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Autore: Dahu    24/08/2017    0 recensioni
Umberto Sgarri, ecco un nome che potete sentire nelle locande o attorno ai fuochi da campo, dall'Ostland a Sartosa, forse anche oltre, c'è chi ha una storia da raccontare su di lui.
Qualcuno sostiene che sia un eroe dell'Impero, qualcuno dice che sia uno spadaccino in affitto.
Ho sentito storie delle sue gesta in questa o quella campagna contro il chaos, molti uomini mi hanno giurato di essere stati al suo fianco in un muro di scudi, o nella stessa cella in qualche fetida prigione.
C'è chi racconta di averlo visto portare fuori dall'osteria dentro una carriola, ubriaco oltre ogni dire, chi sostiene addirittura di avere incrociato la propria spada con quella del tileano in cambio di improbabili premi in denaro.
Potete trovare chi lo dipinge come un eroe, chi lo crede un brigante di strada e un vagabondo, perfino chi crede che sia un personaggio nato dalla credenza popolare.
Credete a me, io ho conosciuto Umberto Sgarri ad Altdorf, e non era nulla di tutto ciò.
O forse era tutte queste cose, ma di certo non solo quelle.
-Franz L'Alto, archibugiere imperiale-
Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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Sgarri si accostò all’elfa che giaceva prona nella neve macchiata di sangue.
Il corpo snello di lei era esanime.
Il tileano la girò delicatamente e ne osservò il viso pallido ed apparentemente privo di vita.
Sentì il cuore perdere un battito.
 –Dai- La incitò –Non puoi creparmi adesso, su dai!-
Così dicendo le tastò il collo con due dita; il battito era debole, ma c’era.
Per lo meno era viva.
Un poco sollevato Sgarri accostò l’orecchio destro alla bocca della giovane e ne sentì il respiro, leggero come quello di un uccellino ferito.
Il tileano rifiatò, poiché a vederla in quelle condizioni l’aveva creduta morta, ma era ancora preoccupato per la ferita che stava macchiando di rosso la tunica della bella guerriera.
Con gesto risoluto Umberto trasse il suo coltellaccio e tagliò le vesti dell’elfa, per mettere a nudo la ferita.
Con uno strattone finì di strappare la tunica e lasciò cadere nella neve i due lembi.
Si trattava di una gran brutta ferita e lo spadaccino era davvero stupito che l’elfa riuscisse ancora a camminare dopo diversi giorni.
Una freccia l’aveva colpita all’addome, penetrando in profondità ed uscendo in prossimità dell’ombelico.
Arys aveva tagliato la punta e tentato di estrarre l’asta, ma una parte del legno doveva essere rimasta nella ferita, poiché il ventre era violaceo e gonfio, segno evidente di una infezione.
 Tentando di ignorare il sangue che fuoriusciva dai due fori, Sgarri avvicinò le mani alla ferita; doveva allargare col pugnale il punto di entrata, così da poter estrarre le schegge rimaste.
Sarebbe stata un’operazione inutile se il dardo avesse leso organi interni, ma se lei era sopravvissuta per così tanti giorni era evidente che, per fortuna o per magia, nessun organo era stato toccato dall’arma.
Il tileano vide le sue mani coperte di sangue nero e decise di lavarle nella neve, quindi brandeggiò il coltellaccio.
Dovette respirare profondamente un paio di volte, ma alla fine trovò il coraggio.
Mise tra i denti della guerriera un pezzo di legno e le bloccò le mani sotto un ginocchio, quindi le poggiò la sinistra sul ventre gonfio ed avvicinò il coltello.
Fu rapidissimo nell’incisione, ma il dolore fu lo stesso intenso. Lei si svegliò all’improvviso e digrignò i denti così forte che, se non avesse avuto il pezzo di legno, se li sarebbe spezzati.
Le sfuggì un urlo agghiacciante mentre tentava di sottrarsi alla presa dello spadaccino.
Ma lui riuscì a tenerla bloccata grazie al suo peso e le infilò due dita nella ferita.
Per fortuna il pezzo di asta era rimasto intero ed abbastanza superficiale; fu facile afferrarlo. Con uno sforzo enorme per trattenere il legno reso viscoso dal sangue, Sgarri riuscì ad estrarlo dalla ferita.
Arys sputò il legno ed urlò mentre le lacrime le scendevano dagli occhi, poi una fitta di dolore fu troppo intensa per lei e svenne nuovamente.
Il tileano ne fu sollevato, poiché toccare un ferito era in assoluto la cosa che lo spaventava di più nel suo lavoro.
Aveva curato decine di ferite, ma non avrebbe mai scordato nessun gemito di nessun ferito che aveva soccorso.
Era una cosa che lo turbava profondamente, anche se non lo dava a vedere.
Tagliò due strisce da ciò che era rimasto della tunica di lei e le usò come tamponi per bloccare l’emorragia, quindi le fissò con bende di circostanza della stessa provenienza.
 
Arys si svegliò in un riparo di fortuna, costruito con dei rami che chiudevano l’unico lato aperto di un anfratto di roccia. L’aria era profumata dal fumo di resinose che, sprigionato da uno scoppiettante fuoco, ristagnava leggermente nel riparo prima di perdersi in un apposito varco tra i rami.
Faceva molto caldo e lei stava sudando.
Si accorse di essere stesa su un giaciglio di aghi di pino foderati dal mantello del tileano e protetta sotto due coperte. Sgarri non c’era.
L’elfa si tastò la ferita, che le doleva terribilmente, e tentò di alzarsi, ma una terribile fitta alla testa la obbligò a desistere.
Solo allora si accorse di essere completamente nuda, fatta eccezione per il suo perizoma di fibre vegetali intrecciate.
L’uomo entrò nel riparo scostando una frasca.
Tremava di freddo perché aveva usato il mantello per rendere più confortevole il giaciglio ed appariva molto stanco.
 
Appena si richiuse la porta dell’angusto rifugio alle spalle, Sgarri notò che la giovane era sveglia e s’illuminò.
Aveva un bell’aspetto nonostante il pallore e doveva aver bevuto la tisana curativa che le aveva lasciato, poiché non sembrava affatto febbricitante.
La osservò per un lungo istante, poi l’occhio gli cadde sui piccoli seni tondi che la guerriera aveva involontariamente scoperto abbassando un braccio ed arrossì visibilmente mentre distoglieva lo sguardo.
Lei parve accorgersi dell’imbarazzo del soldato e si coprì.
Con un enorme sforzo Arys si puntellò sui gomiti. –Dove siamo?- Domandò con voce debole e rotta dall’affanno.
Sgarri prese a pestare un pezzo di corteccia tra due sassi e le rispose senza guardarla, poiché ancora il rossore non era del tutto sfumato dal suo viso spigoloso. –A poche decine di metri dalla pista; ho trovato un anfratto sotto un roccione e ho allestito il campo… Dovrai riposare per qualche giorno.-
L’elfa annuì, il dolore stava aumentando e le pareva quasi di sentire il sangue che le premeva sulla ferita con l’intento di fuoriuscire.
Sgarri versò il vegetale pestato in un pentolino di acqua che aveva fatto scaldare e glielo porse.
 –Bevi- Le ordinò –Ti farà dormire-
Lei annuì in silenzio e bevve.
Pochi minuti dopo dormiva beatamente ed il tileano si distese accanto a lei, preparandosi per una notte fredda senza la sua coperta.
I due giorni seguenti passarono rapidi, mentre Sgarri esplorava la foresta in cerca di cibo.
Il terzo giorno riuscì a catturare un cervo, segno che i due avrebbero smesso di attingere alle già scarse provvigioni del tileano.
Arys era molto migliorata ed aveva anche ripreso colore, tuttavia lui le aveva proibito di provare ad alzarsi.
Ora che avevano cibo in abbondanza Sgarri usciva di rado, solo per controllare i dintorni o per governare il cavallo.
La gran parte del tempo lo passava con Arys, a parlare del più e del meno.
Più che altro lei gli parlava di Loren, la sua amata foresta.
Lei parlava degli spiriti degli alberi e descriveva il comportamento degli animali.
Lui invece le raccontava degli amici e compagni d’armi, delle sbronze negli accampamenti e delle fughe dalla ronda cittadina, ogni volta che le raccontava delle pazzie fatte con qualche amico Arys rideva con quel tono cristallino che al tileano ricordava tanto un ruscello di montagna, e poi gemeva per la ferita.
Andarono avanti così per una intera settimana.
Una sera Sgarri stava dormendo sotto la coperta che da alcuni giorni si era ripreso, ma qualcosa lo svegliò.
Stava tentando di capire cosa ci fosse di strano quando sentì un fiato caldo sull’orecchio destro.
Una voce musicale gli stava sussurrando qualcosa, parole che sapevano di sole e mele mature.
–Non significa nulla, sia chiaro, voglio solo ringraziarti per avermi salvato la vita-
Lui ebbe appena il tempo di riconoscere la voce dolce dell’elfa, prima di avvertirne il respiro che si avvicinava, fino a fondersi con il suo, in un bacio appassionato quanto inaspettato.
Lei s’infilò sotto la coperta del soldato e lui si accorse che era coperta solo dalle bende che le fasciavano la ferita.
Si amarono teneramente, assaporando ogni momento, mentre il fuoco proiettava le loro forme sulle pareti dello spartano riparo.
Sgarri si addormentò abbracciato a lei, il viso affondato nel profumo dei suoi capelli.
Erano anni che non si sentiva così sereno e, per un istante, credette di aver trovato un futuro diverso, una bella donna con cui condividere una vita di tranquillità.
Poi lei allungò il braccio affusolato per tirarsi di fianco la spada e Sgarri si ricordò dove si trovava.
Si in un giaciglio con una donna meravigliosa, ma anche nel mezzo di una foresta brulicante di nemici e pericoli di ogni genere.
Come faceva da anni allungò la destra ed impugnò la daga; era così che dormiva un soldato, sempre vigile, mai tranquillo, mai sereno.
E prima di addormentarsi Sgarri pensò per un istante al buon vecchio Malatesta ed ai suoi primi anni da mercenario.
Che razza di vita.





Un saluto ai miei affezionati lettori!
Lo so, non sono solito rivolgermi direttamente a voi, di solito parlo attraverso i miei personaggi, ma ci tenevo a ringraziarvi per la costanza con cui seguite il mio, invece, scostante postare.
Vi ringrazio quindi per la fedeltà e la pazienza, mentre vi invito a lasciare un vostro commento.
Sia chiaro, non vi sto chiedendo di tirare giù una recensione da oscar, mi piacerebbe solo avere con voi un minimo di dialogo, sapere quali personaggi amate, come pensate proseguirà la storia... Insomma, mi piacerebbe scambiare con voi due impressioni.
Grazie dal Dahu!
   
 
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