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Autore: Dahu    24/08/2017    0 recensioni
Nati come un esperimento della Guardia Imperiale, i Baschi Neri sono tutti abitanti di un mondo assassino.
Classificati come ferali e considerati selvaggi dagli altri soldati, addestrati come forze speciali per operazioni mordi e fuggi, presto dovranno fare i conti con quello che sono in realtà; ragazzi di diciotto anni con un fucile laser tra le mani e nessuna idea di cosa gli riservi il futuro.
Genere: Azione, Guerra, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Altro personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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Il Capitano Hernest Frayn sentì il fischio di una salva di bombe da mortaio che passavano a parabola sopra la sua testa, seguito immediatamente da una terrificante serie di boati.
Aveva dato l’ordine di apertura fuoco sui bersagli indicati dal Sergente Kran, poiché i Tauros sarebbero arrivati sull’obbiettivo entro pochi istanti.
Non poteva rischiare di trovarsi di fronte una linea di pelleverde compatti e pronti al combattimento, altrimenti la sua unità sarebbe stata fatta a pezzi.
Questo valeva il rischio di colpire la squadra infiltrata nel complesso. O almeno così sperava.
Il vendolandiano rivolse una preghiera al sacro Imperatore affinché i colpi di mortaio non ricadessero sui suoi uomini.
Aveva tutta la parte sinistra della schiena indolenzita per lo sforzo di reggersi al rollbar del Tauros e sentiva il battito del cuore martellargli nelle orecchie.
Il suo veicolo si stava spostando sulla destra rispetto alla colonna, in modo da iniziare l’operazione di apertura a ventaglio che avrebbe preceduto l’assalto.
Pochi minuti e si sarebbe trovato in combattimento.
Con un gesto nervoso controllò che le celle d’energia fossero al loro posto nelle giberne, ben sapendo che una buona parte dei suoi uomini stava facendo la stessa cosa, ma poi si forzò a reagire come un comandante e non come un soldato.
Volse lo sguardo attorno a se, sui Tauros che, facendosi largo nella vegetazione sempre più rada, erano quasi completamente schierati in linea.
Ancora una volta fu assalito dai dubbi.
E se il nemico avesse piazzato un paio di mitragliatrici pesanti?
Il loro audace assalto si sarebbe concluso con un cumulo di rottami in fiamme e corpi scomposti.
Le immagini viste pochi minuti prima nella radura tornarono ad affollargli la mente, ma lui le scacciò scrollando la testa come un cane bagnato.
Non era il momento della paura, era il momento di agire.
L’ufficiale lasciò il Kantrael Pattern a pendergli dalla bandoliera e si allungò per afferrare la cornetta del vox veicolare, della quale schiacciò la portante con veemenza.
-Tutta la maglia qui Tempesta… Carica!-
Un ordine semplice, una sola parola, ma che conteneva tutto l’impeto dell’immagine che evocava.
Hernest fu certo di sentire un ruggito feroce sovrastare i motori dei Tauros, ora lanciati alla massima potenza, per lo scatto finale.
 
Terk lanciò un urlo di guerra quando il suo Tauros lasciò la jungla, rivelandogli il truculento spettacolo della massa di orchi maciullata dalle serrate esplosioni del bombardamento.
La terra si sollevava a forma di fiamma in colonne alte anche venti metri, mentre parti organiche carbonizzate volavano tutto attorno come giocattoli.
Per un istante il mitragliere temette che il suo Tauros andasse ad infilarsi nel pieno del bombardamento, ma le esplosioni si fecero improvvisamente più lontane, sventrando le strutture in cemento del complesso estrattivo.
Una sezione di condotta forzata passò roteando cinque o sei metri sopra la sua testa; il metallo sfrangiato emetteva un sibilo che ricordava l’urlo di un qualche uccello da incubo.
Il soldato non aveva che una visione molto parziale del campo di battaglia, poiché la polvere sollevata dai colpi di mortaio aveva oscurato il sole ed indugiava in banchi sulla terra sconvolta.
Molti orki si alzarono, scrollandosi di dosso la terra scura ed annaspando in cerca delle loro armi.
Terk puntò il requiem pesante su di loro ed artigliò la leva di sparo, come se si fosse trattato dell’appiglio per la salvezza.
Sul suo viso si dipinse un feroce sorriso, che presto divenne una vera e propria risata.
Andavano giù come birilli.
I nemici non sembravano affatto temibili come nella radura, ora erano solo bersagli, che cadevano uno dopo l’altro.
Il mitragliere si lasciò sfuggire un urlo di puro giubilo, ebbro della gioia d’uccidere.
Non era una battaglia, era un massacro, e lui si stava divertendo un mondo.
Hak scartò di lato per evitare il profondo cratere scavato da una bomba da mortaio, così che il suo Tauros andò quasi ad urtare quello che procedeva alla sua destra.
Terk sorrise al mitragliere dell’altro mezzo, per quanto questi non lo potesse vedere a causa del fazzoletto che l’uomo del deserto portava davanti al viso.
L’uomo gli gridò qualcosa, ma lui non lo sentì, poiché stava ancora sparando.
Non vedeva nessun bersaglio, ma fare rumore lo aiutava ad esorcizzare la paura provata poco prima nella radura.
Individuò un mozzicone di muro e, pensando che avrebbe potuto servire da riparo per un nemico, vi concentrò il fuoco riducendolo in pezzi.
In quel momento il requiem gli rimandò un suono meccanico, avvisandolo di aver esaurito le munizioni.
Con gesto automatico il mitragliere si accucciò ed afferrò una cassetta piena, approfittando del gesto per avvicinarsi al pilota ed urlargli.
-Che spettacolo! Ammazziamoli tutti!-
Non riuscì a trattenere una risata, mentre ricaricava.
Hak scosse la testa.
-Fottuto pazzo-
Disse senza rivolgersi a nessuno in particolare. Poi aggiunse rivolto a Fren.
-Ehy, tieniti pronto, ci siamo quasi!-
Il fuciliere non diede segno di averlo udito, ma Hak era troppo impegnato a scartare le macerie degli edifici per prestarvi attenzione.
La visibilità era pessima, poiché la polvere di cemento sollevata dal bombardamento aveva trasformato l’assolata mattinata in una notte infernale, nella quale era difficile respirare.
 
Il bombardamento serrato si stava avvicinando sempre di più, ma non era ancora abbastanza prossimo da impensierire la posizione dei paracadutisti.
Iathena era ancora stordita dagli ultimi avvenimenti, quando si sentì scrollare in malo modo per una spalla.
Il comandante dell’unità che era giunta in loro soccorso le stava parlando, ripetendo una serie di suoni vagamente familiari ma che lei non comprendeva.
Lo vide sbuffare seccato e parlare piano, come ad un bambino, in un gotico quasi incomprensibile.
Tuttavia lei riuscì finalmente ad afferrare il significato delle sue parole.
-Tenente, ce lo avete questo vox o no?!-
Iathena annuì, ancora confusa, ed indicò lo strumento, che giaceva abbandonato a terra poco distante.
Il Caporale Slunt lasciò la superiore accovacciata a terra e, con movimenti urgenti ed evidentemente seccati, afferrò la cornetta, prima di mettersi a lavorare sulle manopole che cambiavano le frequenze.
Improvvisamente l’uomo si lasciò sfuggire un’imprecazione.
-Varn!-
Iathena stava per offrirsi di aiutare il Caporale a mettere in funzione il vox, chiaramente uno strumento troppo complesso per un selvaggio simile, quando questi ripeté l’imprecazione guardando fisso un punto oltre le spalle della Sottotenente.
Solo alla terza ripetizione lei realizzò che non si trattava di una storpiatura dell’imprecazione tanto popolare tra gli elysiani, ma del nome di qualcuno.
L’interpellato era un soldato dalle maniche rimboccate, totalmente imbrattato di sangue scuro, tanto che Iathena si alzò per andare a prestargli soccorso.
L’uomo stava bestemmiando ferocemente, percuotendo al contempo la camera di lancio del suo fucile laser con violenti pugni.
In un accesso di rabbia, il soldato chiamato Varn scagliò l’arma oltre il parapetto e, solo a quel punto, si rese conto che il suo superiore lo stava chiamando.
-Che c’è?!-
Ringhiò.
-Le coordinate! Datti una mossa o quelli ci bombardano!-
Imprecando senza posa, l’uomo mise mano al Dpad, cosa che stupì non poco l’elysiana, poiché quei selvaggi non avevano proprio l’aria di soldati addestrati all’uso di una simile tecnologia.
Il soldato gridò a quello che evidentemente era il suo superiore una serie di numeri e lettere.
Iathena notò che i numeri erano incredibilmente facili da capire, pronunciati in un gotico perfetto.
Si rispose che probabilmente, sul loro pianeta natale, quegli uomini non erano abituati a comunicare riguardo alle cifre, il che non aveva imposto inflessioni dialettali alla pronuncia.
Il Caporale prese a ripetere ossessivamente le coordinate nella cornetta del vox, mentre Varn parlava animatamente con il suo vicino, un gigante armato di uno strano modello di mitragliatrice che lei non aveva mai visto prima.
-Dove sei ferito?- Domandò lei.
Il soldato si voltò di scatto e Iathena ebbe un sussulto.
Pensò che non si sarebbe mai abituata all’aspetto di quegli uomini; Varn aveva sul volto barbuto un’espressione sorpresa ma feroce, mentre i suoi occhi verdi erano accesi di una luce selvaggia, poiché l’eccitazione del combattimento non lo aveva ancora abbandonato.
-Come Tenente?- Ringhiò lui con un accento ruvido ma tutto sommato comprensibile.
-Ti ho chiesto dove sei ferito soldato!- Rispose lei, contenta di aver finalmente trovato qualcuno in grado di parlare un gotico decente.
Varn guardò sorpreso il sangue che lo imbrattava come una seconda pelle, allargando le braccia per meglio contemplare i suoi vestiti lordi, poi sorrise.
-Non è mica mio!-
Tutti i soldati vicini scoppiarono in risa feroci e sguaiate.
Nel muoversi il vendolandiano aveva risvegliato l’odore acre dei fluidi che lo ricoprivano, tanto che Iathena trattenne a stento un conato di vomito.
-Darnati selvaggi!-
Imprecò coprendosi il naso e la bocca con la manica della divisa color kaki da paracadutista elysiano.
In quel momento le urla degli orki si levarono più acute che mai.
Il comandante dei vendolandiani era stato sostituito al vox da un suo conterraneo di altezza normale, un nano al confronto dei suoi simili, ma dalle braccia larghe come le cosce i un uomo adulto.
Poté quindi accorrere agli spalti dell’improvvisato fortino, dove una pallottola di rimbalzo, partita da un’arma orkesca, lo colpì all’anca, sbattendolo a terra come un guanto.
Sirio accorse in suo aiuto e lo aiutò a rialzarsi, sommerso dalle irripetibili bestemmie del ferito.
Gli orki, compreso che la palazzina era l’unico sito non bombardato dai mortai imperiali, stavano lanciando un ultimo violento assalto.
 
Iathena accorse al fianco del Caporale Slunt, che si era lasciato cadere su di un mucchio di macerie, in modo da poter sparare oltre l’improvvisato parapetto dell’ancor più improvvisata fortificazione.
Con gesto nervoso ma rapido, le dita inguantate del medico corsero alla cerniera che chiudeva il pacchetto di medicazione del ferito e ne trassero un impacco di garze che lei premette sulla ferita, strappando al vendolandiano un ruggito degno di una belva.
Le esplosioni passarono attorno alla palazzina come se fosse protetta da una barriera invisibile, rendendo tutti i presenti quasi ciechi per via della polvere di cemento che aleggiava come una calda nebbia.
La violenta reazione delle guardie imperiali, unita al bombardamento, aveva rallentato momentaneamente il nemico, ma gli orki si fecero nuovamente avanti, sparando come indemoniati.
Priva dell’elmetto fonoassorbente, Iathena era scossa dal fragore della battaglia; a giudicare dal frastuono, i nuovi arrivati usavano i fucili laser impostati su massima potenza.
L’arma del Caporale, a pochi centimetri dalla sua testa, la stava facendo impazzire mentre faticosamente cercava di bloccare la medicazione dell’uomo.
-Non puoi cercare almeno di stare fermo?!-
Urlò vanamente, ma non sentì neppure la propria voce.
In quel momento un frastuono infernale travolse ogni altro rumore.
Proveniva dalla strana mitragliatrice che lei aveva visto in mano a quella specie di gigante, il quale si sporgeva, ignorando sprezzantemente il riparo offerto dal muretto, per rovesciare un vero torrente laser sul nemico.
Al suo fianco vi era il soldato chiamato Varn, che sparava con la pistola laser.
Il mitragliere venne colpito da una pallottola vagante, che gli amputò quasi del tutto il braccio sinistro, all’altezza del gomito.
L’uomo lasciò a terra l’arma per reggersi l’arto ferito, cadendo in ginocchio.
Iathena lasciò immediatamente il fianco del Caporale per accorrere in aiuto del gigante.
Stava agendo d’impulso, improvvisamente la paura che le attanagliava lo stomaco non la intralciava più, se non per il fatto che aveva perso del tutto la vista periferica, ma forse era solo colpa della polvere.
Aveva mosso un paio di passi, quando una forza misteriosa la costrinse ad abbassarsi.
Aurelios, comparso al suo fianco chissà come, la teneva saldamente dal giubbotto antischegge, costringendola a rimanere curva, e le urlava qualcosa che lei non sentiva.
Il veterano aveva il viso sporco e striato di sangue, che proveniva dalle sue orecchie, violentate da tanto frastuono.
Il gigantesco mitragliere aveva lasciato il suo braccio sinistro a pendere inerte, mentre con la destra estraeva la pistola laser, che usò contro una grossa sagoma nera.
Solo quando l’orko cadde in avanti, rischiando di travolgere i due elysiani, Iathena si rese conto di quanto il nemico fosse vicino.
Il soldato chiamato Varn raccolse la Minkan e svuotò l’intera cella d’energia sui pelleverde più vicini, mentre il medico apriva il pacchetto di medicazione di Trulls e cercava di bloccare l’arto ferito.
Imprecando per il dolore, il gigantesco vendolandiano spinse in malo modo l’elysiana, facendola cadere a terra, mentre le pallottole orkesche passavano a pochi centimetri dai soldati.
Aurelios balzò in avanti e, messa mano alla pistola laser, consegnò il suo fucile Accatran a Varn, il quale vi inserì una cella carica presa dalle proprie giberne, posizionò il regolatore d’intensità sul massimo e riprese a far fuoco.
Iathena non si dette per vinta e prese a medicare il braccio del mitragliere, senza alzarsi dalla posizione supina alla quale lui l’aveva costretta.
Si sforzava di non pensare al fatto che il nemico era quasi arrivato.
Garza, cerotto, stecche, bendaggio.
Ripeteva ad alta voce le procedure, faticando lei stessa a sentire il suono della propria voce.
 
Fren inciampò nel scendere dal Tauros.
Era spaesato e non vedeva nulla, in quell’innaturale silenzio che aveva seguito l’ultima esplosione.
Vi era un sottofondo di spari, ma lui non riusciva bene a distinguere da dove provenisse, in quella nube oscura e maleodorante.
Non pensò neppure ad accendere la fiamma pilota del lanciafiamme, rimase immobile mentre il Tauros di Hak gli passava davanti per proseguire lungo la strada.
Qualcuno lo strattonò dall’armatura a carapace e lo mise in fila con altri soldati.
Gli ci vollero diversi minuti prima di capire che si trattava dei suoi compagni di squadra.
Era come se non riuscisse più a riprendere il controllo su se stesso, come se il suo corpo si muovesse da solo per inerzia.
Eppure non era difficile, doveva solo camminare con gli altri.
“Accendi la fiamma pilota” pensò.
Ma le sue mani non si mossero, erano come paralizzate.
Dovette aspettare la prima sosta, fatta per perlustrare un edificio, prima di riuscire ad accendere la fiammella che rendeva utilizzabile la sua arma.
La vite girevole dell’accensione sembrava essere diventata dieci volte più piccola e gli scivolò tra le dita un paio di volte.
 
Anche Terk era teso, controllava ciò che restava degli edifici col suo Requiem pesante, mentre il Tauros procedeva a passo d’uomo.
Erano di nuovo dei bersagli e la cosa lo infastidiva molto.
Hak parve intuire i suoi pensieri perché gli diede un buffetto sulla gamba, unica parte del corpo da lui raggiungibile.
-Tutto bene lassù fratello?-
Il mitragliere sbuffò.
-Potrebbero essere ovunque… Non mi piace.-


Lancio un piccolo appello ai miei silenziosi lettori, che seguono fedelmente questo e gli altri miei racconti.            
Grazie di cuore, io vedo che avete letto e ne sono contento, ma vorrei davvero sapere cosa ne pensate, se avete un personaggio preferito, se avete critiche o suggerimenti... In altre parole mi piacerebbe "sentirvi". 
Non vi preoccupate di apparire superficiali in un commento perché magari non sapete cosa dire, anche solo un "ciao, io ti seguo" per me vuol dire davvero tanto.
Grazie in anticipo a nome mio e di tutti i miei personaggi!
   
 
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