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Autore: Djokolic    29/08/2017    1 recensioni
Michael e Andreas sono fidanzati. Si amano profondamente e condividono la stessa, strana passione per le biciclette. O meglio, nel loro cuore c'è posto per il sole, per le stelle, per il vento, per le montagne... Ma soprattutto c'è posto per il cielo.
Genere: Introspettivo, Song-fic, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Andy Dermanis
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Michael si svegliò urlando, in un bagno di sudore. Il suo cuore batteva ad una velocità spropositata, aveva il respiro affannato. Come dopo una salita, di quelle toste. La realtà lo investì in pieno. Quando realizzò ciò che aveva sognato, scoppiò in lacrime. I singhiozzi del ragazzo risuonavano nella camera. Quella stessa camera che aveva visto i suoi migliori sorrisi, ora pareva spoglia, fredda. Vuota. Ormai era abituato. Ogni notte sognava quel maledetto giorno di più di tre mesi prima. Quel maledetto giorno che gli aveva portato via Andreas. Non avrebbe mai imparato a convivere con il dolore, ne era certo. Tutto sembrava aver perso un senso. Vivere sembrava non avere più senso. Alzandosi, gli occhi del ragazzo si posarono accidentalmente sull'unica foto che non aveva avuto il coraggio di staccare dal muro. Ritraeva loro due, un anno prima. Sorridevano, guardandosi negli occhi. L'azzurro e il verde erano fusi in un miscuglio perfetto. Erano dei ragazzi normali, felici, ignari di ciò che il Destino aveva in serbo per loro.

 

Come siamo arrivati a questo, Andreas? Io ti amavo. Anzi, ti amo. Tu non mi amavi più? Ci eravamo giurati un “per sempre”, e invece tu hai deciso di morire senza di me, di lasciarmi qui, da solo. Sì, sono solo adesso. Nessuno potrà mai prendere il tuo posto. E lo sai perché? Perché nessuno riuscirà mai a sopportarmi. Nessuno riuscirà mai ad amarmi come facevi te. Nessun sorriso ai miei occhi sarà mai paragonabile al tuo. Come puoi avermi fatto questo? Avevi vent'anni, tanti sogni, un futuro davanti a te. E invece no. Ho dovuto dirti addio. Per sempre davvero, stavolta. Cavolo Andreas, sono solo un ragazzo. Dovrei essere felice, ubriacarmi con i miei amici e stare in giro tutta la notte. E invece sono qui, a fare i conti con un passato che vorrei poter cancellare. Ma non posso. Non riesco a dimenticare il tuo sorriso. I tuoi occhi azzurri. I tuoi capelli dorati. So che sono un egoista, a darti tutta la colpa. Forse non dipende né da me né da te. Mi ricordo, una volta mi hai chiesto se credevo al Destino; io ti ho risposto che no, non ci credevo. Tu dicevi che la nostra vita è come una tela, ogni passaggio è frutto del precedente e per ogni sbaglio si deve disfare tutto e ricominciare da capo. Non ho idea di come andare avanti a tessere la mia tela, senza di te. Mi hai rubato i fili e non so dove trovarne altri. Ti amo, Andreas. Te l'ho già detto? Non importa. Te lo ripeto. So cosa diresti ora, di montare sulla bici e pedalare. Non ho ancora avuto il coraggio di farlo. Troppi ricordi. Mi manca andare in bicicletta, certo, mi manca quel senso di libertà che si prova quando affronti una salita e poi ti lasci andare in una discesa senza fine. Ma soprattutto mi manchi te. Eri la libertà per cui combattevo, adesso... Adesso cosa farò?


Michael, sopraffatto da questi pensieri, prese una giacca a caso e uscì, fregandosene che fossero le quattro del mattino. Fuori tutto taceva. L'unico rumore era il vento che, leggero, faceva danzare le foglie degli alberi e le nuvole del cielo. Ancora si intravedevano le stelle brillare nel cielo grigio-azzurro dell'aurora. Lentamente, con mani tremanti, slegò la bicicletta dal palo della luce dove l'aveva lasciata mesi prima. Era un po' arrugginita, ma era lì, ad aspettarlo. Appena poggiò i piedi sui pedali, sentì l'adrenalina scorrere nel suo corpo, per la prima volta dopo tanto tempo. Accelerò subito e imboccò la strada che portava alle montagne. Faceva freddo, il sole non era ancora sorto. Ma Michael se ne fregò, raggiungendo la salita che tante volte lo aveva visto sconfitto dal fidanzato nelle continue gare. Con fatica il ragazzo riuscì ad arrivare in cima, raggiungendo lo spiazzo panoramico sulla vallata. Il sole stava sorgendo, facendo assumere al cielo limpido sfumature rosate. Le montagne lontane si tingevano di colori sempre più forti. Una lacrima solitaria rigò il volto di Michael. Di fronte a tanta bellezza, di fronte al risorgere del giorno, una sensazione nuova, potente, si fece spazio nel petto del ragazzo. Se gli avessero chiesto di dare un nome a ciò che sentiva, probabilmente non ci sarebbe riuscito.

 

Per la prima volta dopo mesi di angoscia, il suo viso si aprì in un sorriso, di quelli veri, che scaldano il cuore. Sorrise al sole. Sorrise alle nuvole. Sorrise agli alberi, ai sassi. Ma soprattutto sorrise al cielo, lo stesso cielo che tante volte aveva ammirato abbracciato ad Andreas. Le lacrime ormai scorrevano senza sosta sul volto del ricciolo. Ma per un attimo, Michael comprese di dover riprendere in mano la propria vita, se voleva che il suo amore non andasse perduto. Salì in sella alla bici, spinse forte sui pedali, raggiungendo la discesa. E fu allora che decise di fidarsi, ancora una volta. Chiuse gli occhi e si lanciò a tutta velocità. Il vento gli schiaffeggiava la faccia, e i raggi infuocati del sole che sorgeva lo accecavano. Le lacrime che luccicavano negli occhioni verdi del ragazzo erano lacrime di felicità mista a dolore. La discesa finì, ma la sensazione di libertà che aveva lasciato non abbandonò l'animo di Michael. Il ragazzo continuò a pedalare. Segretamente, aveva paura che, non appena avesse messo piede in casa, nella loro casa, il suo coraggio avrebbe vacillato nuovamente. Passò tutto il giorno in bicicletta, finalmente era libero di nuovo. Quando calò la notte, si decise a tornare. Percorse lentamente il vialetto, aprì la porta e sentì il familiare profumo avvolgerlo. Represse a stento le lacrime e, sfinito, si buttò sul letto, evitando accuratamente di posare il suo sguardo sul lato che Andreas era solito occupare. Dolore, rassegnazione, amore, speranza. Nella confusione di sentimenti che tormentava il suo animo, sapeva di voler fare qualcosa. Di scatto si alzò e si diresse verso il salotto, quasi correndo, in cerca del suo portatile. Le parole affollavano la sua mente, se non avesse messo ordine ai suoi pensieri, sarebbe esploso. Si sedette sul divano, dopo aver aperto un programma di scrittura. Voleva urlare al mondo la sua, anzi la loro storia. Voleva rialzare i milioni di persone che si trovavano in situazioni simili. Con un piccolo sorriso sul volto, scrisse una frase. Poi un'altra. E un'altra ancora. Senza che se ne rendesse conto, le pagine aumentavano. Riversò il suo cuore in ogni riga, in ogni parola. Per la prima volta nella vita si sentì il coraggio di parlare, di distruggere il muro di silenzio che si era creato intorno. Ripensò al suo biondo, a tutte le volte che gli aveva detto di scrivere qualcosa, che era bravo, che non doveva avere paura. Probabilmente ora mi rinfaccerebbe di aver sempre avuto ragione, pensò il ricciolo con un piccolo sorriso carico di nostalgia.

 

Cosa è alla fine la morte? È la fine della vita, direte voi. Certo, quando si smette di respirare e il cuore si arresta, sì, quella è morte. É la signora in nero con la falce in mano, pronta a portarci via i nostri cari. È la stessa signora che, prima o poi, verrà a prenderci tutti per condurci chissà dove. È la fine del tempo, che spesso, erroneamente, crediamo infinito. Vita. Morte. Parole spesso considerate totalmente opposte. Perché la morte ci fa così paura? Io stesso, mentre scrivo queste parole, sto piangendo. Sì, Andreas è morto. Non è più qui accanto a me. Non posso più parlargli. Ma oggi ho capito una cosa. Non importa se lui non c'è più. La gente muore ogni giorno. La morte è parte della vita. Non possiamo sapere né quando né come arriva. L'unica cosa che possiamo fare è essere pronti ad accoglierla come un'amica, senza paura. Quello che Andreas ha fatto in questo poco tempo che ha passato qui, non sarà dimenticato.


“Ciò che abbiamo fatto solo per noi stessi muore con noi. Ciò che abbiamo fatto per gli altri e per il mondo resta ed è immortale.” Non ricordo chi l'ha detto, ma chiunque sia stato, aveva dannatamente ragione. Tutte le persone a cui lui aveva regalato un sorriso, non lo dimenticheranno. È compito nostro adesso far sì che la sua vita non sia andata perduta. Sta a noi che lo abbiamo conosciuto, far vivere il suo ricordo. Solo in questo modo possiamo affrontare la realtà. È inutile girarci intorno. Il dolore rimane, come è giusto che sia, e forse non svanirà mai. Ma niente e nessuno, nemmeno la morte, riuscirà a spezzare il nostro legame. Ovunque tu sia, amore mio, ti immagino felice. Magari stai pedalando sulle nuvole. Magari hai davvero raggiunto il cielo, senza di me. Mandami una cartolina, se puoi.


Il ragazzo si lasciò andare ad una leggera risata, immaginandosi il ragazzo che comprava un francobollo dopo una lunga giornata in bici sulle nuvole. Michael volse lo sguardo verso la finestra. Poteva vedere il cielo limpido, trapunto di stelle. Sorrise, senza impedire ad una singola lacrima di scendere sul proprio volto, sicuro che oltre quel cielo si nascondesse il sorriso di Andreas.

 

 

 

"Dum loquimur, fugerit invidia aetas. Carpe diem, quam minimum credula postero."

 

 


(Parliamo, e intanto fugge l’astioso tempo. Cogli l’attimo, credi al domani quanto meno puoi.)

 

 


Fine

   
 
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