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Autore: Der_Ausserirdische007    25/08/2017    1 recensioni
“...in qualsiasi modo prendesse piega la nostra vita, Scully, credo che valga comunque la pena viverla. Io preferirei continuare ad esistere anche se con le angosce future anziché venire imbalsamato adesso. Preferisco lottare. L’ho sempre preferito...”
Genere: Angst, Avventura, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Il Pietrificatore
Autore: Der_Außerirdische007
Rating: PG
Categoria: MSR, Angst, Shipper, Avventura.
Spoiler: Accenno agli episodi riguardanti il rapimento di Scully nella seconda stagione e della scomparsa e presunta morte di Mulder nella quarta. Alcuni riferimenti alla settima, ottava e nona stagione.
Summary: “...in qualsiasi modo prendesse piega la nostra vita, Scully, credo che valga comunque la pena viverla. Io preferirei continuare ad esistere anche se con le angosce future anziché venire imbalsamato adesso. Preferisco lottare. L’ho sempre preferito...”
Disclaimer: I personaggi di Mulder, di Scully, di Skinner, di Krycheck, de l’Uomo Che Fuma e de I Lone Gunmen non sono miei ma appartengono a Chris Carter e compagnia. Questo mio racconto è una fanfiction senza scopo di lucro o simili, ma l’ho creata per solo motivo di svago e di passatempo. Non ho scritto molti racconti, ma spero comunque che valga la pena leggerla.
Feedback: Sì grazie! Potrebbero aiutarmi a migliorare. Per favore scrivere alla mia e-mail
c.albertazzi27@gmail.com
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Il Pietrificatore
 
“I don’t want to erase my past, because for good and for bad it has made me the man I am. I thank those who made me discover love and grief, those who have loved me and those who have used me, those who told they loved me, meaning it, and those who did only to play their dirty games. And I thank myself for finding the strength to raise again and move on, always."
                                                                                  - Oscar Wilde
 
Quando l’agente speciale dell’FBI Dana Scully si preparò per lasciare l’ufficio nel seminterrato del J. E. Hoover Building alle 18.30 di quel venerdì di primavera precise, il collega Fox Mulder la trattenne.
“Ehm, Scully, dovrei chiederti una cosa…”
“Temo già Mulder”
Un mezzo sorriso si formò sul viso dell’uomo.
“Ehm... Domani, so che è sabato ma… ti andrebbe di venire con me a Charleston?”
Esalò l’ultima parte della domanda tutta d’un fiato temendo l’effetto che essa avrebbe potuto avere sulla donna, la quale lo guardò con le labbra appena dischiuse e gli occhi assenti per qualche secondo.
“Sabato. Nel West Virginia. Domani.”
“Ehm. Sì, esatto.”
“E lo scopo di quest’uscita fuori porta?”
Mulder distolse lo sguardo.
“No, ti prego. Avvistamenti paranormali.”
Non era una domanda.
“Dai Scully, ti assicuro che è un bel posto nel quale passare un fine settimana in tranquillità!”
“Per te tranquillità è sinonimo di omini grigi da cercare?”
“Ma no! Quell’aspetto ci terrà occupati per lo più di notte.”
“Quindi non stai negando che avremmo a che fare con alieni e navicelle spaziali!” esclamò esasperata Scully.
“Ti spiegherò tutto con calma, è una situazione un po’ complicata e vorrei indagare in proposito, ma siccome le fonti dalle quali ho ricevuto le informazioni non so quanto possano essere attendibili...”
Mulder non seppe mai né il perché, né il come ma la compagna lo accontentò, sebbene piuttosto contrariata, e accettò la sua proposta. Si diedero così appuntamento sotto casa di lei per il giorno successivo alle 7.35.
 
Alle 23.50 la residenza dell’agente Dana Scully era immersa nel silenzio. Lei si era appena addormentata a seguito di una giornata di lavoro particolarmente stressante quando il telefono cominciò a squillare e lei, ancora intorpidita, allungò una mano e rispose in automatico un assonnato “Ciao Mulder, dimmi, e adesso cos’è successo?”.
“Ehm, ciao Dana, sono io, la mamma…”
Scully si tirò su immediatamente appoggiando la schiena alla testata del letto.
“Ehm, c-ciao mamma… Ehm, come stai?” chiese esitante.
“Bene grazie. Ma guarda che se aspetti una telefonata ti richiamo dopo o domani.”
“No, no, non aspetto nessuna chiamata mamma.”
“Ah, e allora perché…”
“Mamma, perché mi hai chiamato?”
“Perché volevo chiederti se ti andava di venire qui da me a passare il fine settimana. Verranno anche Bill e Charles e così potremmo passare un po’ di tempo insieme tutta la famiglia. Allora, che ne dici? Ovviamente se hai altri impegni non preoccuparti, faremo un’altra volta.”
“Mamma, mi dispiace, mi piacerebbe molto unirmi a voi ma domani mattina parto per Charleston e credo che starò via fino a lunedì…”
“Va bene, non preoccuparti, tanto Bill e Charles sono riusciti a prendersi una settimana di ferie e dunque credo che ci sarà ugualmente modo di incontrarsi.”
“Perfetto! Meno male. Davvero, mi dispiace ma ho già preso quest’impegno…”
Seguì un attimo di silenzio, poi la voce della signora Scully riprese ad occupare la linea.
“Dana, scusa, non vorrei sembrare indiscreta, ma a Charleston ci vai con Fox?”
“Ci vado per lavoro mamma.”
“Ah, sì sì, ovviamente…”
“Mamma. Davvero.”
“E va bene, ti credo. Ma sei sicura che…”
“Sì. Buonanotte mamma.”
“ ‘Notte tesoro.”
Appena riattaccò il telefono questo ricominciò a squillare con più foga di prima.
“Sì, mamma. Che c’è?”
“Ehm, ciao Scully, sono io.”
Ovviamente. Non era serata. Prese un lungo respiro e rispose.
“Ciao Mulder, cos’è successo?”
“Oh niente di particolare, ma se aspetti…”
“No, Mulder” lo interruppe lei. “Non aspetto altre telefonate, semplicemente mi ha appena chiamato mia madre e dunque…”
“Ah, ok. Come stai?”
“Bene grazie, tu?”
“Bene bene, grazie.”
E ne seguì una telefonata durante la quale parlarono del più e del meno e dove si misero d’accordo in modo più dettagliato per l’incontro del giorno successivo.
“Bene Scully, ti lascio dormire allora. Ci vediamo domani!”
“Sì certo! A domani! Buonanotte Mulder!”
 
 
Il giorno successivo Scully alle 7.30 precise era davanti alla porta d’ingresso della palazzina nella quale abitava. Stranamente Mulder fu puntuale e insieme partirono alla volta dell’aeroporto.
Una volta arrivati all’aerostazione presero i biglietti e si imbarcarono nel giro di un quarto d’ora.
Riuscirono a prendere due posti vicini e Mulder poté così spiegare il caso alla compagna, il quale trattava, come Scully poteva immaginare, di avvistamenti UFO.
“Ebbene? Dove sarebbe il lato complicato della faccenda?”
“Deve esserci per forza?”
“Mulder, mi hai detto che me l’avresti spiegato con calma poiché era una storia lunga e difficile.”
“Sì, be’, insomma. Non so nemmeno io, sinceramente parlando, in cosa andremo ad imbatterci, solo che diverse persone nel raggio di poche miglia dal luogo degli avvistamenti sono scomparse e non sono più state trovate, perciò…”
“Teorie?”
“Non voglio arrischiarmi a farne prima di vedere il luogo in questione. Sai, è meglio non ipotizzare alcunché sinché non hai prove sulle quali costruire le tue teorie, altrimenti finirai inevitabilmente ad adattare i fatti alle teorie anziché adattare le teorie ai fatti.” Così dicendo Mulder distolse lo sguardo dagli occhi della compagna con aria compiaciuta. Dopo qualche attimo Scully ruppe il silenzio che si era andato a formare.
“E questa chi l’ha detta?”
“Io!”
“E dai!”
“E va bene, Sherlock Holmes, “Uno Studio in Rosso.” Ammise lui colpevole. I due si guardarono qualche secondo per poi cominciare a ridere. Sarebbe stata una bella vacanza.
 
2.
Appena arrivati nella città di Charleston, un’ondata di odori, colori e profumi li invase. Atterrarono all’aeroporto e un taxi li portò in città lasciandoli alla fine di Bridge Road. Nella stradina in cui si ritrovarono doveva esserci l’edicola di un certo Mr. Connery, niente meno che l’uomo che parlò del caso a Mulder.
“Mulder, non per mettere in dubbio alcunché, ma sapresti dirmi che tipo è questo Connery? Più che altro per sapere cosa aspettarmi, se un maniaco di riviste UFO o simili o un semplice comune signore” chiese Scully.
“Mah, non saprei, non che ci abbia parlato molto da questo punto di vista, ma comunque posso dirti che è uno Scozzese venuto qui negli USA per lavoro. Ha una trentina d’anni credo, trentacinque. Da quello che ho sentito dire in giro è un vero e proprio latin lover, ma lui ha occhi solo per la sua fidanzata.”
Mentre Mulder finiva la frase, un uomo alto di bell’aspetto con i capelli bruni e gli occhi scuri si diresse verso di loro con fare trafelato.
“Be’ Mulder, direi che le voci in giro sono più che fondate...”
“Ehm, scusate, sapreste dirmi che tempo fa in centro?”
“Nuvoloso e qualche goccia.” Rispose prontamente Mulder.
“Magnifico voi dovete essere gli agenti Scully e Mulder dell’FBI! Piacere, io sono James Connery, giornalista.” Si presentò lui.
“Molto lieti. È dunque lei ad averci sottoposto l’indagine?” si informò Scully, inizialmente confusa dalle frasi di riconoscimento con le quali era iniziato l’incontro con l’individuo.
“Sissignora! Di persona. Un mio amico lavora nella Forestale e io mi occupo di articoli per lo più sull’ambiente. Gli chiesi notizie sui boschi dei dintorni, sapete, se si sono verificati atti di vandalismo o fatti del genere. Mi ha solo raccontato, e anche con aria piuttosto spaesata oserei dire, che non era successo niente di particolare, anche se io, come dire, sapevo che c’era qualcosa che non andava, sapete, un po’ come un quinto senso e mezzo direbbe Dylan Dog. Ebbene, decisi dunque di inoltrarmi nelle selve della Sprouce Mountain, nel posto intorno al quale sapevo che quel giorno avevano fatto il controllo di routine il mio amico e la sua squadra. Fu quella notte che vidi qualcosa in cielo! Qualcosa di estremamente particolare che io in vita mia posso dire con assoluta certezza di non aver mai visto. Qualcosa che rimase fermo per qualche istante tra le stelle, immobile, confondendosi tra di loro, sinché non lo lanciò. Ebbene sì, lanciò una sorta di laser, sapete, a qualche chilometro distante dalla mia posizione. Sapete, io non sono una persona che dà credito a molte cose, agli alieni non ci ho mai creduto per esempio, e infatti non credevo, o forse non volevo credere nemmeno a questa cosa. Mi convinsi che era stata tutta un’illusione, ma magari lo fosse stata! Quando ritornai in città venni a conoscenza di una terrificante notizia. Charles Bake, il mio amico, era morto, probabilmente ucciso durante la notte. Mi sono sentito terribilmente quando venni a sapere di tutto ciò che era accaduto. E il punto è che adesso stanno dando la caccia anche a me.”
“Chi, chi le sta dando la caccia?”
“I Pietrificatori.”
“I chi?” chiese Scully.
“Non possiamo andare in un posto più appartato a parlarne?”
 
Una decina di minuti dopo i due agenti e Mr. Connery parlavano nello studio di quest’ultimo, in una stanza della sua rivisteria chiusa da quando successero gli strani fatti. Il pavimento era in legno scuro e alle pareti erano appesi molti quadri e soprattutto foto incorniciate raffiguranti icone della musica come Elvis Presley, i Beatles, Leonard Cohen e Billie Holiday. C’erano anche vinili d’oro e cornici contenenti ogni sorta di biglietti per diversi concerti. Sembrerà incredibile, ma il signor James aveva assistito ad esibizioni indimenticabili. In un angolo della stanza c’era un giradischi Linn Sondek molto bello e pregiato. In quella stanza sembrava essersi fermato il tempo. Una parete veniva nascosta da un mobile rivestito di cassette musicali di ogni sorta e la parete opposta era ricoperta da vinili antichi e alcuni più moderni. In un altro angolo c’erano una chitarra Fender Starcaster e un basso Hoefner, sul quale c’era addirittura l’autografo di Paul McCartney!
I due agenti, appena entrarono in quella stanzina, rimasero molto colpiti e affascinati.
“Signor Connery, mi perdoni solo una semplice curiosità, come può essere in possesso di simili rarità?” chiese Scully.
“Anche mio padre era un appassionato di musica e mi ha trasmesso il fascino e la devozione per i suoi valori. È stato lui ad insegnarmi a suonare il pianoforte e il basso. La chitarra me la spiegò invece mia madre.”
“E gli autografi? Voglio dire, non è da tutti possedere autografi come quello di Elvis Presley o di Paul McCartney!” chiese estasiato Mulder.
“Me li sono fatti autografare di persona. Pensate che ho fatto appena in tempo a farmi firmare ‘Loving You’ da Elvis. L’ho incontrato nel luglio del ’77, solo un mese prima della sua morte.”
In quella Mulder si girò verso la compagna.
“Eccone un altro che crede alla morte di Elvis Presley!”
Scully tentò di nascondere un sorriso.
“Ma prego, accomodatevi.” Connery mostrò loro due poltrone all’apparenza molto comode al centro della stanza.
“Ci dica tutto quello che sa.”
“Be’, non c’è molto da raccontare e quel poco che posso dirvi non sono nemmeno sicuro che possiate crederlo possibile.” Indugiò James.
“Non si preoccupi, credo che quel problema non si presenti, vero Scully?” La donna lo fulminò con lo sguardo.
“Bene allora. Dunque, quando mi diressi sulla montagna saranno state le tre del pomeriggio. Dovetti attendere il sopravvento della notte perché potessero cominciare a verificarsi i fatti incredibili. Infatti, verso le 23.00 notai una grotta che precedentemente non c’era mai stata.”
“Un momento Mr. È sicuro di ciò?” lo interruppe Scully.
“Più che certo agente. Come ho precedentemente accennato lavoro spesso sui monti, e su quella montagna in particolare. Vi ho detto che mi occupo di fatti riguardanti l’ambiente, infatti. Ebbene mi diressi lì per verificare i miei sospetti. Fu strano quando vi entrai… Era come entrare in un tunnel elettrostatico. Quando riuscii finalmente ad uscirne avevo strappi alle braccia, al collo e alle gambe, esattamente come se avessi preso una scossa, ma ciò che mi diede da pensare di più è stata l’improvvisa perdita di memoria. Infatti non ricordo cosa sia effettivamente avvenuto all’interno di quella grotta, rammento solo il forte dolore e la paralisi completa del mio corpo. Eppure so che c’è dell’altro. Ne sono certo. Di quando in quando riesco a vedere qualche figura, dei frammenti, ma non posso essere sicuro che siano proprio i fatti avvenuti e non qualche scherzo della mente…” In quel mentre Connery sembrava cercare di localizzare, di mettere a fuoco chissà quale immagine, tenendo lo sguardo fisso su qualche futile particolare della stanza.
“Può raccontarci comunque cosa ricorda?” tentò Mulder.
“Be’, innanzitutto vedo dei colori… Sì, come se un telo colorato a macchie rosse, gialle e arancioni mi annebbiasse la vista… Poi credo di riuscire a vedere… Mio nonno. Ma è impossibile, è morto da ormai qualche anno. Poi… poi J-Jane.” Si interruppe bruscamente e abbassò lo sguardo sulle sue mani che nel frattempo si stavano tormentando sulle ginocchia e strizzò gli occhi come volesse impedirsi di piangere.
“Chi è Jane, Mr.?” chiese delicatamente Scully.
“È… era… Doveva essere mia moglie ma è scomparsa qualche mese fa e… mi hanno detto che probabilmente è morta… Hanno… Hanno organizzato un funerale sebbene non sia stato rinvenuto il corpo.” Una lacrima ribelle gli solcò prepotentemente il viso. “Io… Io l’ho vista… O almeno credo… Era completamente immobile davanti a me e rivestita… Sì, rivestita di una sostanza giallognola, quasi arancione, tipo miele. Poteva muovere solo gli occhi e le labbra… Sembrava mi chiedesse aiuto, ma non usciva alcun suono dalla sua bocca... Dio, sto impazzendo vero?” Alzò finalmente gli occhi cercando di guardare i due agenti, sebbene egli potesse solo intravedere le loro sagome sfuocate attraverso il velo di lacrime trattenute che gli appannava la vista.
“È riuscito a vedere altro?” chiese malinconico Mulder, come se volesse lasciare Connery da solo con i suoi tormenti ma non potesse farlo. Purtroppo sapeva bene come ci si sentiva a perdere una persona cara e non avere nemmeno un corpo su cui piangerla, lasciando così solo la probabile illusione di poterla riabbracciare ancora. Aveva sentito quel profondo senso di vuoto già due volte e non voleva provarlo mai più.
“Non riesco a ricordare.” Non avrebbe detto più alcunché.
 
Dieci minuti dopo
I due agenti entrarono in un taxi e Mulder chiese all’autista se poteva portarli su Sprouce Mountain e gli riferì il punto preciso.
“Ho affittato una casa di montagna vicino al luogo dove sono avvenuti i fatti.” Spiegò poi alla compagna.
Quando poi la macchina si fermò, il tassista indicò loro come raggiungere il posto.
“Bene, allora io vi lascio. Passate un felice e romantico fine settimana! Il posto è magnifico!” e ammiccando riaccese il motore e li lasciò sul ciglio della strada. Appena la vettura svoltò l’angolo, Mulder si girò verso Scully sfoggiando un sorriso luminoso e alzando e riabbassando le sopracciglia un paio di volte. Come risposta la donna gli rivolse una delle sue espressioni più esasperate e al tempo stesso divertite e si misero in cammino, arrivando così alla casa che avrebbero abitato. Aveva un classico stile montanaro. Era costruita interamente in legno e i davanzali delle finestre erano adornati con dei gerani bianchi e rossi. Poco distante c’era uno strapiombo che dava su tutta la vallata. Era davvero una posizione suggestiva. I due agenti si diedero un’occhiata e poi entrarono per lasciare le valige e per darsi una rinfrescata. Finirono verso le 17.53 e decisero di andare a fare una passeggiata nei dintorni e così da poter fare un sopralluogo dove il signor Connery aveva indicato. Portarono uno zaino con qualche cosa da mangiare e qualche bevanda nel caso non fossero ritornati per l’ora di cena.
 
 
3.
Costeggiarono il dirupo così da non rischiare di perdersi, sinché giunsero nel posto dove James Connery aveva avvistato la grotta e decisero di sedersi e di aspettare, sperando di poter scoprire qualcosa utile alle indagini. Davanti a loro avevano un panorama magnifico, si poteva vedere tutta la cittadina di Charleston. Si godettero per qualche minuto la vista in silenzio. Fu Mulder il primo a romperlo.
“Allora, cosa ne pensi della vacanza per ora?”
“Il posto è davvero molto bello. Grazie per avermi coinvolta Mulder.” Si girò a guardarlo e gli regalò un dolce sorriso che lui ricambiò.
“Per quanto riguarda l’indagine ho paura che ci sia molto di più di alieni e navicelle spaziali.” Continuò. Mulder si girò di scatto.
“Stai dicendo dunque che credi a ciò che ha detto Connery?” chiese sbalordito l’uomo.
“No, frena, frena, frena. Non fraintendermi” rispose sollevando la mano come se volesse bloccarlo. “A quell’uomo è successo qualcosa e non lo metto in dubbio, ma occorre discernere la realtà dalla fantasia. C’è sicuramente una spiegazione razionale per ciò che gli è accaduto e probabilmente quella “scossa” che l’ha colpito, qualunque cosa fosse, può averlo fatto svenire e quelle immagini che dice di ricordare possono essere solo frammenti di un sogno.”
“Ah ecco, mi pareva strano.” Scherzò Mulder. Lei lo polverizzò con lo sguardo.
“Cosa credi che abbia visto nel cielo?” tornò a chiedere lui.
“Non lo so, probabilmente una stella cadente.” Mulder rise.
“E se davvero centrasse qualche forma di intelligenza superiore con tutta questa storia? Che so, magari…”
“Magari gli alieni?” concluse lei scettica sollevando un sopracciglio. “Mulder, per favore, che interesse avrebbero, accantonando per un attimo l’enorme ed immenso dubbio a proposito della loro esistenza, a rendere magnetica una grotta?”
“E se dentro quella grotta avesse visto… Magari la scossa magnetica gli ha dato la possibilità di vedere degli spiriti, quello di suo nonno, della sua ragazza…”
“E perché l’avrebbe vista gialla? Mulder, gli spiriti non esistono!”
“Come puoi dirlo! Lo sai che in alcune culture, quando una persona muore, non lasciano che nessun gatto rimanga nella stanza quando succede? E sai perché?”
“Ho paura a volerlo sapere”
“Perché dicono che possono vedere lo spirito del morto uscire dal corpo!”
“Ma sì!” sbottò Scully. “Come puoi sapere cosa vedono i gatti!”
“Be’, molte volte i gatti muovono la testa in modo strano, quasi innaturale, come se vedessero qualcosa e volessero catturarla.”
“Innanzitutto hanno una vista straordinaria e riescono anche a vedere un moscerino che magari vola alle tue spalle e che dunque tu non puoi vedere. Inoltre occasionalmente cominciano a correre e a fare mosse assurde e apparentemente senza senso, ma non perché vedono chissà quale mostro, ma semplicemente perché devono rilasciare l’energia che hanno accumulato durante il giorno, dal momento che i più dormono sulle 22 ore praticamente continue. E comunque quell’uomo ha subito da poco la perdita di una persona a lui importante e chissà quale shock questo gli ha provocato! Non dev’essere un periodo facile per lui.”
“Sì, ma potrei capire se avesse avuto la visione di questa Jane in un contesto normale, a lui familiare… Ma l’ha vista gialla e paralizzata!”
“Mulder, non hai pensato che magari l’ha vista perché la voleva vedere?” A quella domanda Mulder si voltò e la fissò per qualche istante perplesso.
“Probabilmente” continuò lei “ha talmente bisogno di rivederla che l’illusione di averla vista in quella grotta, sebbene sia una visione piuttosto agghiacciante quella da lui descritta, gli infonde la speranza di poterla ritrovare, di avere un indizio su dove può iniziare a cercarla. Non mi stupirei se adesso lo vedessi uscire da dietro gli alberi ben equipaggiato per poter continuare le ricerche. E lo capisco. Anch’io reagirei in questo modo. Pure io, quando mi dissero che eri morto, ebbi una visione di te che mi parlavi, ed è proprio da quel sogno che trovai la forza di credere che riflettesse la realtà, così non mi sono arresa a cercarti.”
“Io però ero vivo… La visione che hai avuto rifletteva effettivamente la realtà.”
“Già, grazie al Cielo sì, ma l’ho avuta perché volevo ritrovarti. Anche quella era frutto della mia mente.”
Ne seguì qualche minuto di silenzio.
“E se non lo fosse stata?” disse tutt’ad un tratto Mulder. Scully si girò e lo guardò incuriosita.
“Io quella volta cercai di dirti che ero vivo un’infinità di volte.”
“Stai cercando di dirmi che mi hai parlato attraverso un contatto telepatico?”
“O magari lo sapevi e basta. Sapevi che ero vivo. Qualcosa dentro di te lo sapeva ma la tua mente è riuscita a realizzarlo solamente in sogno. Io ho avvertito la stessa cosa quando ti rapirono. Quando tutti ormai avevano perso la speranza di ritrovarti, qualcosa dentro di me mi diceva di continuare a cercarti perché non eri morta, eri viva e aspettavi che io ti ritrovassi.”
Si guardarono per qualche istante, in silenzio. Scully distolse lo sguardo e lo posò sulle sue ginocchia, aprendo e chiudendo le labbra come se cercasse di dire qualcosa ma non trovasse le parole adatte.
“Mulder, io… Ammettendo che tu abbia ragione, come lo spiegheresti?”
“Non saprei, so solo che io ero certo che tu non eri morta. Se lo fossi stata lo avrei saputo. Di sicuro.”
“Come fai a dirlo?”
“Lo so e basta.”
“Anche… anche io lo sapevo, ma avevo paura di credere…” confessò lei dopo qualche altro eterno attimo di silenzio. “Magari consiste solo in una forma di autoconvinzione che ti permette di aggrapparti a qualcosa quando non hai più nessun dato che ti infonde qualche speranza. Sì, forse è questo. L’uomo ha sempre avuto bisogno di credere in qualcosa, da Dio a gli alieni, e quando le proprie convinzioni non bastano più, magari la tua mente, assillata dalle speranze in questo caso di rivedere una persona, per riuscire a riprendere il controllo delle proprie emozioni e delle proprie azioni comincia a creare immagini e… e pensieri, convinzioni che ricavi da cose che magari non hanno in realtà nessun significato, e magari…”
“Scully.”
“Magari tu sai che non sono vere e proprie prove ma vuoi credere che lo siano, e…”
“Scully, per favore.” Ripeté Mulder sorridendo.
“Cosa Mulder.”
“Scully, non è detto che ci sia una spiegazione scientifica e razionale dietro ad ogni cosa. Ci sono fatti che non possono essere spiegati, o che magari hanno un significato palese e che non viene visto immediatamente. Io non lo so che cosa sia ma se fosse come dici tu allora dovrei riuscire a capire anche se mia sorella è viva oppure è… oppure no. E invece non lo so. Voglio credere che sia viva, lo voglio con tutto me stesso ma non posso evitare di avere il dubbio. Cosa che con te non avevo. Se le tue teorie fossero esatte allora tutte le persone dovrebbero avere questi sentori, e con tutti.”
“C’è una spiegazione per ogni cosa. Lo psicologo sei tu. Comunque mi è venuta fame, vediamo un po’ cosa abbiamo portato.” Esclamò Scully, evidentemente cercando di cambiare discorso. Mulder la guardò un attimo. Sembrava avere nello sguardo qualcosa di indefinito, paura forse…
“Già. Ci penserò su e ti farò sapere quando e se avrò trovato una spiegazione a questi fenomeni. Nel frattempo è venuta fame anche a me. Cosa c’è?” Disse poi infine, quando avrebbe voluto in realtà dire tutt’altro.
Scully mise una mano nello zaino tirandone fuori ogni sorta di cibaria.
“Sandwich, panini, banane, pesche e mele. Da bere acqua naturale, acqua frizzante, succo ACE, sciroppo di lampone e di menta, aranciata e il tuo amato tè freddo.” Scully nominò ogni cosa nel mentre l’appoggiava sull’erba del sottobosco. Appena terminò sorrise tra sé, evidentemente compiaciuta di sé stessa.
“Cavolo Scully! Hai portato di tutto!” Le rivolse un sorriso sbalordito e afferrò un bicchiere di plastica nel quale si versò un’abbondante quantità di tè.
“Ne vuoi?” chiese alla compagna.
“Sì, grazie mille” rispose lei, allungandogli un bicchiere.
Bevvero la bibita in silenzio e Mulder ebbe un flash.
“Se hai del tè freddo in quella borsa giuro che ti sposo.”                                                                                                                      “Sarà per la prossima volta Mulder: è birra” 
A quel ricordo ridacchiò piano tra sé.
“Che c’è adesso” chiese divertita Scully.
“Niente.”
“E dai!”
“No, niente, mi è solo ritornata in mente una scena durante un nostro appostamento qualche anno fa.”
“E sare…? O Signore! Mulder! Guarda laggiù!” Egli si voltò immediatamente verso la direzione che gli veniva indicata.”
“O mio dio!”
Alle loro spalle si era aperta una fenditura nella roccia. I due agenti sfoderarono le loro rispettive pistole e si diressero verso la stretta apertura. Si fermarono all’entrata e cercarono di guardare al suo interno, ma non si riusciva ad intravedere nulla all’infuori dell’oscurità.
“Scully, resta qui.” Disse ad un tratto Mulder.
“Non ci penso nemmeno. Là dentro non ci entri da solo. In caso facciamo il contrario, io vado e tu resti. Se tutto va bene ti avverto.” Così dicendo fece per entrare ma qualcosa le bloccò il braccio. Mulder.
“Sei impazzita!? Connery poteva rimanerci, lì dentro!”
“Lo so benissimo.”
“E allora non fare sciocchezze. Non posso permetterti di entrare lì.”
“Mulder, vogliamo aspettare che il varco si chiuda?”
Si guardarono e parlarono attraverso uno dei loro muti discorsi.
“E va bene. Allora entreremo insieme.” Disse infine Mulder anche se non del tutto convinto.
“Ok…”
“Dammi la mano.” Lei gliela diede e lui la strinse. “Scully, qualsiasi cosa sia successa a Connery, qua dentro c’è qualcosa di pericoloso, lo sai vero?”
“Lo so.”
“Bene. Andiamo.” Detto ciò, varcarono insieme la fenditura che li separò dal resto del mondo. Appena furono dentro, essa infatti si richiuse in qualche modo e, sebbene non ci fossero posti dai quali potesse entrare della luce, la grotta era ben illuminata, ma di una luce tendente all’arancione e al tempo stesso al rosso.
“Qualsiasi cosa fosse la scossa elettrostatica descritta da Connery, non è successa immediatamente. Se ci ha raccontato il vero, allora probabilmente quando e se usciremo da qui avremo solo un vago ricordo di questi fatti.” Mormorò Scully. Procedettero e fecero per inoltrarsi ancora più nella roccia, ma qualcosa li bloccò, qualcosa come un campo magnetico che non permetteva loro di procedere. Si accorsero però presto che non potevano nemmeno retrocedere. Erano rimasti intrappolati tra due mura invisibili. Ad un tratto una voce rimbombò nelle loro orecchie.
“GUARDA, GUARDA, QUESTA VOLTA DUE IN UN COLPO”
Mulder rinchiuse automaticamente Scully tra le sue braccia come se volesse proteggerla da un pericolo ancora non ben identificato. Improvvisamente furono assaliti da una strana sensazione, come se il pavimento sotto i loro piedi fosse scomparso e stessero precipitando. Un fischio insistente perforava loro i timpani e migliaia di aghi invisibili bucavano i loro corpi come se fossero d’acqua.
Si risvegliarono da qualche parte. Nemmeno loro sapevano di aver perso i sensi.
Mulder si alzò a fatica tenendosi la testa dolorante con le mani.
“Scully, stai bene? Ehi, Scully!” Aprì gli occhi a fatica e il terrore lo invase quando non vide la compagna al suo fianco. Cominciò a gridare il suo nome con foga senza però ricevere risposta. Cercò di concentrarsi sul posto nel quale si trovava. Non poteva essere! Si guardò le mani e… Oddio! Gli si erano rimpicciolite! E così per i piedi, e il busto e… e anche la testa. Si era risvegliato sotto una quercia, in un giardino familiare che conosceva sin troppo bene. Guardò oltre lo steccato di legno verniciato di bianco e riconobbe la casa dei Freeman. Anche la bambina… Come si chiamava… Juliette! Sì, Juliette! La bambina che gli piaceva quando aveva dieci anni. Lo stava salutando da una delle finestre della casa.
“Fox! Ehi Fox! Che fai lì impalato!”
No. No. Impossibile. Questo era dannatamente e dolorosamente impossibile. Samantha. Quant’era bella! Le trecce erano lunghe e i capelli erano più luminosi di quello che ricordava. Gli occhi verdi risaltavano sul suo viso di porcellana. Le corse incontro e l’abbracciò forte.
“Ehi fratellone, che ti succede!”
“Samantha…”
“Fox! Samantha! Tornate a casa, dovete prepararvi per la cena, oggi avremo ospiti!”
La madre si era affacciata sulla porta di casa. Era giovane, molto giovane. Si rese conto che le mancava più di quanto immaginava.
“Mamma!” Le corse incontro e l’abbracciò scoppiando in lacrime.
“Fox, tesoro, che ti succede?”
“Mamma, oggi credo il rompiscatole stia cercando attenzioni, più di quelle che ha già!” rispose risoluta Samantha per lui. Se fosse davvero stato il lui di trent’anni prima avrebbe litigato con lei, l’avrebbe ripresa, l’avrebbe detestata come si detesta una sorella. Ma il punto è che, qualsiasi cosa era successa, l’aveva fatto ritornare apparentemente alla sua vita dell’infanzia in tutti i sensi, ma il suo cervello era rimasto invariato.
“Samantha, smetti di dare fastidio a tuo fratello e andate su a fare il bagno e a vestirvi con gli abiti da cerimonia.”
“Chi ci sarà a cena, mamma” chiese finalmente Mulder.
“Un amico di tuo padre.”
 
Poco tempo dopo si era già lavato e vestito con l’abito che da piccolo detestava. Era assai strana la sensazione adesso che poteva riutilizzarlo. Era uno smoking in miniatura molto semplice, ma da bambino non riusciva ad indossarlo senza sentirsi come rinchiuso in una gabbia.
Scese le scale, le stesse dove in futuro avrebbe assistito a molteplici litigi dei suoi genitori, le stesso ai piedi delle quali avrebbe giocato a Stratego qualche tempo più tardi e dove avrebbe visto il sorriso di Samantha sparire dalla sua vita per sempre.
In cucina c’era sua madre che aveva già apparecchiato la tavola con il servizio buono e stava preparando l’anatra ai fichi e con patate al forno come contorno. Appena sentì i passi del figlio si girò, bella come non si ricordava da tempo.
“Tesoro, sei una meraviglia! Com’è che oggi non fai storie per il papillon troppo stretto?”
“Non mi dà fastidio mamma.” Lo guardò storto e fece per parlare ma il suono improvviso del campanello la distolse.
“Fammi il favore Fox, va’ ad aprire.”
Quando Mulder aprì la porta la prima persona che vide fu suo padre, giovane, con il viso sempre nascosto da pesanti ombre ma libero dalle angosce che avrebbe visto con il passare degli anni.
“Ciao Fox, come stai?”
“Ehi ehi, come si è fatto bello il giovanotto!” la voce veniva dalle spalle del padre. Non riusciva ancora a vedere il volto al quale essa apparteneva ma quel suono gli gelò il sangue. Aveva l’orribile sensazione di conoscerla. Ne ebbe la certezza quando l’uomo si fece avanti. Terribilmente giovane ma spaventosamente uguale. CGB Spender. L’Uomo che Fuma. Il Polmone Canceroso. Lui. Lo stesso che farà rapire la sorella. Lo stesso che farà rapire Scully. Lo stesso che la farà quasi morire di cancro. Lo stesso che darà l’ordine di uccidere suo padre. Il primo impulso fu quello di saltargli addosso, ma si limitò solo a lanciargli uno sguardo di puro odio per il quale venne rimproverato immediatamente.
“Fox! Saluta immediatamente il sig. Spender qui presente.”
“Non merita di essere salutato!” non riuscì a risparmiarselo e per questo ricevette un potente schiaffo.
“Papà.” Ripose lui tagliente.
“Caro, fermati!” intervenne la madre.
“Ci penso io! Voi intanto accomodatevi. Mi scusi sig. spender, è un bambino un po’ vivace.” Così dicendo si allontanò e prese da parte il figlio.
“Fox! Oggi sei strano, si può sapere che ti ha fatto quel brav’uomo? È sempre stato gentile con te!”
“Sarà tutto tranne che un brav’uomo, mamma! Tu non hai idea di quello di cui è capace! Rovinerà la nostra famiglia! Anzi forse l’ha già rovinata, o no mamma? Ora lo so. È lui il mio vero padre vero? Farà rapire Samantha! E farà uccidere papà…”
“Fox! Ma di cosa stai parlando! Non ti permetto di dire certe cose! Ma si può sapere che cos’hai? Non ti sei mai comportato in questo modo!”
“Forse solo più consapevolezza, mamma. Io non sono più il bambino che ero. Non so perché sono qui. Eppure c’è qualcosa che non torna. È come se fossi tornato indietro nel tempo. Tutto è come era veramente, ma sto vivendo un giorno che non è mai accaduto, o di cui almeno non ho memoria. Devo tornare nel presente. Devo ritrovare Scully. Mamma, o chiunque tu sia, te ne prego, tu sai quello che sta succedendo, vero? Per favore, ti supplico, aiutami!”
“Fox. Vorrei tanto. Ma non posso. Me l’ha ordinato. Io appartengo solo al tuo passato, non sono altro che una proiezione della tua mente. Lo sai che non esisto veramente, vero?”
“Chi! Chi ti ha ordinato di non dirmi niente!”
“L… L… Ugh… Argh…” La testa della signora Mulder cominciò a allungarsi e ad allargarsi, i suoi occhi a venire fuori dalle orbite.
“Ti… ho am…amato ta…a…anto Fffox. Dav…vero. S-cusa.” In quel mentre la testa della donna scoppiò sotto gli occhi atterriti di Mulder e tutto cominciò a girare, di nuovo…
 
Da qualche altra parte

Scully si risvegliò da quello che doveva essere stato uno svenimento.
“Mulder, tutto bene? Eh Mulder?” Non ricevendo alcuna risposta si guardò attorno senza però scorgerlo e si fece prendere dal panico. Cominciò a strillare il suo nome pregando che rispondesse.
“Dana, che hai da strillare!”
“Melissa?”
“Be’? Che c’è? Chi credevi che fosse? Comunque mamma ha detto di venire a tavola, la cena è quasi pronta.”
“Missy, ma che ci fai qui? Perché sei così piccola?”
“Come cosa ci faccio qui! E poi guardati tu, nanetta!” e a quella risposta aggiunse una linguaccia e si voltò per rientrare in casa. Casa? Che casa poi? Scully cominciò per la prima volta da quando era arrivata chissà come in quel posto a guardarsi veramente intorno. Un cortile. IL cortile. E la casa, la casa delle vacanze della sua famiglia al mare. Per quanto poteva ricordare si affacciava sulla spiaggetta privata e la notte adorava addormentarsi con il rumore delle onde di sottofondo. Ma ora, per quanto si sforzasse, non riusciva ad udirle. E poi non era possibile. Gli cadde l’occhio sui suoi piedi. Rimpiccioliti. Le mani di poco più piccole del solito. Stessa cosa per tutto il suo corpo, e i capelli erano tornati lunghi e arruffati! Come poteva essere! Sembrava essere tornata indietro nel tempo. Corse in casa e si trovò davanti la madre che cucinava e al tavolo erano già seduti sia Melissa, che Charlie, che Bill, e… e papà.
“Papà?” esclamò tra l’incredulo e il commosso l’agente.
“Starbuck! Hai trovato William?”
“William?” chiese Scully senza capire.
“Sì, il tuo amichetto che sei andata a chiamare stamane per andare in spiaggia.”
“Amichetto” enfatizzò Bill sarcastico. “Io oserei dire anche fidanzatino!”
“Bill!” lo rimproverò la madre. Scully rimase ad osservare come ipnotizzata il suolo senza capire. Poi finalmente realizzò. William Drake, il bambino dagl’occhioni azzurri e i capelli chiari color della sabbia. Il suo migliore amico, scomparso quando aveva una quindicina d’anni. Chissà che fine aveva fatto. Si ipotizzò che fosse scappato di casa e non fosse più ritornato, ma non lo conoscevano abbastanza, evidentemente. Lei sapeva che non l’avrebbe mai fatto, amava la sua vita, la sua famiglia. Non avrebbe avuto motivo di allontanarsi, ma lei allora era solo una ragazzina e le venne fatto credere così. Non era stato facile quel periodo e pensare che le cose erano andate così le dava conforto, almeno William era dove voleva stare. Ora tutti i dubbi che l’assillavano da ragazza le tornarono improvvisamente ad occupare la mente. Non sapeva perché e dove era esattamente finita, ma c’era un motivo per il quale lei si trovava in quel luogo e in quel periodo.
“Scusate, che giorno è oggi?” chiese tutt’ad un tratto.
“Sabato 19 agosto, Dana.” Rispose la madre senza distogliere gli occhi dai fornelli.
“E di che anno?” a quella domanda improvvisa tutti la guardarono con sguardi perplessi.
“Scusa?” chiese Charlie.
“Dai, per favore, è importante.”
“1979” rispose allora Ahab.
“Oh mio Dio. Quindi io ho quindici anni precisi a novembre.”
Tutti la fissarono non capendo dove voleva arrivare.
“Mi dispiace, devo andare!” Così dicendo corse fuori dalla porta e si diresse verso la casa dell’amico, ignorando la voce della madre che le intimava di rientrare. Nemmeno cinque minuti dopo era sotto la sua finestra e imitando i suoi comportamenti abituali di vent’anni prima cominciò ad urlare il suo nome. Non sperava molto in una risposta, non ricordava con precisione la giornata in cui lo cercò e non lo trovò mai, ma sperò con tutto il cuore che non era proprio quel giorno. Fortunatamente vide una sagoma avvicinarsi al davanzale.
“Ehi Katherine! Che succede’” Quella voce. Le salirono le lacrime agli occhi ma cercò di reprimerle con forza.
“Hai già mangiato?” si sforzò di chiedere.
“Sì, da un’oretta ormai. Perché?”
“Puoi scendere un attimo? Ti vorrei parlare.”
“Certo! Arrivo subito!”
Mentre aspettava si voltò verso la direzione del mare, senza però riuscire a vederlo. Strano, da quella posizione ricordava con assoluta certezza che si poteva vedere benissimo la spiaggia. Un leggero tocco sulla spalla la distolse dai suoi pensieri facendola trasalire. Voltandosi di scatto si ritrovò davanti il sorriso divertito di William.
“E allora?” Chiese lui. Scully non riuscì a trattenersi e gli gettò le braccia al collo. Non aveva più sperato di poter rivedere i suoi occhi color dell’oceano.
“Mi sei mancato.”
“Modestamente posso capire che la mia presenza possa provocare una certa dipendenza, ma non credevo anche a distanza di un paio d’ore.” Rispose scherzando il ragazzo.
“Senti, ma perché non si vede la spiaggia da qui oggi?” chiese Scully allontanandosi da lui.
“Come non si vede! È lì, non vedi?”
La ragazza si voltò e cercò con lo sguardo il punto indicato dall’amico non riuscendo comunque ad intravedere nulla. Volle dunque andare più a fondo in quella faccenda.
“Will, ti andrebbe di andare in spiaggia?”
“Qualsiasi cosa per te, Katherine!” rispose lui sarcasticamente e per tutta risposta ricevette un pugno affettuoso sulla spalla.
Fu strano per Scully poter parlare con una persona a lei cara che non vedeva da così tanto tempo. Era come se i confini tra presente e futuro si fossero dissolti e non esistesse più una linea temporale, ma solo una concatenazione di fatti accaduti e che dovranno accadere mischiati tra loro.
Appena giunsero infondo alla collina sulla quale erano situate le loro rispettive case, lì dove sarebbe dovuta incominciare la spiaggia, c’era invece una sorta di muro di vetro, al di là del quale sembrava finire il mondo. Li separava infatti da uno spazio apparentemente vuoto e completamente bianco che la ragazza non seppe bene identificare. Con sua grande sorpresa William sembrava non averlo visto e continuò a camminare sino a quando non fu dall’altra parte.
“Be’? Perché ti sei fermata?” chiese voltandosi indietro nella sua direzione.
“Will ma… come diavolo hai fatto?!”
“A fare cosa?”
“A…ad attraversare il… il muro.”
“Ma di cosa stai parlando! Oggi sei più strana del solito Kate, e questo è piuttosto difficile.”
“Cosa sta succedendo William? Tu lo devi sapere. Se fossi tornata indietro nel tempo avrei memoria di questa giornata, almeno una parte, qualche frammento.”
“Indietro nel tempo? Quelle cose succedono solo nei libri di fantascienza!”
“Suvvia, lo sai di cosa sto parlando. Tu non sei William, vero?” chiese malinconica.
“Certo che lo sono, Kate.”
“Sei reale?”
“Per te cosa sono i pensieri, i sogni, Scully?” chiese il ragazzo. La ragazzina vide l’immagine di William cominciare a deformarsi. Anche la sua voce era cambiata.
“Mulder!”
“I pensieri Katherine. Cosa sono.” la voce era ritornata normale, e apparentemente anche la sua figura.
“Il pensiero è… è la facoltà relativa alla formazione di contenuti mentali, la qual cosa è proprio atto della ragione stessa.”
“Il pensiero è energia. Il pensiero è anche ciascuno dei contenuti della coscienza, in quanto episodio della vita interiore dell'individuo, spesso variamente riconducibile all'idea di elaborazione sul piano affettivo.”
“Sei una proiezione della mia mente, dunque? Nient’altro che energia?”
“Certo che sono una tua proiezione. Io vivo nei tuoi ricordi Katherine. Io per te non sono mai andato via. Per tutti questi anni. Credevi di essere riuscita a dimenticarmi, ma non l’hai mai fatto. Non potevi farlo. Grazie. Sei stata l’unica.”
“Cosa sta succedendo!” urlò quasi, notando che il suo tono di voce era ritornato quello di sempre e così le sue dimensioni. Le lacrime da troppo tempo trattenute le rigavano il viso.
“Nemmeno io sono mai riuscito a dimenticarti. Mai. Ti ho aspettato. Ho aspettato che tu mi ritrovassi per vent’anni. Lo sto ancora facendo. Ti sto ancora aspettando.” La sua immagine cominciò a sfuocarsi.
“No, ti prego, non andartene! Non sei mai scappato di casa, vero? Sei scomparso, però sei vivo! Sei vivo non è vero?”
“Kate…”
“Ti troverò. Giuro che ti troverò.”
“Ka..t..e, c-cerca il P-Pie-t…” la sua figura scomparve del tutto. Scully cadde in ginocchio priva di forze. Tutt’ad un tratto la parete di vetro cominciò a svanire anch’essa e tutto ricominciò a girare.
 
Mulder non era svenuto questa volta e non gli ci volle molto tempo per realizzare di essere stato nuovamente teletrasportato. Ora si trovava in uno strano ambiente, completamente nero, dove ogni rumore che produceva scatenava un’eco profondo. Si stava sollevando in piedi quando un’altra figura umana gli si materializzò poco distante, inginocchiata a terra.
“Scully!” Appena riconosciuta la compagna le si precipitò al suo fianco.
“Scully! Scully che cos’hai! Dove sei finita!” Lei alzò lo sguardo e non appena vide gli occhi del collega cercò rifugio tra le sue braccia.
“Sei Mulder, vero?”
“Sì, non preoccuparti. Anche tu hai visto una sorta di passato vero?”
“Già. Tu a quando sei stato rimandato?”
“Non lo so con precisione. Ho visto Samantha e mia madre, e anche… e anche l’Uomo che Fuma. Avevo una decina d’anni.”
“Come hai fatto ad arrivare qui?” chiese lei allontanandosi dalle sue braccia che nel frattempo l’avevano tenuta stretta come se si stessero aggrappando all’unico scoglio reale in mezzo ad un mare di illusioni.
“Non ne ho idea. Prima di vedere tutto girare per poi scomparire mia madre ha cercato di dirmi qualcosa riguardo tutto questo, ma appena stava per confessarmi il nome di chi probabilmente ne era a capo la sua testa ha cominciato a gonfiarsi e poi… e poi mi è scoppiata davanti agl’occhi.” Abbassò lo sguardo.
“Erano solo immagini, Mulder.”
“Già… Però erano dannatamente reali. Tu dove sei stata?”
“19 agosto 1979. Ho visto un amico che avevo all’epoca che poco tempo più tardi sarebbe scomparso. Stavo vivendo un giorno che non avevo mai vissuto e c’erano aspetti che non quadravano… Quando tutto intorno a me stava scomparendo, William è riuscito a dirmi che se volevo ritrovarlo dovevo cercare una persona.”
“William?”
“Quel mio amico…”
“E che persona devi cercare?”
“Tutto quello che è riuscito a dirmi è stato ,Il Piet’… Stava per terminare il nome ma non ha fatto in tempo. Credo che mi abbia detto più di quello che avrebbe dovuto.”
“Cosa ti ha detto?”
Scully gli narrò velocemente tutta la discussione che ebbe con il ragazzo sulla spiaggia, gli raccontò del muro di vetro e ciò che l’amico le aveva detto a riguardo. Appena finì anche Mulder le raccontò quello che aveva visto lui e dei particolari che non gli tornavano.
“Cosa sta succedendo, Mulder”
“Non ne ho idea purtroppo, ma non voglio separarmi da te un’altra volta.
“No, nemmeno io” convenne Scully.
“DUNQUE, DUNQUE, VI È PIACIUTO IL VIAGGIO?” una voce cominciò ad appesantire l’aria presente in quel luogo disperso da qualche parte sulla linea del tempo.
“Chi diavolo sei, si può sapere?” urlò Scully alzandosi in piedi.
“MA COME, TI SEMBRA QUESTO IL MODO DI RIVOLGERTI A ME, COLUI CHE TI HA FATTO RIVEDERE IL TUO AMATO ,,WILL’’ ?”
“Sei stato tu a rapirlo allora! Che gli hai fatto, bastardo!”
“TRANQUILLA, STA BENE (PIU’ O MENO). SI’, OGNI TANTO NON SI DA’ PACE E CONTINUA A CERCARE DI FUGGIRE, MA NEL COMPLESSO STA BENE… AH, SAI, E’ DA VENT’ANNI CHE NON FA CHE MORMORARE IL TUO NOME. PENSAVO CHE SI ARRENDESSE PRIMA O POI, MA QUEL MOMENTO NON E’ ANCORA ARRIVATO.”
“D-Dov’è?”
“LO VEDRAI PRESTO, NON TEMERE, STARETE INSIEME, DI NUOVO, MA QUESTA VOLTA PER L’ETERNITA’.”
A quelle parole Mulder si mise davanti a Scully come se potesse proteggerla ponendosi tra lei e la voce.
“Non ci giurerei, figlio di…”
“EHI, PIANO CON LE PAROLE. E POI TU PRETENDERESTI DI INTERPORTI TRA LEI E LE MIE DECISIONI?”
“Perché vuoi lei!”
“IO NE HO BISOGNO, PER LA MIA COLLEZIONE.”
“Collezione?”
“CERTO! IO SONO UN COLLEZIONISTA, UN COLLEZIONISTA DI UMANI.”
“E lo scopo?”
“NON OGNI COSA DEVE AVERE UNO SCOPO, UMANO! PERCHE’ ESISTE L’UNIVERSO? PERCHE’ ESISTONO GLI ESSERI UMANI? COME POSSONO ESISTERE DUE COSE COME L’AMORE E L’ODIO SENZA CHE UNO NON ANNIENTI L’ALTRO? COME VEDI IO NON SONO DIVERSO DA VOI. VOI ANCHE FATE COSE SENZA SENSO. COME ESISTONO I SERIAL KILLER, PERCHE’ NON POSSONO ESISTERE I PIETRIFICATORI?”
“Pietrificatori? È questo che sei, dunque? Un assassino? Sei tu che hai rapito Jane, che hai stordito le guardie forestali che poi hai ucciso? E sei sempre tu, perciò, che hai lasciato andare Connery dopo averci giocato, vero?” sbottò Mulder.
“ESATTAMENTE. MA IO NON SONO UN ASSASSINO SERIALE. IO NON UCCIDO LE PERSONE. LA SIGNORINA JANE NON LO E’ INFATTI, COME NON LO E’ WILLIAM. IO LI TENGO IN VITA MA LI PIETRIFICO, COME TRA L’ALTRO DICE IL NOME STESSO, COSI’ CHE DIVENTINO COME STATUE, MA ESSE SONO COSCIENTI.”
“Ma allora perché hai ucciso Charles Bake? E perché ha lasciato andare Mr. Connery?”
“IO NON UCCIDO! TE L’HO DETTO, RAZZA DI STUPIDO UMANO! COME FAI A NON CAPIRE CHE NON SONO STATO IO A FARLO MORIRE!? SEMPLICEMENTE NON ERA PRONTO. L’HA UCCISO LA SUA STESSA MENTE, ERA UN ELEMENTO TROPPO FRAGILE CHE SI E’ LASCIATO IMPAURIRE DAL SUO STESSO PASSATO. PER QUESTO IO NON L’HO TENUTO. NON POTEVO SALVARLO E COMUNQUE NON MI INTERESSAVA. PER QUANTO RIGUARDA L’UOMO ERA SUFFICIENTEMENTE FORTE, MA NON MI SERVIVA. VEDETE, IO POSIZIONO LE MIE STATUE COME SE FACESSERO TUTTE QUANTE PARTE DI UN QUADRO. AD OGNI FIGURA ASSEGNO UN RUOLO. DA QUANTO HO POTUTO VEDERE VOI DUE SIETE ABBASTANZA RESISTENTI E VOLEVO TENERVI ENTRAMBI MA… ORA NON SAPREI.”
“Tieni me!” disse a quel punto Mulder.
“No! Mulder che ti prende! Resto io, tu vattene da qui! Ti prego!”
“ECCO UN ALTRO COMPORTAMENTO PRIVO DI ALCUN SENSO. IL SACRIFICIO. PERCHE’ DOVREI TENERE TE? NON SAPREI COME UTILIZZARTI. INVECE PER LA DONNA AVREI GIA’ UN RUOLO CHE PUO’ RIVESTIRE A PENNELLO. NON SAPEVO, SAI CARA, CHE POTEVI AVERE A CHE FARE CON UNA DELLE MIE OPERE, IO NON PRELEVO MAI PIU’ PERSONE IN UNO STESSO POSTO A DISTANZA DI POCO TEMPO, VOI DUE SARESTE STATA UN’ECCEZIONE, MA QUESTA COINCIDENZA POTREI UTILIZZARLA A MIO VANTAGGIO.”
“P-posso vederlo in condizioni… normali?” chiese esitante Scully cercando di controllarsi.
“IO POSSIEDO UN CERTO SENSO DI COMPRENSIONE, NON COME VOIALTRI DELLA VOSTRA SPECIE. SAPENDO CHE NON POTRETE MAI PIU’ AVERE UNA DISCUSSIONE UNA VOLTA PIETRIFICATI, LA MIA GENTILISSIMA RISPOSTA È SI’. RIPETO, NON SONO ANCORA SICURO SU CHI TENERE DI VOI DUE, NÉ SE ALLA FINE VI TERRO’ ENTRAMBI. VI SOTTOPORRO’ AD UN’ALTRA PROVA E POI DECIDERO’. MA COMUNQUE PER INTANTO VI CONCEDERO’ UNA PAUSA. SONO COMPRENSIVO IO. NON SONO CATTIVO.” Detto questo, la voce li lasciò apparentemente soli. Scully si lasciò cadere a terra ormai priva di forze.
“Scully, ne usciremo, non temere.”
“No, Mulder. Se qui qualcuno può salvarsi quello devi essere tu.”
“Io non me ne vado senza di te.”
“Dovrai farlo. Non ha senso rimanere qua entrambi. Io ho la possibilità di convincerlo a tenere me. Puoi ancora salvarti.”
“Scully. Ora ascoltami bene. Se pensi che io colga l’occasione al volo per girare i tacchi e cominciare a correre sapendo che comunque tu rimarrai qui chissà per quale assurdo motivo significa che non mi conosci affatto.” Lei alzò lo sguardo e gli rivolse un sorriso.
“Mulder...”
In quel mentre si sentì un rumore poco distante. I due agenti si diressero nella direzione dalla quale esso proveniva, fino a quando riuscirono a vedere la figura di un uomo disteso a terra, il colore giallognolo tendente all’arancione.
“Mio Dio!” esclamò Scully cominciando a correre verso la figura. Quando la raggiunse la voltò così che potesse vederne il volto, e non appena la toccò il colore innaturale scomparve poco a poco. Era un uomo sulla trentina d’anni con i capelli color sabbia e il viso di un ragazzo. Aprì lentamente le palpebre lasciando che gli occhi blu color dell’oceano potessero rivedere ciò che avevano perso tanti anni prima.
“Will…?” disse in un sussurro umido di pianto Scully. L’uomo sembrò cercare di mettere a fuoco la donna.
“Dio, non può e…ssere. Kate! Sei tu Kate, vero?” riuscì a mormorare lui. In tutta risposta Scully lo strinse tra le braccia con foga.
“Ehi! Sapevo che avresti sentito la mia mancanza, ma non pensavo sino a questo punto…”
“Sei sempre il solito idiota William!” cercò di sorridere la donna, sebbene le lacrime non le abbandonassero il volto. L’uomo con qualche difficoltà riuscì a mettersi seduto.
“Io noto invece che sei cambiata, sai. Sei diventata più bella di quello che eri già.” Questo gli fece guadagnare un altro sorriso. “Be’? Hai visto? Te l’avevo detto che non ero frutto della tua immaginazione. Si può parlare con i pensieri.” A quell’affermazione Scully si girò verso Mulder che aveva osservato la scena in silenzio.
“Be’ Mulder, pare che tu abbia trovato un rivale in quanto teorie assurde!” Mulder a quell’uscita le sorrise divertito.
“William, lui è Mulder, un mio caro amico e collega, Mulder lui… be’, suppongo tu l’abbia capito.” I due si scambiarono un sorriso. “Senti Will, ma tu sei qui da… da allora?”
“Sì, ma non sono sempre stato di quel colore…” rispose lui riferendosi al colorito che le statue del Pietrificatore prendevano di norma.
“Come puoi non essere impazzito?”
“Vivevo con la consapevolezza che sarei riuscito a rivederti prima di morire, e infatti così è stato.” Si rivolsero un profondo sguardo.
“Dobbiamo trovare una soluzione per uscire di qui.” Disse poi risoluta Scully rivolgendosi al collega.
“Non c’è via d’uscita.” Rispose malinconico William. “Siamo rinchiusi in un angolo del passato mai identificato.”
“Cosa intendi con questo?” chiese Mulder.
“Come avete visto l’entità che ci tiene prigionieri può farci andare avanti e indietro nel tempo. Quale nascondiglio migliore se non un buco spazio-temporale, impossibile da immaginare e impossibile da raggiungere?”
“Sai chi è quest’entità?” chiese Mulder.
“Credo sia un alieno.”
“E cosa te lo farebbe dedurre?” chiese scettica Scully alzando il sopracciglio. Mulder tentò di nascondere un sorriso a dispetto della situazione drammatica.
“So che non credi a certe cose Kate, ma quando venni prelevato, quell’estate, non accadde così come ha prelevato voi, e sono convinto di essere stato portato a bordo di una sorta di astronave.”
“Come sai in che modo si è svolto il nostro rapimento se sei in questo posto da vent’anni?” chiese diffidente Mulder.
“Perché ai Pietrificati viene immobilizzato tutto il corpo fatta eccezione per gli occhi e la bocca. Possiamo parlare senza problemi tra di noi, con le persone comuni no e non ne capisco il motivo, ma tra di noi sì. Ho parlato con una ragazza prelevata qualche tempo fa, Jane, e mi ha spiegato come è arrivata qui.”
“E non si può fare niente per liberare un Pietrificato?” continuò Mulder.
“Un modo ci sarebbe ma... Diciamo che non è applicabile.”
“E perché no?”
“Perché l’entità ci sottopone ad una sorta di maledizione che può essere rotta solo con semplice tocco sulla pelle, ma a quel punto l’incantesimo subisce una sorta di rimbalzo divenendo ancora più potente di quello che non fosse già, portando alla morte chi ha compiuto l’audace gesto. Per questo tutti i Pietrificati non hanno speranza. Dovete riuscire ad evitare di diventarlo, o per voi sarà la fine.”
“E tu? Ora sei libero da questa... ,,maledizione’’...” disse Scully.
“Ti sbagli Katherine. Io sono ancora sotto il suo effetto per ora reso innocuo dalla stessa entità che l’ha creato, ma se volessi scappare tu moriresti. Mi hai toccato. Se io resto qui... forse ritornerò ad essere quello che sono stato negli ultimi tempi. È stato furbo, devo ammetterlo.”
“Non è possibile che non esista un altro metodo per annientare la sua potenza.” Dichiarò Mulder.
“Nulla di ciò che accade qua è possibile.” Sospirò Scully. “Eppure hai ragione, deve esistere un rimedio.”
“BENE BENE, ORA CHE VI SIETE RIVISTI POTETE RI-SALUTARVI. IL TEMPO DA ME GENEROSAMENTE CONCESSOVI SI È ESAURITO.”
“No, ti prego no!” esclamò Scully vedendo i piedi di William ridiventare a poco a poco color dell’oro. “Non di nuovo!” L’uomo si distese a terra ormai incapace di mantenere una posizione seduta.
“Katherine, trova un modo per uscire da qui, ti supplico, non pensare a me. Ti ho rivisto e questo mi basta. Mi sarà sufficiente sapere che sei riuscita a sopravvivere.” Si affrettò a dire William. Ora il colore aveva raggiunto i fianchi dell’uomo. “Potrai parlarmi quando vorrai. Devi ammettere che non è poi tanto assurdo.” Le sorrise e avvicinò una mano alla guancia della donna accarezzandola per l’ultima volta. “. Addio Kate, e credo per sempre questa volta. E’ incredibile, sai, quanto gli occhi possano rimanere identici anche con il passare degli anni e riuscire a scaturire sempre le medesime emozioni.” Un altro sorriso gli dipinse il viso, il quale venne congelato sulle sue labbra con il passaggio del colore.
“William! No, William, ti prego!” Scully fece per prendergli il viso tra le mani ma Mulder la fermò allontanandola con uno strattone dal corpo inerme dell’uomo.
“No! Ferma! Ricordi? Se lo tocchi muori!”
“Mulder, perché gli occhi sono immobili? E così anche per la bocca!  Aveva detto che non venivano pietrificati.” Chiese angosciata Scully alzandosi e allontanandosi dal corpo riverso a terra. Per tutta risposta Mulder le appoggiò la fronte contro il suo petto e la donna cominciò a singhiozzare.
“Shhh, non è niente, va tutto bene.” Cercò di rassicurarla Mulder, sapendo che ormai non ci sarebbe stato più niente da fare per lui.
“BENE BENE, ORA CHE IL TEATRINO E’ GIUNTO AL TERMINE DIREI CHE E’ TEMPO DI FARVI FARE UN ALTRO SALTO NEL VOSTRO PASSATO, PRESENTE O POSSIBILE FUTURO.”
Tutto cominciò nuovamente a girare intorno ai due agenti, sino a quando si ritrovarono in una stanza molto simile al loro ufficio all’FBI. Si ritrovarono davanti a quella che sembrava la scrivania di Mulder ancora abbracciati. Questa volta avrebbero dovuto affrontare la prova sottoposta dalla voce, di qualsiasi cosa si sarebbe trattata, non da soli, ma insieme.
“Ehi Mulder! Non ci ha divisi questa volta!” constatò stupita Scully separandosi dall’abbraccio del collega.
“Già. Aspetta! Ho sentito dei passi. Nascondiamoci, presto!”
Nella stanza entrarono il vicedirettore dell’FBI Walter Skinner accompagnato da un altro agente che Mulder e Scully non avevano mai visto prima di allora.
“Signore, chi mi assisterà nelle ricerche?” cominciò a dire l’uomo alto con i capelli scuri.
“L’agente Scully. Tra poco tempo la dimetteranno dall’ospedale, anzi forse l’anno già fatto. Dovrebbe tornare oggi stesso.”
“Ma signore! Scully è troppo coinvolta, da quanto ho sentito dire i due erano molto legati!”
“Lo sono ancora agente Doggett.”
“Signore, mi perdoni, ma sa anche lei che le probabilità di ritrovarlo vivo sono pressoché nulle, vero? Tutti quelli che sono tornati sono stati trovati morti e in condizioni di putrefazione avanzata.”
“Quell’uomo ha più risorse di un elefante, non se lo dimentichi. E inoltre dobbiamo trovarlo vivo, mi spiego?”
“Sì, signore.”
“Bene. Inoltre, per quanto riguarda l’agente Scully, coinvolta o meno ha il diritto di partecipare alle ricerche.”
“Mi scusi, ma posso chiederle per che cosa è stata ricoverata?”
“No, non può. Ora si metta al lavoro e mi informi ogni volta che ha per le mani qualche cosa di nuovo.”
“Sì signore.”
Così dicendo, Skinner uscì dal seminterrato e l’agente che doveva chiamarsi Dogget si sedette sulla sedia che era sempre appartenuta a Mulder. I due agenti che durante il corso della discussione si erano appartati nell’angolo più buio della stanza si scambiarono un veloce sguardo e aspettarono immobili sperando che Doggett uscisse dall’ufficio il prima possibile. Una buona mezz’ora più tardi qualcosa accadde. La porta venne aperta con violenza e chi ne apparve subito dopo era... Oh dio. Scully.
“L’agente Doggett immagino!” tuonò all’improvviso.
“Lei è...?”
“Agente speciale Dana Scully.” Suonò seccata. “Ora se abbiamo terminato con i convenevoli tolga il sedere da quella sedia.”
“Mi scusi, posso chiederle il motivo?”
“Lei userà un’altra postazione, quella lì che sta occupando appartiene all’agente Mulder.”
“Ma l’agente Mulder non...”
“Lo so anch’io che l’agente Mulder è scomparso, non sono la prima arrivata. Tuttavia non voglio che usi quella cavolo di sedia, mi sono spiegata?” urlò quasi aspettando che l’agente Doggett cambiasse seccato posizione. Nel frattempo lei si diresse alla sua scrivania e mise dentro ad una scatola di scarpe alcuni dei suoi averi che teneva in ufficio.
“Se non le scoccia troppo, potrei sapere dove intende andare?” chiese con tono acido l’uomo.
“Parto.”
“Per dove?”
“Dove forse potrò raggruppare più elementi utili all’indagine.”
“Allora verrò con lei.”
“Non se ne parla. Lei resterà esattamente dove si trova in questo momento.”
“Mi perdoni, ma siamo partner adesso e ho il dannato diritto di venire con lei.”
“Mi dispiace agente Doggett, apprezzo la dedizione per il lavoro, ma io lavoro da sola.” Così dicendo chiuse il coperchio della scatola che teneva tra le mani e si diresse verso la porta con passo veloce.
“Agente Scully.” La donna si voltò. “Ci terrei a chiarire che sono qua per sostituire l’agente Mulder, e dunque, in teoria, il capo-ufficio sono io. Non so chi e che cosa egli rappresentava per lei, ma mi deve lo stesso rispetto che portava per lui.”
“Ha detto bene, agente. Non lo sa.” Si guardarono per un breve momento e Dogget poté giurare di aver visto, giusto per un attimo, qualcosa di strano nei suoi occhi, che non seppe leggere, qualcosa di molto profondo. Scully si voltò e fece per uscire.
“Lei lo sente, che è vivo, non è vero?”
“Se non mi sbrigo lo sarà ancora per poco.”
“Lei crede sia stato rapito, vero?” chiese l’agente.
“Lei no?”
“Io ho ragione di credere che se ne sia andato di sua spontanea volontà.”
“Non lo conosce, non farebbe mai una cosa simile.”
“Lei sì invece, lo conosce bene! Lei si fida così ciecamente di lui, non è vero? Si è mai chiesta se lui merita tale fiducia?”
Scully non aveva intenzione di ascoltarlo ancora.
“Dove vuole arrivare, agente Doggett?” chiese lei voltandosi nuovamente verso l’uomo.
“Ho sentito le voci di corridoio.”
“Che voci?”
“Ha confessato diverse volte a delle colleghe che lui non si è mai fidato completamente di lei, la trovava troppo... fredda o una cosa del genere.”
“Sono... Sono recenti queste voci?”
“Non saprei, sono soltanto chiacchiere. Non lo sapeva?”
“No...” Così dicendo uscì dall’ufficio e la voce di Doggett l’accompagnò sino all’ascensore.
“La sta prendendo troppo sul personale, Scully.”
Egli non poté far altro che osservare per qualche istante il punto nel quale la donna era qualche attimo prima, sino a quando fece un segno di diniego con il capo e prese la giacca per andarsene. Non appena l’uomo richiuse la porta in mogano alle sue spalle, i due agenti nascosti nell’angolo si alzarono in piedi non sentendo più le gambe.
“Mulder... Cosa diavolo sta succedendo adesso?”
“Non lo so Scully... Rammenti ciò che disse la voce negli ultimi istanti? <E’ tempo di farvi fare un altro salto nel vostro passato, presente o possibile futuro.>... Credo che possiamo escludere il passato dato che le modalità non sono state le medesime rispetto al nostro ultimo viaggio, ed escluderei anche il presente dal momento che questi avvenimenti non avrebbero senso. Capisco se fossimo spariti entrambi, ma da quanto ho potuto capire solo io sono, o meglio, sarò scomparso, a tuo parere rapito.”
“Dici che se riusciremo ad uscire da quella grotta questi avvenimenti accadranno?”
“Non saprei, Scully. L’entità ha menzionato un possibile futuro, e il passato che abbiamo visto qualche ora fa non descriveva un giorno realmente accaduto, dunque...”
“Dobbiamo muoverci e vedere che aria tira in questo periodo.” Fece per andare con passo veloce verso l’entrata per il corridoio quando Mulder la fermò.
“Ah, Scully... Io non ho mai detto quelle cose, lo sai vero? Sei l’unica persona di cui posso fidarmi completamente.”
Lei accennò un sorriso.
“Sì, Mulder, lo so.”
“E se tutto ciò che abbiamo visto accadrà realmente... Ti ringrazio per come difenderai la mia scrivania.” Concluse sorridendo divertito, un sorriso che Scully ricambiò. Quando la donna fece per mettere la mano sulla maniglia si fermò e si volse nuovamente verso il collega.
“Ma... ma se questo sarà il futuro, ciò vuole dire che noi non esisteremo più, o almeno, non come appariamo ora.”
“Giusto... E dunque?”
“Dunque in teoria noi non esistiamo... Per il mondo di questo momento noi siamo... invisibili.” Mulder rimase perplesso per qualche attimo.
“In effetti il ragionamento fila... Proviamo ad uscire e vedremo.”
“No, aspetta, uscirò io per prima. Nel caso qualcosa non dovesse funzionare vedrebbero solo la solita agente Scully.”
“Ok... Va bene.”
Scully uscì in corridoio passando davanti a qualche agente e provando a salutarne qualcuno, ma tutti sembravano non vederla. Tornò sui propri passi e avvertì il collega, il quale esclamò qualcosa come < Grazie al Cielo non dovremo più perdere le gambe! >
Decisero di scoprire qualcosa di più in merito alla sparizione di Mulder e al ricovero di Scully, così vagarono senza una meta precisa per i piani del J. Edgar Hoover Building, nella speranza di ritrovare o Doggett o Scully. Quando passarono davanti all’ufficio di Skinner ebbero fortuna. Sentirono infatti la voce della donna provenire dall’interno della stanza. Aprirono silenziosamente la porta di legno e si ritrovarono difronte alla scrivania del vicedirettore, davanti alla quale c’erano a loro volta l’AD e la figura futura di Scully.
“Signore, si può sapere perché mi ha affiancato un simile ciarlatano?!” chiese con ira l’agente.
“Scully, si calmi. Non l’ho affidato io all’indagine! E comunque è un agente molto qualificato.”
“E chi allora? Gli ordini riguardanti la sezione X-Files devono passare per questa scrivania, è lei il diretto responsabile!”
“Non sono l’unico, agente Scully, o almeno, non più. Kirsch è stato affidato anche a questo reparto.”
“Kirsch?” chiese indignata lei.
“Esattamente. John Doggett è il suo prediletto.”
“Ah, ecco. Si capiscono molte cose.”
“Senta, so che è preoccupata per l’agente Mulder, anch’io lo sono, ma le ho promesso che l’avrei aiutata e lo farò. Lei non deve preoccuparsi d’altro se non della gravidanza, non voglio che le succeda qualcosa.”
A quella frase la Scully del “passato” si gelò accanto al collega che si girò a guardarla attonito.
“Apprezzo la sua premura in riguardo, signore. Comunque credo che dovremo parlare con i Lone Gunmen. Frohike mi ha telefonato dicendo di avere forse qualcosa per le mani.” Continuò.
“Sì, certo. Tra poco ho una riunione con Kirsch, appunto, ma comunque potremo andarci subito dopo.”
“Certo signore. Ah, e signore? Davvero, posso contare sulla sua segretezza in riguardo al mio ricovero, non è vero?”
“Sì, assolutamente! Non ne dubiti!”
“Grazie infinite. Lei è molto di conforto in questo periodo.”
“Non si preoccupi.” L’agente si congedò e fece per uscire dalla stanza.
“Agente Scully?”
Si voltò.
“Sì, signore?”
“Scusi l’indiscrezione, può non rispondere se vuole, ma... Il... Be’ sì, il padre del bambino... E’... è Mulder, non è vero?”
Fu il turno di Mulder di irrigidirsi questa volta.
Dana Scully abbassò lo sguardo. “Dobbiamo trovarlo signore. Vivo. E’ essenziale.” Rialzò gli occhi per incontrare quelli di Skinner.
“Glielo prometto.”
Scully gli rivolse un ultimo sorriso e, sorpassando gli altri Mulder e Scully, uscì dalla stanza, lasciando alle sue spalle un ombra di assoluto silenzio.
All’incirca un quarto d’ora dopo i due agenti erano fuori dall’edificio. Non avevano detto una parola da quando fecero quelle ultime, inimmaginabili scoperte.
“Cosa diavolo sta succedendo qui Mulder! Diavolo! Ricapitolando. Tu sei stato rapito, Skinner si sente in qualche modo in dovere di ritrovarti e di ritrovarti vivo. Anche l’altro tizio... Dogget, diceva che le probabilità sono scarse, dunque con molta probabilità tu sei già morto o quasi...”
“Be’, sei confortante Scully.” La interruppe Mulder.
“Inoltre Skinner è preoccupato per la mia salute, per... per la mia... per la mia gravidanza perché sa che tu sei... sei coinvolto. Ciò, a parer mio, fa nascere il sospetto che Skinner sappia qualcosa. Dio che confusione!” stavano camminando velocemente su uno dei molteplici marciapiedi di Washington D.C. senza una meta precisa.
“Scully...” disse ad un tratto l’uomo.
“Dimmi.”
“Io... Io credo che ci sia un motivo per il quale siamo finiti qui. Non so, sembra tutto una sorta di gioco. Allora. La prima cosa accadutaci è stato il salto in un passato mai avvenuto, che però conteneva aspetti importanti della nostra vita reale. Il mio incontro con l’Uomo che fuma per esempio. Quello era reale. O la vista della mia vicina di casa che mi salutava dalla finestra. Anche quella scena l’ho vissuta realmente. E da quanto mi hai raccontato, lo stesso vale per te. La casa estiva, William...” a quel nome Scully chiuse all’improvviso gli occhi, apparentemente per mantenere il controllo delle emozioni. “Scusa Scully...”
“Dimenticalo. Vai avanti con il ragionamento.”
“Sì, insomma. L’entità ha detto che erano delle prove e indirettamente ci ha detto per vedere come affrontavamo il nostro passato. Io credo che in quel frangente si stesse riferendo alle ombre del nostro passato, tali che hanno sconvolto la nostra vita. Metterei la mano sul fuoco che il giorno in cui ero capitato era in qualche modo collegato al rapimento di mia sorella. Con ciò voglio dire che ogni prova che ci farà affrontare avrà a che fare con la nostra vita reale, dunque... dunque Scully credo che queste cose se non accadranno verranno replicate in modo molto simile...”
“Cosa stai dicendo Mulder, che noi...”
“Probabilmente sì.” Ne seguì qualche attimo di silenzio nei quali tutt’e due si persero nei loro pensieri.
“Stupendo!” disse ad un tratto Scully sarcasticamente. “Ciò vuole dire che non appena... va be’, tu verrai rapito e probabilmente ucciso subito dopo!”
“Scully, ragiona. Probabilmente ci sta facendo vedere tutto ciò per convincerci a rimanere in quella dannata grotta con lui. Forse ci chiederà se vorremo continuare a vivere sapendo che molto probabilmente i fatti che accadranno saranno questi, e lui probabilmente pensa che vorremo rimanere congelati e non provare più niente anziché continuare a vivere con altre angosce.” Si voltò verso la compagna che continuava a guardare insistentemente i suoi piedi che si muovevano sul cemento nero della strada.
“Mulder... Se le cose andassero come dici tu... Se ci chiedesse cosa vorremo fare sapendo che forse probabilmente tu morirai... Cosa risponderesti?”
“Scully, comunque andassero le cose... in qualsiasi modo prendesse piega la nostra vita, credo che valga comunque la pena viverla. Io preferirei continuare ad esistere anche se con le angosce future anziché venire imbalsamato adesso. Preferisco lottare. L’ho sempre preferito.”
In quel mentre tutto ricominciò a girare, di nuovo, e i due agenti si ritrovarono in una stanza, molto simile ad una cantina buia. In un angolo c’era una donna seduta appoggiata al muro, le mani dietro la schiena molto probabilmente legate. I due agenti si avvicinarono a lei e si accorsero che era niente meno di Scully, con un rivolo di sangue fuoriuscente da un angolo della bocca. Le labbra secche, sulla fronte una ferita. Davanti a lei si stagliava la figura di un uomo che dava la schiena ai reali Mulder e Scully, i quali riuscivano solo a vedere una scia di fumo provenire dalla bocca della figura. Si avvicinarono ancora e finalmente videro la terrificante ed odiosa faccia dell’Uomo che Fuma. Mulder fece per scagliarglisi addosso quando la compagna lo fermò.
“Mulder, noi in realtà non esistiamo, non possiamo fare niente se non stare a guardare.”
C.G.B. Spender cominciò a parlare.
“Allora, me lo dici o no dove si nasconde il tuo Mulder?” fece una breve pausa per dare una boccata intensa di fumo. Guardò la sigaretta tra le sue dita. Riguardò in volto la donna. “O ora sarebbe più opportuno dire Fox?”
Dana Scully lo guardò con odio.
“Neanche morta, bastardo!”
“Oh be’, se non parli ti garantisco che lo sarai tra poco. Vedi, è fondamentale che io lo trovi al più presto.”
“E per farci cosa! Per prendere anche lui e fargli quello che stai facendo a me?” Lo guardò con gli occhi sprizzanti di disprezzo.
“Gli devo solo parlare. Perché se n’è andato? Lasciarti sola, con un bambino poi...”
“Abbiamo avuto i nostri motivi per decidere come dovevamo agire e questi motivi a te non devono interessare!”
“Stupida!” l’uomo le diede un pugno sulla guancia destra.
“Cristo Scully! Mio dio, è tutta colpa mia!” lacrime cominciarono a scendere sul viso tormentato di Mulder.
“Mulder! Ehi Mulder! Sono solo immagini! Io sono qui.”
“No, Scully, non sono solo immagini, quello sarà il tuo futuro!” esclamò indicando la scena con un dito.
“No che non lo sarà. Non è detto.”
“Giuro che se usciremo da qua ucciderò quel cancro d’uomo!”
In quel mentre l’uomo con la sigaretta tirò fuori dalla tasca del lungo mantello nero un coltello che rigirò nella mano per poi avvicinarlo al viso della donna.
“NO!” urlò Mulder.
“Agente Scully, sto perdendo la pazienza. Nessuno di noi due vuole che il piccolo William cresca senza una madre, vero? Pensa che flash sarebbe per Mulder stesso. Vedere un fagottino con gli occhi della moglie e il nome del padre, ucciso esattamente dalla stessa persona che ha ammazzato l’unico amore della sua vita. Sai, è stato un bel gesto da parte tua chiamarlo così. Credo che il nostro caro Fox si sia un po’ commosso, non credi anche tu?” La punta della lama del coltello veniva fatta girare intorno alla candida gola dell’agente. “Sono una persona paziente e sarò gentile. Conterò fino a cinque. Uno... due... tre... quattro... Le ripeto la domanda. Dove si trova Mulder?”
“Perché non si è preso la briga di fare il lavoro sporco a qualcun altro, ‘sta volta? Ad Alex Krichek, per esempio.”
“DOVE-SI-TROVA” Sillabò. Scully si leccò le labbra e fece per dire qualcosa. Gli occhi dell’uomo si prepararono per ricevere la risposta tanto agognata.
“Va’ al diavolo, figlio di puttana!”
“L’hai voluto tu!”
“NO! TI PREGO NO!” Ora Mulder si stava disperando come Scully non aveva mai visto.
“Mulder! Voltati e guardami! Voltati ti dico!” Mulder si girò verso di lei e le mura della cantina ripresero a girare. L’uomo appoggiò il volto sulla spalla della compagna e la trasse a sé.
Si materializzarono nella solita stanza completamente nera, il corpo di William ancora steso a terra privo di vita. Mulder e Scully rimasero abbracciati, lui con il volto scosso dai singhiozzi vicino al volto di lei.
“Mulder. Va tutto bene, era solo una sorta di allucinazione. Su... Non era niente.”
“OLA’! ECCOVI DI RITORNO! SPERO VI SIA PIACIUTO IL GIRO! BE’? COSA SONO QUELLE FACCE?”
“Vuoi dirci una volta per tutte cosa vuoi fare?” esclamò Scully stanca di tutto quel gioco inutile.
“MA COME? CHE TONO! VI HO MOSTRATO IL VOSTRO FUTURO, NON MI SIETE RICONOSCENTI?”
“Dicci cosa vuoi e facciamola finita!” disse con ira Mulder che nel frattempo aveva allontanato la testa dalla compagna senza però smettere di abbracciarla. Gli occhi ancora lucidi.
“BE’, VOI COSA VOLETE FARE?”
“Conterebbe qualcosa la nostra volontà?” continuò l’uomo.
“NO, EFFETTIVAMENTE NO, MA COMUNQUE SONO CURIOSO.”
“Lasciaci andare.” Esclamò Scully.
“INCREDIBILE! DOPO TUTTO CIO’ CHE AVETE VISTO VOLETE CONTINUARE A VIVERE COMUNQUE? VI RENDETE CONTO CHE CON MOLTA PROBABILITA’ MORIRETE IN OGNI CASO? IO VI STO PROPONENDO LA VITA ETERNA SU UN VASSOIO D’ARGENTO. SUVVIA, CON UN’ESISTENZA COME LE VOSTRE, FATTA SOLO DI RANCORI E SPETTRI DEL PASSATO...”
“Meglio morire sapendo di aver combattuto, piuttosto che morire arrendendosi alla vita, qualsiasi essa sia.”
“IO NON VI UCCIDO. VE L’HO DETTO. VOI DUE SARESTE PERFETTI PER IL RUOLO DEI DUE INNAMORATI, NEL MIO QUADRO. POI ORA CHE IL RAGAZZO NON C’E’ NEMMENO PIU’ CON LUI SE N’E’ ANDATO ANCHE IL MIO DUBBIO... PERO’... PERO’ E’ ANCHE VERO CHE VOI DUE NON MI SIETE INDISPENSABILI... HO DECISO. SE VARRA’ LA PENA DI LASCIARVI LIBERI NON ESITERO’ A FARLO. ULTIMA PROVA. AUREVOIR MES CHERS!”
Le pareti nere cominciarono a deformarsi, come se si stessero sciogliendo. Subito dopo tornarono normali. Nella stanza però rimase solo Scully.
“Mulder! Mulder!”
All’improvviso davanti a lei comparvero una ventina di uomini tutti quanti identici al suo collega.
“BENE BENE. ECCO IL TUO PRESENTE. VUOI CHE IL TUO AMICO SI SALVI? DIMMI CHI E’ TRA QUESTI E LO LASCERO’ VIVERE, ALTRIMENTI... BE’, CHE WILLIAM TI SERVA D’ESEMPIO. TU PUOI COMUNQUE SALVARTI, HO DECISO CHE MI SAREBBE PIU’ UTILE IL TUO COLLEGA. LA SUA UNICA POSSIBILITA’ DI SALVEZZA E’ NELLE TUE MANI, ESATTAMENTE COME IL TUO STESSO DESTINO. O LUI O TU.”
Scully andò nel panico. No, anche lui no. Non per colpa sua. Erano tutti identici in modo impressionante. Pensa Dana, pensa. Tutti erano immobili. Nemmeno un movimento. Cominciò a guardarli attentamente, ognuno di loro. Era impossibile riconoscere quello vero, erano troppo uguali, nemmeno una differenza. Diavolo! Eppure ci doveva essere un qualcosa che distingueva Mulder, il suo Mulder da tutti gli altri. <Che William ti serva d’esempio> Ma certo! Cominciò a guardare gli occhi di tutta quella folla di Mulder. Erano identici, il colore, le venature... ma c’era qualcosa...
“Ci sono! E’ lui quello vero!”
“BENE BENE, VEDIAMO... NE SEI SICURA? ESTREMAMENTE SICURA?”
“Sì”
“PENSACI ATTENTAMENTE, DALLA TUA SCELTA DIPENDE IL SUO FUTURO.”
Qualche interminabile secondo di silenzio. Scully si morse il labbro inferiore con foga e chiuse gli occhi talmente forte che si strizzarono al massimo. Riguardò l’uomo da lui indicato. Gli si avvicinò.
“Sì, ne sono sicura. Sono sicura che sia lui.”
“BENE. VEDIAMO.”
Improvvisamente diciannove Mulder scomparirono e quello indicato da Scully rimase immobile davanti a lei.
“Mulder?” Gli prese la mano. Abbassò lo sguardo pregando di aver fatto la scelta giusta. Improvvisamente sentì una stretta alla mano che teneva quella dell’uomo. Alzò gli occhi verso di lui ed egli si accasciò al suolo appoggiandosi sulle ginocchia, il capo chino. Scully si abbassò e gli prese il volto tra le mani tremanti.
“Mulder?” ripeté. “Stai bene?”
“Co-come hai fa-t-to a ri... a riconoscermi?” chiese lui ansimante. “Nemmeno io... nemmeno io sarei ri-riuscito a rico-oscere me stes-so.” Le disse scherzando cercando di alleviare la tensione.
“Oh Mulder!” Lo abbracciò.
All’improvviso tutta la stanza sembrò deformarsi di nuovo. Quando ritornò tutto alla normalità, Mulder si rese conto di essere finito in un altro luogo, questa volta anziché nero interamente bianco, tanto che gli occhi ne risentivano. Intorno a lui era pieno di statue d’oro, molto belle... Sembrano veri uomi... O dio. I pietrificati. Ecco la collezione della voce. Estremamente spettrale. Tutti quanti sembravano parti di un dipinto, ognuno aveva un ruolo nell’opera. Tutti quanti erano intenti ad osservare il centro della stanza. Mulder si diresse verso il punto da tutti osservato quando si bloccò. Il suo corpo aveva smesso di rispondergli. Il sangue gli si era letteralmente ghiacciato nelle vene e il colore del viso gli divenne cereo. Al centro della stanza, sotto tutti gli occhi delle statue umane, c’era un uomo, un uomo vero ma morto, con i capelli color sabbia. Quei capelli color sabbia. Era tenuto tra le braccia di una donna, pietrificata, il colore della sua pelle candida non era più quello del latte, ma quello del miele d’api. Il colore dei capelli ramati non poteva essere visto. La ciocca ribelle era caduta sul viso, come sempre, e lì era rimasta. Dio Scully! Perché? Le si avvicinò con cautela. Le labbra della donna si mossero, come cercando di dire qualcosa, ma non ne uscì nessun suono. Nei suoi occhi Mulder poteva intravedere quello che un tempo aveva il colore del cielo. Altre lacrime cominciarono a ferirgli il volto lasciando ferite di fuoco non più rimarginabili. Si voltò e cominciò a gridare.
“Bastardo! Avevi detto che ci lasciavi andare se avessimo superato i tuoi stupidi giochi!”
TU TI SARESTI SALVATO SE LEI TI AVESSE RICONOSCIUTO. NON METTERMI IN BOCCA PAROLE CHE NON HO DETTO.”
“Perché lei! Perché lei e non me!”
“È STATA UNA SUA SCELTA. NON DARTI PENA PER QUESTO. LEI SAPEVA A COSA SAREBBE ANDATA INCONTRO. ORA TI LASCIO. SE VUOI ANDARTENE BASTA CHE TI DIRIGI VERSO SINISTRA. AD UN CERTO PUNTO DEV’ESSERCI UNO SPAZIO TEMPORALE. E’ STATO BELLO. A PROPOSITO, GRAZIE PER AVERMI DATO LA POSSIBILITA’ DI POSSEDERE UN’OPERA COSI’ BELLA E PREGIATA. AUFWIEDERSEHEN MANN!”
Detto questo l’uomo rimase solo. Solo con i pietrificati.
“Perché sempre a te, Scully? Perché?”
La donna mosse le labbra e Mulder ne lesse qualcosa come “Vattene”. Già. Come si doveva comportare ora? Cosa poteva fare? Senza di lei non avrebbe vissuto a lungo. Non c’era altro da fare che potesse effettivamente fare. Avvicinò e prese tra le mani il suo volto, sebbene ella urlasse “no” muti con le labbra e con gli occhi supplicanti. La pelle era rimasta estremamente morbida. Le punta delle sue dita cominciarono a cambiare colore e con occhi piangenti la guardò per l’ultima volta sorridendole. Poi si avvicinò alle sue labbra e la baciò, profondamente e al tempo stesso delicatamente. Le sue labbra vennero ghiacciate su quelle di Scully quando il colore dell’oro vi passò sopra. In poco tempo Mulder divenne completamente color miele ed altrettanto velocemente si scolorì e riprese i colori naturali, esattamente come Scully, solo che lui al contrario si accasciò a terra, privo di vita. La donna si precipitò a prendere il suo viso tra le sue dita sottili, imitando il gesto che egli fece appena poco prima, e cominciò a piangere versando lacrime calde sul volto di lui.
“Sei uno stupido idiota Mulder! Perché l’hai fatto! Ti odio, ti odio più di quanto tu possa immaginare!” Appoggiò poi il viso sul suo torace ancora tiepido e abbracciò il corpo ormai esanime. Probabilmente svenne dal dolore e non si accorse che tutto intorno a loro cominciò a girare. Quando si risvegliò si ritrovò su un prato. Aprì gli occhi sperando che fosse stato tutto un terribile incubo, ma quando vide il corpo del compagno immobile sotto di lei si sentì precipitare. Le mancò il respiro ed ebbe delle vertigini, quando all’improvviso la testa dell’uomo sembrò muoversi. Un veloce e fugace movimento che venne seguito da un muoversi insistente delle palpebre.
“Mulder! Mulder, mi senti?” Egli aprì a fatica gli occhi e cercò di mettere a fuoco la figura della compagna.
“Che cosa mi è successo?” cercò di mettersi seduto, ma Scully glielo impedì appoggiando una mano sul suo petto. Improvvisamente gli occhi cominciarono a colmarsi nuovamente di lacrime, ma questa volta liberatorie, e appoggiò la propria guancia su quella del collega.
“Scully? Ehi Scully, si può sapere che cosa... Ma tu sei viva! Ti stai muovendo!”
“Saggia deduzione, Mulder.” Ridacchiò lei sul suo collo.
“Ma... come è possibile?”
“Non ne ho idea ma è il risveglio più bello da uno dei miei incubi peggiori!” Mulder si mise seduto ma tenne Scully contro di lui, cominciando ad accarezzarle i capelli.
“Scully, non so tu ma io mi ricordo ogni cosa.”
“Già, anch’io.”
“Perché noi sì e gli altri no?”
“Be’, alla fine solo Connery non ricorda ciò che è accaduto, ma già Charles Bake pare si ricordasse ciò che aveva visto, altrimenti non avrebbe avuto la faccia di un fantasma!”
“Già in effetti hai ragione... Ma perché ci ha lascito andare?”
“Suppongo abbiamo superato le prove.”
“Tu hai superato la prova. A me non ne ha sottoposta nessuna...”
Lei alzò la testa e per osservarlo. “Mi hai salvato la vita Mulder.”
“Tu l’hai salvata a me.” Si guardarono per lunghi secondi.
“Come hai fatto a capire che ero io?”
“Hai presente quali sono state le ultime parole di Will?”
Mulder sembrò pensarci un attimo.
“Sì, aveva detto qualcosa a proposito degl’occhi mi pare... Qualcosa riguardante il fatto che anche con il passare del tempo essi rimangono gli stessi, scaturendo sempre le medesime emozioni, giusto?”
“Esattamente.”
“Ma i cloni avevano anche i miei stessi occhi.”
“Sì, ma non è il colore dell’iride a determinare la persona Mulder.” Egli distolse lo sguardo e socchiuse le palpebre come se cercasse di vedere qualcosa in lontananza. Non ci volle molto tempo per rendersi conto di essere esattamente nel posto in cui avevano iniziato quella strana e terrificante avventura. Scully si sedette vicino al compagno tenendo le dita della sua mano allacciate a quelle di lui e si soffermarono ad osservare il cielo ormai stellato per qualche minuto.
“Sai Scully” disse poi Mulder “credo di aver capito il motivo di quei sentori.” La donna si voltò per guardarlo.
“Sì, sai, quelli di cui parlavamo prima di entrare in quella grotta. Ho notato che con William... avevi quella stessa capacità. Tu sapevi che lui era vivo e a sua volta egli sapeva che tu l’avresti trovato e che vi sareste rivisti. Ha basato la sua esistenza degli ultimi due decenni su questa convinzione, e a parer mio non perché voleva crederci, ma perché aveva la certezza che le cose sarebbero andate così e che lui non poteva morire se prima non ti rincontrava.”
“Come lo spieghi?”
“Le persone sono magnetiche Scully, ed emaniamo un’energia per la quale veniamo respinti ed attratti da determinati individui. Voi due eravate collegati da un legame molto forte... Questo vi permetteva di capirvi e di sentirvi anche a distanza. Credo... credo che lui ti amasse, Scully...”
“Ma anche con mia madre ho un legame particolare, e tu con Samantha...” disse dopo averci pensato per un attimo la donna.
“Non è la stessa cosa probabilmente. Non so come spiegarlo, ma non è lo stesso. Un contatto altrettanto potente e forte che ha altre caratteristiche, ma non uguali.”
Dopo qualche altro momento carico di pesanti pensieri, Mulder parlò di nuovo.
“Perdonami Scully, potrei confondermi ma... mi hai forse chiamato stupido idiota prima?” Si voltò sorridendole.
“Se è per questo ti ho detto anche che ti odio!” disse lei alzando le sopracciglia e chiudendo gli occhi.
“E ci credi?” Lei in tutta risposta rise.
“Comunque hai fatto davvero una cosa incredibilmente stupida.”
“Credo di avere un dejà-vù...” sorrise Mulder.
“Non cambierai mai!” sbottò Scully.
“Scully, io... Se dovessi sapere per certo che io starei per morire... cosa mi diresti?”
“E questa da dove ti viene?”
“Non so... semplice curiosità visto i fatti appena accaduti.”
“Ma Mulder... Siamo in effetti sicuri che siano realmente accaduti?”
“No! Non ci credo! Hai dubbi?”
“Mulder, come può essere successa una cosa simile! Può benissimo essersi trattato di un sogno alimentato dai racconti che abbiamo ascoltato e dalla suggestione che abbiamo avuto da questi luoghi.”
 “Senti, io non so se sia stata una vicenda reale oppure no, e sinceramente non mi interessa. So solo di aver capito qualcosa che non ho mai realmente voluto ammettere nemmeno a me stesso, e che adesso però mi trovo in dovere di farlo.”
“E sarebbe?” chiese Scully.
“Davvero non lo sai?”
Improvvisamente incominciò a piovere e, raccolti i loro averi, i due agenti cominciarono a correre verso la casa nella quale avrebbero passato il resto della notte. Improvvisamente Mulder si fermò in mezzo al bosco.
“Mulder, spicciati, che cos’hai? Qui diluvia!”
“Scully... Lo sai che ore sono?”
“Non ne ho idea, ma che importanza ha ora?”
“Scully, appena siamo arrivati alla grotta avevo guardato l’orologio che riposi poi nello zaino, e sono assolutamente certo che segnava le 19.30.”
“E allora?”
“E allora adesso segna le 19.40. Considerando che ci siamo fermati a parlare una decina di minuti...”
“Mulder, mi stai dicendo che non abbiamo passato in quella grotta nemmeno un minuto?”
Si guardarono.
“Te l’ho detto che si trattava con molta probabilità di un sogno, Mulder!”
“Ma... Abbiamo visto le stesse cose...”
“Mulder, ne discutiamo a casa, ok?”
L’uomo si voltò per guardare attraverso la pineta che aveva appena attraversato, in direzione del luogo in cui erano appena stati, e gli sembrò di notare qualcosa. La voce della collega lo richiamò. La seguì in direzione della baita.
Nello stesso istante, davanti alla crepa che sarebbe dovuta esserci sulla parete della roccia affacciata sul dirupo, comparve una figura. Non reale, ma nemmeno un ologramma. Essenza. Era solo essenza. L’essenza di un ragazzo giovane, il viso di un angelo, gli occhi blu come l’oceano e i capelli color della sabbia. Guardava nel punto in cui i due agenti erano scomparsi dalla sua vista attraverso la boscaglia, nascosti dall’ombra degli alberi e della notte, e sorrise tra sé.
 
 
I will always be hoping, hoping
You will always be holding, holding 
My heart in your hand 
I will understand

I will understand someday, one day
You will understand always
Always from now until then

When it will be right, I don't know
What it will be like, I don't know
We live in hope of deliverance from the darkness that surrounds us

Hope of deliverance 
Hope of deliverance
Hope of deliverance from the darkness that surrounds us

And I wouldn't mind knowing, knowing 
That you wouldn't mind going, going along with my plan

When it will be right, I don't know
What it will be like, I don't know
We live in hope of deliverance from the darkness that surrounds us

Hope of deliverance
Hope of deliverance
Hope of deliverance from the darkness that surrounds us

                                                                        
                                                                        -Paul McCartney
 
 
 
FINE
   
 
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