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Autore: ArwenDurin    25/08/2017    2 recensioni
Un viaggio nell'evoluzione e accettazione di cosa Will provi davvero per Hannibal dal POV di Hannibal stesso.
DA NUOVO CAPITOLO
"«Dunque lascerai che io affoghi nelle acque profonde del mio essere?» il sussurro roco con il quale gli rispose e le loro mani unite, fecero correre dei brividi nella schiena di Hannibal."
«No Will, toccherai il fondo ma per risalirne con consapevolezza, ed avere così la risposta che cerchi. Allora, le mie braccia ti avvolgeranno, quelle acque si quieteranno, e diventeranno delle goccioline nel tuo immenso io.»"
"Hannibal notò come i ricci di Will catturassero quel vento e come la sua chioma si muovesse in una specie di danza. Si accorse di come il sole illuminasse i suoi ricci e rendesse i suoi occhi limpidi, di una chiarezza simile ad un lago, con mille riflessi d'infinito."
Murder Husband, Domesti Hannigram
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Hannibal Lecter, Will Graham
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Il fuoco era scoppiettante nel camino dove le ombre si dilungavano in varie forme e dimensioni; esse danzavano e circondavano il silenzio dei due uomini seduti nelle poltrone dagli scuri colori di quello chalet in mezzo alle montagne. In esso li aveva accolti un proprietario dalla gentilezza quasi estenuante per Will, tanto che Hannibal stesso l'aveva capito e il suo distanziarsi da lui e quell'uomo corpulento in più in fretta possibile, lo confermò. Hannibal aveva coltivato la speranza che l'empatico avrebbe compiuto qualche mossa, lasciandosi andare e stoppando quell'assurdo teatrino di falsa tolleranza nel quale stava recitando; ma sapeva che non lo avrebbe fatto. E non per un qualche rimasuglio di suo principio morale incalzato da una società al quale Will non era mai appartenuto, ma piuttosto poiché entrambi erano reduci da quel "salto" dalla scogliera ed ancora in convalescenza. Sarebbe stato avventato trovare qualche vittima in quelle circostanze, ed Hannibal non faceva nulla che non fosse calcolato e preciso.
Erano da poco giunti in quella proprietà abbastanza vasta, all’interno della quale vi era una sala con un grande camino e una finestra che dava su un paesaggio innevato. Alte montagne facevano loro da cornice, fungendo anche da muri di protezione dal pericolo che vi era al di là, sotto forma di polizia; se così si poteva chiamare, dato che Hannibal era piuttosto tranquillo, certo com’era che lì non li avrebbero trovati per il tempo che aveva previsto di restarvi. Lo chalet era fornito ovviamente di servizi igienici e due camere da letto, a proposito delle quali Will, dopo aver osservato tutto l'ambiente, aveva commentato con un semplice “ci sono due camere da letto, qui”.
Frase che, a chi non lo conosceva, poteva sembrare banale, ma che celava più di quanto si credesse, in quanto Will era solito non esternare emozioni ma piuttosto esclamazioni del genere. In quel caso vi era dello stupore, che Hannibal lesse sul suo volto; per quanto il ragazzo avesse ben imparato a mascherare le sue emozioni, lui riusciva ancora a decifrarlo.
Non poteva mentirgli, non totalmente.
Tale stupore era per il fatto che Will evidentemente aveva dato per scontato che avrebbe dormito con lui; lo psichiatra non aveva capito però se fosse perché voleva dormire effettivamente con lui, o perché lo vedeva come conseguenza naturale a quel punto della loro relazione. In ogni caso non fece domande a riguardo, perché sapeva che Will sarebbe stato evasivo. Che Hannibal volesse dormire con lui era evidente, ma aveva scelto due camere da letto per non fare pressione all'empatico, che altrimenti si sarebbe chiuso dietro a un muro troppo alto e opprimente. Dopo tutto i progressi che avevano fatto, non era proprio il caso.
«Davvero sei innamorato di me?» improvvisamente quel silenzio venne interrotto da una domanda di Will che si disperse in un sussurro tra le fiamme, mentre il suo sguardo non si era mosso dal fuoco scoppiettante. Hannibal però non si scosse e mantenne una parvenza di calma, limitandosi, prima di rispondere ad osservare come i riflessi del fuoco giocassero sul volto perfetto dell'altro.
«L'umanità ha spesso bisogno di etichettare qualunque cosa, e in questo caso anche di ciò che nemmeno comprende. Però vuole dargli forma e c'è chi ha cercato di racchiuderlo in poemi, chi in composizioni. Ma se vuoi dare tale connotazione a questo intrinseco quanto vivo, sentimento che ho per te Will, potrei concordare.»
Will deglutì e si voltò a guardarlo, alzando un sopracciglio.
«Potrebbe essere svantaggioso per te, o forse lo è già stato.»
Arrogante e totalmente inopportuno, questo era il suo Will.
«Ma immagino vorrai una mia risposta o mia reazione.» aggiunse con gli occhi fattosi più scuri, e sempre più vicini poiché si sporse leggermente verso di lui.
«A questo proposito ti consento una scelta.»
Will rise «Tu? Tu non concedi scelte! Tu sei colui che tesse i fili delle vite con le tue mani, e che decide se spezzarli o meno. Sei come le Moire: districhi i fili delle vite altrui e dei loro destini, con però tanta innata eleganza.»
Hannibal sorrise leggermente a quell'affermazione. Era interessante lo paragonasse a delle figure mitologiche, estraendolo dagli abiti di essere umano; ed era l'unico in grado di conoscerlo in questo modo perché in effetti, non si trattava di una vera e propria scelta. Will gli apparteneva e non lo avrebbe lasciato mai andare; forse glielo avrebbe fatto credere e si sarebbe spostato in un'altra città lontano da lui, in caso la sua scelta fosse stata una delle due ipotesi che gli offriva, ma non di più.
Loro erano connessi a un livello tale che la vicinanza fisica era solo un valore aggiunto, ma lo psichiatra sapeva fin troppo bene gli sarebbe mancato...e se Will avesse scelto di non seguirlo, gliel'avrebbe fatta pagare, questo era certo.
Dunque non era propriamente una scelta ma un'opportunità, dopo quel salto nelle scure acque da quella scogliera dove Hannibal si era fatto gettare di sua volontà, poiché non aveva opposto resistenza, facendo in modo di stringerlo a sé. Lo fece per far sì l'altro riportasse meno danni possibili: doveva essere chiaro a Will che cosa volesse. 
Ma con lui nulla era prevedibile, e per quanto era un lato che come una puntura d'ago sulla pelle infastidiva Hannibal, dall'altro era una sfumatura di lui che lo attraeva.
«Abbiamo stabilito che verso di te ho della stima in più rispetto a quelle persone intrappolate nei fili del destino prodotti da graziose e inumane creature, appartenenti a varie mitologie; ma in realtà le persone restano intrappolate nei filamenti del loro destino dalle loro stesse scelte. Tu sei come me, e per questo ti concedo questo privilegio. Soggiorneremo in questo chalet per una settimana, è la giusta tempistica nel quale possiamo riprenderci fisicamente, e al termine di essa io partirò. Tu Will, questa volta devi decidere se venire via con me o meno.» rispose con tono calmo, scandendo ogni parola e scegliendole come sempre, al meglio.
Will si rilassò sulla poltrona «Ho sette giorni di tempo dunque, ed entro il settimo ti devo la risposta a quella che tu chiami scelta.»
«Sì Will, o per meglio dire, la comprensione totale di te stesso...»
«E di ciò che realmente voglio.» lo interruppe lui concludendo la frase, mentre un sorrisetto si dipingeva sul suo volto. In quell’istante, la luce delle fiamme lo rese molto attraente per Hannibal, che fu solo per autocontrollo che si trattenne dal non percorrere con le labbra la sua mascella illuminata dal fuoco. Will lo osservò per qualche secondo, solcando il suo viso con occhi profondi che lo esploravano alla ricerca di verità e risposte. Un fatto era comunque chiaro dal suo sguardo limpido e attento: aveva capito cosa Hannibal avesse in mente.
«Accetto la tua proposta...sarà interessante.»
Sarebbe stato senz'altro affascinante persuaderlo, tentarlo e sciogliere quel muro con la giusta formula di comportamenti e modi; che per quanto avesse qualche mattone in meno, era ancora presente in Will. Ma Hannibal doveva stare all'erta come sempre, con il vero Will Graham, poiché egli con quel viso innocente era capace in questo gioco quanto lui, o almeno gli era molto vicino, e questo rendeva la manipolazione ancora più intrigante.
 
I primi giorni li passarono tranquilli, poiché entrambi ancora dovevano riprendersi dalle ferite provocatisi durante quella caduta in quelle acque scure che li avevano ghermiti, ma anche salvati, per quanto la loro vera salvatrice fu Chiyoh che li trovò in riva della spiaggia. Fu lei che, chiamata da Hannibal poco prima, li portò in una casetta fatiscente in mezzo ai boschi e si prese cura di loro (più che altro dello psichiatra visto che era in condizioni peggiori). Egli infatti rimase in stato d'incoscienza per un po' prima di riprendersi, ma ricordava...alcuni frammenti, alcuni attimi di vita che aveva udito attorno a lui. Come ad esempio Will, che era lì al suo capezzale, illuminato come il più bello degli angeli tentatori; e per quanto poco aveva udito la sua voce, aveva al contrario “sentito” i suoi sguardi.
Uno di questi frammenti lo rammentava meglio di altri, poiché era uno dei primi giorni in cui era semi cosciente. Chiyoh era accanto a lui seduta su una sedia e aveva esclamato una frase che ancora rimbombava nel palazzo della memoria di Hannibal, nitida e viva.
"Tu lo ami." poche parole che furono associate all'uomo che stava dall'altro lato del suo letto. Will non aveva risposto, ma aveva sentito il suo respiro fermarsi per qualche secondo...e per lui era stato una conferma.
Eppure...Will era difficile che prendesse una scelta senza ponderarne ogni angolo, ogni crepa, specialmente se si trattava del suo rapporto con lui.
Dopo tale affermazione e dopo che Hannibal si fu ripreso almeno in parte, presero il barcone della ragazza e con Will alla guida, si diressero a ovest attraversando acque buie più che lucenti, giungendo infine in quello chalet.
E da quando vi erano arrivati, non c'erano stati molti progressi, non dei grandi passi verso il compimento del loro futuro insieme. Ma Hannibal era fiducioso, in quanto avevano iniziato la condivisione di qualcosa, di momenti che si potevano definire di vita domestica.
Nella giornata ad esempio, indifferentemente se per pranzo o cena, Will si sedeva sempre ad osservarlo cucinare ed Hannibal sentiva i suoi occhi sul suo corpo, sulle sue mani, mentre preparava qualche delizioso impasto (dovette stare un po' a "dieta"in quel periodo, ma ebbe pazienza). I suoi sguardi scorrevano su di lui come soffici carezze, ma anche con ira verso se stesso probabilmente. Di questo Hannibal ne era certo, poiché talvolta si era voltato verso Will,  per trovare il suo sguardo e lo aveva notato.
La sera era loro abitudine sedersi insieme sul divano, e leggere, l’uno per l’altro, qualche libro a turno; ma la maggior parte delle volte toccava ad Hannibal, perché a Will piaceva ascoltare la sua voce.
"La trovo ipnotica" una volta gli disse con gli occhi semichiusi e la testa reclinata alla testata del divano. Una notte Will si era persino appisolato sulla sua spalla per mezz'ora o forse più, Hannibal non aveva calcolato il tempo e per la prima volta nella sua vita non gli importava. Perché averlo così vicino, tanto da sentire il suo respiro, e l'odore di quello shampoo che cominciava ad apprezzare, era quello che aveva sempre desiderato. Lo osservò per tutto il tempo, percorrendo il suo viso dal ricciolo che toccava la sua fronte, alla curva della mascella, e al naso perfetto fino alle labbra carnose, per giungere al collo bello e virile. Fu così ipnotizzato da lui, da tutta quella bellezza racchiusa in un solo uomo, che con la punta delle dita sfiorò quel ricciolo sulla sua fronte, spostandolo appena. Dopo pochi istanti, Will aprì gli occhi.
Si fissarono per alcuni minuti dopodiché l'empatico si staccò da lui, ed Hannibal notò del rossore coloragli le gote, mentre si alzava con lo sguardo che si depositava in ogni angolo della stanza.
«Buonanotte.» fu tutto quello che disse, prima di fuggire nella sua camera.
Hannibal a tutto ciò, reagì stiracchiandosi con un sorrisino soddisfatto sulle labbra, e si perse nel piacere di annusare la sua spalla dove poco prima, la testa di Will si era appoggiata.
Altre volte invece rimanevano nel soggiorno scambiandosi qualche parola, o il più delle volte ognuno si dedicava a varie attività. Hannibal solitamente si dilettava con il disegno, per quanto dovesse andare a memoria per cercare opere artistiche decenti per il suo gusto, mentre Will si disperdeva nei suoi pensieri. In alcuni istanti lo psichiatra stoppava la sua attività per osservarlo, e poteva quasi vederlo reclinare la testa all'indietro per entrare nel suo fiume personale. Leggeva il suo pensiero come un libro ricco di parole, ma al posto di esse vi era Will immerso in un lago, con una canna da pesca e un sorriso radioso sul volto.
Percepiva quell'immagine come se la stesse condividendo con lui, per quanto la figura di Will, di solito piazzata dinnanzi alla finestra, non si muovesse e non mostrasse alcun tipo di espressione. Hannibal poteva vederlo; ma d'altronde l'aveva sempre fatto dalla prima volta che il suo sguardo si era posato su di lui.
Una sera Will però si destò prima del previsto e Hannibal, che aveva già distolto lo sguardo per concentrarsi sul disegno, percepì i suoi passi che si avvicinavano, senza alzare lo sguardo. In quell'istante Will si  fermò ad osservare le sue opere e alcuni suoi ritratti, appoggiati ad un tavolino di legno scuro adiacente al muro. Essendo che Will non espose alcun commento, Hannibal si sentì spinto a guardarlo, mentre l'altro, sentendosi osservato, annuì con un sorrisetto divertito.
«Oh certo, come potrei mancare di complimentarmi con te? Il tuo ego ne risentirebbe.»
Hannibal sbatté le palpebre lievemente offeso e tornò al suo disegno. Non gli avrebbe dato la soddisfazione di una risposta, questo era certo: era Will a dover cedere.
«Comunque, hai talento ma questo già lo sai, per quanto vedo prediligi alcune bellezze femminili.» una frase che abitualmente Hannibal avrebbe preso come un semplice complimento e avrebbe limitato la risposta ad un cenno del capo. Ma fu il tono di Will, che gli fece appoggiare la matita sul tavolo per poterlo guardare.
L'aveva sentito, non poteva essersi sbagliato: Will aveva usato un tono più alto della norma su bellezze femminili, e non poteva trattarsi di nient'altro che di gelosia.
«La bellezza non ha sesso, Will. Ho ritratto quello che i miei occhi vedevano in quel momento.» sussurrò quella risposta senza togliere lo sguardo da lui, mentre l'empatico si avvicinava.
«E adesso che cosa vedono?» si leccò le labbra, in un'evidente tecnica per provocarlo e per fargli uscire qualche frase poco consona al suo comportamento.
Hannibal si appoggiò allo schienale della sedia, incuriosito dalla creatura straordinaria che aveva dinnanzi in grado di sfidarlo, posando lo sguardo su di lui e sulla camicia bianca che indossava, e che ne valorizzava il corpo. E Will, con i capelli ribelli ma ben pettinati che incorniciavano il volto piegato di lato, lo guardava.
«Vedo me stesso, e noi.» Will sembrò soddisfatto, e passando una mano sulla scrivania di legno chiaro, si distanziò affiancandosi alla finestra. La luce del sole illuminava con i suoi raggi il suo profilo, e per quanto era voltato dal lato della cicatrice che produceva una crepa sul suo viso, la sua bellezza non ne risentiva. Hannibal pensò nuovamente che Will fosse davvero di una bellezza fuori dal comune; e quel segno lo rendeva solo più unico: come un marchio di quello che avevano passato, e un ricordo del fatto che era suo.
Il mio tutto.
«Vorresti un ritratto?» a quella domanda, Will si scosse provando a mascherare un sorriso, che però non sfuggì all'attenzione di Hannibal.
Sapeva che era questo che voleva. Che riprendesse la sua bellezza come aveva fatto con quelle ragazze: era possessivo e...eccitante. Hannibal prese la lima per fare la punta alla matita, che strinse eccessivamente forte.
«Potrebbe essere un'idea, dottor Lecter.»
«Allora non muoverti, rimani esattamente così.» Will sospirò, contrariato poiché non voleva esser ritratto dal lato dove spuntava la sua evidente cicatrice; ma poi incontrando il suo sguardo annuì rassegnato. Rimase così fermo, pizzicato e accarezzato dai raggi del sole, come dagli occhi dell'artista che lo stava ritraendo.
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Era una giornata radiosa quel giorno in Canada, il sole “picchiava” l'ambiente con i suoi raggi, esternando con assiduità la sua presenza, mentre Hannibal e Will camminavano vicini verso la meta designata dallo psichiatra (stavano molto meglio, cosicché decisero di uscire). Vi era poca gente attorno a loro, e la maggioranza sembrava presa dal proprio lavoro. Forse, più semplicemente, era molto presto e dunque la camminata fu piacevole, senza ingombri e silenziosa. Hannibal si era voltato più di una volta verso di lui, in procinto di iniziare una conversazione ma senza trovare l'attimo; oltretutto leggeva la nube dei pensieri di Will e la curiosità che lo avvolgeva, ma lo seguì pazientemente senza fare domande. Per quanto facesse caldo, una leggera brezza di vento aleggiava quella mattina e giocava con i capelli di entrambi. Hannibal notò come i ricci di Will catturassero quel vento e come la sua chioma si muovesse in una specie di danza. Si accorse di come il sole illuminasse i suoi ricci e rendesse i suoi occhi limpidi, di una chiarezza simile ad un lago, con mille riflessi d'infinito. Quella visione riempiva le sue pupille, che assorbivano ogni momento di quell'attimo che era tra i più importanti fra loro due, per quanto Will non ne fosse ancora consapevole.
«Eccoci qui.» giunsero infine davanti ad una piccola chiesa in pietra chiara, dove entrambi si fermarono. Will lo guardò alzando un sopracciglio.
«Dubito siamo giunti qui perché tu debba pregare e mi pare una chiesa...poco elegante per attirare la tua attenzione, cosa contiene all'interno per portarti a volerci entrare?»
Hannibal non rispose, limitandosi a donargli uno sguardo divertito e, distanziandosi, andò ad aprire la pesante porta in legno, facendogli un segno per invitarlo ad entrare.
«Scoprilo! Ma se posso darti un indizio, non è racchiuso nell'estetica ciò che devi cercare, Will.»
L'empatico si avvicinò a lui e prima di entrare, gli rivolse uno sguardo dove fu ben percepibile la confusione che riempiva le sue pupille.
L'interno era privo di opere d’arte, ma il tetto spiovente dava un’ampiezza maggiore al luogo, mentre le finestre donavano una forte luminosità, facendo persino brillare i suoi muri bianchi, dove vi erano incisi dei simboli che narravano varie storie della Bibbia tra cui la Crocifissione. Ovviamente la croce era presente anche dietro l'altare, in un monumento piuttosto bello, per quanto non troppo grande.
Il posto era vuoto e Hannibal si distanziò dall'altro uomo intento a guardarsi intorno, e andò vicino alle candele, accendendone una.
«I miei occhi non riescono a scalfire la superficie dell'estetica, e per quanto sia poco abbellita, non riesco a vedere.» Will improvvisamente si fermò dietro di lui sussurrandogli la frase in maniera intima, visto che Hannibal sentì quell'esclamazione sfiorare la sua nuca, producendogli dei brividi sulla schiena.
Era una gioia quando Will prendeva l'iniziativa e si avvicinava così a lui: lo rendeva sempre euforico.
Si voltò verso di lui con un mezzo sorriso.
«Infatti non c'è nulla da vedere, a parte l'apprezzabile silenzio di questo posto, devi limitarti ad ascoltare.» a quel punto Hannibal si diresse verso l'altare della chiesa, salendo i pochi gradini in marmo. Sentiva il suo cuore battere forte nel petto e il sangue pulsare dentro di lui: era emozionato.
Rimase lì, guardando quasi dall'alto Will illuminato dalla luce prodotta dalle finestre; sembrava un angelo che aspettava la rivelazione del suo creatore. Hannibal era più nell'ombra, e il crocifisso alle sue spalle fu testimone di quella confessione.
«Le chiese sono i luoghi dove la gente si raduna per cercare Dio, nelle preghiere o nella confessione; e nonostante io lo trovo in altre manifestazioni, sono qui per ciò che la chiesa rappresenta, in quanto simbolo di ritrovo nella fede.» scandì bene le parole non tradendo l'emozione che lo divorava quatta e svelta nel petto, mentre gli occhi chiari dell'empatico erano su di lui, fermo ad ascoltarlo.
«Voglio farti una confessione Will, un giuramento in tuo onore e di quello che sei per me, di quello che siamo insieme. Tu dicesti che siamo complementari, che siamo soli l'uno senza l'altro. Questa tua esclamazione non può essere più vera, perché io non ho mai provato questo sentimento per nessuno, poiché nessuno si è nemmeno avvicinato di un passo a quello che sono...ma tu sì.
Tu mi hai visto! Così io mi sono tolto la maschera, perché noi due ci completiamo Will, siamo uniti in modo indissolubile, al di sopra della terminologia che tu hai dato a questo, ovvero amore, anche se è ciò che più si avvicina a descrivere l'immensità di quello che sento per te. Io ti vedo in tutta la tua essenza, in tutto il tuo splendore, accetto le tue sfumature di luce e oscurità, e amo quello che vedo. Tu invece pensavi d'essere un contenitore vuoto e instabile, ma io ho aperto quel vaso di Pandora che era la tua mente e ho visto la vera unicità, il vero significato di tale parola. Se tu lo vorrai Will, potremmo essere nell'eternità e nulla potrà abbatterci se saremo insieme, come i personaggi dei poemi Greci: solo un intervento divino potrà contrastarci.» a quel punto si avvicinò a Will, che in tacito silenzio lo osservava con gli occhi fattosi più scuri e lucenti, unico segnale d'emozione in lui. Hannibal gli prese la mano e l'altro non obiettò, come fosse incantato da lui e catturato dalle sue parole.
«Io qui dinnanzi a Dio, faccio la mia promessa di voler stare al tuo fianco e amarti oltre il tempo ed con tutte le sfumature che sono dentro di noi. Ci saranno o promesse, o profumi, o baci senza fine; essi riemergeranno dagli avari abissi, i nostri abissi* se tu lo vorrai. Sii eterno con me, Will.» i loro occhi rimasero incollati l'uno all'altro e per qualche istante nessuno dei due si mosse o parlò, come fossero diventati parte di quella chiesa; come delle statue fatte di carne ed emozioni, a mani unite davanti a Dio.
Poi dopo un tempo che sembrò interminabile, Will abbassò lo sguardo pensieroso.
«Questo è un paradosso Hannibal! Tu e io in una chiesa, dove mi esponi promesse d'amore davanti a Dio come se fossi privo di peccati.» lo guardò con uno sguardo più duro; ma Hannibal sapeva com'era fatto, infatti non lasciò la sua mano né tanto meno il suo guardo. Will aveva alzato il suo scudo difensivo, alimentato dalla confusione e dall’incertezza che avvolgevano la scelta che doveva compiere, ma Hannibal sapeva che quelle parole avevano avuto l'effetto che voleva su di lui.
I suoi occhi non potevano mentire, e nemmeno il deglutire prodotto dalla sua gola: erano chiari segnali d'emozione.
«È un paradosso per quale mente, Will? Questi sono preconcetti di pensieri prodotti da una società mediocre che non ti appartengono.» a quel punto, un lampo di incertezza prese gli occhi di Will e il suo viso si disegnò in quella tipica espressione dolce al quale Hannibal poco sapeva resistere. Lasciò la sua mano solamente per portarla alla sua guancia che carezzò con delicatezza, e a quel tocco Will socchiuse gli occhi .
«Nessuno è privo di peccati! Eppure tutti vengono in chiesa pensando che parlare con un essere umano in vesti religiose, facente le veci di Dio, possa farli arrivare al suo perdono, tramite qualche preghiera. L'umanità non può pensare come Dio e io so dove cercarlo. Io vedo le sue opere e il suo tocco, e non sono in qualche prete e la sua assoluzione.
Questo è il nostro momento Will, e in quanto simbolo, questo è il posto adatto dove io posso esprimermi al meglio e toglierti ogni dubbio di ciò che sei per me.» usò un tono basso, velato di dolcezza nell'ultima parte, come lo sguardo che stava accarezzando il suo volto. Will lo guardò con quei grandi occhi chiari e poi annuì.
«So la sostanza di quello che sono per te, e so ciò che siamo insieme; ma io devo toccare il fondo del mio io per vedere tu chi sei davvero per me.» gli rispose anche lui in tono basso, per poi togliere la mano che gli carezzava il volto,  fattosi improvvisamente imbarazzato, e avvicinandosi a una delle panche in legno scuro dove si sedette. Chiuse gli occhi espirando, ed Hannibal osservò il suo petto, che gli parve stretto in lacci scuri, prodotti dal dubbio che lo soffocava.
«Questo posto è adatto alla riflessione, ti dispiace se rimaniamo ancora un po'?» chiese poi aprendo un occhio per puntarlo su Hannibal, lo psichiatra annuì sedendosi al suo fianco.
«Tutto il tempo che desideri.» rispose con un sorriso. Will chiuse di nuovo gli occhi e volse il volto all'insù, esibendo quel collo virile che Hannibal da tempo voleva baciare e...assaggiare. Il dottore però non si mosse; l'avrebbe aspettato e non avrebbe fatto nulla sinché Will non l'avesse voluto, o magari supplicato, e quel pensiero lo fece sorridere tra sé. Si soffermò ancora qualche istante a guardarlo, per poi anch'egli chiudere gli occhi e rilassarsi.



*un po' modificato frase dal libro "I fiori del male" di Charles Baudelaire

Angolo autrice: Ciao a tutti :) questo racconto è venuto più lungo del previsto  XD poiché sono due capitoli, che il prossimo cercherò di pubblicare la settimana prossima, ma ho cominciato a scrivere degli Hannigram e non ho più smesso perché è davvero soddisfacente e puoi essere filosofica se scrivi di loro (cosa che apprezzo) e mi sono persa nei meandri di questa coppia e così è venuto fuori un mini-long XD
Trovo la Hannigram una delle coppie più belle e complesse presenti in tv e quindi ho voluto rendere omaggio a una serie perfetta, con alcuni miei headcanon sulla s4. Bryan è un genio ma spero si vede che lo ammiro XD
Il POV di Hannibal è stato intenso e interessante, gli altri li ho scritti dal POV di Will quindi questo è il mio primo dal punto di vista di Hannibal che spero sia IC più possibile, come anche le situazioni in cui ho messo questi due XD
Il posto non è precisato per riprendere la 3x13 e dunque non ho detto dove si trovano esattamente, si sa soltanto è il Canada.
Grazie a chiunque leggerà e/o commenterà ^_^
Fannibal vi adoro e anche voi Hannigram shipper ^_^​

 
   
 
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