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Autore: belle_delamb    28/08/2017    3 recensioni
Ecco una raccolta di storie su quanto possa essere oscuro l’amore, soprattutto se interviene la magia. Fate innamorate di mortali, ragazze tanto gelose da uccidere, scienziati desiderosi di creare la moglie perfetta, antiche maledizioni, uomini dei sogni oppure usciti da un qualche libro e tanto altro.
Partecipa al Challenge: Mal d’amore challenge
Genere: Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La stavo studiando da qualche giorno: Lucy von Wordak, ricca ereditiera di bella presenza. Bionda, carnagione pallida, fisico slanciato, occhi penetranti. Doveva essere mia, lei e il suo patrimonio. Sedurla non sarebbe poi stato troppo difficile, ne avevo sedotte tante di donne e nessuna si era rivelata resistente al mio fascino. Ero certo che lei sarebbe cascata come altre, dovevo solo trovare l’occasione giusta per entrare nella sua vita. E alla fine l’attesa fu premiata: m’infiltrai al compleanno di un suo amico. La musica era troppo assordante per il mio udito fine e il rumore di tutti quei cuori mi faceva impazzire, ma non c’erano molte altre scelte. Dovevo agire in fretta e poi fuggire nella notte, possibilmente con la mia preda. Ed eccola là, la vidi al bancone, seduta su uno sgabello con le gambe accavallate, teneva un bicchiere con una mano, lo sguardo annoiato perso davanti a sé. Quello era il momento giusto. Mi buttai in avanti e la raggiunsi.
-Posso offrirti qualcosa?- le chiesi.
Lei mi guardò in malo modo. –Non accetto bevande dagli sconosciuti-
Scoppiai a ridere. –Io sono John – dissi porgendole la mano.
Lei non si mosse. –Ora sei uno sconosciuto di nome John -
-E il nome non ti piace?-
-Non molto a dire il vero-
-Mi hanno sempre detto che ho un bel nome-
-A me non piace-
Era pur sempre un contatto iniziale. Mi sedetti al suo fianco e ordinai una bevanda anche se sapevo già che non l’avrei toccata. Io non bevevo mai … alcolici.
-Non mi hai detto il tuo nome- dissi.
-Non voglio dirtelo-
Detestabile. Doveva ringraziare i suoi averi e il suo fisico se non demordevo. –Allora cercherò d’indovinare-
-Fai come credi-
-Bella, ti chiami Bella-
Lei scosse la testa sbuffando.
-Allora sei Gemma, brilli come una gemma-
Scosse nuovamente la testa e vidi un leggero sorriso che le piegava le labbra.
- Lucy – dissi in fine.
Lei mi fissò sorpresa un attimo prima di riprendere un’espressione neutrale. –Perché proprio Lucy?-
-Perché sei bellissima-
Le sfuggì una risatina. –Non è una risposta-
-E la tua non è una domanda-
La ragazza scoppiò a ridere. –Hai avuto solo fortuna-
-Magari è destino-
-Oppure sei uno stalker -
-Ti sembro uno stalker?-
-Potresti-
Fanciulla interessante. –Come posso dimostrarti di non esserlo?-
-Andandotene-
-E se io non volessi?-
-Potrei considerarle molestie sessuali- disse sempre con il sorriso.
-Non rimani mai senza parole, eh?-
-Questo è una cosa che mi dicono in molti-
Sorrisi, certo di poterle fare ancora abbassare le difese. –Mi piacciono le ragazze che sanno cosa dire-
-A me no-
-Un carattere difficile-
-Già- e qualcosa oscurò il suo sguardo limpido. Avevo toccato un tasto dolente. –A volte però bisogna vedere cosa ci sta dietro-
-Una vita complicata- tentai.
-Più o meno- scosse la testa –anche tu?-
-Sì- dissi, senza mentire –ho avuto le mie difficoltà-
-La vita sa essere molto ingiusta- sussurrò lei, perdendo la spavalderia di poco prima.
Avevo fatto breccia nel suo cuore? Troppo presto per dirlo. Non dovevo abbassare la guardia, altrimenti sarebbe stata la fine e avrei perso l’opportunità di conquistarla per sempre. Sorrisi e mi strinsi nelle spalle. –Molte volte la vita è un vero disastro, il trucco è guardare la direzione giusta-
-Un messaggio di speranza- mormorò lei, scuotendo la testa.
-A volte deve esserci spazio per la speranza-
Lei annuì.

Quello fu solo il primo di una serie d’incontri. Lucy si rivelò una ragazza interessante oltre che di bell’aspetto. Le piaceva l’arte, la letteratura e soprattutto aveva un debole per la psicologia.
-Avrei voluto diventare una psicologa- mi confidò una sera –ma mio padre non volle, una Von Wordak studia giurisprudenza, non psicologia-
-Sei ancora in tempo-
-Oh, ma adesso mi manca la voglia-
-Se una cosa ti piace non dovresti rinunciarci-
-Tu hai mai rinunciato a qualcosa?-
-A tante cose- ammisi.
-Allora siamo simili in fondo … entrambi disillusi-
-Già, purtroppo penso che in questa vita non si possa essere altro- dissi e mi avvicinai un po’ di più a lei, con la speranza di tentare un approccio.
Lei fissava immobile di fronte a sé, simile ad una statua più che a una donna. Non avevo mai visto creatura più elegante. Le cinsi le spalle con un braccio e lei ancora non si mosse. Potevo sentire il suo profumo. Lavanda, sì, un sentore di lavanda. Avvicinai le mie labbra alle sue.
-No, aspetta- disse lei, tirandosi indietro.
-Cosa?-
-Non mi sento pronta-
Il desiderio di baciarla stava diventando una vera tortura. Le passai le dita tra i capelli, accarezzandole la nuca. –È solo un bacio-
-Non è solo un bacio- dissi, scattando indietro –non è mai solo un bacio-
-Aspetta- allungai le braccia verso di lei, ma Lucy si era già alzata e stava indietreggiando.
-Mi dispiace, non volevo farlo-
-Aspetta, io … -
Non servì a nulla, lei si voltò e corse via.

Passai i giorni seguenti a sognarla e le notti a cercarla, ma sembrava che Lucy non si volesse far trovare, quasi riuscisse a scomparire nel nulla e io non mi ero mai sentito così sperso come in quel momento senza di lei. La desideravo e mi ritrovavo a pensare a mia madre quando da bambino mi teneva sulle ginocchia, con quel viso dolce, così simile a quello di Lucy. Incredibile la loro somiglianza, non solo nel fisico, ma anche nei modi di fare. Identico anche quel leggero difetto di pronuncia per il quale entrambe non riuscivano a pronunciare la erre e quindi la trascinavano. Delizioso. Alla fine, non potendo più resistere, mi presentai a casa sua, suonando il campanello in una notte temporalesca.
-So che sei in casa- urlai, quando vidi che lei stava indugiando.
Un attimo dopo la porta si aprì e la potei vedere, pallida e bellissima nel suo pallore, ferma sulla soglia, i capelli leggermente mossi dal vento. –Non avresti dovuto venire- mormorò –non ricordavo neanche di averti detto dove abitavo-
-Invece sì, probabilmente non lo ricordi- mentii.
-Forse … perché sei venuto?-
-Volevo vederti- e non ero mai stato più sincero in vita mia.
-Io no- fece per richiudere la porta ma io la bloccai.
-Aspetta un attimo-
Lei scosse la testa. Non vedeva l’ora che andassi via, era palese, io però non ero dello stesso parere.
-Mi sei mancata, Lucy -
-Addirittura? Ci conosciamo appena-
-Credi all’amore a prima vista?-
-Credo a molte cose ma non a questo- e scosse la sua bellissima testina.
-Nemmeno io ci credevo-
-Parli al passato?- chiese lei, ridacchiando.
-Chissà perché-
-Non dirmi che ora ci credi- disse con aria di sfida.
-Non cambio facilmente idea-
-Io sì- esclamò lei per poi scoppiare a ridere. –Non ti arrendi proprio-
-Arrendersi? Non so nemmeno cosa voglia dire-
Lucy rise ancora, una risata argentina. –Lo ammetto, sei un tipo interessante- e si fece da parte.
-Posso considerarlo un invito?- chiesi, non potendo entrare se non espressamente invitato.
-Entra- disse lei ridendo –sei proprio strano-
E non immaginava nemmeno quanto. La superai e inspirai a fondo. Ero venuto lì con la segreta speranza di riuscire a morderla e portare così a termine ciò che avevo progettato fin da principio. Purtroppo sapevo che non ci sarei riuscito, impossibile, assomigliava troppo a mia madre. Mi accomodai sul divano, dove lei m’indicò e la osservai prendere posto di fronte, sistemandosi la gonna. Era di una bellezza statuaria, splendente, una di quelle che era difficile da vedere in giro, una bellezza appartenente ad altri tempi, altri luoghi. La osservai con il cuore che minacciava di uscirmi dal petto tanto forte mi batteva.
-Allora, cosa vuoi?- mi chiese Lucy.
-Solo vederti-
Lei scoppiò a ridere. –Intendevo da bere, vuoi qualcosa da bere?-
Scossi la testa.
-Non ti ho mai visto bere … sei proprio strano-
-Sì, la persona più strana che incontrerai mai- anche mia madre mi diceva sempre che ero strano.
-Nonostante ciò mi piaci-
Quelle parole, di una naturalezza incredibile, mi lasciarono a bocca aperta. Era quindi una dichiarazione quella? Aprii la bocca per dire qualcosa, ma prima di riuscirci me la ritrovai tra le braccia. Ci baciammo e fu un bacio così delizioso che ne rimasi inebriato. La sollevai da terra e lei mi colpì in testa.
-Sul tavolo- ordinò.
-Dove?-
-Per di là-
La portai in braccio fino al tavolo, quindi la depositai là sopra. Lei si strinse ancora di più a me con le gambe, togliendomi allo stesso tempo la camicia. Sentii le sue unghie incidermi la pelle e i suoi capelli ricoprirmi il viso. Era quello l’amore? O era solo passione? Non lo sapevo, ma mi piacque comunque. Fu intenso e bellissimo. Non mi ero mai sentito così bene.
-Devi andartene- disse Lucy, non appena avemmo finito –devi andartene immediatamente-
-Perché?- chiesi, deluso.
-Vattene- mi spinse via –non voglio vederti mai più-
E mi ritrovai nella notte, solo, com’ero sempre stato.

Il ricordo di Lucy, del suo corpo premuto contro il mio, mi perseguitava, non mi permetteva quasi di respirare, anche se io non avevo veramente bisogno del respiro per vivere. Vagavo per le strade, ipnotizzavo le fanciulle a cui bevevo qualche goccia di sangue, per poi lasciarle tornare alla loro banale vita, ebbre di un po’ d’immortalità. In realtà io desideravo il sangue di un’altra ragazza e questo desiderio mi tormentava come un dolore fisico. Alla fine mi ritrovai nuovamente di fronte a casa sua e, dopo essermi detto mille volte che non lo avrei fatto, bussai nuovamente alla sua porta.
- Lucy – urlai.
Nessuna risposta. Sbattei con forza contro la porta, fuori di me.
- Lucy, apri, io ti amo- quelle parole sconvolsero anche me non appena le dissi. L’amavo veramente? Oppure era solo un trucco per convincerla ad aprire dopo il quale l’avrei divorata? Non lo sapevo, l’avrei scoperto solo se lei avesse aperto quella porta, cosa che non fece. Poco prima dell’alba me ne andai, solo, in lacrime e sconfitto. Mi sembrava di non aver mai subito una simile delusione nella mia lunga vita.

Passò quasi un mese ma il ricordo di Lucy era fisso in me e non voleva saperne di andarsene. Mi ritrovavo a passare sotto casa sua ogni notte, senza sapere com’ero giunto fin lì e con il folle desiderio di entrarvi a tutti i costi pur di vederla. Sapevo però che la cosa non avrebbe risolto nulla. E poi una notte lei finalmente aprì.
-Entra- mi ordinò.
E io ubbidii, più felice che mai. Ci accomodammo in salotto, dove lei si accese una sigaretta e mi fissò pensierosa.
-Ammetto che vorrei sapere perché ti sei fissato così tanto con me, sono proprio curiosa- Non mi aspettavo un tale incipit, ma era sempre meglio del silenzio.
-Allora? Aspetto la risposta-
-Sei identica a mia madre-
Lucy distorse il viso, poi scoppiò a ridere, una risata profonda che le tramutò il volto, ringiovanendola. –Stai scherzando-
-No-
-Oh- aggrottò le sopracciglia –sei preda del complesso edipico quindi?-
-Può darsi-
-Non ci posso credere … beh, raccontami un po’ di tua madre allora-
-In realtà non la vedo da molto-
-Una brutta lite?-
-Con mio padre-
-Fammi indovinare: a causa di tua madre?-
-Per niente, mio padre pensava che fosse colpa mia se mia sorella era morta-
Il sorriso sparì dalle labbra di Lucy. –Oh, mi dispiace-
-Ormai ho imparato a conviverci, lei cadde dalle scale quando io dovevo guardarla, ma quando si è molto giovani non si pensa ai bambini, o sbaglio?-
-Hai ragione- mormorò lei.
-Mio padre però non la pensava così, per lui ero un disonore, lo sono sempre stato in realtà, poi tra lui e Margaret c’era un rapporto speciale, era la sua piccola bambolina- sorrisi al ricordo di mia sorella, i morbidi boccoli dorati, i grandi occhi castani e le guancie paffutelle –sembrava un angioletto, le piaceva correre per i corridoi, voleva diventare una grande ballerina, come quelle che si vedono a teatro, era brava e caparbia-
-Devi aver sofferto molto-
-Come tutta la famiglia-
-E tua madre?-
-Mia madre mi difese, proprio come faceva sempre, ma penso che in fondo anche lei pensasse che fosse colpa mia, forse credeva addirittura che l’avessi spinta io-
-Non penso-
-Sì invece, ho questo dubbio atroce-
Lucy si alzò e potei vedere come le stava divinamente l’abito sui fianchi, sembrava che le fosse stato cucito addosso, una seconda pelle, un vero spettacolo da lasciare a bocca aperta. Mi alzai a mia volta, rapito da quello spettacolo. Era bellissima, una creatura che pareva provenire da un altro mondo, da altri luoghi, molto lontani. La raggiunsi rapidamente e la presi tra le braccia. Lei non parve notarlo, come se si trovasse in un altro posto, come se io non esistessi o fossi insignificante per lei.
-Ti amo- mormorai.
-No, tu rivedi in me tua madre, è diverso-
-Perché mai? Tu non sei mia madre, io posso amarti-
-Forse- mormorò assente.
La baciai.
Trascorsi il giorno seguente nascosto nella sua stanza, le tapparelle abbassate per non permettere alla luce di entrare. Lei mi aveva riso in faccia quando aveva saputo che ero un vampiro.
-Questo è decisamente impossibile- aveva commentato.
-Invece no-
-Raccontami tutto, voglio sapere qualsiasi cosa su voi principi della notte-
Ammetto che inventai parecchie cose, la vita dei vampiri è parecchio noiosa in verità. Sempre le stesse cose, mai nulla di nuovo. Sangue, notti, dolci amori destinati a diventare polvere, molta solitudine. Tanta tristezza. Non potevo certo dire quello a Lucy, l’unica soluzione era quindi quella d’inventare una storia felice e avventurosa.
-Deve essere una gran bella vita- disse Lucy con un sorriso provocante, come il suo corpo ignudo sotto le lenzuola –ma a me non piacerebbe-
-Come mai?-
-Non so, troppe avventure, troppe persone, troppo di tutto, le cose devono essere misurate, per questo la vita non è eterna, altrimenti ci sarebbe troppo posto per tutto ciò che facciamo e ci perderemmo al suo interno-
Risi a quella folle visione del mondo. –Essere immortale ha i suoi lati positivi, puoi vedere epoche che non avresti mai pensato che arrivassero-
-Questo è un bene o un male?-
-Non so, dipende dai punti di vista- mormorai, attirandola a me –sinceramente ora non voglio pensarci-
-E poi vedere tutti coloro che si amano morire, deve essere atroce-
-Certo, ma dopo un po’ è brutto da dirsi, ma ci si abitua-
-Come in ogni cosa-
-S’impara a considerare le persone come cose di passaggio, qualcosa che se ne va per non ritornare più-
- Anch’io sono qualcosa di passaggio quindi?- chiese lei, con voce curiosa.
-Tu sei diversa-
Scoppiò a ridere. –Voi vampiri non siete poi tanto diversi dagli essere umani di sesso maschile, sai? Anche loro dicono che sei diversa e poi se ne vanno, è una vecchia e triste storia-
Come potevo spiegarle che non mentivo? Io provavo davvero qualcosa di molto profondo per lei, l’amavo per davvero, un sentimento mai provato per nessuno fino a quel momento. Potevo però dirglielo? Mi avrebbe creduto? Non dissi nulla, restai in silenzio, certo che fosse troppo prematuro esprimere i miei sentimenti in quel momento. Lei si sporse in avanti e mi baciò.
-Ma per oggi voglio crederti, voglio pensare di essere davvero diversa per te-
Non dissi nulla, il silenzio in quel momento era il mio migliore amico, e lasciai che lei si stringesse a me.

La vita senza Lucy divenne da quel momento in avanti insopportabile. Quando si doveva allontanare io non facevo altro che aspettarla, il cuore in gola nella paura che lei potesse non tornare più. Mi ritrovavo così a sperare nel suo ritorno non appena se ne andava. Tutto era noioso senza di lei, persino ciò che un tempo avevo trovato divertente perdeva interesse ora. Dipendevo da lei in tutto e questo, ahimè, Lucy lo aveva compreso fin troppo bene e non aveva remore ad approfittarsene. Mi derideva e mi punzecchiava, ero diventato il suo giocattolo, quello che fin da bambina aveva desiderato e mai avuto. In cambio io ricevevo il suo supporto e i suoi consigli. Era diventata la mia psicanalista e non mi vergogno a dirlo. Passavo ore, sdraiato sul letto al suo fianco, a raccontarle i miei problemi, a parlare di mio padre e di mia madre, anche di mia sorella.
-Credi che mia madre mi abbia perdonato?- le chiedevo spesso, rivedendo in lei la donna che mi aveva messo al mondo.
-Tu cosa pensi?-
-Non ho ucciso mia sorella, ma forse non importa quello che ho fatto, ma quello che pensa che abbia fatto-
Lei annuiva e segnava tutto su un quadernetto che portava sempre con sé, aumentando la mia curiosità verso di esso e i segreti che nascondeva.
Una notte scoprii che durante il giorno un uomo veniva ad alleviare la sua solitudine.
-Chi è?- chiesi, già immaginando la fine del nostro rapporto.
-Mio cugino- si giustificò Lucy con aria ingenua.
E io mi sforzai per crederle.
Poi iniziarono le chiamate. Chiunque la chiamasse lo faceva sempre alla stessa ora e lei correva a prendere il telefono. Rispondeva con voce civettuola, ridacchiando, come se dall’altra parte ci fosse un corteggiatore. Io restavo a fissarla, immobile, desideroso di conoscere l’identità di quell’altra persona, roso dalla gelosia.
-Chi era?- chiedevo quando aveva terminato.
-Oh, nessuno- e cambiava discorso, facendomi rodere dalla rabbia.
Chi era il misterioso interlocutore? Non lo seppi mai. Ma gli strani comportamenti di Lucy non si limitavano a ciò. A volte usciva di notte, vestita con una camicia da notte di seta leggerissima. Dove andasse non lo sapevo. Lei accusava il sonnambulismo di queste uscite di soppiatto.
-Ne soffro fin da piccola, ormai ho imparato a conviverci-
-Può essere pericoloso-
-No, non è mai successo nulla-
-Potrebbe-
-Non succederà- era tremendamente sicura di sé, forse troppo.
-Come puoi esserne così sicura?-
A questo punto interrompeva sempre il dialogo con un bacio.
Il tempo trascorreva così, ozioso. E poi ci fu l’incidente. Ci tengo a precisare che io non feci nulla. Io non ne fui neanche lontanamente responsabile. Accade un giorno, con il sole alto e io che non potevo uscire di casa. Il cugino di Lucy, o meglio colui che veniva sempre in casa quando io ero immerso nel mio sonno, cadde da un ponte e morì sul colpo. Ufficialmente un incidente, officiosamente si parlò di omicidio o almeno di suicidio, perché i lati del ponte erano troppo alti per poter cadere giù per un incidente.
-Non so come sia successo, lui non può essersi buttato- si disperava Lucy, come se avesse perso un amante.
-A volte le persone non si conoscono mai fino in fondo- la consolai io.
-Lui non l’avrebbe mai fatto, lo conoscevo bene-
Me ne andai, pensoso. Lucy nascondeva qualcosa era palese, la domanda era: volevo davvero sapere? Oppure era meglio una beata ignoranza? In quel momento non lo sapevo, avrei solo voluto non aver mai incontrato Lucy. Purtroppo l’incontro c’era stato e non potevo più tornare indietro.
Ritornai solo dopo alcune ore durante le quali avevo passeggiato nelle vie buie, riassaporando la mia vecchia vita e il dolce sapore del sangue delle passanti. Quanto mi era mancato tutto quello! Ah, finalmente un po’ di libertà. Purtroppo il desiderio di rivedere Lucy ebbe la meglio e io dovetti tornare da lei.
La ritrovai nel modo peggiore in cui un innamorato può trovare la donna amata: in lacrime per un altro uomo.
-Pensi ancora a lui?- le domandai.
Lei impallidì un attimo per poi arrossire completamente. Le sue guancie erano simili a due pomelli rossi come mele. In quel momento mi parve che avesse perso tutto il suo fascino, cancellato dalle lacrime e dalla tristezza, dal dolore per quell’altro, un essere insulso che, non capivo proprio come, aveva conquistato il suo amore. Sì, avrei potuto liberarmi della sua influenza, il quel momento ne ero proprio sicuro. Sbagliavo, il mio attaccamento per Lucy non diminuì, anzi, non fece che aumentare, insieme alla mia infelicità. E poi arrivarono altri parenti. Cugini di primo, secondo, terzo, persino quarto grado, nipoti perduti nel tempo, zii che non sembravano più vecchi di lei, persino un fratellastro.
-Ho una famiglia un po’ allargata- si giustificava lei, ma io non le credevo, non le potevo proprio credere.
-Non voglio più vedere nessuno vicino a te-
-Sei troppo geloso-
No, non era gelosia la mia, era semplice buon senso, sapevo che mi mentiva, non avevo nessun dubbio al riguardo. Mi rodevo, conscio di non poter fare nulla, controllando ogni suo movimento e alla fine arrivò la tragica conclusione della più bella storia d’amore che avessi mai vissuto.

-Dobbiamo parlare- mi disse Lucy una notte –io e te non possiamo più stare insieme-
Urlai e protestai con tutto il fiato che avevo in gola. Perché mi lasciava? Non mi amava più?
-Sei troppo geloso, io non posso fare nulla, sembra che tu dipenda da me, se non ci sono io non fai nulla-
-Io posso cambiare-
-No che non puoi, le persone non cambiano, anche mio padre lo diceva sempre, penso che ne fosse addirittura certo, ma non c’è mai riuscito, è sempre rimasto lo stesso e mia madre lo ha sempre perdonato, nonostante tutto-
-Io non sono tuo padre e tu lo sai bene-
-Tu sei identico a lui-
-Questo è un addio?- mormorai con le labbra tremanti, il cuore lacerato dal dolore.
-Sì, un addio-
-Per sempre?- quasi non riuscivo a parlare.
-Per sempre- confermò.
-C’è un altro?-
-Non essere ingiusto, non ti ho mai tradito-
Ma come potevo crederle? Lei mi aveva sicuramente tradito. E prima di rendermene conto mi ero avventato contro di lei e avevo estratto i miei canini. Oh, la fame era davvero troppa, così come la rabbia. Come desideravo il suo sangue, come volevo vendicarmi una volta per tutte. Il ceffone arrivò senza che io lo avessi previsto.
-Ecco il tuo problema- urlò Lucy come una pazza, spingendomi via, verso la porta d’ingresso. Mi colpì ripetutamente, fino a quando il sangue non iniziò a scendermi dal volto. Io la fissavo senza riuscire a reagire, capendo proprio in quel momento quanto forte potesse essere la dipendenza che nutrivo per quella giovane. Poco dopo ero fuori dalla porta, solo, sanguinante, sotto la tempesta. A nulla valsero i miei richiami, Lucy non aprì né quella notte né quelle seguenti. Passo sempre davanti alla sua villa. A volte la luce della sua stanza è accesa e posso vedere due figure, sembrerebbero un uomo e una donna. A volte in realtà scopro che si tratta di una lampada e di un bustino portabiti, ma l’illusione è quasi perfetta. Altre resto nel più atroce dubbio. Mi tradisce forse? Non lo so, ma la mia vita non sarà più quella di prima perché non esisterà più giorno in cui io non penserò a lei.

Note: Questo racconto partecipa al challenge Mal di challenge e parla dell’amore dipendenza
   
 
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