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Autore: Sospiri_amore    24/08/2017    1 recensioni
❤️SECONDO LIBRO DI UNA TRILOGIA❤️
Ritorneranno Elena, Kate, James, Jo, Adrian, Stephanie, Lucas, Rebecca, (Nik ??).
Ci saranno nuovi intrecci, guai, incomprensioni e amori.
Elena avrà dimenticato James?
Chi vivrà un amore proibito?
Riuscirà il Club di Dibattito a sconfiggere la scuola rivale?
Nik sara sempre un professore del Trinity?
Elena andrà al ballo di fine anno?
IL FINALE di questo libro corrisponde alla fine del liceo, il terzo libro sarà incentrato sulla vita adulta dei personaggi. Più precisamente quattordici anni dopo.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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IERI:
Aprire gli occhi




«Vuoi ancora del tè?». Papà mi allunga la teiera.

«Sì, grazie», gli rispondo pimpante.

«Erano mesi che non ti vedevo così allegra, sembri serena», mi dice.

«La conferenza di sabato mi ha aperto gli occhi. Voglio andare a Yale più di ogni altra cosa». Con Yale intendo James, ma questo a mio padre non lo dico. Non capirebbe la mia ostinazione.

«Perfetto. Mi piace vederti così decisa sul tuo futuro. Di solito hai le idee confuse, ma evidentemente stai crescendo e quindi stai prendendo sul serio lo studio e tutto il resto». Papà porta la sua tazza nel lavandino e inizia a sciacquarla. 

«Vuoi che ti accompagni a scuola? Tess e Victor mi aspettano alla Golden Rose, abbiamo una riunione con il presidente, quindi ho un po' di tempo prima di andare», mi chiede mentre sistema il tavolo.

«No, grazie. Andrew mi viene a prendere. Facciamo un'altra volta, ok?».

«Ok», dice lui allungando le braccia nella mia direzione.

Lo abbraccio più forte che posso, poi corro in camera a prepararmi.

 

È lunedì. Il lunedì più bello dopo parecchio tempo. Credo che siano mesi che non mi senta così bene.

La festa al Masques è stata una delle cose più strane, ma eccitanti che mi siano mai capitate. Vorrei dimenticare il comportamento di Lucas e Adrian, e ricordare per sempre la dolcezza di Aisha, i baci di James e la gentilezza di Andrew. Se non fosse stato per lui non sarei riuscita a tornare a casa in tempo per evitare che mio padre si arrabbiasse. Io ho recitato alla perfezione, appena messo piede nell'appartamento mi sono finta esausta e sono filata dritta in camera, anche se ho impiegato un po' a rilassarmi, visto le cose successe.

Credo di essermi addormentata con il sorriso.

Un sorriso che ho anche adesso mentre mi preparo per andare a scuola. Un filo di rossetto, ciglia finte, borsetta e tacchi. Mi sbrigo, Andrew arriverà da un momento all'altro.

Esco di casa canticchiando. Sono euforica. Vorrei gridare al mondo che ho baciato James, vorrei che tutti lo sapessero. Tutti tranne lui. Ovviamente non potrei mai confessargli di essere io la ragazza che l'ha sedotto al Masques, non avrei il coraggio. Potrebbe voler sapere cosa facessi lì e come mai fossi svestita in quel modo. Insomma, non sarebbe facile spiegargli che l'ho fatto per incastrare Rebecca. Non credo capirebbe. No. 

 

Una folata di vento mi scompiglia i capelli. Il cielo grigio promette pioggia. Chiudo ben stretta l'impermeabile, e apro l'ombrello. Sono davanti al portone di casa in attesa di Andrew. Le macchine corrono veloci sulla strada di fronte a casa. C'è chi va al lavoro o chi parte per andare fuori città. La solita routine, il solito viavai.

Guardo l'orologio. Andrew è in ritardo, spero non gli sia successo nulla.

Provo a chiamarlo, ma non risponde.

Tra quaranta minuti inizieranno le lezioni, non posso fare tardi.

Ritorno dentro il palazzo diretta verso casa. Ho bisogno di un passaggio e grazie al cielo papà oggi è libero. Un vero colpo di fortuna. 

In meno di cinque minuti siamo in macchina.

«Grazie, credo che sia successo qualcosa al mio amico. Non è tipo da saltare un appuntamento», dico a mio padre mentre scrivo l'ennesimo messaggio ad Andrew.

«Magari è ammalato oppure ha avuto un imprevisto», mi dice mentre guida la macchina verso scuola.

 

Imprevisto.

Amo e detesto questa parola.

 

«Già», gli dico anche se sono totalmente persa in altri pensieri. Non vorrei mai che Andrew avesse avuto problemi al Masques con i suoi genitori o con qualche ospite, del resto domenica non ci siamo sentiti, ho passato tutto il giorno a studiare.

Non smetto di tamburellare le dita sullo schermo del cellulare.

Papà sta zitto per il resto del tragitto, lo stesso faccio io.

Appena arriviamo a scuola mi saluta con un bacio.

 

Mi sento strana, inquieta. Cammino per il parcheggio della scuola, stretta nel mio impermeabile. Devo smetterla di farmi tante paranoie, non sta succedendo niente di brutto, il mio cervello corre troppo veloce. Basta. Infilo il cellulare nella borsetta, Andrew mi chiamerà quando potrà. Non voglio intristirmi inutilmente.

A passi veloci raggiungo l'ingresso del Trinity, una massa di studenti sta occupando le scale e parte dello spiazzo. Tutto questo non è normale.

 

«Contenta? Era quello che volevi no?». La voce di Kate mi giunge da dietro. Insieme a lei ci sono Jo e Stephanie.

«Che cosa stai dicendo?», le chiedo acida.

«Certe cose ricordano i periodi bui della storia, gli orrori. Marchiare le persone non è una cosa sana», mi urla in faccia.

«Tu sei pazza. Che cosa stai blaterando?», le dico con il suo stesso tono.

«Guarda». Jo mi prende per le spalle e mi mette di fronte al portone principale. Le ragazze del mio fan club stanno distribuendo piccoli oggetti agli studenti.

Mi libero dalla presa e con spintoni poco gentili mi faccio spazio tra i ragazzi ammassati, raggiungendo in poco tempo il portone d'ingresso. 

«Ciao Elena!», mi dice una ragazza del fan Club. Tra le sue mani tiene una spilletta a forma di L.

«Cosa sono queste cose?», le chiedo prendendone una manciata da una ciotola e facendole cadere a cascata.

«È ora di mettere in chiaro a tutti come stanno le cose qui al Trinity. L'era di Rebecca è passata, alcuni sostengono che fosse troppo cattiva, ma non sanno di cosa sei capace tu. La E che ci hai regalato sono un tesoro prezioso. E di Elena, ma anche di Elected. Mentre questa è la L di...».

«... Losers...», urlano ridendo tutte le ragazze del Fan club. 

«Gli Eletti ed i Perdenti. Del resto lo sanno tutti chi comanda al Trinity adesso. Come ci hai insegnato tu, dobbiamo mettere ben in chiaro a tutti chi ha il potere».

 

Non ho parole.

La testa mi gira.

Credo di stare per vomitare.

 

Osservo per qualche secondo le facce degli studenti che aspettano il verdetto. Tra poco verrà consegnata loro la spilletta a forma di L.

Sfigato.

Perdente.

Nullità. 

I loro occhi sono pieni di tristezza, stanchezza e rassegnazione.

Volevo cambiare le cose al Trinity, invece ho peggiorato tutto, ho distrutto la speranza. Sono la personificazione del male, sono il peggio che possa esistere.

Il peso di quello che ho combinato mi opprime il petto, voglio andarmene da lì il prima possibile. Scendo le scale fregandomene del fatto che stia dando spallate agli studenti in fila. Non posso resistere un minuto di più. Non riesco a sostenere i loro sguardi.

Corro per lo spiazzo in cerca di un posto tranquillo, ma ovunque mi giri c'è gente che mi osserva, che mi giudica, che mi odia.

 

Scappa Elena.

Scappa.

 

Vado verso il parcheggio, ma faccio solo pochi passi. 

Il cuore mi si ferma, il peso al petto aumenta di intensità. 

Kate, Jo, Stephanie, Adrian, Lucas, Rebecca e James, solo lì, tutti in fila, davanti a me. Mi osservano.

«Complimenti. Ottimo lavoro. Nella storia del Trinity non c'è nessuno che abbia fatto peggio di così», mi dice Rebecca squadrandomi da capo a piedi. 

Kate scuote la testa, ha gli occhi lucidi. Stephanie e Jo la tengono per mano.

«Io non... Non ho mai detto a quelle ragazze di fare una cosa del genere», dico con la voce tremante.

«Era una cosa tra noi. Lo è sempre stata. Forse sono stata cattiva, lo ammetto, ma sapevo che con te potevo combattere. Sei stata tu a dirmi che avremmo potuto diventare nemiche, ti ricordi? Non ho mai messo in mezzo gli altri. Da quando sei arrivata sei stata sempre tu la mia nemica preferita, ma adesso sei patetica. Hai dato potere a ragazze incapaci di gestirlo». Rebecca si avvicina: «In questa storia sei tu la perdente».

 

Sono sconvolta, mi sento sopraffatta dagli eventi.

Le emozioni che ho trattenuto nelle ultime settimane stanno scalciando, urlando e dibattendosi dentro la mia anima. Stanno cercando di riappropriarsi del loro posto legittimo. Improvvisamente mi sento ridicola con quei tacchi e quel trucco, agghindata come fossi una bambolina senz'anima. Mi chiedo come abbia potuto dimenticare chi fossi e perché abbia svenduto la mia unicità per il potere. Un potere che non sono neanche in grado di saper gestire.

 

«M-mi dispiace. Ho fatto un casino». Tremo. Tremo così forte che mi devo appoggiare ad una macchina parcheggiata per reggermi in piedi. Ho i denti serrati così forte per la tensione che non riesco ad aprire la bocca. Il trucco sciolto riga le mie guance.

«Elena calmati, vedrai che...», mi dice Jo evidentemente preoccupato per la mia reazione.

«No! Sono un mostro. Distruggo tutto quello che tocco, tutto. Perdo tutto ciò che amo. Io non merito nulla», urlo tutta la frustrazione che sento.

«Elena, smettila. Non devi dire così», James mi prende per le braccia stringendo con forza. I suoi occhi verdi mi scrutano, una patina acquosa li ricopre mentre osservano ogni particolare del mio volto. 

 

Mi tuffo nel ricordo di ciò che lui era per me.

Annego nell'amore che lui aveva per me.

Provo a lasciarmi andare, cedo alle bugie costruite in una sera. Fingo che i baci che mi ha dato fossero indirizzati a me, invece che a una ragazza con una parrucca, una maschera e un baby Doll. Menzogne. Bugie. Ho creato solo questo, mi sono crogiolata e convinta che fosse la realtà invece era solo fumo negli occhi.

 

«No. Non sai cosa ho fatto. Io... Io...», mi stacco da James indietreggiando.

«Adesso devi calmarti, qualsiasi cosa tu abbia fatto la risolveremo. Capito?», mi dice James con calma, cercando di abbassare i toni concitati della discussione. Vicino a lui ci sono Kate e Stephanie che mi guardano preoccupate.

«Nessuno si avvicini a me. Mai più», dico loro prima di correre verso la strada, lontana da loro e lontana dal Trinity.

 

Scappa Elena.

Scappa.

 

In pochissimo tempo mi ritrovo a correre in mezzo ai passanti, spero con tutto il cuore che nessuno mi stia seguendo. Non riuscirei ad affrontare nessuno di loro.

Con il fiato corto, curvo in una via laterale, lontana dal flusso delle persone che entrano ed escono dai negozi. Mi ritrovo vicina a un grande cassonetto della spazzatura di un ristorante, mi nascondo lì dietro. Prendo il cellulare e compongo il numero di Andrew, ho bisogno di parlare con lui. Non risponde.

Riprovo. Non risponde.

Passo i successivi minuti a chiamarlo. Ho bisogno di un suo consiglio.

 

«Che vuoi?», la voce di Andrew risuona improvvisamente nelle mie orecchie.

«Pronto? Pronto? Andrew ho bisogno di parlarti, è successo un casino a scuola e...», gli dico con le lacrime agli occhi.

«Dolcezza, non me ne frega niente. Tra poco suona la campanella, devo andare a lezione», mi dice brusco.

«Ma... Ma perché fai così? Non capisco?».

«Dolcezza, hai fatto ciò che volevo. Adesso che ho tutto il materiale che mi serve, non mi servi più»,  mi dice ridacchiando.

«Cosa significa?». Sono paralizzata dalla paura, non riesco a capire cosa abbia in mente.

«Significa che grazie a te possiedo foto compromettenti su Rebecca e molti studenti di Yale e del Trinity. Ho il potere di distruggere il loro futuro e rendere il mio splendente e radioso. Elena, sei stata una preziosa compagna di avventure, ma adesso non mi servi più».

«Ma quelle foto servivano per... Per...», balbetto confusa.

«Credi le avrei usate per i tuoi stupidi giochi di potere? Che vuoi che me ne freghi di Rebecca, è un pesce piccolo, ma grazie a te ho tra le mani il destino di uno dei futuri pezzi grossi di New Heaven e Boston... Sei molto sexy se vuoi, le foto che ho scattato a te e James sono uscite proprio bene. Prova a immaginare la scena: James McArthur che adesca una ragazza minorenne e la seduce. I titoli dei giornali non saranno clementi», mi dice con voce annoiata.

«Quindi mi hai sempre mentito?», gli chiedo con le lacrime agli occhi.

«Non solo a te, ma anche a quegli ingenui della tua scuola. Per anni li ho ascoltati, li ho fatti divertire, li ho illusi che, nonostante venissimo da scuole diverse, fossimo amici. In questo modo hanno sempre avuto bisogno di me, in un modo o nell'altro. Avete tutti così bisogno di affetto che fate pena. Poi sei arrivata tu, una preda facile facile». Andrew ride con cattiveria.

«Sei un mostro», gli urlo.

«No cara, sei tu il mostro. Non esiterò a rivelare a tutti cosa hai fatto se non terrai la bocca chiusa. Immagina la faccia di James, Kate, Jo e tutti gli altri, quando sapranno che eri tu la escort nel mio locale. Come dimenticarci delle foto che hai scattato a Rebecca e di tutti i sotterfugi contro la campagna elettorale di Adrian. Immagina la faccia di Bruno quando vedrà sua figlia, mezza scosciata, che sta facendo sesso con James. Poveruomo, non oso immaginare la sua reazione».

«Non puoi farmi una cosa del genere, mio padre morirebbe dal dolore». Impallidisco al solo pensiero.

«Devi fare solo due cose, dolcezza. Tenere la bocca chiusa e boicottare la gara di Dibattito di fine anno. Il Saint Jude deve vincere. Quest'anno non permetterò che la mia scuola venga umiliata un'altra volta da voi stupidi, ridicoli, lagnosi del Trinity. Capito?». La voce di Andrew è dura, piena di rabbia.

«H-hai fatto tutto questo solo per una stupida gara? Mi hai usata per ricattarmi?», gli chiedo con voce tremante.

«Dolcezza, ma non hai imparato proprio nulla. Tutti sono in guerra con tutti, questa volta però vinceremo noi. Yale sarà nostra».

 

Il resto delle sue parole non le sento.

Mi sento mancare la terra sotto i piedi.

Ho rovinato la mia vita e quella di tutti gli altri.

Ho distrutto il futuro del Trinity.

Non c'è via d'uscita.

Io non ho via d'uscita.

 
   
 
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