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Autore: Frulli_    25/08/2017    2 recensioni
Inghilterra, 1805. Cathleen ed Emma non potrebbero essere più diverse: la prima è razionale e posata, la seconda entusiasta e romantica. Ma quando le due sorelle avranno a che fare con l'amore e i sentimenti, le reazioni saranno totalmente diverse.
Genere: Drammatico, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
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1. Lavender House

27 Novembre 1805

 

«Dovremmo tornare a casa, Charlie. La mamma sarà in pensiero per noi» la voce di Cathleen ruppe il silenzio per la seconda volta in poco tempo. Sentì la sorella minore sbuffare, dietro di lei, mentre le sistemava in testa l'ennesima corona di foglie che aveva composto.
«Ma il sole è ancora alto in cielo, e non ci sono nubi! Torneremo non appena vedremo che il tempo sta cambiando, va bene?» la voce di Charlotte era così mielosa e supplichevole che Cathleen stava per cedere, ma lentamente si alzò scrollando foglie e fiori secchi dall'abito. Si strinse lo scialle di lana sulle spalle e scosse il capo.
«Meglio di no, cara. Meglio tornare ora. Sei appena guarita da un brutto raffreddore, non voglio che ti ammali di nuovo» annunciò Cathleen, con quel tono che non ammetteva repliche. Charlotte si alzò a sua volta, sbuffando e battendo appena i piedi.
«Sei insensibile»
«Lo so»
«Sei la mia sorella meno preferita!»
«So anche questo»
Charlotte la guardò dal basso prima di sorridere: «Sai che scherzo, vero?»
«Certo che lo so, io so tutto» precisò Cathleen, ridendo insieme alla sorella minore mentre si incamminavano verso casa.
Il percorso da Lavender House fino al loro posto segreto -null'altro che una betulla nel ben mezzo della campagna inglese- non era molto pericoloso nè tantomeno incidentato, ma Cathleen conosceva bene il tempo inglese: imprevedibile e capriccioso come una nobildonna, come diceva sempre suo padre. Inoltre non dovevano assolutamente approfittare della misericordia di quella giornata, straordinariamente calda e soleggiata per essere quasi fine Novembre.
Risalirono lentamente la collina davanti a loro, non senza scivolare ogni tanto o inciampare nei loro abiti, accaldate e sorridenti. Arrivate in cima alla collina, troneggiarono davanti al paesaggio davanti a loro: una piccola valle era disegnata sotto la collina, in un ambiente tipicamente di campagna: un ruscello, qualche albero di quercia e, in fondo, una tenuta circondata da cespugli di lavanda. Casa loro.
Lavender House non era nulla di straordinario, notò Cathleen ancora in cima alla collina: un cancello delimitava il suo ingresso, un piccolo viale accompagnava il visitatore verso l'ingresso principale della struttura, non eccessivamente grande ma tanto da ospitare una famiglia di cinque persone, più il resto della servitù. C'era sicuramente di meglio nel circondario, ma sua madre le aveva insegnato a non invidiare i beni altrui ed anzi a ringraziare Dio ogni giorno per la buona situazione in cui si trovava la sua famiglia.
Le campane della chiesa vicina batterono il mezzodì. Era decisamente ora di tornare a casa. Presero a discendere la collina: da quella posizione avrebbero impiegato meno di mezz'ora prima di tornare a casa, appena in tempo per il pranzo. Ma d'improvviso il cielo si fece cupo, e dal giorno passarono velocemente alla notte. Prese la mano della sorella, velocizzando il passo di entrambe.
«Forza Charlie, non battere la fiacca!» esclamò Cathleen, mentre già sentiva qualche goccia batterle sul cappellino che indossava. In meno di un minuto, sembrava che Dio stesse gettando secchiate di acqua sul suolo di Sua Maestà. In meno di tre minuti, erano fradice dalla testa ai piedi, gelate e tremanti.
«Te l'avevo detto che dovevamo tornare prima!» gridò Cathleen mentre trascinava la sorella che, in tutta risposta, perse l'equilibrio e cadde a terra, proprio sul ciglio della strada in fondo alla collina. Intravedeva già il cancello di casa, ma in quello stato il viaggio di ritorno sembrava eterno.
«Mi fa male la caviglia!» pianse Charlotte, seduta sul fango, mentre si reggeva la gamba sinistra con ambo le mani.
«Forza, ti aiuto io a camminare» annunciò Cathleen, tirandola su di peso. Sentì la schiena schioccare dolorante ma non ci fece caso, non in quel momento.
«Qualcuno arriva dalla strada!» gridò Charlotte, girando la testa oltre la spalla della sorella. Entrambe si ritrovarono a guardare una carrozza per quattro, aperta ma con la copertura alzata. Un uomo guidava i cavalli e si fermò quando vide le due. Era bagnato anche lui, come le sorelle, ma mostrava un sorriso vispo e allegro.
«Vi siete perse, signorine?» la voce era gentile e mielata.
«No, signore, stiamo tornando a casa! Lavender House» annunciò Cathleen, alzando la voce per cercare di superare il suono del tuoni e della pioggia. L'uomo la osservò, quasi stupito, quindi scese dalla carrozza e sollevò di peso Charlotte, facendola sedere sulla carrozza, al coperto. Aiutò a salire anche Cathleen, senza dire una parola, quindi avviò i cavalli a tutto spiano verso la tenuta dei Colborne.

«Mamma, arriva qualcuno» Emma staccò il naso dal freddo vetro della finestra e si girò di scatto verso Mrs Colborne, che subito la raggiunse.
«Sono loro! Presto, John, va ad aiutare quel gentiluomo che mi ha riportato le mie figlie sane e salve!» la voce acuta della padrona di casa rimbombò per tutto l'ampio ingresso, mentre i domestici aprivano il portone e soccorrevano le Miss.
«Lasciate, vi aiuto io» annunciò l'uomo in carrozza al domestico. Scese dalla carrozza e prese tra le braccia Charlotte, con la caviglia dolorante.
Cathleen scese veloce dalla carrozza e, sottobraccio ad Augustine, entrò al caldo nel salotto.
Nei minuti successivi ci fu un via-vai di domestici per la casa, che soccorrevano le due padroncine ora offrendo thè caldo, ora sistemando le coperte ed una fascia alla caviglia di Miss Charlotte. Quando finalmente ci fu più calma, il suo salvatore scese lentamente nel salotto dove era riunita la famiglia. Accettò volentieri una tazza di thè e si accomodò con gli abiti ancora bagnati, sorridendo con sicurezza. Nonostante tale apparente sicurezza, agli occhi delle donne di casa si dimostrò alquanto bizzarro e goffo. Vestiva in maniera elegante e costosa, ma sembrava quasi non riuscire ad indossare tale eleganza con altrettanta sobrietà. Piuttosto, l'idea era che volesse proprio ostentarla, nonostante zuppo dalla testa ai piedi. Aveva un volto delicato e bello, questo Cathleen doveva ammetterlo, la pelle curata di chi non aveva altro da fare, occhi celesti e capelli scuri, tenuti lunghi e chiusi in un laccetto di cuoio, anch'esso fradicio in quel momento.
«Vogliate accettare i miei più sentiti ringraziamenti, Mr...» fece per dire Mrs Colborne ma si fermò, non conoscendo il nome del gentiluomo.
«Barrington, per servirla Mrs Colborne» annunciò l'uomo, chinando il capo fin quasi a toccarsi le ginocchia.
Ad Emma sfuggì una risatina che Cathleen prontamente soffocò pestandole appena un piede. In piedi vicino al camino acceso, continuò a fissarlo con attenzione. Seppur provava per lui un'immensa gratitudine per aver salvato lei e Charlotte da una bronchite, doveva ammettere che non aveva un'aria alquanto...sveglia.
«Barrington? Non sarete forse il figlio di Sir Barrington?» chiese Mrs Colborone con una vena di curiosità nella voce.
«Il maggiore, per essere precisi, Mrs Colborne. So che mio padre e Mr Colborne sono molto amici. Non ho avuto l'onore di conoscere vostro marito, sono stato per molti anni ad abitare a Londra, sapete...» il vanto trasudava dalla voce di Mr Barrington.
«Oh si, Mr Colborne è molto legato a vostro padre! E ditemi...è vero che vostro fratello minore sta tornando?» chiese Mrs Colborne, sempre più curiosa.
Il sorriso sicuro di Mr Barrington s'incrinò appena in un'espressione di fastidio, Cathleen lo notò subito. «Si, Mrs Colborne, le voci sono giuste. Fra una settimana ci sarà il rientro della Royal Navy a Londra»
«La Royal Navy??» Emma per poco non fece cadere la sua tazza di thè dal tavolino.
«Emma, per amore del cielo...» sussurrò seccata Cathleen da quell'indole così romantica della sorella. Lei sapeva perfettamente, infatti, che per Emma chiunque fosse nella Royal Navy, o nell'esercito, o persino come mozzo, era di conseguenza meritevole di attenzioni.
«Si, Miss Colborne, la Royal Navy. Ma vi prego di non fantasticare troppo: mio fratello è un uomo duro e dal cuore arido, oltre che di pessima compagnia. E' via da ben sedici anni, e dubito che si ricordi anche solo come si balla o si saluta convenientemente delle giovani così avvenenti come voi signorine Colborne» spiegò Mr Barrington, sorridendo gentile e con un tono di voce carezzevole, come si fa con dei dolci animali domestici «Ed ora, se volete scusarmi, è meglio che torni a casa» annunciò. S'inchinò profondamente, goffo, quindi uscì dalla stanza accompagnato da domestico.
«Che strana gente...» ammise Mrs Colborne. «Sir Barrington è un uomo così affabile e garbato e sua moglie, che Dio l'abbia in gloria, era una vera gentildonna. Mi chiedo come sia possibile che da due persone così di buon cuore, escano dei figli così...strani» la lingua di Mrs Colborne era sempre affilata, aspetto che Charlotte aveva ripreso alla perfezione.
«Madre...!» Cathleen cercò di contenere il giudizio materno, seppur doveva ammettere che aveva pienamente ragione.
«Cosa avrò mai detto di male, cara? L'unico giovane di tutto il circondario è un goffo e spavaldo gentiluomo, mi chiedo come farete a trovare marito di questo passo! Fortunamente i Barrington hanno una rendita stellare, e protete forse non badare a queste facezie caratteriali. Vostra sorella Fanny è stata così fortunata a sposare Mr Appleby!» e, sospirando, la padrona di casa uscì dal salotto.
Quando, qualche minuto più tardi, Augustine l'aiutava a cambiarsi d'abito, Cathleen si ritrovò a pensare e fantasticare sul figlio minore di Sir Barrington. Lo doveva ammettere, a volte la vena romantica di Emma sembrava influenzarla, ma solo per fantasticherie da romanzi. Immaginava Mr Barrington come un ragazzino, basso e tarchiato, brutto e poco affabile, che non fa che parlare di strategie militari, mari e canzoni da porto. L'alito che sa di rhum. E una brutta cicatrice sulla guancia, ricordi di torbide battaglie in cui era capitato per caso e non per coraggio. Codardo? Si, lo immaginava poco eroico o molto pauroso. Soddisfatta di quella propria analisi personale e fantasiosa, si sedette vicino la finestra della propria camera, aprì il libro che leggeva la sera prima, e si tuffò nella sua lettura, ignorando il resto del mondo intorno a lei.

Il tempo sembrò volare, ed in men che non si dica Augustine bussò alla porta della camera, avvisando Cathleen che da lì a breve sarebbe stata servita la cena. Questo poteva significare solo una cosa: che suo padre era tornato a casa. Lasciò immediatamente le sue letture e scese di corsa le scale, diretta al salotto.
«Padre!»
«Oh, ecco la mia Cathleen. Allora, che guai avete combinato oggi tu e Charlotte?» la voce bonaria e divertita dal padre le fece intendere che sua madre aveva già fatto rapporto a Mr Colborne.
«Glielo avevo detto che dovevamo tornare prima, ma Charlotte insisteva nel rimanere...!» cercò di difendersi Cathleen, ma vedendo il sorriso paterno capì che non ce n'era necessità.
Qualche minuto dopo erano già accomodati nella sala da pranzo. Il profumo della zuppa si mescolava a quella della cenere del camino acceso, e del buon vino a cui suo padre non riusciva mai a rinunciare.
«Allora, padre, che notizie da Londra?» chiese emozionata Emma.
«Credo che tu lo sappia già, cara Emma. La Royal Navy sta arrivando in città: pare che ci sarà una grande parata per accogliere e festeggiare i nostri ragazzi per la vittoria contro Napoleone. Sir Barrington mi ha formalmente invitato a prendere parte ai festeggiamentim ed ha ovviamente esteso l'invito a tutta la famiglia. La parata ci sarà fra tre giorni, e la sera stessa Sir Barrington organizzerà una festa per presentare suo figlio»
Emma per poco non gridò dalla contentezza, facendo sorridere divertito il padre e sbuffare spazientita Cathleen.
«Dobbiamo per forza andarci, padre?» chiese quest'ultima.
«Certo che dobbiamo! Ci sono gli Ufficiali, non capisci?» Emma sospirò, sognante.
«Al di là delle fantasticherie di tua sorella, Cathy, credo proprio che dobbiamo. Sir Barrington ci tiene molto a presentarci suo figlio, che immagino voi non ricordiate. Quanti anni aveva quando Charles è partito per la Marina, mia cara?»
«Credo dieci, undici al massimo. Fanny era molto piccola, quindi è normale che voi non sappiate chi sia. E, a dire il vero, nemmeno io: voglio dire, adesso quanti anni avrà? Trenta? In tutto questo tempo una persona può cambiare. E a detta di Mr Barrington, suo fratello è cambiato decisamente in peggio»
«Non essere così sicura del parare altrui, mia cara. Lo sai che spesso i fratelli bisticciano, che siano grandi o piccini. Comunque sia, Sir Barrington ci tiene presentarcelo e io non intendo deludere un mio amico. Perciò dopodomani partiremo per Londra, staremo qualche giorno ospiti di Fanny, andremo a quella festa e poi torneremo a casa, e se l'esperienza sarà così pessima come pensi, cara Cathleen, ti dò il permesso di non uscire più dalla tua stanza».
Se Mrs Colborne aveva regalato a Charlotte la sua lingua tagliente, Mr Colborne a Cathleen aveva donato null'altro che il suo senso dell'umorismo. Cathleen sorrise divertita ed annuì, senza dire altro. Il resto della cena si svolse con serenità, ma una volta terminata il campanello della stanza di Charlotte suonò così tante volte da far disperare Augustine.
«Signore, la signorina Charlotte insiste nel voler scendere ed accompagnare la famiglia nella Music Room, per la sonata della signorina Cathleen» annunciò la giovane domestica, con aria disperata ma composta.
Robert Colborne sospirò, paziente. «Dì a mia figlia che non può camminare, Augustine»
«Glielo detto, signore, ma insiste. Dice che può essere presa...in braccio, e sdraiarsi su un divano della Music Room. Dice che se non verrà portata di sotto...» Augustine non disse altro, ma il padrone sbuffò una risatina.
«Che cosa, si ammazzerà?»
«Una cosa del genere, signore»
«Fosse la prima volta che lo giura...»
«Vostra figlia legge troppi romanzi, Mr Colborne» precisò Mrs Colborne.
«Chissà da chi ha ripreso...» commentò ironica Cathleen, lanciando un'occhiata a Emma.
«E va bene! John, da bravo, prendi quella disgraziata di mia figlia ed aiutala a dirigersi nella Music Room. Non mi perdonerebbe mai una cosa simile»
«Subito, signore» mormorò il maggiordomo, non proprio entusiasta mentre saliva le scale del piano di sopra.

«Sei la solita viziata»
«Non sono viziata, sono solo annoiata! E poi perchè dovrei perdermi Cathleen che suona? Adoro la musica!»
«Potevi risparmiartelo almeno questa sera, no?»
«Ssssh!» Mr Colborne fece zittire Emma e Charlotte mentre Cathleen prendeva posto al pianoforte. La Music Room di Lavender House non era enorme e ben fornita come quella delle magioni nobiliari, ma era intima e confortevole, ed era la stanza preferita di Mr Colborne. Aveva il pavimento di legno lucido, l'ideale per danzare, e le finestre ampie riflettevano la luce delle candele su enormi specchi posizionati sulla parete opposta, dando l'idea che la stanza fosse molto più ampia di quello che era realmente. Un pianoforte a coda era posizionato ad un lato più corto della sala, insieme ad un'arpa, un violino ed un violoncello, lo strumento del padre. Uno scaffale raccoglieva gli spartiti ed i libri di musica della famiglia. La stanza era priva di camino, il che la rendeva fredda durante quelle serate ma perfetta quando si riempiva di danzatori.
La servitù servì del thè alla famiglia e lasciò in uso delle coperte, nel caso le donne avessero sentito freddo, quindi si fecero da parte.
Cathleen sollevò gli occhi verso lo spartito poggiato avanti a sè: sapeva che non ne avrebbe avuto bisogno, ma la faceva stare tranquilla. Sorrise verso la sua famiglia, quindi cominciò a suonare. Le note allegre e calde di Mozart risuonarono subito nella sala perfettamente acustica per i suoni musicali, e l'aria di riscaldò di un'atmosfera vivace e allegra.
Tutti i membri della famiglia Colborne suonavano almeno uno strumento. Non certo per vanto o solo per educazione: la famiglia Colborne amava sinceramente la musica, in una maniera genuina e profondamente sensibile. Durante la Stagione londinese trascorrevano più tempo in teatri e ai concerti di quanto non trascorrano a casa. E Mr Colborne non sapeva quante volte aveva raccontato alle figlie quella volta che conobbe Mozart in persona, durante il suo Grand Tour a Vienna.
E tutto ciò era ovviamente sostenuto dal fatto che tutti, in quella famiglia, avessero un vero talento per la musica, ad eccezione di forse di Fanny. Cathleen, d'altronde, era un vero talento nel pianoforte ma discreta nel canto, l'opposto della giovane Charlotte. Ma al pianoforte nemmeno le mani soffuse di sua madre potevano batterla. Eseguiva con estrema abilità e velocità le composizioni più complesse di Mozart e Haydn, e lasciava poca speranza alle giovani inglesi che sprecavano ore solo per poter suonare alla perfezioni banali arie da campagna.
Se fosse nata maschio sarebbe stata una compositrice eccelsa, Mr Colborne lo diceva sempre. Ma a lei non importava esser nata femmina: era già perfetto così. Certo, se avesse potuto suonare Beethoven quella sera anzichè Mozart.
«Assolutamente no!» si oppose Mrs Colborne quando, finito l' "Allegretto con Brio" di Mozart, Cathleen fece tal proposta.
«Non essere sciocca» precisò Emma, prontamente.
«Non capisco tutto questo astio. Mr Beethoven è apprezzato in tutto il campo musicale»
«E' un uomo scontroso, volgare, burbero e cupo. E la sua musica ne è la dimostrazione! Quella Sonata al chiaro di luna, poi...»
«Padre, vi prego...» Cathleen si appellò al buon senso e gusto paterno, che quella volta però non giunse in suo aiuto.
«Perchè non ci suoni un pò di Haydn, cara? Domani potrai suonare Beethoven»
«Ma domani non ci sarà tempo, dovremmo andare a dormire presto per il viaggio per Londra!»
«Vorrà dire che suonerai Beethoven quando torneremo da Londra...»
Cathleen fissò il padre, sconsolata. Sospirò e riprese a suonare, Haydn questa volta.
«Suonare Beethoven in casa nostra, che assurdità...il vicinato potrebbe linciarci per una cosa simile...!» le esagerazioni e costernazioni di Mrs Colborne furono ben udibili dal resto della famiglia, ma nessuno ne fece più parola.

  
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