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Autore: _malikseyes    24/08/2017    1 recensioni
Un festival. Una ragazza innamorata della musica. Un ragazzo romano che non vede l'ora di esibirsi. Tanta buona musica.
Irene, pessimista per eccellenza, è una semplice ragazza di diciotto anni. Cresciuta con un papà "quasi" musicista, fin da piccola ha sempre provato un amore inspiegabile per la musica. Suona la chitarra e il pianoforte, non fa altro che cantare. Ha un debole per la voce di un cantante romano, Monx. Cosa succederà quando Irene scoprirà che il suo amato Monx si esibirà ad un festival organizzato a pochi chilometri dal suo paesino?
Per far scattare la scintilla a volte basta davvero poco. Un palco, una canzone, uno sguardo.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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DUE
 

Fu forse una delle serate più belle della mia vita. Non mi ero mai divertita così tanto. Avevo ballato, cantato, riso come non mai. Monx era proprio come me lo aspettavo. Aveva una voce meravigliosa, il suo timbro era unico. Mi piacevano tantissimi cantanti e gruppi, ma lui era diverso. La prima volta che ascoltai una sua canzone, la sua voce mi ipnotizzò. Era così calda, dolce, sensuale. 
 
E che ne sanno gli altri
Di quando tornavamo tardi pieni di graffi
E che ne sanno gli altri
Di quando ridevamo come matti
E che ne sanno gli altri
Di quando correvamo come pazzi
E che ne sanno gli altri
Degli occhi nostri mescolarsi e diventare gialli, gialli


Come si poteva non amare questa canzone? Cantata da lui, poi. Mi è sempre piaciuto immaginare cosa ci fosse dietro i testi delle canzoni. Immaginavo storie, relazioni, momenti. Questa canzone mi ricordava un amore "nascosto" finito male. La sofferenza con cui Marco cantava rendeva tutto più reale. Spesso chiudeva gli occhi mentre cantava, li riapriva e cominciava a guardare il pubblico. Durante quella canzone mi guardò, o meglio fissò. Mi sentii talmente osservata che smisi di cantare. Quando notai che a fissarmi era lui, mi paralizzai finché i nostri sguardi non persero contatto. Ho sempre odiato essere fissata, mi sentivo troppo esposta. Non mi andava che le persone potessero capire o notare alcune cose che tendevo a nascondere.
“Sbaglio o ti stava guardando?” urlò Aurora mentre il batterista suonava il suo assolo.
“Non lo so, credo di si” dissi confusa.
Insomma Irene svegliati, Monx guarda tantissime altre ragazze! Non sei la prima e non sarai l’ultima, non ti emozionare.
I miei pensieri mi riportarono con i piedi sulla terra. Ero una ragazza come tutte le altre, non avevo di nulla di particolare. Non colpivo a primo impatto, non ero un volto che veniva ricordato. Per quale assurdo motivo avrei dovuto attirare la sua attenzione?

   
Una delle mie canzoni preferite. Mi aveva accompagnata durante la fine della mia unica e grande storia d’amore. Ero fidanzata con Matteo, il ragazzo perfetto. Un tipo atletico, intelligente, divertente e il sogno erotico della maggior parte delle ragazze del mio paesino. Non so il perché o come, mi scelse. Due anni insieme finiti con delle stupide scuse nella mia macchina. Non voleva più una relazione seria, aveva bisogno di vivere altre esperienze. Avevamo entrambi quindici anni quando la nostra storia cominciò, non riuscivo a credere che l’unico ragazzo a cui mi fossi concessa mi avesse lasciato in quel modo.
Aurora subito mi abbracciò e mi sorrise, ovviamente lei aveva ascoltato con me questa canzone almeno un miliardo di volte nel periodo post rottura.
“E allora dimmi che cosa mi manchi a fare?” cantò Monx chiudendo gli occhi.
“Ti prego dimmi che cosa mi manchi a fare? Tanto mi mancheresti lo stesso, cosa mi manchi a fare?” A cantare era stato il pubblico mentre Monx sorrideva e ci guardava innamorato. Amava tantissimo cantare. Bastava notare il modo in cui cantava e si emozionava sul palco.
 
“Non mi aspettavo tutta questa gente” disse Marco a fine canzone. “Ma quanti cazzo siete?” chiese ridendo. “Prima di stasera non conoscevo nemmeno il nome di ‘sto paese! Vi voglio ringrazià. Siete proprio belli! Mi avete ricordato perché mi piace tanto cantare. Vedere voi ridere, cantare, ballare, emozionarsi durante le mie canzoni mi fa sentire soddisfatto. E nulla regà, grazie! Questa è l’ultima canzone, è pure la più trash ma ‘sti cazzi. Ora voglio vedervi tutti saltare” detto questo, con il suo bellissimo accento romano, fece segno al batterista e cominciò a cantare l’ultima canzone.

Dopo l’esibizione tutte le persone si spostarono verso le scale laterali del palco. Erano state messe delle transenne lungo tutto il perimetro e c’era Monx che parlava con la sua band e con alcuni organizzatori dell’evento. Ovviamente trascinai Aurora in quella direzione.
“Se aspettate due minuti faccio tutte le foto che volete. Fatemi fumare almeno una sigaretta” rispose ridendo all’ennesimo ragazzo che gli aveva chiesto una foto.
Ero talmente vicina che potevo finalmente guardarlo bene. Marco era diverso dalla maggior parte dei ragazzi. Era altissimo, credo circa 1.85, magrissimo e aveva un viso davvero particolare. Aveva degli occhi azzurri ipnotizzanti, i lineamenti del viso marcati, capelli biondi lunghi ed era pieno di tatuaggi. Fisicamente rappresentava il mio ragazzo ideale. Sfortunatamente non lo conoscevo caratterialmente ma la musica ha un compito preciso: trasmettere emozioni, stati d’animo, storie, realtà. Lui riusciva a farlo e per questo quando ascoltavo le sue canzoni mi sembrava di conoscerlo da una vita.
“Ire muoviti! Non vedi che ha cominciato a fare le foto” disse Aurora svegliandomi dai miei pensieri. Si fece spazio tra le persone e mi buttò quasi addosso a Monx. Anzi, togliamo il quasi. Andai a sbattere su Monx. Mi ritrovai schiacciata al suo petto.
“Mi dispiace, non volevo..”dissi imbarazzata. Mi spostai subito.
“Stai tranquilla! Ti sei fatta male?” chiese per poi sorridere.
“No” risposi senza aggiungere nulla. Ero sempre la solita imbranata. Ogni volta che qualche sconosciuto mi parlava andavo nel pallone e rispondevo a monosillabi.
Monx era in imbarazzo, non sapeva nemmeno lui cosa dire e forse si aspettava una risposta più carina. Ero stata troppo scortese? Povera me!
“Allora vuoi una foto?” chiese finalmente lui.
“Si, certo” mi sforzai anche di sorridere ma credo che il risultato fu una smorfia.
Diedi il mio telefono ad Aurora che ci scattò una foto. Feci il mio solito sorriso a trentadue denti e poi lo guardai. Era troppo bello per essere reale.
“Potresti firmare il mio CD?” chiesi prima di andare via.
“Si! Un attimo che cerco un pennarello” cominciò a guardarsi attorno. Vide il bassista e gli mimò un pennarello. Aspettammo qualche minuto il pennarello ma a me sembrò quasi un’eternità. Aurora fece qualche domanda a Monx per eliminare l’imbarazzo.
“Allora per quanto tempo resti qui?” chiese la mia migliore amica.
“Abbiamo qualche giorno di pausa e da quando la mia band ha scoperto che si organizzano campeggi in montagna vogliono restare in queste zone a tutti i costi” disse scuotendo la testa.
“Non ti piace la montagna?” chiesi cercando di restare calma.
“Preferisco il mare! Uh ecco, il pennarello, grazie Giù” disse sorridendo.
“Allora come ti chiami?” mi chiese.
“Irene.”
“Dalla dea Eirene, pace” mi guardò.
“I miei genitori amano la mitologia greca e il greco” ero stupita dal fatto che lo sapesse. Forse aveva frequentato un liceo classico.
“Alle superiori ero bravissimo in greco, il migliore della classe a tradurre! Ecco a te il CD, grazie per essere venuta” disse sorridendomi.
Lo salutai, sorrisi e andai via.
 
“Cosa è appena successo?” chiesi guardando Aurora. “Mi sono davvero imbambolata davanti a Monx! Ho cominciato a parlare a monosillabi, ci mancava solo che cominciassi a balbettare..” dissi maledicendomi mentalmente.
“In realtà quando hai detto il tuo nome un po’ hai balbettato” disse Aurora guardandomi.
“Ma perché faccio sempre così” dissi piagnucolando.
“Non ci pensiamo! Ora andiamo a bere e ‘sti cazzi di Monx o di qualsiasi altro ragazzo.” Cominciò a trascinarmi verso il bancone del “bar” e ordinò due cocktail. L’alcol mi aiutò a non pensare al mio essere imbranata con gli sconosciuti. Cominciammo a ballare, ridere e cantare ogni canzone che il dj metteva. Non eravamo le uniche, infatti ci unimmo ad un gruppo di ragazze e ragazzi che stavano facendo come noi.
“Ti giuro che Monx fino a qualche secondo fa stava guardando verso la nostra direzione” disse Aurora avvicinandosi a me.
“Sicuramente starà pensando a quella deficiente che gli è andata addosso e che balbettava” dissi scuotendo la testa. Mi girai a guardarlo, era fermo vicino al palco e stava scherzando con alcune ragazze. Ogni tanto fissava le persone che ballavano o scattava foto con chi si avvicinava. Non mi guardò. Sbuffai e andai a prendere ancora da bere. Dopo un po’ avevo quasi dimenticato che fossi con altre persone e cominciai a ballare spensierata, senza aver vergonga. Ah, il potere dell’alcol.


Ciao!
​Ho finalmente aggiornato, ci ho messo un po' ma ce l'ho fatta..Solitamente scrivo tutto insieme, quindi ho bisogno di essere concentra e ispirata al 100%
​Spero che il capitolo vi piaccia, ho cercato di mostrare alcuni lati del carattere contorto e complicato della nostra Irene. E' un po' imbranata, sognatrice, troppo buona.
​Spero che questo capitolo vi piaccia. Mi farebbe davvero tanto piacere ricevere una vostra recensione e sapere cosa ne pensate o dei consigli.
​Un bacione, I.
​P.S se vi può interessare ecco i nomi delle due canzoni:
​1- Gazzelle - Non sei tu
​2- Calcutta - Cosa mi manchi a fare

 
  
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