in quel momento della mandria di adolescenti che era entrata nel negozio, perciò sospirò. «Ci vediamo più tardi» sussurrò, dando un bacio sulle labbra a Sara.
«Okay» si limitò a rispondere la bionda, le gote ancora arrossate all’idea che Nyssa volesse festeggiare l’anniversario del loro primo incontro.
Prese qualche respiro profondo, dopodiché afferrò la borsa, lanciò un’ultima occhiata alla sua amata e si diresse verso l’uscita del locale. La giornata era iniziata nel migliore dei modi, e probabilmente avrebbe continuato ad essere un pomeriggio tranquillo se subito dopo non avesse ricevuto quella telefonata.



«È aperto!»
Sara sbuffò, sentendo la rabbia ribollirle nelle vene. Non trarre conclusioni affrettate, pensò subito dopo, perciò si richiuse la porta alle spalle e camminò fino al salotto dell’appartamento.
«Ciao, sorellina» la salutò Laurel, dedicandole un sorriso. «Sei arrivata prima del previsto» continuò, riferendosi al messaggio che Sara le aveva inviato poco più di dieci minuti prima dicendole che sarebbe passata a salutarla.
Quando Sara era uscita dal Mystery Cafè e aveva ricevuto la telefonata di Quentin, aveva subito capito che qualcosa non andava. A quanto pare, Laurel non si era presentata al lavoro per tre giorni di fila senza dare alcuna spiegazione, e la segretaria del procuratore distrettuale si era messa in contatto col padre  per avere sue notizie. Il capitano, non sapendo nulla di tutta quella storia, si era ritrovato a dover mentire dicendo che la figlia aveva la febbre, ma subito dopo aveva chiamato Sara per chiederle di controllare cosa fosse successo a sua sorella.
E ora, Sara non era sicura che sarebbe riuscita a mantenere il controllo a lungo.
«Non c’erano taxi, perciò ho risparmiato tempo venendo a piedi.»
«Ah, giusto. È un peccato che non abbiate una macchina, sarebbe molto più comodo per entrambe. Però ogni tanto posso prestarvi la mia, se ti va.»
«Stai tranquilla, Laurel. Ora vorrei parlati di un’altra cosa.»
«Si tratta del bambino?» domandò, con una strana luce negli occhi. «Oh mio Dio, ma guardati. La pancia ti è cresciuta così in fretta! Prima non sembravi neanche lontanamente incinta, e poi boom!, tutto a un tratto è come se si fosse gonfiato un palloncino. Senza offesa, ovviamente. Avete già scelto un nome?»
«No» sospirò la bionda. «In realtà, io vorrei…»
«No? Come no? Manca pochissimo alla scadenza!»
«Laurel, adesso piantala!» sbottò Sara, usando tutta la voce che aveva in corpo.
La maggiore si pietrificò, guardando la sorella con un’infinita confusione negli occhi. Subito dopo, Sara sbuffò e spense la tv con il telecomando.
«Ehi!»
«Non dirmi ehi! Ti rendi conto di quello che stai facendo? Stai mandando a rotoli la tua vita, Laurel! Credi davvero che passare i pomeriggi a guardare la tv e mangiare patatine al formaggio come se nulla fosse sia la cosa migliore da fare? Beh, indovina un po’? Non è così. E tu dovresti saperlo meglio di me.»
Laurel, visibilmente scossa, prese qualche respiro profondo prima di rispondere. «Perché mi stai parlando in questo modo?»
«Perché papà mi ha chiamata e mi ha detto che non ti sei presentata al lavoro per tre giorni. Cazzo, Laurel, hai quasi trent’anni! Non sei più una ragazzina, non dovresti più avere bisogno di qualcuno che ti ricordi che devi andare a scuola!»
«Già, infatti non capisco perché proprio tu mi stia facendo la ramanzina» la canzonò la castana.
«Perché papà sta lavorando, ma era preoccupato per te. E se lui fosse qui, probabilmente ti urlerebbe contro più di quanto lo stia facendo io, perciò ringrazia che non sia stato lui il primo a bussare alla tua porta.»
Laurel deglutì, portandosi le ginocchia al petto. «E comunque io non ho mai saltato un giorno di scuola. Quella di solito eri tu» sussurrò, ma nonostante ciò Sara capì benissimo le sue parole.
«Lo so. Infatti non riesco a capire perché tu ti stia comportando in questo modo.»
A quelle parole, Laurel alzò la testa di scatto. «Proprio non ci arrivi, non è vero?» esclamò, l’ira ben evidente nei suoi occhi. «Certo che no, come potresti? Tu non hai perso l’amore della tua vita. Hai ancora Nyssa al tuo fianco, e chissà per quanti anni ancora resterete insieme. Tu non sai cosa significhi perdere la persona più importante che hai.»
«Laurel, io ho perso tutto.»
A quelle parole, la maggiore delle due sorelle non osò obiettare. Sapeva quanto difficile e doloroso fosse parlare dei sei anni in cui era stata via, ma sapeva anche che Sara non le avrebbe detto nulla al riguardo. O almeno non questa volta.
«Non posso dire di sapere cosa tu stia passando in questo momento. Quando Tommy è morto ti sei messa a bere, e lo capisco. Era l’unico modo che avevi per affievolire il dolore. Ma poi le cose sono cambiate, hai iniziato a frequentare gli incontri e hai ottenuto il lavoro che hai sempre voluto nell’ufficio del procuratore. Non puoi mollare proprio adesso.»
Laurel deglutì lievemente. «Sara, qual è il vero motivo per cui sei qui?»
La bionda sospirò, passandosi una mano tra i capelli. «Papà aveva paura che ti fossi rimessa a bere.» Laurel assunse un’espressione stupita. «E anche io» proseguì Sara.
«Come avete anche solo potuto pensare che…»
«Laurel, andiamo» la interruppe la sorella, facendo oscillare la borsa. «Sappiamo che può capitare. Eravamo solo in pensiero per te.»
L’avvocato aveva trattenuto le lacrime fin troppo a lungo. Ora aveva il viso paonazzo e gli occhi lucidi, ma non le importava. Desiderava solo che Sara se ne andasse per poter piangere in silenzio.
«Beh, non devi essere in pena per me. Tu stai per avere un bambino. Un meraviglioso, splendido bambino. E sarai una fantastica madre. Non avrai tempo per preoccuparti di me una volta che sarà nato.»
«Laurel… io mi preoccuperò sempre per te. Sei mia sorella.»
«Non è sempre stato così.»
Sara colse al volo l’allusione al suo passato con Oliver. Era una cosa che Laurel non avrebbe mai dimenticato,e di cui Sara non si sarebbe mai perdonata. Ma riportare a galla l’argomento adesso, dopo tutti gli anni che erano passati… forse non era un bene. Per nessuna delle due.
Dopo non molto, Canary sospirò rumorosamente. Andò a sedersi di fronte a Laurel, strinse le labbra in una smorfia e unì le mani davanti al viso.
«Senti, io voglio che mio figlio diventi come te. Ho sempre voluto avere dei bambini uguali a te.»
Quelle parole non fecero altro se non confondere ulteriormente la povera Laurel. «Sara… ma che cosa stai dicendo?»
«Sto dicendo che sei sempre stata tu quella intelligente e responsabile delle due. Non hai mai marinato la scuola, non hai mai preso un voto inferiore a una B+, e hai sempre rispettato il coprifuoco, anche dopo aver raggiunto la maggiore età.»
«Beh, quasi sempre» puntualizzò l’altra, accennando un lieve sorriso.
«Voglio che mio figlio prenda esempio da te, non da me. Non deve diventare come me. Ma non voglio nemmeno che sia tu a insegnargli il significato dell’amore, perché altrimenti crederebbe che si tratti di una cosa orribile. So che è doloroso da sentire, ma se il mio bambino crescerà con una zia alcolizzata e depressa, non sarà un bene per nessuno.»
Laurel non si sentì offesa da quelle parole, anzi, comprese perfettamente il punto di vista della sorella. «Sara, tu puoi farcela benissimo da sola. Se non vuoi che tuo figlio diventi come te per le cose che ti sono capitate quando eri nella Lega degli Assassini, beh… allora non ti devi preoccupare. Sei cambiata. Più di quanto tu possa immaginare.»
«Ti sbagli, Laurel. Ti sbagli di grosso.»
«Di certo non mi sbaglio nel dire che non ti servo io per crescere questo bambino. Non hai più bisogno di me da un sacco di tempo ormai.»
«Non è vero. Non posso farcela senza di te.»
Soltanto ora la castana si rese conto che anche Sara aveva iniziato a piangere in silenzio. Vederla in quello stato la fece sentire in colpa, ma sapeva anche che quella conversazione prima o poi sarebbe comunque arrivata. La maggiore delle due prese un respiro profondo, dopodiché si sporse in direzione di Sara e la abbracciò con tutte le sue forze.
«Sono spaventata a morte» sussurrò Canary, mentre Laurel le accarezzava dolcemente la schiena.
«Lo so. Ma io ci sarò ogni volta che vorrai» la rassicurò l’altra, tirando su col naso. «Ora però basta litigare. Non fa bene al tuo bambino.»
A Sara scappò una piccola risata, e Laurel ne fu subito contagiata. Avrebbero litigato per il resto della loro vita, ma avrebbero sempre sostenuto l’altra in qualsiasi situazione.
In fondo, erano sorelle.



«È stata una delle giornate più piene di sempre» sospirò Josh, mentre chiudeva a chiave la porta del locale.
«Già. E non ci hanno dato tregua fino all’ultimo secondo.»
«Sarà perché tutti sono attratti dalla nostra barista.»
Nyssa accettò il complimento con un sorriso, che Josh ricambiò all’istante. «Facciamo un po’ di strada insieme?» propose lei.
Il ragazzo sembro pensarci su per una manciata di secondi. «Ma sì, dai. Tanto ho la macchina parcheggiata in fondo a questa strada.»
Ormai era passato più di un mese da quando i due avevano avuto quella fatidica conversazione. Era stato strano per entrambi. Josh si era dichiarato per la prima volta in vita sua ad una ragazza, e Nyssa aveva ammesso ad alta voce che non le piacevano gli uomini. C’era voluto un po’ prima che la tensione si alleggerisse, ma ora erano diventati buoni amici oltre che colleghi.
«Allora, hai intenzione di portare Sara a mangiare fuori domani sera?»
«No, sarebbe uno spreco di tempo. Da quando è entrata nel quinto mese non riesce a stare in piedi dopo i pasti, perciò ci capita anche di cenare sul divano.»
Lui annuì, per poi lasciarsi andare ad un lungo sospiro. Nyssa attese qualche istante prima di chiedergli cosa non andasse.
«È che a volte mi chiedo se troverò mai la donna giusta per me» ammise lui, stringendosi nelle spalle. «Avrei tanto voluto diventare padre.»
«C’è ancora tempo, sai? Quando ho conosciuto Sara non ero in cerca di una relazione, eppure siamo finite insieme.»
«Già, ma voi eravate delle ragazzine all’epoca, mentre io ho appena compiuto trent’anni. A questo punto, non so se riuscirò mai a costruirmi una famiglia.»
Nyssa inspirò profondamente. «Se ti può consolare, per più di vent’anni ho pensato che una famiglia non ce l’avrei mai avuta.»
«È a causa del tuo passato?»
Lei annuì. Non aveva mai rivelato a Josh le sue vere radici, ma recentemente gli aveva fatto intendere che in realtà non era né nata né cresciuta in America. «Le cose sono cambiate soltanto dopo Sara.»
Sul volto del moro andò a formarsi un lieve sorriso. «Già. Dev’essere bello avere qualcuno al proprio fianco che illumini ogni giornata tempestosa.»
Nyssa non poté replicare in alcun modo, perché quello che accadde subito dopo non le diede nemmeno il tempo di riflettere. Tre uomini con il passamontagna si avventarono su di lei armati di coltelli, e l’unica cosa che la donna riuscì a fare fu prepararsi allo scontro.
Uno di loro tentò di colpirla in pieno viso, ma Nyssa fu più veloce: si lanciò a terra e con un calcio colpì le gambe dell’uomo, facendogli perdere l’equilibrio. Nel frattempo, il secondo individuo le tirò un pugno, che la mora parò appena in tempo, dopodiché gli afferrò il polso e lo fece ruotare con rapidità, rompendogli la mano. Poi si voltò nuovamente in direzione del primo uomo e gli diede un calcio in faccia talmente potente da fargli perdere i sensi. Ne approfittò per rubargli il coltello e prepararsi a fronteggiare gli altri due uomini.
Il terzo di loro fece finalmente la sua mossa, correndo in direzione di Nyssa con il proprio coltello puntato verso di lei. La donna, tuttavia, anticipò la sua mossa e si scansò di lato, avvicinandosi nuovamente al secondo uomo. Quando fu certa che a dividerli fossero solo pochi centimetri, affondò l’arma nel suo stomaco quanto bastava per metterlo fuori gioco. Ma ora doveva vedersela con l’ultimo assalitore.
Questi si avventò su di lei senza nemmeno darle il tempo di reagire, stringendole il collo con entrambe le braccia.
«Direi che abbiamo giocato abbastanza» sussurrò lui, in un’inglese perfetto. «Ma adesso ascolterai quello che ho da dirti.»
La figlia di Ra’s iniziò a dimenarsi a più non posso, ma non riuscì comunque a liberarsi. La presa dell’uomo era troppo stretta.
«È inutile che ti agiti. Tanto non ti lascerò andare fino a quando non arriveranno i rinforzi.»
«Rinforzi?» sibilò lei, respirando a fatica. «Quanti siete?»
Lui sorrise leggermente. «Siamo centinaia.»
Quella frase le provocò un brivido, ma Nyssa non ebbe il tempo di replicare. Subito dopo fu attratta da un rumore sordo, seguito da quello di una caduta. Fu allora che si accorse di essere libera.
Si voltò, incontrando lo sguardo terrorizzato di Josh. Nonostante se ne fosse rimasto in disparte per tutto il combattimento, ora stava tenendo tra le mani un tubo di metallo arrugginito e macchiato di sangue.
«Non sarà ai livelli di quello che sai fare tu, ma almeno l’ho colpito.»
Nyssa espirò profondamente, facendo un cenno col capo al ragazzo. Ma i guai non si erano ancora conclusi.
«Non finisce qui» bofonchiò l’uomo sotto di lei, mentre si metteva malamente in ginocchio.
«Voglio sapere chi ti ha mandato e perché» sbottò lei, stringendo più forte che poté il coltello che aveva in mano. «Potevi uccidermi, ma non l’hai fatto. Significa che chi mi cerca mi vuole viva.»
L’aggressore, con ancora indosso il passamontagna, si lasciò andare ad una lunga e amara risata, che non fece altro se non accrescere l’ira provata da Nyssa.
«Morirai comunque. È questo il tuo destino, Nyssa al Ghul. E non potrai fare niente per sfuggirgli.»
«Ti consiglio di chiudere quella bocca prima che sia troppo tardi. Non hai idea di cosa è capace la mia amica» lo sfidò Josh.
Dopo qualche istante, la pazienza di Nyssa si esaurì. Si avvicinò all’uomo e gli scoprì il volto, rivelando la sua identità.
«Io ti conosco» sussurrò lei, indietreggiando di qualche passo. «Tu sei…»
Lo osservò ancora per qualche secondo per essere certa che si trattasse realmente di lui. Ma la sua memoria non le mentiva nemmeno questa volta.
«Sei quel bastardo che stava per aggredirmi al Slàinte[1]
«Felice di essere rimasto nei tuoi ricordi, dolcezza.»
L’Erede del Demonio strinse i pugni e la mascella contemporaneamente. «Ti chiami Kurt, non è così?»
«Kurt, Alan, Walden. La mia identità cambia di continuo.»
«Ti consiglio di dirmi subito chi ti ha mandato. Altrimenti, sarò costretta a farti parlare con le cattive maniere.»
«Mi dispiace moltissimo, ma purtroppo non mi è consentito rivelarti la sua identità. Ma non ti preoccupare» soffiò, guardandola dritto negli occhi. «Lo scoprirai molto presto.»
Quello che accadde subito dopo, è qualcosa che Nyssa non avrebbe mai potuto prevedere. Ma in quella frazione di secondo, fu come se il monto si fosse rovesciato.



Felicity aveva capito che c’era qualcosa che non andava quando, grazie alle telecamere, aveva visto Nyssa entrare al Verdant di corsa. Le sue teorie furono confermate non appena la vide scendere le scale del Covo con un ragazzo privo di sensi sulle spalle.
«Oh mio Dio» esclamò Sara quando la vide.
«Cos’è successo?» domandò Oliver, fiondandosi su di lei per aiutarla a trascinare il corpo fino al tavolo di vetro.
«Siamo stati attaccati da tre uomini» spiegò, col fiato corto. «Uno di loro stava per pugnalarmi, ma Josh si è preso il coltello nello stomaco al posto mio. Dobbiamo salvarlo.»
«Sei riuscita a vederli in faccia?» chiese Diggle, mentre l’ex miliardario strappava la camicia di Josh, rivelando il suo addome pieno di sangue.
«Mi servono una sacca di sangue, un anestetico e una flebo! Nyssa, fai pressione qui» esclamò Arrow, indicando la zona occupata dal taglio profondo.
Roy lo guardò confuso. «Non sappiamo nemmeno qual è il suo gruppo sanguigno.»
«Non ha importanza. Quello di Oliver è zero negativo, perciò può essere usato con chiunque» spiegò Felicity, mentre porgeva l’occorrente al vigilante.
«Comunque sì, ho visto in faccia tutti e tre» disse Nyssa, rispondendo alla domanda di John. «E li ho riconosciuti. Credo mi stessero tenendo d’occhio già da un po’.»
«Di chi si tratta?»
La mora si voltò verso Sara. «I tre ragazzi che mi hanno avvicinata quando ero in prova all’Irish Pub. Quelli che hai quasi ammazzato. Probabilmente, già allora sapevano benissimo chi ero.»
«Figli di puttana» borbottò Canary a denti stretti.
«Sta’ tranquilla, ci ho pensato io a concludere il lavoro.»
«Non sapevo avessi lavorato in un Irish Pub» commentò Felicity.
Sara rispose al posto dell’amata. «È stato solo per un po’. Dove sono i corpi?»
«Li ho nascosti in un cassonetto tra la Quinta e la Washington. Davo per scontato che sarei tornata a riprenderli più tardi, ma adesso la mia priorità è un’altra.»
«Già, infatti. Ho bisogno che Nyssa mi aiuti a fermare l’emorragia. John, Roy, andate a recuperare quei cadaveri e portateli qui» ordinò Oliver, infilandosi un paio di guanti.
«Vado con loro» affermò Sara, dirigendosi verso il gruppetto che stava già salendo le scale. Si bloccò di fronte allo sguardo supplichevole di Nyssa, ma si affrettò a rassicurarla con un sorriso. «Tranquilla. Non mi metterò nei guai. Voi pensate a salvare Josh.»
L’Erede annuì, rivolgendo a sua volta un sorriso all’unica persona che in ogni situazione riusciva a darle speranza.



John, Sara e Roy fecero ritorno al Covo quasi un’ora dopo, ma non a mani vuote.
«Li abbiamo messi dentro a un congelatore[2]» spiegò Sara, riferendosi ai corpi degli assalitori. «Lui come sta?» domandò, proprio mentre Nyssa finiva di cucire la ferita sul ventre di Josh.
«Stabile. Si riprenderà» rispose Oliver, passandosi una mano sulla fronte sudata.
«Ora è fuori pericolo» aggiunse Nyssa, tagliando il filo con un paio di forbici. «Adesso non ci resta altro che aspettare che l’anestesia finisca di fare il suo effetto e che Josh si svegli.»
Solo allora la figlia di Ra’s poté concedersi di trarre un sospiro di sollievo. Nonostante Josh fosse stato ferito, aveva vinto lei anche questa volta. Ma non era certa che sarebbe stata così fortunata anche quella successiva.
«Questa storia deve finire» sbottò all’improvviso, attirando l’attenzione dei presenti. «Sono stanca di non avere certezze. Voglio sapere chi mi sta cercando, e voglio esserne sicura al cento per cento.»
Tutti sapevano che la risposta poteva essere una sola, ma finché non avessero trovato delle prove, non ci avrebbero creduto fino in fondo.
Dopo qualche momento di silenzio, Dig fece un passo avanti. «Forse conosco qualcuno che può darci una mano.»



Quando misero piede nel quartier generale dell’A.R.G.U.S., sapevano che nessuno di loro sarebbe stato accolto nei migliori dei modi, ma di certo non si sarebbero aspettati di essere scortati all’interno dell’edificio con un fucile puntato alla testa. Le guardie si allontanarono da loro soltanto quando giunsero in una stanza piena di computer e di agenti dell’organizzazione, tra cui il loro capo.
«Ma guarda un po’ chi si rivede.»
John alzò il capo in direzione della donna che aveva aperto bocca, fulminandola con lo sguardo.
«Signor Diggle» esordì Amanda Waller, avvicinandosi a lui di qualche passo. «A cosa devo il piacere della sua visita? Anzi, no, mi lasci indovinare. C’entrano le sue amiche, per caso?»
La donna squadrò da capo a piedi prima Sara, poi Nyssa, soffermandosi in particolare su quest’ultima. «Signorina Lance. Signorina al Ghul. Forse dimenticate di non essere le benvenute qui.»
«Il piacere di rivederla è tutto mio» ironizzò Sara, infilandosi le mani in tasca.
«Mi chiami Raatko, direttrice Waller. Gliene sarei grata» rispose bruscamente Nyssa, fulminandola con lo sguardo.
«Io non vi devo nulla.»
«Ne è sicura?»
Amanda si voltò in direzione di Sara abbozzando un sorriso. «Ne sono più che sicura. E mi creda, signorina Lance, questo è l’ultimo posto al mondo in cui è tollerata la sua spavalderia.»
«Loro non fanno più parte della Lega degli Assassini» spiegò Dig, inserendosi nella conversazione. «So che tra voi non scorre buon sangue, ma se ne sono andate di loro spontanea volontà. Questo dovrebbe cambiare le cose.»
«Si sbaglia, signor Diggle. Il passato è passato, questo è vero, ma io sono una che non dimentica facilmente.» La donna posò il proprio sguardo sul pancione di Sara. «A proposito, signorina Lance. Noto con grande piacere che anche lei è in dolce attesa come l’agente Michaels. Il padre è Oliver Queen, per caso?»
Nyssa si frappose tra lei e Sara nel giro di un secondo, l’ira ben visibile nel riflesso dei suoi occhi.
«Le consiglio di ascoltarmi attentamente, perché non lo ripeterò una seconda volta» affermò in modo brusco, puntando il proprio sguardo in quello della Waller. «Recentemente, sono stata attaccata diverse volte da uomini ben addestrati e con un compito ben preciso, e sono piuttosto certa che voi sapete benissimo di chi si tratti.»
«Il mondo è pieno di persone che vorrebbero ucciderla, signorina al Ghul.»
«Mi faccia finire» sibilò la mora, coi pugni serrati. «Non sarò più in buoni rapporti con mio padre, ma resto sempre l’unica erede degna di diventare la nuova Testa del Demonio. Mi basterebbero una manciata di secondi per scatenare una guerra con la sua organizzazione, e sa benissimo che potrei far arrivare la metà dei miei uomini qui entro l’alba. E lei non vuole che si scateni una guerra con l’A.R.G.U.S., non è così?»
Amanda prese un respiro profondo. «Se ha davvero così tante risorse, perché non le sfrutta a dovere per scoprire chi ce l’ha con lei?»
«Ne ho abbastanza di questi giochetti» sbottò Sara, frapponendosi tra Nyssa e la Waller. «Queste persone hanno attaccato Nyssa alla luce del sole e in questo modo sono stati feriti anche dei civili. E se voi non ci date una mano a scoprire di chi si tratta, noi non riusciremo mai a fermarli e altre persone potrebbero finire all’ospedale.»
«Qui si tratta di una richiesta pacifica, Amanda» lo pregò John. «Se siamo qui è perché non sappiamo a chi altri rivolgerci.»
Per la prima volta in vita sua, Amanda Waller prese una decisione che avrebbe cambiato ogni cosa. E Sara si rese conto che, probabilmente, anche Amanda indossava una maschera di odio e crudeltà che, per la prima volta in vita sua, stava rimuovendo dalla propria pelle in quel momento per aiutare lei e Nyssa



Mentre uno dei tecnici informatici dell’A.R.G.U.S. digitava freneticamente dei codici sulla tastiera di un computer, Nyssa non poteva fare a meno di guardarlo torturandosi le unghie delle mani.
«Ehi» la richiamò Sara dopo poco, allontanandole il polso dalle labbra. «Che succede?»
«Sono solo un po’ preoccupata» ammise lei con un sospiro. «Per Josh.»
«Starà bene» la rassicurò la bionda, guardandola dritto negli occhi. «Ormai il peggio l’ha superato.»
«Lo so. Ma non riesco a fare a meno di pensare che se questi bastardi mi avessero seguita un altro giorno, probabilmente lui non si sarebbe fatto nulla.»
Sara le accarezzò delicatamente una guancia, riservandole uno sguardo triste. «Nyssa… loro sono dappertutto.»
Era vero. Quelle persone erano ovunque intorno a loro, e anche se non fossero stati mandati dalla Lega degli Assassini, si trattava comunque di mercenari ben addestrati inviati da qualcuno che le stava cercando.
Sara era ancora convinta che non si trattasse di Ra’s per svariate ragioni.
Innanzitutto, non c’era motivo per cui le avrebbe dovute attaccare. Anche se erano passati più di tre mesi da quella conversazione, Nyssa aveva detto al padre che avrebbe liberato Sara dalla setta e che sarebbe tornata a Nanda Parbat molto presto. Il massimo che avrebbe potuto fare sarebbe stato mandare qualcuno a controllare dove fosse e riportarla a casa.
In secondo luogo, gli uomini che avevano attaccato l’Erede non si erano mai presentati con indosso gli abiti della Lega, né tantomeno avevano utilizzato le loro tecniche di combattimento. Se ne sarebbe accorta fin dalla prima mossa.
Ma a Nyssa non importava chi ce l’avesse con lei, voleva semplicemente che tutta quella storia finisse. E sapeva che dopo quel favore, lei ne avrebbe dovuto uno molto, molto più grande all’A.R.G.U.S.
«Come vi ho già anticipato, abbiamo una pista.»
«Grazie per la prefazione» scherzò Sara, avvicinandosi alla Waller. «Ma perché ci ha fatto aspettare così tanto?»
Sul volto di Amanda si andò a formare un lieve sorriso. «Perché è compito dell’agente Michaels spiegarvi cosa sta succedendo.»
Lyla fece il suo ingresso nella stanza proprio in quel momento, provocando uno sguardo confuso sul volto di Diggle. «Cosa diamine sta succedendo qui?»
«John, calmati. Fra poco capirete ogni cosa.»
Sara prese un respiro profondo, scambiandosi una lunga e intensa occhiata con Lyla. Era la prima volta che si incontravano dopo il suo arrivo a Starling City, e il fatto che fossero entrambe incinta la metteva un po’ a disagio.
«Gli uomini che avete ucciso questa sera» esordì Lyla, lanciando una rapida occhiata a Nyssa «si chiamavano Kurt Wright, Chun Zhou e Amir Ousmane. O almeno, questa è l’ultima identità che hanno assunto prima di morire. Per noi, sono semplicemente gli “Avvoltoi”.»
Su un grande schermo comparvero le foto degli ultimi aggressori che Nyssa aveva dovuto fronteggiare.
«Sono tutti e tre degli ex militari che si sono congedati nel 2009 in quanto assoldati da un’organizzazione terroristica iraniana. Da allora non sono mai più tornati in America.»
«Fino a tre mesi fa» aggiunse Amanda, mostrando un’immagine che ritraeva i tre uomini seduti su una panchina in un parco della città. «Si sono mescolati tra la popolazione senza destare sospetti. Li abbiamo tenuti d’occhio a lungo, chiedendoci se stessero organizzando un attacco diretto alla città, ma poi abbiamo notato una cosa che ci ha fatti subito tranquillizzare.»
Nyssa attese qualche secondo prima di porre quella domanda. «A cosa si riferisce?»
La Waller lanciò un’occhiata a Lyla, la quale congiunse le mani in grembo. «Pochi giorni dopo il vostro arrivo a Starling, una nostra fonte ha avvistato Wright, Ousmane e Zhou in compagnia di un quarto uomo.» Si schiarì la voce, cliccando un pulsante che fece comparire l’ultima fotografia. «È stata scattata quella notte. E si può vedere chiaramente che la persona con cui stanno parlando è Maseo Yamashiro. Nientemeno che il braccio destro di Ra’s al Ghul.»
«Aspetta un secondo» sbottò Dig, puntando il dito contro la fidanzata. «Tu lo sapevi e non mi hai detto nulla?»
«Johnny, ascolta…»
«Non mi sembra il caso di dare sfogo ad una lite coniugale proprio qui, agente Michaels» l’ammonì la direttrice in tono severo. «E soprattutto, non adesso.»
Sara deglutì rumorosamente. «Avete idea di quale sia il coinvolgimento di Maseo in tutto questo?»
«Lo abbiamo capito quasi subito, in realtà. Soprattutto dopo aver intuito che voi due non sapevate nemmeno chi fossero quei tre uomini.»
«Ti riferisci a quello che è successo al Slàinte, giusto?»
Lyla si voltò verso Nyssa, annuendo. «Quel giorno, subito dopo aver inscenato quella lite con voi al pub, si sono incontrati con Maseo in un vicolo lì vicino, dal quale hanno ricevuto una consistente somma di denaro.» La donna fece una pausa, prendendo un respiro profondo. «Da allora, abbiamo perso le tracce del signor Yamashiro, ma non quelle degli Avvoltoi. Vi hanno tenute d’occhio per settimane, seguendo Nyssa al lavoro, Sara durante i pranzi con Laurel o Cindy, e‒»
«Aspettate un secondo» esclamò Sara all’improvviso, corrugando la fronte. «Voi sapete che Maseo ha assoldato dei mercenari per tenerci d’occhio da mesi, e non ce ne avete mai parlato?»
«Vi ricordo che anche voi siete membri della Lega degli Assassini. Non esiste alcun universo parallelo in cui l’A.R.G.U.S. darebbe questo tipo di informazioni ad un suo nemico» spiegò la Waller. «Tuttavia, signorina Lance, mi creda quando le dico che i miei agenti non si sarebbero fatti scrupoli a intervenire se fossero stati certi che voi due non ve la sareste cavata da sole.»
Mentre un brivido le percorreva la schiena, Nyssa incrociò le braccia per non darlo a vedere. Era come se il suo peggior incubo stesse diventando realtà.
«E perché questo Maseo avrebbe dovuto incaricare degli uomini di seguire Nyssa e Sara e di attaccarle?» domandò John, ancora più confuso di prima.
«Perché vuole diventare il nuovo Ra’s al Ghul» sussurrò la mora con un filo di voce.
I presenti si voltarono verso di lei, osservandola con attenzione. «A cosa ti riferisci?» le chiese Lyla.
«Prima di venire qui, ho giurato a mio padre che avrei liberato Sara e che avrei sposato un uomo all’interno della Lega, prima di prendere il suo posto. Ma non gli ho detto della gravidanza di Sara, né tantomeno che la mia intenzione era di non tornare mai più a Nanda Parbat. Sapevo che non mi avrebbe mai creduto, e adesso ne ho la certezza.»
«No, non è vero» s’intromise Canary. «Magari tuo padre non c’entra niente. Magari è solo colpa di Maseo. Come hai detto tu, lui vuole prendere il posto di tuo padre. Potrebbe essere questo il motivo per cui ha messo una taglia sulla tua testa: vuole screditarti agli occhi di Ra’s.»
«E credi che mi interessi? Lui lo verrà a sapere comunque prima o poi. In un modo o nell’altro.»
Sebbene Amanda ritenesse che anche quella tra Sara e Nyssa fosse una sorta di “lite coniugale”, non osò interromperle per vedere fino a che punto si sarebbero spinte. «Perciò, anche se ufficialmente siete ancora membri della Lega degli Assassini…»
«Teoricamente è come se non le fossimo più» affermò Nyssa, concludendo la frase per lei.
La Waller si ritrovò a sospirare. «Beh, direi che questo cambia ogni cosa.»
Sara inarcò un sopracciglio. «A che si riferisce?»
«A una proposta che l’agente Michaels mi ha fatto diverse volte, ma che io ho puntualmente rifiutato senza scrupoli» spiegò, puntando il proprio sguardo in quello di Nyssa. «La sua richiesta è stata quella di cancellare il nome della signorina al Ghul dai database dell’A.R.G.U.S., in modo tale che possiate lasciare il paese senza dovervi preoccupare di uccidere un intero commando di guardie della polizia.»
L’Erede del Demonio colse al volo l’allusione[3]. «Non si ripeterà più, direttrice Waller. Ma in mia discolpa, posso dire di essere stata molto meticolosa nel non ferire alcun civile.»
«Ha ragione» esclamò Sara, con un’alzata di spalle.
«L’unica complicazione è che altre organizzazioni come la CIA o l’FBI potrebbero ancora crearvi dei problemi.»
«Non si preoccupi, Harbinger» disse Amanda con un sorriso. «Sono piuttosto sicura che a questo ci abbia già pensato Felicity Smoak. Non è così?»
Sara e Nyssa si scambiarono un’occhiata complice, e anche se non risposero a parole, la direttrice capì di aver fatto centro anche questa volta.
«Non dimenticheremo l’aiuto che voi dell’A.R.G.U.S. ci avete fornito questa notte» dichiarò Sara, la mano stretta all’altezza del cuore. «Ve ne siamo grate.»
«Non lo dimenticherete affatto, signorina Lance, glielo posso assicurare. Non appena lo riterrò opportuno, sfrutterò le vostre abilità per portare a termine alcune delle nostre missioni più dure. Dopo il parto, ovviamente» puntualizzò la Waller, riferendosi al pancione di Sara. «Il signor Diggle ne sa qualcosa al riguardo.»
«Già, ma non aspettatevi un invito scritto. Probabilmente verrete rapite e portate qui dentro quando meno ve lo aspettate» le mise in guardia l’ex militare, con un pizzico di ironia.
Nyssa si voltò in direzione di Amanda, sostenendo il suo sguardo. «Aiuteremo l’A.R.G.U.S. ogni volta che avrà bisogno di noi. Ha la mia parola.»
La Waller sorrise. Il patto era sancito.



Più di due ore dopo, le condizioni di Josh non erano cambiate. Stava ancora dormendo profondamente sotto lo sguardo vigile di Oliver, e non sembrava mostrare alcun segno di volersi svegliare. Era disteso a torso nudo sul tavolo, con una benda macchiata di rosso a coprirgli l’addome e una flebo il cui liquido sarebbe terminato a breve.
Nyssa aveva ucciso molte persone nella sua vita, più di quante ne potesse ricordare, ma vedere Josh ‒ il suo capo sul posto di lavoro e amico più caro nella vita reale ‒ in quelle condizioni non faceva altro se non accrescere il suo senso di colpa, soprattutto dopo quello che aveva scoperto quella notte.
Alzò lo sguardo in direzione del cielo, incontrando una marea di stelle luminose che sembravano essere lì sempre pronte a risollevarle il morale.
«A Nanda Parbat se ne vedevano molte di più.»
Nyssa si voltò verso Sara, la quale si era seduta al suo fianco. «Forse perché tra le montagne non ci sono tutti questi palazzi.»
«Già» rise appena la bionda, portandosi distrattamente una ciocca di capelli dietro l’orecchio. «Sai, all’inizio, quando Josh ti ha offerto il lavoro, ero un po’ titubante. Insomma, non potevo fidarmi di uno sconosciuto, ma vedendoti così entusiasta all’idea di avere un lavoro ho preferito tacere.» Sospirò, stringendo la mano dell’amata con la propria. «Ora capisco perché ti sei fidata di lui fin dal primo istante. Perché è un eroe.»
Nyssa deglutì, e quando la stretta di Sara aumentò prese un respiro profondo. «Sara, lui... la verità è che Josh mi ha offerto questo lavoro perché era innamorato di me. E a dirla tutta, credo sia ancora così.»
La bionda le passò la mano libera tra i capelli. «Lo so. Voglio dire, lo immaginavo.»
«Non sei arrabbiata perché non te l’ho detto?»
«Non c’era nulla da dire.»
Nyssa aveva vissuto gran parte della sua vita senza nessuno che potesse capirla. Le cose erano cambiate con l’arrivo di Sara a Nanda Parbat, e mai come in questo momento l’Erede comprese di essere stata più che fortunata ad essersi innamorata di lei. Sara non la obbligava a rivelarle cosa le passasse per la testa, perché il più delle volte lo capiva da sola. E Nyssa aveva veramente bisogno di una persona così al suo fianco, più di quanto potesse immaginare.
Si gettò tra le sue braccia senza dire nulla, lasciandosi cullare dal calore e dalle carezze di Sara mentre si abbandonava ad un pianto silenzioso. E Sara capì ogni cosa. Capì che Josh si era dichiarato con Nyssa la sera in cui avevano tentato di rapinare il Mystery Cafè. Capì che Nyssa era rimasta scioccata da quella rivelazione, perché il pensiero che un uomo fosse innamorato di lei aveva fatto riemergere ricordi che avrebbe voluto seppellire per sempre. Capì che Nyssa non solo gli aveva svelato che quella che in principio aveva detto essere la sua sorellastra fosse in realtà la sua ragazza, ma anche che, per la prima volta in vita sua, aveva parlato a cuore aperto della propria sessualità con qualcuno. E Josh l’aveva compresa, Sara ne era certa. Perché altrimenti non si sarebbe mai spiegata il motivo per cui Nyssa stesse piangendo così tanto, se non per paura di perdere l’amico con il quale si era confidata dopo tanti anni di silenzi e di menzogne.



«Si sveglierà mai?»
Oliver premette le dita sulla radice del naso. Salvare la vita a Josh era stato più faticoso di quanto avrebbe immaginato. Aveva perso molto sangue, e se non gli avessero fatto un massaggio cardiaco appena in tempo, probabilmente il suo cuore avrebbe smesso di battere per sempre.
«Non lo so, Dig» si ritrovò a dire tra un sospiro e l’altro. «Non lo so.»
«Ancora non ho capito perché non lo abbiamo portato in ospedale.»
Il vigilante si voltò in direzione di Roy, per poi poggiare le mani sui fianchi. «Perché Nyssa non ha voluto. E poi è meglio così. Una volta sveglio, gli avrebbero fatto delle domande a cui non avrebbe saputo rispondere.»
Felicity, con lo sguardo fisso sul corpo ferito di quel povero uomo, si sentì svenire. «Ho bisogno di una boccata d’aria.»
«E io del bagno» proseguì Arsenal, seguendo la bionda lungo la scalinata.
Oliver attese che Felicity e Roy se ne andassero prima di porre quella domanda a Dig. «Sei ancora arrabbiato con Lyla?»
John sospirò sommessamente. Quando erano tornati al Covo, Sara e Nyssa avevano raccontato al Team cosa avevano scoperto quella sera, e lui non era riuscito a tenersi dentro quello che aveva provato quando aveva scoperto del coinvolgimento di Lyla. Per questo motivo, aveva chiesto a Oliver di poter parlare in privato per raccontargli tutto.
«Sinceramente? Non lo so.» Si sedette sul bordo della scrivania di Felicity, osservando con attenzione ogni goccia di liquido che cadeva dalla flebo di Josh. «Mi fa infuriare il pensiero che mi abbia tenuto nascosto un’informazione così importante su due membri della mia squadra. Su due nostre amiche» si corresse. «Ma è anche vero che all’A.R.G.U.S. sono molto scrupolosi. Non avrebbe mai potuto dirmi nulla senza ricevere delle conseguenze.»
«Ha fatto quello che doveva, John» spiegò cautamente l’amico. «Soprattutto convincendo la Waller a darvi una mano.»
Diggle si ritrovò ad annuire. «Già. L’ha tenuta al telefono per quasi un quarto d’ora prima di vincere la battaglia. All’inizio non avevo idea di chi si trovasse dall’altro capo del telefono, ma quando l’ho vista entrare da quella porta, ho capito tutto.»
«E non sapevi cosa provare.»
L’ex militare sospirò ancora. «Non sono mai stato così confuso prima d’ora. Nemmeno in missione.»
«Beh, se ti può consolare, questa è più o meno la reazione che hanno tutti quando dico loro di essere Arrow.»
I due scoppiarono a ridere all’unisono, ma quel breve momento di pace venne interrotto subito dopo dalla suoneria di un cellulare.
«È Lyla» spiegò Dig, agitando appena il telefono. «Vado di sopra a rispondere.»
«Tranquillo. Io intanto vado a cercare Nyssa e Sara.»
E in un istante, fu come se tutti si fossero dimenticati della presenza di Josh. Strano ma vero. Su sei membri che avevano passato la notte al Covo, nessuno di loro in quel momento stava vegliando sull’uomo con la vita appesa a un filo che, come d’incanto, aprì gli occhi in quel preciso istante.
Quando lo fece, Josh percepì subito un gusto metallico in bocca e la testa che gli scoppiava. Non riusciva a muovere un muscolo. Si guardò intorno, ma non riconobbe il luogo in cui si trovava.
Poi udì una voce, e qualcosa in lui si accese, come una fiamma che era rimasta spenta troppo a lungo.
«C’è nessuno?»
Provò ad alzare un braccio per chiedere aiuto, ma nulla. Le forze lo avevano abbandonato quasi del tutto.
«Ollie? Sara?»
Ma quella voce gli diede speranza. Non ne aveva mai sentita una così bella. Allora cercò di fare pressione sui gomiti per mettersi seduto, e tra un respiro profondo e l’altro, sapeva che ce l’avrebbe fatta. Ma poi i suoi occhi incontrarono quelli verdi e luminosi di lei, e Josh perse l’equilibrio senza rendersene conto, cadendo a terra come un sacco di patate.



«Stai bene?»
«Sì, grazie» rispose Josh, mentre l’uomo lo aiutava a sedersi sul tavolo. «Ma… dove mi trovo? E voi chi siete?»
«Io sono Oliver Queen, e questa è la mia amica Laurel Lance.»
Laurel Lance. Era lei la donna che aveva visto quando si era svegliato, e solo ora si rese conto di quanto fosse bella e affascinante.
Oliver fece un altro passo avanti, mettendogli una mano sulla spalla. «Ora sei in un posto sicuro, Josh. Vedrai che ti rimetterai presto.»
Ma Josh non lo stava più ascoltando. Ora i suoi occhi non vedevano altro che Nyssa, il suo sguardo preoccupato e le braccia che gli stava tendendo. Nemmeno si accorse che nel giro di un secondo lei lo stava già stritolando, perché non riusciva a togliersi dalla testa l’immagine di quei tre uomini che li assalivano.
«Ero così preoccupata per te» sussurrò lei, stringendolo con tutte le sue forze. «Grazie al cielo sei vivo.»
«Non tutto intero, ma… sì, vivo» rise lui, mentre la mora scioglieva l’abbraccio.
«È bello vederti sveglio» disse Sara, dandogli una lieve pacca sulla spalla.
«Ed è ancora più buffo il modo in cui l’ha fatto» s’intromise Laurel. «Devo averlo spaventato mentre scendevo le scale. Non pensavo che ci fosse qualcuno. Scusami.»
«Non importa» rispose timidamente l’uomo. «Mi ha fatto piacere svegliarmi sapendo che c’era qualcuno.»
«Oh mio Dio, si è svegliato?»
La voce di Felicity fece eco per tutta la stanza mentre scendeva le scale.
«Sì, sta bene» le rispose Oliver, mentre lei e Roy si avvicinavano al gruppetto.
«Aspettate un secondo» proruppe Josh, guardandosi attentamente intorno. «Io so chi siete voi.»
Oliver e Sara si scambiarono una rapida occhiata, mentre Nyssa scosse il capo.
«Se non lo dici ad alta voce, sarà vero comunque» lo ammonì, col tono di una madre che sgrida il figlio dopo che ha mangiato troppe caramelle.
«Un momento, chi gliel’ha detto?» domandò Roy, confuso.
«Nessuno mi ha detto niente, Arsenal» esclamò Josh, voltandosi prima verso il ragazzino, poi verso Oliver. «La mia cameriera è una maestra del karate, e lui indossa il costume di Arrow, se non l’aveste notato. Oh, ma non vi dovete preoccupare. Sono solo un po’ nerd, ma con me il vostro segreto è al sicuro.»
Nyssa piegò leggermente la testa di lato. «Per la cronaca, non è karate, ma Jeet Kune Do.»
«Come sappiamo che non dirà niente a nessuno?» sbottò Roy, non del tutto convinto. «Cosa ce lo garantisce?»
«Ora non abbiamo tempo per pensarci» esclamò Diggle, entrando nella stanza col fiato corto. «A Lyla si sono appena rotte le acque. Nostra figlia sta per nascere.»

 

 

 

 

 

[1] Dai che ve lo ricordate! Ma se così non fosse, ridate una piccola occhiata al capitolo 5.
[2] Vi chiedo infinitamente perdono per questo parallelismo con il congelatore in cui era stato messo il cadavere di Sara nella 3x02. Gomen.
[3] La mitica entrata di scena di Nyssa nella 2x13 ve la ricordate per forza.









Okay, ci siamo quasi. Sara e Nyssa stanno creando più alleanze possibili per l’eventualità di dover fronteggiare Ra’s in un futuro ormai prossimo, MA non è detto che ciò accadrà. Insomma, ormai mi conoscete, con me è tutto un mistero fino all’ultimo secondo. Quello che è certo, è che ormai mancano solo tre mesi alla scadenza della gravidanza, e che ben presto conosceremo il pargolo Queen-Raatko-Lance.
E no, non gli/le darò tre cognomi, ma sfido chiunque a indovinare quale dei tre abbia scelto ;)
P.S. Se doveste notare anche il minimo errore, fatemelo notare senza problemi. Purtroppo ho cambiato pc e ho avuto un piccolo problemino con word ^^"

   
 
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