NOTA
DELL’AUTRICE: Vado
di corsa. Ho qualche idea saporita
per i prossimi capitoli. Perdonatemi se non rispondo alle vostre
recensioni, ma
sapete che le apprezzo tantissimo. Il matrimonio della mia amica
è stato
bellissimo, grazie per i vostri auguri.
Ringrazio
ancora i 104
preferiti e 45 seguiti. Ogni giorno che controllo, quando vedo
aumentare questi
numeretti mi entusiasmo e mi rigenero … Bacioni
endif
CAP.32
DOMENICA
BELLA
“Correvo
a perdifiato in un bosco. Non era quello di Forks, non ne riconoscevo
nessun albero.
Sentivo i piedi nudi lacerarsi a contatto con i rami e i sassolini che
incontravano nel loro movimento.
Dovevo
correre. Solo questo sapevo con certezza. Dove, non aveva importanza.
Il
respiro insufficiente nei miei polmoni mi aveva portato un dolore al
costato
che mi rallentava molto, ma avevo ordinato alle mie gambe di non
fermarsi e per
il momento pareva che mi stessero ascoltando.
Via,
scappa Bella. Non ti fermare, non ti girare.
Ripetevo
continuamente quelle parole nella mia mente, la sensazione di panico
che si
radicava nel mio corpo.
Cadevo,
mi rialzavo, ricadevo ancora.
Qualcosa
di viscido e umido mi toccava una spalla. Venivo strattonata e cadevo
all’indietro.
Freddo.
Due
occhi azzurri e malvagi si avvicinavano al mio viso. Non potevo
alzarmi, non
potevo muovermi.
Gli
occhi diventavano improvvisamente color miele, poi neri come la notte.
Aprivo
la bocca per gridare, ma nessun suono ne usciva.
Il
vuoto intorno a me, il buio.
Era
la fine.”
Un
lieve venticello
passò sui miei occhi. Li sentii raffreddarsi immediatamente,
ma anche se mi
sforzavo, non riuscivo ad aprirli. Erano pesanti, due macigni sul mio
viso.
Volevo
spostare una braccio,
ed esultai quando un dito si mosse. Subito qualcosa di freddo lo
catturò,
ricoprendo tutta la mano.
«Bella,
svegliati …»
quel sussurro dolce doveva provenire dalle labbra di un angelo.
O
di un vampiro.
Il
mio vampiro. Sbattei
le palpebre, aprii gli occhi per incontrare altri due dorati e
preoccupati che
mi scrutavano.
Misi
a fuoco i contorni
del suo viso, la luce che rischiarava la stanza e che giocava con i
suoi
capelli ramati.
Inspirai
profondamente
e sussurrai: «Edward.»
«Sì,
amore, sono qui.»
la sua mano mi carezzava i capelli. Poi un dito passò sulla
mia guancia, come a
catturare qualcosa e mi resi conto che stava asciugandomi una lacrima.
Mi
toccai il viso con
la mano. Era bagnato. Dovevo aver pianto molto.
«Credo
che tu abbia
avuto un incubo, come ti senti?» mi chiese con fare calmo, ma
attento.
Mi sentivo esausta, come se
invece di aver
dormito, avessi corso.
Corsa!
Sprazzi del
sogno mi inondarono la mente. Mi drizzai a sedere e lui si ritrasse un
po’ per
agevolarmi nel movimento.
«Stò
bene, ho fatto
solo un sogno strano.» Gli risposi passandomi una mano tra i
capelli. Molto
strano a giudicare dall’agitazione che doveva avermi fatto
dimenare nel letto
come un’ossessa. Il groviglio che mi ritrovavo in testa al
posto dei miei
riccioli morbidi ne era una chiara testimonianza.
«Ne
vuoi parlare?» il
suo tono era sereno, ma si vedeva chiaramente che era teso. Strano
anche
questo. Non era la prima volta che Edward dormiva con me, e sapeva
perfettamente che spesso mi agitavo nel sonno, parlavo e avevo degli
incubi. Ma
stavolta sembrava diverso, sembrava scosso.
Lo
guardai dritto negli
occhi, cercando di cogliere una variazione di espressione. Niente.
«Correvo nel
bosco, e come sempre inciampavo …» dissi vaga.
Speravo
di alleggerire
l’atmosfera, ma nel suo sguardo guizzò per un
attimo una strana fiammella.
«Fuggivi
da qualcosa, o
forse dovrei dire, da qualcuno?» chiese con aria noncurante.
Perfetto!
Chissà cosa
avevo blaterato nel sonno!
Optai
per una mezza
verità: «Non ricordo, è tutto
così sfumato …»
Lui
parve soppesare la
mia risposta, poi si rilassò e sorrise. «Non
preoccuparti, tanto era solo un
sogno.» Mi depose un bacio sulla fronte e disse:
«Che ne dici di vestirti e
scendere giù? Ti ho preparato una colazione coi fiocchi. Ne
avrai bisogno, oggi
sarà una giornata faticosa!» E mi
strizzò l’occhio con fare complice.
Gli
sorrisi di rimando
e annuii.
Così
si rialzò dal
letto per avviarsi alla porta. L’aprì ed
uscì, non prima di avermi lanciato uno
sguardo penetrante, al quale risposi con un debole sorriso.
Ringraziai
la mia
prerogativa di essere immune alle facoltà mentali di Edward.
Non credevo che
avrebbe gradito molto leggere nella mia testa che l’incubo
riguardava due
magnetici occhi dorati …
Quel
sogno mi aveva
turbata. Avevo paura di lui? Magari una di quelle cose da
strizzacervelli, tipo
inconscio onirico e roba simile?
No,
con Edward mi
sentivo al sicuro, non riuscivo a fare a meno di lui, soffrivo quando
era via,
anche solo per breve tempo. E lo amavo. Di questo ero certa.
Sospirai
e afferrai il
beauty.
Una
doccia era ciò che
ci voleva per schiarirmi le idee.
EDWARD
Guidare
quell’auto era
per me un vero piacere, ma non avevo molte occasioni di farlo a Forks,
dove
avrei dato nell’occhio più di quanto
già non capitasse ogni giorno, con la mia
sola presenza e con quella della mia famiglia.
L’Aston
Martin
scivolava per l’autostrada silenziosa e veloce.
L’abitacolo era confortevole e
saturo del profumo di Bella.
Era
pieno giorno,
tuttavia la luce non filtrava attraverso i vetri oscuranti.
Mi
voltai ad osservarla,
addormentata profondamente sul sedile accanto al mio. Aveva gli occhi
segnati.
La passeggiata fuori porta sarebbe servita a farla rilassare e
stemperare la
stanchezza della sera prima. Ripensai alle parole che ci eravamo
scambiati quella
mattina, qualche ora prima, riguardo la sua nottataccia.
Altro
che sogno strano!
Doveva aver avuto un incubo terrificante, a giudicare dalle urla e
dalle
lacrime che aveva versato. Era da parecchio che non si agitava nel
sonno, e
sapere che stava combattendo nel suo inconscio con delle visioni che la
inquietavano, mi aveva frustato e incupito.
I
sogni di Bella erano
molto vividi, ma avrei voluto che fossero sempre dei momenti piacevoli,
non
degli incubi terrificanti. L’avevo osservata, inerme,
contorcersi tra le
lenzuola. Avevo percepito il suo cuore battere forsennatamente, i suoi
singhiozzi strozzati mi avevano dilaniato il cuore.
Strinsi
le labbra
contrariato. Non sapevo con esattezza cosa avesse scatenato
l’inquietudine di
Bella, ma potevo immaginare con discreto margine di sicurezza che
c’entravo io.
Tra
i singhiozzi e le
urla non mi erano sfuggiti i vari “Non mi toccare”,
“Lasciami” e “Non voglio”.
Forse,
inconsciamente,
Bella pensava che volessi farle del male. O forse, aveva dei dubbi su
quando realizzare
la sua trasformazione. Sarebbe stata una reazione più che
naturale, del tutto
umana, dinnanzi alla belva che dimorava in me, e di cui le avevo fatto
percepire un triste assaggio. Dovevo andarci con i piedi di piombo. Lei
mi
desiderava fisicamente come suo fidanzato, ma probabilmente mi temeva
per la
mia natura. Poteva non essere ancora pronta per concedere a me il suo
corpo, o
la sua vita, e non esserne pienamente cosciente.
Sospirai.
Bella
non aveva mai
mostrato alcun tentennamento a riguardo, e sapevo che era testarda.
Sarebbe
andata fino in fondo.
Ed
io ero intenzionato
a mantenere fede alle promesse che le avevo fatto. Avrei acconsentito
alla sua
trasformazione a tempo debito e avremmo tentato di condividere un
rapporto
fisico completo. Solo che le due cose non sarebbero andate di pari
passo.
Avevo
creduto che la
prima potesse precedere la seconda, ma ormai era chiaro che non sarebbe
andata
in quel modo. Bella aveva insistito per non perdersi l’unico
momento da umana
che ero titubante a concederle per salvaguardare la sua stessa
incolumità.
Avrei fatto tutto quanto era in mio potere per rendere
quell’esperienza
speciale, non un atto sbrigativo consumato in fretta e senza
delicatezza. E
volevo che lei si sentisse completamente a suo agio, che non avesse
nessun
dubbio, conscio o meno che fosse.
Un
mugolio le sfuggì
dalle labbra e lei si accoccolò meglio sul sedile che le
avevo reclinato
completamente per
farla stare più
comoda.
Sorrisi
alla curiosità
che l’aveva assalita durante le prime ore di viaggio, e che
non avrei
soddisfatto fino a quando non saremmo arrivati a destinazione. Avevo
preso la
decisione di portarla lì proprio dopo averla osservata
dibattersi come una
furia tutta la notte.
La
sua agitazione, le
sue lacrime, le sue grida, mi avevano spinto a riflettere attentamente.
Bella era
combattuta a livello
inconscio. Non ne conoscevo con esattezza il motivo, però
ero più che deciso a
scoprirlo.
Ritornai
con la mente
alla conversazione che avevo avuto telefonicamente all’alba
con Alice e
sghignazzai tra me e me a quel ricordo.
“Non
appena avevo deciso di chiamarla, il mio cellulare aveva preso a
vibrare. Non
ero neanche riuscito ad appoggiarlo all’orecchio che la sua
voce aveva cominciato
a riversare un fiume di parole: «Scusa, ma che ti salta in
mente? Ma hai
dimenticato che Lunedì mattina deve ritornare a casa? Ti
ricordo che
ufficialmente è con me che stà, non con un
vampiro squilibrato come te …» e
aveva proseguito per cinque minuti filati senza prendere fiato nemmeno
una
volta. Non appena aveva compreso che stavo per spazientirmi, aveva
chiesto
sospirando: «Allora che vuoi sapere?»
«Aereo
o auto?» avevo domandato io telegrafico.
C’era
stato un attimo di attesa, poi Alice aveva risposto: «Auto.
L’aereo porterà
quattro ore di ritardo. E prendi l’Aston, domani di primo
mattino dovresti
essere di ritorno. Non prendere la 101 per uscire da Forks,
perché ci sarà un
incidente e sarà chiamato Charlie. Mmmm, penso di averti
detto tutto. Ah, se
credi che questo la faccia desistere dai suoi propositi, ti sbagli di
grosso e,
per dirla tutta …»
«Grazie
Alice, ci si vede!» e avevo chiuso la comunicazione
improvvisamente.”
Il
viaggio fu lungo, ma
andò molto meglio del previsto.
Eravamo
arrivati in
perfetto orario. Oltretutto, anche il fatto che fosse domenica ci
aiutò non
poco.
Quando
arrivammo a
destinazione, Bella scese dall’auto e sgranò gli
occhi.
Per
una volta confidai
speranzoso nel fatto che, forse, Alice questa volta si sarebbe
sbagliata.
PS: GRAZIE INFINITE A RITA (GAZY) LA MIA BETA, I TUOI SUGGERIMENTI MI HANNO AIUTATO A PROCEDERE DOPO ESSERMI IMPANTANATA UN PO'. BACIONI ENDIF