Anime & Manga > Lady Oscar
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Autore: LatazzadiTea    25/08/2017    5 recensioni
Oscar inizia a rendersi conto di ciò che prova, quando André smette di parlarle come faceva un tempo. Ora che tutto sembra cambiato, lei cercherà di ritrovare se stessa aprendo il suo cuore a un nuovo sentimento. Il suo amore per lui cresce dentro al suo cuore facendosi strada giorno per giorno, divendo sempre più intenso e opprimente, quanto il silenzio che la circonda senza il suono della sua voce.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alain de Soisson, André Grandier, Oscar François de Jarjayes, Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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André arrivò ad Arras a giorno fatto. Era quasi ora di pranzo e la luce del sole gli ferì lo sguardo mentre si avvicinava alla locanda. Quando si trovò di fronte all'entrata, ebbe un momento di sconforto quando portando la mano alla maniglia della porta di legno, non riuscì ad afferrarla subito. Ma al secondo tentativo, quando fece un passo dentro il locale gremito come sempre, il vivace chiacchierio degli avventori abituali e dei pochi forestieri che affollavano l'Hotellerie Restaurant Allas, scemò in un sommesso vocio.

Erano passati anni dall'ultima volta che era stato li, e il cuore gli sbuffò nel petto, accompagnato da lieve momento di gioia, nel constatare che malgrado il tempo, in quel luogo così caro a lui e a Oscar nulla fosse cambiato.

- Giovanotto, vuoi una stanza, o sei qui solo per mangiare? - gli domandò una voce femminile e squillante.

La giovane e graziosa cameriera lo sfidò con lo sguardo, era consapevole di non essere molto presentabile in quel momento.

- Voglio una stanza sì, ma anche pranzare, grazie - le rispose André quasi divertito da quel piglio così sfacciato e poco accomodante.

Nella confusione il locandiere non aveva fatto caso a lui, probabilmente vestito a quel modo, non l'avrebbe nemmeno riconosciuto. Così aspettò prima di andarlo a salutare, preferendo assaggiare il classico e gustoso stufato di carne che tante volte, in quegli anni, gli aveva deliziato il palato.

- Il padrone vuole sapere per quante notti? - gli domandò poi la giovanissima cameriera.

- Una sola. Chiedete al vostro padrone se è anche possibile farsi un bagno, avrei bisogno di cambiarmi gli abiti - le chiese dopo aver mandato giù l'ultimo gustoso boccone.

- Certo, se avete il denaro per pagare. Lo avete Monsieur? Mi sembrate al quanto a corto al momento... - asserì con convinzione la giovane.

André le sorrise, gettando sul tavolo abbastanza denaro da convincerla del contrario. La ragazza lo guardò di sbieco e poi con un certo imbarazzo, quando udì la voce del suo datore di lavoro chiamarla da dietro il bancone da dove si servivano le bevande.

- Florence! Smetti di infastidire i miei clienti, e per dio ragazza, datti da fare! - La voce roca e profonda del vecchio locandiere, lo fece sobbalzare e tornare indietro nel tempo.

- Non prendetevela con lei, Monsieur. La piccola Florence fa solo il suo dovere! - replicò André alzandosi in piedi.

- Per il signore, Andrè. Voi siete il nostro André, non è così? E madamigella Oscar, c'è anche lei? Dov'è? - chiese entusiasta l'uomo avvicinandosi di più al suo tavolo.

- Oscar è rimasta a Parigi, Monsieur - disse solo André.

- Ma cosa sono quelle monete? Mettile via ragazzo, oggi offre la casa! - esclamò il vecchio locandiere senza chiedergli ulteriori spiegazioni sull'assenza di Oscar.

Mentre assisteva a quell'insolita scena, Florence rimase in disparte. Un altro giovane si era alzato in piedi all'interno della locanda, suo fratello maggiore, Gilbert. Lei aveva solo sentito raccontare di quella storia, mentre il fratello l'aveva vissuta di persona, e ovviamente, nel vedere uno dei suoi benefattori dopo tanti anni, l'emozione era stata tanta. Dopo qualche chiacchiera del tutto gioviale, André decise di parlare dei suoi piani per il viaggio che lo attendeva fino a Charleroi. Non provò nessun imbarazzo nel confessare il suo stato a Gilbert e al vecchio locandiere, che molto dispiaciuto gli aveva dato la piena disponibilità del suo aiuto nel caso il giovane Sugéan non avesse potuto partire con lui.

- Non pensateci nemmeno Monsieur, scorterò io André fin da sua madre. E' il minimo che posso fare per ringraziare lui e madamigella Oscar dell'immenso favore che mi hanno fatto! - aveva ribattuto con impeto Gilbert.

- Ti pagherò bene ragazzo, tuo padre non avrà di che lamentarsi per la tua assenza! - gli rispose André sollevato.

Non aveva sperato di poter contare sull'aiuto di qualcuno, e invece, le buone azioni del passato erano state ampiamente ripagate. Pensò a Oscar e a quanto fosse stato straziante, separasi da lei la notte precedente. L'unica consolazione era saperla al sicuro, sotto l'attenta protezione di Alain, L'uomo migliore a cui avrebbe potuto affidarla in quel momento; l'amico era forte e abile, più di quanto non avrebbe mai potuto essere lui in tutta la sua vita. Alain era e sarebbe sempre stato, malgrado il proverbiale caratteraccio che lo contraddistingueva, la persona più leale e corretta che avesse mai conosciuto.

E per quello che aveva fatto per lui, gli sarebbe stato riconoscente per il resto della sua esistenza.






A Parigi intanto, le cose presero una brutta piega già dal giorno seguente la sua partenza. Gruppi di disperati prendevano sempre più frequentemente d'assalto i pochi negozi ancora in grado di sostenere la continua domanda di derrate alimentari, creando assembramenti e tumulti in quasi in ogni angolo della città. E se Oscar doveva presidiare coi suoi uomini l'assemblea per garantire la sicurezza dei vari esponenti, il resto dei soldati della guardia nazionale era sparsa per le strade a sedare quelle continue rivolte con molta fatica e sacrificio.

- Comandante dove credete di andare con quella carrozza? - chiese Alain esterrefatto da tanta leggerezza.

- Al distaccamento di Saint-Denis! Molti dei nostri sono rimasti feriti oggi, c'è stato anche un morto fra i miei soldati. Voglio accertarmi della situazione... - rispose Oscar quasi seccata.

- Dovreste attraversare mezza città per arrivarci, e con la carrozza della vostra famiglia verreste senza ombra di dubbio presa di mira dai rivoltosi! - le fece notare Alain.

- Quindi? Pensi che non sappia difendermi anche da sola? - replicò Oscar.

- Contro cento persone o più? Certo come no! - controbatté il soldato maledicendo il giorno in cui aveva accettato di farle da guardia del corpo.

- Allora non startene lì a contraddire ogni mia decisione, se sei così preoccupato, sali su e accompagnami - gli propose Oscar spazientita.

Oscar aveva dovuto accettare la presenza di Alain per non ostacolare i piani di André, ma ora che se n'era andato, e con tutto quello che stava succedendo a Parigi, quella decisione iniziava a sembrarle sempre più un follia. Ora capiva quanto la devota e silenziosa presenza di André al suo fianco, fosse stata preziosa in quegli anni. Si sentì una stupida per avergli permesso di lasciarla, anche se per pochi giorni.

- Siete pensierosa - la voce di Alain la riportò indietro in un istante.

- Non è una situazione facile... per me - gli rispose Oscar alzando lo sguardo su di lui.

Più ci pensava e più non riusciva a spiegarsi quella costante tensione che lo prendeva quando quella donna gli stava vicino: era tanto alto che le sue ginocchia a tratti sfioravano quelle di lei, e quella sensazione tanto piacevole aveva iniziato a turbarlo. Eppure, non bastava che il suo comandante fosse la creatura più bella che avesse mai conosciuto: erano sopratutto quei scintillanti occhi azzurri e i segreti che contenevano, ad affascinarlo più di ogni cosa. Non si stupiva che André se ne fosse innamorato, sebbene non comprendesse fino in fondo la completa devozione dell'amico, verso una donna che apparentemente non sembrava ricambiarlo. Se Oscar non fosse stata il suo comandante e non avesse indossato quella dannata uniforme, l'avrebbe corteggiata fino alla morte. L'avrebbe sedotta di sicuro e già s'immaginava la scena, ridacchiando fra sé e sé al pensiero di lei sotto di lui, con la testa riversa in un grido di empio piacere.

Oscar non diceva nulla, lo fissava come se avesse voluto annientarlo, e non a torto pensò lui, se il suo comandante avesse intuito la natura dei suoi pensieri nascosti, gli avrebbe sparato di sicuro.

Un violento scossone li riportò entrambi alla realtà. Alain si era fatto prendere troppo dai suoi sogni proibiti e non era stato attento; la carrozza dove viaggiavano si era fermata a causa dell'immane folla che gli era parata davanti. Erano armati, minacciosi e brandivano di tutto: forconi, pale, mazze e quant'altro potesse servire per attaccare o a difendersi, per fortuna non avevano fucili, ma essendo quasi tutti uomini grandi e grossi quanto lui, la cosa lo impensierì parecchio.

- State indietro comandante, non è sicuro! - l'ammonì Alain più preoccupato che mai.

Oscar non lo ascoltò affatto e aprì lo sportellino, affacciandosi fuori per capire cosa stesse succedendo. Lo sbaglio più grande che potesse fare, visto che venne subito trascinata via sotto lo sguardo incredulo e atterrito di Alain e di un altro dei suoi soldati di scorta. Alain non ci pensò due volte e si gettò fuori facendosi strada fra i rivoltosi a calci e pugni pur di raggiungerla e strapparla alle mani di quei vigliacchi, mentre la carrozza veniva ribaltata a data alle fiamme il soldato si fermò un istante, incassando ripetutamente più di un colpo di bastone pur di capire dove Oscar si potesse trovare.

Quando riuscì a sentire la sua voce gridare nella folla e capì da che direzione arrivasse, Alain fece ricorso a tutte le sue forze per arrivare a lei, e finalmente la vide. Oscar era riversa a terra in ginocchio con le mani sopra la testa, cercando disperatamente di difendersi da quegli uomini infuriati, fino a che un calcio allo sterno le tolse completamente il fiato. Accecato da una rabbia incontrollabile Alain si lanciò su di loro come una belva, spaccando più di una mascella e qualche osso, prima di riuscire a trascinarla al sicuro.

Nel frattempo alcuni colpi di fucile sparati in aria disorientarono molte persone, aprendogli un varco e una via di fuga.

- Oscar! - qualcuno alle sue spalle l'aveva chiamata per nome e Alain si girò per capire di chi si trattasse.

Era certamente un nobile quell'ufficiale a cavallo che l'aveva riconosciuta, l'uomo li raggiunse aiutando Alain a portare Oscar in un vicolo non lontano.

- Oscar! Oscar va tutto bene? Maledizione... non respira regolarmente - disse poi il giovane ufficiale adagiandola a terra.

- F-Fersen... siete voi? - finalmente Oscar riuscì a riprendere i sensi.

- Si Oscar, sono io... - le mormorò Fersen felice di costatare che stava bene.

- E André? Dov'è André? L'avete visto, che cosa gli anno fatto... Andrè! Lasciatemi andare, devo aiutarlo, devo aiutare il mio André! - gridò lei come impazzita.

Fersen si guardò attorno smarrito, per poi incontrare lo sguardo addolorato e incredulo del soldato della guardia che aveva aiutato a soccorrerla.

- Sì, certo. Aspettate qui madamigella Oscar, andrò io a salvare il vostro amico! - ribatté Fersen scambiandosi un'occhiata d'intesa con Alain.

- Monsieur, André non era con noi quando siamo stati aggrediti, è partito giorni fa... Mettevi in salvo, penserò io al mio comandante- gli rispose tristemente Alain.

- Disperderò la folla con i miei uomini per aiutarvi, così potrete mettervi in salvo. Di più non posso fare - lo rassicurò Fersen rimontando se pur a malincuore a cavallo.

Alain si avvicinò a Oscar rendendosi conto solo in quel momento che non era lucida. Quando la toccò scottava: doveva avere la febbre molto alta, per questo delirava senza rendersi conto della realtà.

- André, sei tu? Sei tornato? - lo chiamò ancora Oscar.

- Comandante, sono io... Alain! -

- Sono così felice che tu sia tornato... oh André... André - mormorò ancora lei cercando le sue labbra.

Oscar aveva avvicinato la bocca alla sua, premendola ansiosa contro quelle labbra a cui tanto anelava, e che inizialmente, lui aveva tenuto serrate. Le baciò finché non divennero morbide e umide, aprendosi finalmente a ricevere le sue, accompagnate dal suo sapore caldo e dolce. Mentre due braccia forti e robuste la sollevavano da terra, a Oscar parve di sentire ancora il suono calmo e rassicurante della sua voce, e di vedere lo scintillio del suo unico occhio aperto su di lei, prima di svenire una seconda volta.

Alain la strinse maggiormente a sé quando la sentì crollare di peso, uscendo da quel vicolo sudicio e oscuro riuscì a vedere chiaramente qualcuno di famigliare avvicinarsi a lui, tenendo per le redini uno dei cavalli prima attaccati alla loro carrozza.

- Grazie a Dio anche voi state bene- esordì uno dei suoi commilitoni scampati all'aggressione.

- Sì, grazie a dio! - replicò serio Alain.

E quella fu l'unica cosa che il giovane soldato riuscì a dire.






André prese la strada verso l'abitazione di Joséphine nella luce dorata della sera, che lentamente avvolse l'intera cittadina di Charleroi, poco prima del tramonto. C'era poca gente in giro perché erano quasi le sette, e tutti si stavano recavano presso le loro case per cenare. Non gli era sembrata l'ora più opportuna per far visita a sua madre, ma lui e Gilbert avevano cavalcato più una mezza giornata per arrivare a destinazione e avevano dovuto trovare un alloggio, riposare e cambiarsi d'abito prima di appressarsi alla lussuosa residenza dove la donna viveva con la sua nuova famiglia. Oltrepassò un ponte ricurvo che attraversava un fiume fra due grandi chiese e si appoggiò al parapetto, per ammirare il lento scorrere di quell'imponente corso d'acqua che attraversava la città dividendola in due.

Era piovuto molto da quelle parti e quelle acque scure in cui si stava specchiando, correvano profonde, trascinavano con sé tutto quello che avevano travolto lungo il loro viaggio. Si stranì quando una carrozza gli passò accanto e lo schiamazzo di un bambino che piangeva lo distrasse dai suoi cupi pensieri, perché era partito? Come aveva potuto lasciare il calore del letto di Oscar per una persona che non conosceva e che probabilmente, malgrado tutto, alla fine l'avrebbe respinto come aveva fatto la prima volta che l'aveva abbandonato?

- Ho paura... non credo di riuscire a farlo - confessò André al giovane Gilbert.

- Ma André, avete fatto tanta strada per incontrare questa persona, fate almeno un tentativo - lo incoraggiò il ragazzo.

Alle sue spalle le campane batterono l'ora con sette solenni rintocchi e André alzò lo sguardo verso la fine della strada, chiedendosi e a quell'ora sua madre fosse già a tavola.

La immaginò seduta con la sua famiglia a desinare con squisiti manicaretti, una minestra forse, e poi pesce, quindi una torta o dei biscotti, tutto mandato giù con un buon bicchiere di vino rosso o un tè dolcissimo e bollente. C'era un che di consolatorio in quel pensiero visto che lui non aveva mai avuto il privilegio di mangiare con la sua famiglia, né tanto meno di conoscerla. Nemmeno li ricordava, si rese conto che quel bisogno di sentirsi parte di qualcosa, ora che l'oscurità gli avrebbe strappato tutto quello che conosceva, era stata la ragione principale che l'aveva spinto a partire. In ogni caso Gilbert aveva ragione, doveva tentare, così si fece coraggio, e una volta davanti a quella porta bussò, attendo una risposta che non tardò ad arrivare.

- Sì? Chi devo annunciare Signore? - un servitore vestito di tutto punto aprì la porta scrutandolo da capo a piedi.

- Mi chiamo Grandier, vorrei parlare con la vostra padrona per piacere - esordì lui al quanto in imbarazzo.

- Madame è impegnata al momento, come avete detto di chiamarvi? - domandò ancora l'uomo.

- Mi chiamo André Grandier, e vorrei interloquire con la vostra padrona ... - ripeté André alzando di poco il tono della voce.

Malgrado gli abiti eleganti e il giovane Gilbert nelle veci di accompagnatore, l'uomo sembrava restio, così André pensò bene di mostrare al servo una delle lettere di sua madre riportante l'indirizzo di quella casa.

- Prego accomodatevi, Madame è nella sala della musica adesso. Quando finirà i suoi esercizi quotidiani l'avviserò della vostra visita, poi vi darà udienza - lo informò l'uomo prima di lasciarlo solo nell'immenso atrio della casa.

André alzò lo sguardo sulle grandi scale di marmo, sulle arcate e i tappeti, come sugli eleganti arredi e gli affreschi che adornavano ogni angolo della casa, prima di accomodarsi in una piccola sala d'attesa. Era abituato a tanto lusso, anche se quello sfarzo non era nemmeno lontanamente paragonabile a quello di casa Jarjayes o della reggia di Versailles, si disse, mentre un altro personaggio faceva il suo ingresso nella casa.

- Ci sono ospiti signore... - tagliò corto lo stesso individuo che li aveva accolti all'entrata.

- Ospiti? - domandò una voce maschile.

- Sì, signore. Un certo André Grandier, attende Madame nel salottino. Vi porto da bere? - aggiunse il servitore.

Il rumore di un passo agile e sicuro raggiunse in fretta l'orecchio di André, e una mano fasciata da un guanto bianchissimo spalancò la porta, facendolo trasalire. André si alzò in piedi di scatto, ritrovandosi di fronte un giovane uomo in uniforme, un ufficiale dell'esercito belga dai tratti così familiari e simili ai suoi da farlo restare senza parole.

- Signore io sono ... - balbettò poi André cercando di presentarsi.

- V-Voi siete lui? Siete lui, mio fratello? Siete André, il figlio di Robert Grandier. Non è così? - gli chiese entusiasta il ragazzo di fronte a lui.

- Sì, signore, sono io - affermò André.

Colto di sorpresa André si tolse dal collo il ciondolo col ritratto di sua madre, per consegnarlo nelle mani del fratello, e comprovare la veridicità delle sue affermazioni. Ma non fece in tempo a farlo che il giovane scappò letteralmente via dalla stanza, chiamando a squarciagola la madre, che nel frattempo, atterrita dalle grida del figlio minore, aveva cessato di cantare.

Joséphine uscì dalla sala della musica col cuore in gola, e solo quando incontrò il figlio sulle scale che portavano ai piani superiori della casa e lo vide in buona salute, riuscì a calmarsi.

- Alexader che ti prende? Perché hai gridato? - domandò la donna ancora spaventata.

- Non riesco a dirvelo a parole Maman, dovete vederlo coi vostri occhi, per crederci - le rispose Alexander trascinandola con se fino al salotto dove André stava aspettando.

Quando entrò in quella stanza, Joséphine non ebbe parole per descrivere l'emozione di quel momento. Le si fermò il respiro nel rivedere quel volto tanto caro: suo figlio possedeva i tratti dell'unico uomo che avesse mai amato veramente, e restò in silenzio per un lungo e infinito istante, a contemplarne la bellezza. Le parve di sentire ancora il vagito disperato del suo bambino mentre veniva al mondo, e quello altrettanto straziante di quando lo avevano strappato dal suo petto ancora gonfio di latte. Cedette ad un pianto irrefrenabile e liberatorio, quando lo avvicinò per sincerarsi che suo figlio fosse davvero tornato da lei. La sua presenza, diede finalmente una risposta a tutte le sue domande.

- André... sei un uomo adesso. Ma guardati, sei il ritratto di tuo padre - mormorò Josèphine in lacrime.

La mano delicata e gentile di sua madre gli si posò sul volto accarezzandolo, e lui la sfiorò con la propria, cercando in quel contatto la forza di reagire o di dire qualcosa di sensato. Ma la donna non gli chiese nulla, se non quell'abbraccio tanto anelato in cui sia lei che André poterono finalmente ritrovarsi.



 
   
 
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