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Autore: Furbymemi1D    27/08/2017    0 recensioni
Basta un istante per sconvolgere un'esistenza.
A cambiare quella di Louis, diciassette anni, è stato l'incidente in cui è morto un suo caro amico. E lui ha visto addensarsi di nuovo le ombre scure che lo perseguitano da quando è bambino. Guardato con sospetto dalla polizia e da chi lo ritiene responsabile della morte dell'amico, Lou- così lo chiamano tutti - è costretto a entrare in un istituto correzionale. Nessun contatto con il mondobesterno, telecamere di sorveglianza, ragazzi e ragazze dal passato oscuro e disturbato sono tutto ciò che trova alla scuola Sword & Cross.
E poi appare Harry. Il cuore di Lou gli dice di averlo già incontrato, ma
nella sua mente si accendono solo rari lampi di ricordi troppo brevi per essere veri. Soltanto quando rischia di perderlo, Harry decide di uscire allo scoperto: i loro cuori si conoscono da sempre, da tutte le vite che Lou nonbricorda ancora di aver vissuto.
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Questa storia non è mia. Tutti i diritti vanno a Lauren Kate, l'autrice di questa magnifica saga.
Genere: Drammatico, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
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HELSTON, INGHILTERRA,
SETTEMBRE 1854
Verso mezzanotte, infine, gli occhi presero forma. Lo sguardo era felino,determinato e incerto allo stesso tempo... prometteva guai. Sì, erano proprio i suoi occhi. Si aprivano sotto la bella fronte aggraziata, a pochi centimetri dalla scura cascata dei capelli.
Tenne il foglio davanti a sé, per valutare i progressi. Era difficile lavorare senza di lui, ma non avrebbe mai potuto disegnarlo in sua presenza.
Da quando era arrivato da Londra - no, da quando l'aveva visto per la prima volta - aveva dovuto preoccuparsi di tenerlo sempre a distanza.
Lo sentiva ogni giorno più vicino, e ogni giorno era più difficile del
precedente. Ecco perché sarebbe partito il mattino dopo.
Americhe, India...non lo sapeva e non gli importava. Dovunque fosse finito, sarebbe stato più facile che restare lì.
Si chinò di nuovo sul disegno. Corresse con il pollice la sbavatura del
carboncino sulle labbra sottili, sospirando. Quel foglio inanimato,
impostore crudele, era l'unico modo che aveva per portarlo con sé.
Poi, raddrizzandosi sulla sedia di pelle della biblioteca, lo sentì. Quel
lieve calore sulla nuca.
Lui.
La sua sola vicinanza gli dava una sensazione insolita, simile al calore emanato dal legno che si sfalda in cenere in un fuoco. Lo sapeva senza voltarsi: Lui era lì.
Appoggiò il ritratto a faccia in giù sui libri che aveva in grembo, ma non poteva sfuggirgli.
Lo sguardo gli cadde sul divano color avorio del salotto, dove poche ore prima lui era apparso inaspettatamente, quando i suoi amici ormai erano già arrivati, in un abito di seta blu, per applaudire la bella esibizione al clavicembalo della figlia maggiore del padrone di casa. Scoccò un'occhiata alla stanza, e poi alla veranda oltre la finestra, dove il giorno prima lui gli si era avvicinato furtivo, reggendo un mazzolino di peonie selvatiche bianche.
Era ancora convinto che l'attrazione per lui fosse innocente, che i loro
frequenti incontri nel gazebo fossero solo... liete coincidenze. Quanto era ingenuo! Non gli avrebbe mai raccontato la verità: quello era il suo segreto.
Si alzò e si voltò, lasciando i disegni sulla sedia. Ed eccolo lì, vestito di
nero, appoggiato alla tenda di velluto rossa. La frangia castana posata delicatamente sulla fronte..
Aveva lo stesso sguardo che lui aveva disegnato così tante volte. Le sue guance erano accese. Era arrabbiato? Imbarazzato? Desiderava saperlo, ma non poteva permettersi di chiederlo.
«Cosa ci fate qui?» Sentì l'acredine nella propria voce, e si pentì di tanta asprezza, sapendo che lui non avrebbe mai capito.
«Non... non riuscivo a dormire» balbettò lui, avvicinandosi al fuoco e alla sua sedia. «Ho visto la luce accesa nella vostra stanza e poi...» tacque, guardandosi le mani «... il vostro baule fuori dalla porta. Siete in partenza?»
«Ve l'avrei detto...» e s'interruppe. Non doveva mentire: non aveva mai
avuto intenzione di metterlo a parte dei suoi piani. Avrebbe solo reso le cose più difficili. Si era già spinto troppo oltre, nella speranza che quella volta sarebbe stato diverso.
Lui si avvicinò, e il suo sguardo si posò sull'album.
«Mi stavate facendo un ritratto?»
La sorpresa nella sua voce gli ricordò l'abisso di conoscenza che li
divideva. Dopo tutto il tempo trascorso insieme nelle ultime settimane, lui non aveva la più vaga idea di che cosa si nascondesse dietro quell'attrazione.
Era un bene, o, quantomeno, era meglio così. Negli ultimi giorni, da
quando aveva deciso di partire, aveva fatto di tutto per tenersi lontano da lui. Riuscirci aveva richiesto un tale sforzo che, non appena si era ritrovato da solo, aveva dovuto cedere al desiderio represso di ritrarlo. Aveva riempito l'album di bozzetti del suo collo arcuato, della sua clavicola marmorea, del castano dorato dei suoi capelli.
Ora riguardava i disegni. Ciò che provava non era vergogna per essere stato sorpreso a ritrarlo, ma qualcosa di molto peggio. Un brivido gelido lo pervase al pensiero che quella scoperta - la manifestazione fisica di ciò che lui provava - l'avrebbe distrutto. Avrebbe dovuto essere più cauto.
Cominciava sempre allo stesso modo.
«Latte caldo con un cucchiaio di melassa» mormorò, continuando a dargli le spalle. Poi aggiunse, triste: «Vi aiuterà a dormire.»
«Come fate a saperlo? E' proprio quello che mia madre...»
«Lo so» disse lui, voltandosi verso di lui. Non era sorpreso dallo stupore nella voce di lui, eppure non poteva spiegargli perché, o dirgli quante volte in passato, al calar delle tenebre, gli aveva preparato la medesima bevanda, o l'aveva tenuto fra le braccia finché non si era addormentato.
Sentì il tocco di lui come fuoco attraverso la camicia, sentì la sua mano leggera sulla spalla, e trattenne il respiro. Non si erano ancora toccati in questa vita, e il primo contatto lo lasciava sempre senza fiato.
«Rispondetemi» sussurrò lui. «State partendo?»
«Sì.»
«Allora portatemi con voi» disse, precipitoso. E in quel momento, lui lo vide trarre un profondo respiro, come se si fosse pentito del suo appello. Dal corrucciarsi della fronte riusciva a cogliere le emozioni che si susseguivano in lui: prima l'impeto, poi lo sconcerto, infine la vergogna per la propria sfrontatezza. Era sempre così, e troppe volte in passato lui aveva commesso l'errore di consolarlo in quel preciso momento.
«No» sussurrò allora, ricordando... ricordando sempre... «Salperò domani. Se tenete a me, non dite un'altra parola.»
«Se tengo a voi» ripetè lui, come parlando a se stesso, «io... io vi amo...»
«No.»
«Devo dirvelo. Io... io vi amo, ne sono certo, e se voi partite...»
«Se parto, vi salverò la vita.» Parlò lentamente, cercando di raggiungere la parte di lui in grado di ricordare. Se anche ci fosse stata, dov'era sepolta?
«Certe cose sono più importanti dell'amore. Non capirete, ma dovete fidarvi di me.»
Gli occhi di lui lo trafissero. Fece un passo indietro, incrociò le braccia sul petto. Anche di questo lui era responsabile: quando gli elargiva le proprie verità dall'alto riusciva sempre a scatenare il suo lato sprezzante.
«Intendete dire che ci sono cose più importanti di questo?» lo sfidò lui, afferrandogli le mani e portandosele al cuore.
Oh, poter essere lui e non sapere che cosa stava per succedere! O almeno essere più forti di così, e riuscire a fermarlo. Se non l'avesse fermato, lui non avrebbe mai capito, e il passato si sarebbe ripetuto ancora, torturandoli senza fine.
A quel tocco, al calore familiare della sua pelle, lui gettò indietro il capo e gemette. Cercava di ignorare quanto fosse vicino, quanto conoscesse bene la sensazione delle sue labbra sulle proprie, quanto fosse amara la consapevolezza che tutto questo dovesse finire. Ma le dita di lui cercavano le sue con tanta leggerezza... Riusciva a sentire il cuore di lui battere tumultuoso sotto la camicia.
Aveva ragione. Non c'era niente di più importante.
Non c'era mai stato. Stava per arrendersi e prenderlo tra le braccia, quando colse il lampo nei suoi occhi. Come se avesse visto un fantasma.
Fu lui a ritrarsi, portandosi una mano alla fronte.
«Ho una sensazione stranissima» sussurrò.
No... Era già troppo tardi?
Lui socchiuse gli occhi come nel ritratto; si avvicinò di nuovo, e gli mise le mani sul petto, le labbra in attesa. «Penserete che sono pazzo, ma sarei pronto a giurare che sono già stato qui...»
Allora era davvero troppo tardi. Guardò in alto con un brivido: riusciva
quasi a sentire l'oscurità discendere su di loro. Colse l'ultima occasione di afferrarlo, di stringerlo come aveva desiderato ardentemente per settimane.
Non appena le loro labbra si fusero, entrambi rimasero indifesi. Il sapore di caprifoglio sulla bocca di lui gli diede le vertigini. Più lui gli si stringeva, più sentiva contrarsi le viscere per l'emozione e l'angoscia di ciò che
stava accadendo. La lingua di lui trovò la sua, e il fuoco tra loro divampò, più luminoso, più ardente, più feroce a ogni nuovo tocco, a ogni nuova esplorazione. Eppure niente di tutto questo era nuovo.
La stanza tremò. Un'aura prese a brillare attorno a loro.
Lui non si accorse di nulla, inconsapevole, ignaro di tutto al di fuori di
quel bacio.
Lui soltanto sapeva che cosa stava per accadere, quali oscuri guardiani stavano per precipitarsi sulla loro unione. Anche se ancora una volta non poteva modificare il corso degli eventi, lo sapeva.
Le ombre vorticarono sopra di loro, così vicine che lui avrebbe potuto
toccarle. Così vicine che si chiese se anche lui riuscisse a sentire ciò che sussurravano.
Osservò la nuvola passare sul volto di lui. Vide, per un istante, una
scintilla di comprensione brillare nei suoi occhi.
Poi non ci fu più nulla.
   
 
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