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Autore: La Tigre Blanche    29/08/2017    2 recensioni
La storia d’amore di Viktor e Yuuri pare quasi un favola, anzi, lo è in tutto e per tutto. Ma l’amore, per quanto semplice possa sembrare, nasconde dei segreti bizzarri, comprensibili a poche persone.
Viktor è una di quelle.
Si possono amare due persone assieme? E’ questo che si chiede Yuuri ogni volta quando incrocia lo sguardo felino di Christophe, amico e compagno di Viktor da una vita.
E Yuuri, l’ultimo arrivato, ha paura. Paura che gli porti via il suo Viktor.
*
«Mi stai dicendo di… volere una relazione aperta? Non ti basto io?»
«Sì! Cioè, n-no, senti, è complicato, io e Chris–
«Chris?» Yuuri aggrottò le sopracciglia, mentre, pian piano, iniziava a mettere assieme i pezzi del puzzle. Sgranò gli occhi e schiuse le labbra in una piccola o di sorpresa.

*
Christophe aveva uno sguardo perforante che non lasciava trapelare alcuna emozione, se non quando si posavano su Viktor.
Yuuri lo vedeva.
Vedeva come il bocciolo serrato nel suo sguardo fioriva in un crisantemo d’emozioni ogni volta che guardava Viktor.
Amore. Tenero, violento amore, dalle mille gradazioni.
E Yuuri lo detestava.

*
[Yuuri!Centric]
[Viktor/Yuuri | Chris/Viktor/Yuuri | Poly!relationship]
Genere: Commedia, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Christophe Giacometti, Victor Nikiforov, Yuuri Katsuki
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Triangolo
- Questa storia fa parte della serie 'T H R E E – Quando l’amore gioca brutti scherzi'
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Intense – perché così è l’amore

 

 

La purezza del sentimento nasce dall’oscurità dell’impulso erotico.”
- Vito Mancuso

 

 

 

Yuuri non si sarebbe mai aspettato di finire in una situazione del genere. Non si sarebbe mai aspettato che Viktor, il suo fidanzato, la persona che più amava al mondo, gli avrebbe mai proposto di aprire il proprio cuore a qualcun altro.

«Cosa?» Aveva detto allora, confuso, mentre, raggomitolato contro il petto del proprio uomo, alzava lo sguardo assonnato a ricercare quel paio di occhi familiare. Viktor era arrossito, improvvisamente in imbarazzo; Yuuri non lo aveva mai visto così e, d’istinto, andò a cercare sul comodino i suoi occhiali – voleva vedere per bene il viso dell’amato.

«Io… ah, è complicato da spiegare…» Borbottò il russo che puntò subito lo sguardo altrove, sfuggente;

«Prova comunque, Viktor…» e subito i battiti del cuore di Yuuri accelerarono e l’adrenalina venne liberata nel sangue, causando una sensazione ben conosciuta nel giapponese: ansia. Viktor annuì, baciò con tenerezza la sua fronte e lo strinse a sé per confortarlo appena, consapevole della preoccupazione dell’altro.

«Yuuri, tu… non sei l’unica persona di cui sono innamorato, al momento…» Boom. Dritto al punto, Nikiforov, come sempre. Non era mai stato bravo coi giri di parole, lui, li trovava estremamente ansiogeni e, con Yuuri, era sempre meglio evitare cose del genere. Peccato che forse, in questo caso, Viktor avrebbe potuto usare un pelino in più di tatto. Se ne accorse troppo tardi, quando gli occhi di Yuuri erano già annebbiati da lacrime copiose e le spalle già gli tremavano. Il giapponese si strinse a sé, premendosi una mano sulle labbra: si sentiva completamente impotente, investito da una serie di sensazioni confuse come sotto il getto di una doccia gelata. Cosa voleva dire Viktor, con quelle parole? Che lui non era abbastanza? Che non lo avrebbe mai amato? Che… che come volevasi dimostrare, lui, Yuuri Katsuki, si era rivelato il solito incapace nei rapporti interpersonali? Restio alla comunicazione e frana nell’amore. Era palese che Viktor non l’avrebbe amato per sempre. Palese.

Palese.

«Моя любовь» Un sospiro affranto.

Fin troppo palese. Dio, che disastro. Disastro, disastro! Era un disastro, voleva morire, era così dannatamente inutil–

Le labbra di Viktor erano morbide e fresche contro le sue e la stretta delle sue braccia si era fatta più intensa, quasi il russo non volesse lasciarselo scappare per nulla al mondo. Questo lo rassicurò un pochino. Viktor gli asciugò i lacrimoni coi pollici e gli tolse di nuovo gli occhiali, ormai appannati e inutili. Poi posò la fronte sulla sua e gli prese il viso tra le mani. Determinato.

«Amore mio,» iniziò, guardandolo con una tale intensità da mozzargli il fiato; «giuro su tutto ciò che c’è di bello su questo mondo che io…» esitò appena: non era mai stato bravo a comunicare il proprio amore con le parole e pronunciare quelle cinque lettere così speciali era sempre emozionante per lui; «Io, Viktor Nikiforov, ti amo. Follemente. Sei davvero una persona… speciale, per me. E sarei davvero disposto a far tutto per te, davvero, ma…» e qui un sussulto vibrò nel petto di Yuuri; «Ma c’è un’altra persona che… mi conosce davvero da tanto tempo e che io sento di amare… con la stessa intensità con cui amo te, anche se in modo diverso. E…»

«Vuoi lasciarmi?» Le parole tremanti di Yuuri interruppero il filo del discorso. Vik batté le palpebre, confuso:

«No! Ti amo, non voglio lasciarti… vorrei solo che mi lasciassi amare anche un’altra persona a me cara…»

Yuuri lo guardò dritto negli occhi, un po’ irritato a dirla tutta. Non capiva, no, non capiva come fosse possibile per una persona amarne due con la stessa intensità.

«Mi stai dicendo di… volere una relazione aperta? Non ti basto io?» Non poté fare a meno di chiedere con un borbottio geloso e intimorito al contempo.

«Sì! Cioè, n-no, senti, è complicato, io e Chris–

«Chris?» Yuuri aggrottò le sopracciglia, mentre, pian piano, iniziava a mettere assieme i pezzi del puzzle. Sgranò gli occhi e schiuse le labbra in una piccola o di sorpresa. Sapeva dei trascorsi dei due, più o meno, o meglio, sapeva che erano stati assieme ad un certo punto della loro vita. Si sorprese, però, a sentire che Viktor, dopo tutto quel tempo, ancora non si fosse dimenticato di Chris. Questo lo turbò nel profondo e, al contempo, lo fece ragionare. Viktor prese fiato come per dire qualcosa in merito, ma Yuuri gli posò un dito sulle labbra. Doveva elaborare la cosa da solo. Sospirò, quindi, chiuse gli occhi, contò fino a dieci:

«Vuoi avere una relazione… poliamorosa con me e Chris…» Viktor spalancò gli occhi e annuì, in silenzio. Yuuri puntò le proprie iridi in quelle di Viktor, serio: « Se dicessi di no, cosa accadrebbe? »

Viktor abbassò lo sguardo, dubbioso, prima di rialzarlo su quello di Yuuri:

«Sarei capace di dire addio a Chris in quel senso, ma non a te, Yuuri…» Mormorò, e percepì distintamente i muscoli del proprio fidanzato rilassarsi di colpo. Il minore si sciolse in un sorriso più tranquillo e rassicurato. Si strinse a Viktor, ma fu lui a fermarlo, sta volta:

«Yuuri, per me è una questione importante. Chris è il mio primo amore, lo amo in un modo particolare. Lo lascerei per te perché il nostro rapporto di amicizia non si perderebbe… ma, per favore, Yuuri… prova… poi se non vuoi io… io–

«Viktor, basta» Yuuri lo interruppe bruscamente, profondamente turbato da quella situazione; «Ho bisogno di tempo per decidere… per capire cosa fare con te. Con… noi» Viktor ebbe un sussulto a quella frase, ma tacque e aspettò che Yuuri terminasse il proprio discorso; «Sono… sono molto confuso, ora come ora, e non so più neanche se mi ami davvero come tu dici di fare» alzò lo sguardo su di lui, «Dammi tempo, Viktor…»

Fecero male quelle parole. Fecero paura, anche. E Viktor annuì, reprimendo a forza l’istinto di piangere. Forzò un sorriso, cercando di essere incoraggiante – lo era sempre stato, per Yuuri, e lo sarebbe sempre stato – e, per dargli un minimo di sostegno, sussurrò un «Son sicuro farai la scelta giusta per te, qualunque essa sia… non ti forzo a far nulla…» mentre, in realtà, si sentiva morir dentro.

Il perché era ovvio: aveva fatto una grandissima cazzata a dire a Yuuri qualcosa del genere. Gli aveva distrutto quel minimo di autostima che era riuscito a recuperare con immensa fatica. Era bastata una frase, una singola frase e – puff – l’unica vera certezza di Yuuri era stata spazzata via. Perché sì: l’amore che Viktor provava per lui era il suo punto fermo, era il porto sicuro in cui si approda dopo aver passato una giornata investito dalle onde di quella sua tempesta d’ansia. Viktor era la sua casa. Il suo primo vero amore e anche la sua prima vera esperienza sessuale. Yuuri si era fidato ciecamente di lui, si era donato in un modo intimo, gli aveva mostrato la parte più vulnerabile e delicata di sé.

Yuuri aveva fatto l’amore con Viktor con la convinzione di essere a sua volta l’unico per lui.
E invece, a quanto pareva, non era affatto l’unico…

Non gli parlò per giorni, chiuso in un silenzio riflessivo che Viktor visse più come una guerra di logoramento. A malapena si scambiavano un bacio del buongiorno al mattino – un bacio che, più che un gesto d’affetto, era diventato mera e fastidiosa routine. Vedere il volto di Yuuri offuscato ogni giorno – tutti i giorni – da un’ombra indeducibile, poi, faceva male e Viktor era terrorizzato al pensiero di cosa stesse accadendo nella sua mente.

Ciò che però lo spaventava di più era la possibilità di perdere Yuuri per sempre. E questo non se lo sarebbe mai perdonato. Sì, sarebbe ritornato da Christophe, che lo avrebbe accolto a braccia aperte, pronto a consolarlo, ma Yuuri… Yuuri era speciale. Non poteva perderlo. Non doveva. Con Yuuri aveva scoperto altre parti di sé, altri modi di esprimere l’amore… lo completava, quindi, in un certo senso. Sentiva come se lui fosse il pezzo mancante al puzzle della sua anima: una parte di essa era legata indissolubilmente a Christophe, ma nonostante ciò non era completa. Viktor non la sentiva completa. Ma con Yuuri… con Yuuri era diverso. Yuuri era il frammento mancante, quello più importante. Quello che avrebbe dato finalmente colore al suo mondo.

Ma… forse non avrebbe più avuto l’occasione di unirsi finalmente con entrambi. Forse avrebbe perso definitivamente una parte di sé. Ciò era inconcepibile.

Yuuri pareva inamovibile da quel suo stato di rigidità: ogni qualvolta il russo posava lo sguardo su di lui, pareva stesse osservando una statua di sale – la sensazione provata a quella vista era come un morso gelido sulla nuca, tanto era il disagio.

Viktor finì col chiudersi a sua volta, la mente e il corpo troppo stanchi e provati da quella continua cappa d’ansia e tensione che aleggiava in casa. Decise di sprofondare nell’apatia per dar tregua alla sua psiche, in attesa della risposta.

Dopo una settimana riuscirono ad avere uno scambio di battute più impegnativo, che non si limitava alle solite frasi di cortesia – avvenimento positivo, Yuuri si stava ammorbidendo.

Fu solo però dopo altri sette giorni che, nel letto, pronti per chiudere gli occhi e dormire, Yuuri prese il viso di Viktor tra le mani e lo guardò in fondo, nell’anima. Lo scrutò per lunghi secondi, una punta di indecisione a balenargli nello sguardo, poi sospirò. Affranto, quasi.

Accettò la proposta.

La notte stessa, Viktor riemerse da quel suo stato di grigiore. Si lasciò andare a un pianto di gratitudine, dolcemente, senza emettere neanche un singulto, stringendosi forte alla schiena di Yuuri che, subito dopo, aveva preferito coricarsi dandogli le spalle.

Era felice, e sentiva Yuuri molto più sereno e sollevato – il giapponese aveva le mani posate sulle sue e le carezzava piano mentre si lasciava stringere.

Ma Yuuri, in realtà, era ancora perseguitato dai dubbi. In quelle due settimane, alla fine, aveva dedicato poco e niente a riflettere sulla propria scelta: era troppo, troppo sconvolto per poterci pensare lucidamente. Sopraffatto dalle proprie ansie, aveva pianto in silenzio per troppe notti e per altrettante era rimasto sveglio, occhi sbarrati, a fissare il soffitto, incapace di superare quel suo terrore intenso e continuo. Non voleva perdere Viktor e al contempo non voleva renderlo infelice. Se avesse ferito Viktor, se lo avesse fatto star male… non se lo sarebbe mai perdonato. Già ancora gli pesava quel suo egoistico “dopo la finale, chiudiamola qua”, se gli avesse causato un dolore tale come quello di perdere una persona cara… Yuuri non voleva neanche pensarci. Così, come suo solito, si era ritrovato a scegliere all’ultimo minuto e aveva deciso di rischiare, per una volta. Era riuscito ad uscire da quella bolla di amore, dalla sua comfort zone fatta di routine in cui si sentiva al sicuro. In cui era al sicuro.

E quindi, guardando il compagno negli occhi, si era ritrovato ad accettare quella proposta. Se ne era pentito l’istante dopo, come da routine, temendo di vedersi scivolare via Viktor – il suo Viktor – dalle mani senza che potesse fare nulla. Gli veniva quasi da ridere, al pensiero. E gli venne da ridere anche ora, a letto, con gli occhi di nuovo lucidi per la paura.

Viktor si strinse in quel modo alla sua schiena – con la tenerezza di un bambino che si stringe al grembo materno – e Yuuri sospirò appena nel percepire di nuovo tutto l’amore che provava per lui. Lo sentiva, quasi gli bruciava l’anima da quanto era intenso, e quel calore familiare lo fece rilassare. Viktor lo avrebbe amato, sempre, ma l’ansia non è facile da contrastare e, nonostante la consapevolezza del suo amore, era ancora dubbioso per certi versi. Si morse appena il labbro, indeciso, e allora sentì distintamente le labbra di Viktor posarsi sulla sua nuca e viaggiare in un’umida carezza lungo la spalla. Yuuri rabbrividì e sospirò, chiudendo gli occhi mentre le mani di Viktor presero a carezzargli il ventre in quel modo dolce e languido che lo faceva lentamente impazzire. Yuuri sapeva che a quel punto ogni resistenza sarebbe risultata vana. Conosceva bene quei meccanismi di seduzione, quei gesti teneri e passionali, carichi di un erotismo che racchiudeva in sé un amore puro, candido. Ingenuo, ecco. Il loro amore era così ingenuo da risembrare quello di due bambini: innocente e mancante di quella corruzione propria di un animo adulto.

Si amarono a lungo quella notte, guardandosi negli occhi in una muta e perpetua dichiarazione d’amore. E quando Viktor, riversatosi in lui, si adagiò sul suo petto, quando lo guardò negli occhi e gli mormorò un “Grazie” dai mille e più significati, solo allora Yuuri si rese conto di aver fatto la scelta giusta.

E così fu.

A un mese e mezzo di distanza da quell’episodio, Yuuri si ritrovava a convivere a San Pietroburgo con due uomini. Due presenze così diverse ma che, in certi momenti, quasi sembravano fondersi in una.

La prima più esuberante, aggraziata, era una calamita per gli occhi di tutti, col suo spontaneo erotismo e la sua intrinseca capacità di coglierti sempre di sorpresa – Viktor, dannato, meraviglioso Viktor, dalle mille facce e dalla passione impetuosa che gli scorreva nelle vene. Era sempre uno spettacolo osservarlo darsi da fare nell’ambiente quotidiano, mentre magari era intento a preparare qualche pietanza russa o, semplicemente, a guardare la televisione, ben avvolto tra le coperte.

Poi c’era la seconda presenza.

Christophe Giacometti, sfatando ogni possibile scenario costruito ad arte nella testa di Yuuri, era inaspettatamente silenzioso e riservato. Calmo, metodico, stonava quasi con la presenza burrascosa di Viktor. A Yuuri veniva da paragonarlo a uno di quei grossi gatti, di quelli che ti scrutano da lontano, sdraiati magari sulla tua poltrona preferita o seduti comodamente sul cuscino che usi per dormire. Così era Chris: sorrideva, sornione, e osservava il piccolo giapponese di sottecchi, un po’ incuriosito, mentre se ne stava acciambellato sul divano a mezzo metro di distanza da Viktor e Yuuri – e questi non si era lasciato sfuggire il lampo di ammirazione che aveva attraversato lo sguardo di Chris quando Viktor, con tempismo perfetto, aveva schioccato un bacio a stampo sulle labbra del nipponico.

Yuuri era rimasto spiazzato e in qualche modo turbato da quell’occhiata: com’era possibile che Chris non fosse neanche lontanamente geloso di loro due? O riusciva a nasconderlo molto bene, oppure…

Yuuri scosse la testa mentre si allacciava una scarpa: non stava a lui giudicare i sentimenti di Chris per Viktor, dopotutto ancora non gli erano chiare le dinamiche tra i due e non poteva, non doveva permettersi di pensare certe cose.

«Viktor, io esco! Devo fare dei giri in farmacia e alle poste, siccome è orario di punta penso tornerò tra un paio d’ore!» Annunciò, attraversando il corridoio.

«Va bene, Yuuri! A dopo!» La voce di Viktor arrivò musicale e ovattata dal bagno e Yuuri sorrise, arrossendo appena – Viktor e i suoi super-poteri, parte prima.

Passò davanti al salotto, là dove Chris, comodamente seduto sul divano, guardava annoiato la televisione mentre carezzava la gattona acciambellata sulle sue ginocchia – a mo’ di super-cattivo, pensò Yuuri. Si perse un attimo a osservarlo: Chris, nonostante gli costasse non poca fatica ammetterlo, era veramente bello. Le ciglia lunghe e folte, le labbra carnose, la carnagione tendente all’olivastro, le spalle forti, il petto ampio, le gambe toniche: tutto, tutto di lui emanava bellezza. Era una bellezza diversa, più dorata e calda rispetto a quella abbagliante di Viktor, ma ugualmente intensa. Gli mozzava il fiato ogni volta e lo detestava per questo. Detestava quei suoi gesti calmi e misurati, detestava quel sorriso di circostanza che gli rivolgeva sempre, ma ciò che detestava più di tutto era il suo sguardo.

Quello sguardo gli mozzava il fiato. Non tanto per il particolare colore degli occhi, di un verde ambrato, quanto per la sua imperturbabilità. Christophe aveva uno sguardo perforante, capace di guardarti dentro e di spogliare strato per strato la tua anima, fino a farla rimanere nuda. Si sentiva vulnerabile sotto a quegli occhi che, al contempo, non lasciavano trapelare alcuna emozione, se non quando si posavano su Viktor. Yuuri lo vedeva. Vedeva come il bocciolo serrato nel suo sguardo fioriva in un crisantemo d’emozioni ogni volta che guardava Viktor.

Amore. Tenero, violento amore, dalle mille gradazioni.

E Yuuri lo detestava.

Anzi, no.

Yuuri non detestava quell’amore, né detestava Chris. Lo invidiava. E per quanto si sforzasse a tramutare la propria invidia in un qualcosa di positivo, che non gli congestionasse lo stomaco e non gli desse la nausea, non ci riusciva. Diceva di detestare Chris perché era più facile. Era più facile detestare una persona piuttosto che invidiarla e quindi ammettere di sentirsi inferiori ad essa.

Yuuri sapeva di non essere niente di speciale. Sapeva che non sarebbe mai stato bello o aitante o intenso come Chris. Ma di una cosa era certo, più o meno, ed era che Viktor era innamorato di lui. Su questo non aveva dubbi – o meglio, ne aveva meno del solito – e nonostante avesse un costante bisogno di conferme, Viktor non aveva esitato a dimostrargli in ogni modo di essere il “favorito”, in un certo senso. Questo alleviava il suo peso nel petto e il non aver mai visto Chris e Viktor interagire in quel senso in alcun modo gli aumentava di una puntina l’autostima – scarsissima di per sé.

Prese un sospiro profondo mentre usciva e chiudeva la porta dietro di sé.

Ora che ci pensava, non aveva mai, mai beccato quei due in flagrante. E dire che ci aveva provato, certe volte, rientrando a casa con anticipi mostruosi o entrando improvvisamente nelle stanze in cui erano loro, con la speranza masochistica di vedere qualcosa. Ma nulla. Assolutamente nulla. E quando faceva l’amore con Viktor, la sua pelle era sempre immacolata. Niente succhiotti, niente segni di graffi o morsi o cose del genere. Nulla. Candida e pulita come la neve. O erano attenti o lo stavano bellamente prendendo per il culo entrambi – e non nel modo in cui avrebbero voluto loro. In quei momenti Yuuri raggiungeva uno stato di acuta e profonda irritazione. Sapeva che Viktor e Chris scopavano, lo sapeva, nonostante il corpo del russo rimanesse una tela vuota, senza neanche l’ombra di un bozzetto a matita. Niente. Immacolata, appunto. Ed era in quel momento che una parte recondita di sé, quella egoista, impaurita e possessiva, lo portava ad essere un pittore rabbioso. I suoi pennelli erano le unghie e i denti, il colore prediletto il rosso. Preso da questo raptus di gelosa passione, le gambe attorno al bacino di Viktor si serravano come in una morsa, i talloni puntellavano sui suoi glutei e le unghie si conficcavano nella schiena, lo graffiavano, lo segnavano. E Viktor, il bellissimo Viktor, diventava un’opera d’arte d’alto lignaggio: le spalle decorate da ricami impressi coi denti, il collo e il petto macchiati di rosso da labbra e lingua e la schiena tracciata da complicati arabeschi dettati dalla furia erotica più spontanea.

A Viktor andava bene, anzi, gli aveva confessato col candore di un bambino che vederlo così poco lucido lo eccitava – e Yuuri a quel punto aveva sorriso ed era arrossito di imbarazzo e vergogna, ingoiando i sensi di colpa che lo ghermivano dall’istante subito successivo all’amplesso. Chissà cosa avrebbe pensato Viktor se avesse scoperto la vera causa di quel comportamento. Chissà che faccia avrebbe fatto nel capire che no, non era Viktor stesso e il suo amore travolgente a mandarlo all’estasi in quel modo, ma piuttosto una sensazione negativa, viscida, che gli si incastrava in gola e gli faceva mancare il respiro. Chissà. In cuor suo, Yuuri sperava di non scoprirlo mai.

Prese un sospiro profondo e, alla fine, si decise a chiudersi alle spalle la porta di casa. Avrebbe lasciato soli quei due, di nuovo, ma il pensiero non lo disturbava come i primi tempi. Forse perché, alla fine, non v'era alcuna evidenza che Viktor e Chris facessero certe cose.

Magari, si disse Yuuri, magari quei due hanno un rapporto platonico. Ma allora perché tutta quella storia del poliamore? Poi… Chris, quel Chris che faceva pole dance e ti palpava il culo per salutarti, in una relazione platonica? Impensabile. Assurdo. Cose dell'altro mondo.

Forse sbagliava a sessualizzare così tanto una persona, ma Yuuri non riusciva proprio a immaginarsi una persona così lussuriosa come lui a digiunare dai piaceri della carne. Non ci riusciva. E a nulla servivano le fortezze e le altre mura difensive della mente, i pensieri alla fine strisciavano serpentini sempre lì.

Chris e Viktor. A letto. Che scopano.

Nell'immaginario di Yuuri gli amplessi dei due si riducevano a mere scopate, atte all'appagamento fisico, niente di più, niente di meno. Era ormai convinto di questa cosa: Christophe era un mero sfogo fisico di Viktor che placava l'ardere dei lombi, Yuuri invece soddisfaceva la sua anima, lo riempiva di amore.

Sottovalutava forse il sentimento che legava quei due? Sì, sì e assolutamente sì. Ma non poteva fare altro, non doveva se aveva un po’ d'amor proprio. Perché sapere di non essere l'unico fisicamente era un conto – il sesso è uguale per tutti, alla fine – un altro era sapere di non essere l'unico nel cuore e nell'animo di Viktor. Quello era diverso, molto diverso. Significava perdere il posto d'onore, significava non essere amato come prima. E quindi perdere Viktor.

« Oh, andiamo… » Sibilò appena, stizzito: possibile che non riuscisse a smettere di pensare a loro due in certi contesti? E dire che Chris, per farlo abituare all'idea, si era rifiutato di dormire assieme a loro due, preferendo stanziarsi sul divano letto. “Così ho la TV tutta per me” aveva esordito – peccato che ci fosse una televisione anche in camera di Viktor. Yuuri, in verità, era stato infinitamente grato a Chris per quell’accortezza, così come era grato per le attenzioni che gli rivolgeva, sempre però con discrezione o sminuendo la cosa.

Era proprio un gatto, Christophe. Un gatto che prima ti fa le fusa, si lascia accarezzare, ti dà il tempo di abituarti alla sua presenza e subito dopo è scostante, freddo e non smette di studiare ogni tuo movimento da un angolo della stanza.

Ambiguo, talvolta addirittura incoerente nei suoi gesti d’affetto che seguivano una logica tutta loro, oscura agli occhi di Yuuri, forse per evitare che l’occhio del minore andasse a guardare un po’ oltre la sua maschera, o forse semplicemente per il gusto di confonderlo ancora di più. Perché se da una parte continuava a trattarlo con quella gelida cordialità, tipica di quando si interagisce con un estraneo – nonostante, alla fin fine, si conoscessero dai tempi delle juniores – dall’altra gli dedicava piccole premure che sfioravano il romanticismo. Non era strano che Yuuri trovasse ogni mattina, accanto al letto, un elegante vassoietto laccato in rosso con sopra un bicchiere di caffellatte e, posato su un tovagliolo di stoffa bianca, un biscotto allo zenzero. Un gesto da innamorato che aveva colorato le sue guance di rossa vergogna – come poteva pensare male di Chris, nonostante i suoi sforzi evidenti di allacciare un rapporto che andasse oltre alla fredda indifferenza. Ma se le intenzioni erano quelle, perché comportarsi come se non gli importasse poi così tanto di avere l’approvazione di Yuuri? Come se non bastasse, a confonderlo ancor di più, era un’altra – l’ennesima – abitudine che Chris aveva preso nei suoi confronti.

Tutte le mattine, da qualche giorno a questa parte, lo svizzero aveva iniziato di punto in bianco ad augurargli il buongiorno in modo piuttosto singolare: con un crisantemo. Rosso. Ogni volta il nipponico lo trovava in un posto diverso: sul comodino, sul tavolo della cucina accanto a una tazzona di tè verde – in alternativa al bicchiere di latte –, una volta ne ritrovò uno tra le sue scorte super segrete di merendine e schifezze varie – e ancora non riusciva a capire come avesse fatto Chris a scoprire quel nascondiglio. Per il resto, il colore, la tipologia e il modo in cui era riposto erano sempre uguali: un crisantemo giapponese dalla corolla sanguigna con un bigliettino legato allo stelo. “Bonjour -C, recitava in una calligrafia elegante, con tanto di cuoricino in rosso.

E Yuuri, da bravo giapponese, si imbarazzava tremendamente: il crisantemo nella sua cultura rappresentava di per sé la vita, il colore rosso, invece, l’amore. Il messaggio era forte e chiaro e non sapeva come comportarsi a riguardo. Doveva sentirsi amato e apprezzato? Doveva irritarsi e vedere il tutto come un mero tentativo di intortarselo e fargli abbassare le difese – per poi rubargli l’uomo della sua vita sotto al naso eccetera eccetera? Aveva accennato una volta l’argomento a Viktor, cercando di non far trapelare la propria apprensione – e fallendo miseramente in questo – ma il russo si era limitato a ridacchiare e a schioccargli un bacetto sulla guancia per poi chiocciare un “Chris è un uomo dalle mille risorse!” con fare serafico; a quel punto Yuuri aveva borbottato, piccato, che così non aiutava a fargli passare il magone, e poi aveva deciso di dargli la schiena, per quella notte.

Ma Yuuri in quel momento non poteva pensare a certe frivolezze, a come e se Chris lo stesse corteggiando, a cosa fare a riguardo e – soprattutto – al fatto che ora come ora il biondo svizzero avrebbe potuto star allegramente trastullandosi col suo Viktor. Doveva pensare ad altro. Alla spesa da fare, ad esempio, e a quanti soldi spendere. Yuuri aveva infatti la fissa di contarsi i soldi ogni volta dovesse andare a far la spesa e di prefissarsi un limite di budget da non superare. Era una sfida con se stesso per contrastare la sua natura spendacciona: ad esempio, se nel portafogli si ritrovava con 4.000 rubli, si prometteva di spenderne meno della metà, comprando solo ciò di strettamente necessario – e, per quanto gli costasse ammetterlo, purtroppo le sue amate merendine, ben nascoste all’occhio di Viktor, non rientravano in quel “necessario”.

Così, in un gesto meccanico, portò la mano sulla tasca posteriore dei pantaloni, là dove era solito mettere il portafogli. Vuota. Trasalì e la mano subito impattò la tasca accanto. Vuta anch’essa. Panico. Sul viso si formò un’espressione di puro panico. Saltò su come punto da una vespa e iniziò ad agitarsi col corpo, muovendo febbrilmente le mani dentro e fuori ogni tasca e taschino possibile e immaginabile, più e più volte, nella vana speranza di aver tastato male. Niente, niente di niente! Eppure, era sicuro di averlo preso! E se glielo avessero ruba--

L’immagine del suo portafogli appoggiato sul tavolino all’ingresso fu come un pugno in pieno viso.

«Merda» Si voltò, il viso rosso di imbarazzo – stupido, stupido, stupido che si dimentica tutto – e, cercando di mantenere una certa nonchalance, visto che aveva attirato l’attenzione di qualche passante, mosse i primi passi verso casa.

In quei dieci minuti di percorso non fece altro che insultare la propria sbadataggine che, più spesso di quanto avrebbe voluto, lo costringeva a fare chilometri in più. “Chi non ha buon cervello, ha buone gambe” diceva il detto ed era la pura verità, se non fosse che le buone gambe ce le aveva comunque, considerati gli allenamenti di pattinaggio. Ma in quel momento, davanti alla porta dell’appartamento del suo fidanzato, l’ultimo dei suoi pensieri era la tonicità delle proprie gambe.

Ora doveva entrare, doveva violare l’intimità di Viktor e Christophe – e di nuovo l’immagine dei loro corpi attorcigliati gli fece contorcere le budella. Cosa avrebbe fatto se quella fosse stata la volta buona? Come avrebbe reagito? Infilò le chiavi nella toppa e fece scattare la serratura con gesti lenti e meccanici, quasi avesse paura di far rumore. In un attimo, nella testa di Yuuri non c’era più spazio per distrazione alcuna. C’era solo il fotogramma di Viktor, cosce schiuse, che accoglieva Chris in sé. Ed erano felici, da soli, senza Yuuri.

Gli si formò un nodo alla gola quando, affacciatosi sulla soglia, fu accolto dalla silenziosa persiana dello svizzero, Chérie, che lo fissava con lo stesso sguardo indagatore e imperturbabile del padrone mentre si acciambellava sulla brandina di Makkachin. Il cane, intanto, una volta riconosciuto Yuuri, non esitò a trottargli incontro in cerca di coccole. Sorrise al barbone, accontentandolo con dei grattini dietro le orecchie, e poi entrò in casa. Silenzio assoluto, aveva quasi paura di respirare. Lo sguardo intanto si posò sul mobiletto là accanto dove, illuminato da un’aura mistica, troneggiava il maledetto portafoglio. Yuuri lo guardò come a volerlo incenerire, lo agguantò e se lo mise in tasca.

Ecco. Ora avrebbe solo dovuto alzare i tacchi e richiudersi la porta alle spalle, e lo avrebbe fatto, oh sì, sicuramente, se solo non sentì una risatina gorgogliante provenire dalla camera da letto di Viktor. La camera da letto dove Yuuri dormiva. Dove faceva l’amore col suo fidanzato. Un’altra risata si aggiunse alla prima ed era più posata, più… ovattata rispetto a quella sbarazzina del russo. Fu un suono agghiacciante per le orecchie di Yuuri, che trattenne di riflesso il fiato. Un passo, poi un altro e si fece largo nel corridoio il più silenziosamente possibile, tutto sotto lo sguardo perplesso dei due animali da compagnia che, sdraiati assieme nella stessa cuccia, parevano quasi deriderlo con gli occhi. La gatta, per lo meno, lo stava sicuramente facendo.

Il corridoio sfociava poi in una piazzola, dove si affacciavano la porta del bagno e quella della camera da letto. Se la prima era aperta, l’altra era socchiusa. E Yuuri si accostò, cercando di non dare testate al muro. Il fiato aveva iniziato a mancargli da metà corridoio e gli tremavano le mani. Neanche si soffermò a pensare se fosse il caso o meno di origliare, lui doveva scoprire cosa stessero facendo. Le voci dei due erano confuse, non riusciva a distinguere bene le loro parole, quindi si avvicinò ancora di più allo spiraglio. Fu momentaneamente accecato dalla luce delle finestre spalancate, ma quando si abituò finalmente poté assistere a ciò di cui aveva avuto paura fino ad allora… o forse no? Il cuore gli mancò un battito: sì, sul letto c’erano Viktor e Chris, sì, Viktor era impudicamente nudo, ma… ma Chris no. Christophe era vestito da capo a piedi, aveva addirittura gli occhiali in bilico sulla punta del naso. Con un gesto stizzito, lo svizzero se li calcò per bene, borbottando qualcosa in francese che fece ridere di nuovo Viktor. Cosa… stava accadendo…?

«In tutto ciò devi ancora vestirti, Nikiforov» Ecco, ora riusciva per lo meno a capire cosa stessero dicendo.

Viktor alzò gli occhi al cielo e sbuffò appena: «Sono appena uscito dalla doccia, mi devo ancora mettere la crema idratante e tagliare le unghie dei piedi, quindi non mettermi fretta!» Il russo era seduto a gambe incrociate sulla trapunta color ciliegia ed era intento a guardare un programma di cucina. Dava le spalle a Chris che, seduto dietro di lui, con un pettine in una mano e uno strano spray dall’altro, si premurava di sistemare i capelli di Viktor. Vi spruzzava sopra un po’ di quel liquido dorato – olio per capelli? – poi massaggiava piano la cute – e qua Nikiforov socchiudeva gli occhi per la goduria – e infine ci passava sopra il pettine con delicatezza, stando attendo a non strappare niente.

Un delicato profumo di bagnoschiuma intanto aleggiava nell’aria. Yuuri era allibito. Di tutto si sarebbe aspettato, meno che questo. Avrebbe dovuto andarsene, ne era certo, ora che il fiato si era calmato era meglio se si fosse concentrato sulle proprie mansioni, ma… ma c’era qualcosa che lo teneva bloccato là, a guardarli.

Christophe sospirò, poi, posando pettine e spray sul comodino e avvicinandosi di più a Viktor. Lo cinse per i fianchi e intrecciò le mani sul suo ventre bianco, poi gli baciò la spalla prima di posarci sopra il mento. Yuuri trasalì di nuovo: non li aveva mai visti così e non si era mai immaginato che ci potesse essere una tale dolcezza e intimità tra loro.

«Per quanto tempo deve stare in posa?» Viktor lanciò uno sguardo all’orologio accanto alla televisione prima di rispondere: «Cinque minuti» e posò le mani su quelle di Chris, sbilanciandosi all’indietro per poggiare la schiena contro il suo petto – «Così mi sporchi la maglia, Viktor…!» «Si lava, poi tu sei caldo e comodo» e un sospiro di resa – e continuare a guardare il programma da una posizione più comoda. Stettero abbracciati in silenzio per un po’, e a Yuuri intanto tremavano di nuovo le mani.

Era ancora spaventato, avrebbe voluto entrare nella stanza e urlare, ma poi ebbe paura della reazione di Viktor e quindi rimase lì, impotente, a guardare quei due. Era come guardare un film dell’orrore per lui che si era figurato di tutto meno che dolcezza o amore tra il suo ragazzo e… e quell’altro. Poi Chris ruppe il silenzio. Era stato fermo a guardare il viso di Viktor per un po’ e si sporse per dargli un bacino sulla guancia che fece sorridere il russo:

«Sai…» iniziò con la voce un po’ bassa, e a Yuuri parve che le gote dello svizzero si fossero arrossate appena – sembrava vulnerabile e per una volta dallo sguardo trasparivano emozioni intense, forti, troppo vibranti per essere espresse a parole; «E’ bello poter stare finalmente assieme… e… amarci...» il giapponese udì a fatica quelle parole, ma percepì la tenerezza di Chris tanto che si ritrovò ad arrossire anche lui. Gli faceva strano vedere lo svizzero in quel modo, gli sembrava molto dolce, molto… umano, sì. Chris gli pareva umano, non più come una sorta di Dio irraggiungibile e imperturbabile. Poi vide Viktor abbassare lo sguardo e sospirare; era un sospiro lungo, profondo, come se stesse cercando di raccogliere i pensieri.

«Se questo lo chiami “stare assieme”, Chris… non so come tu faccia, sinceramente… io fatico a trattenermi – ridacchiò con una punta di tristezza – Anche ora, in questo momento, vorrei poterti baciare come si deve…» Era malinconico, nostalgico, come se parlasse di un qualcosa di lontano. Yuuri aggrottò le sopracciglia: non capiva il senso di quel tono e di quelle parole insomma… lui e Chris non stavano già “insieme”? Non si baciavano? Non… non facevano… l’amore anche loro? E sì, Yuuri, spettatore di quel quadretto di tenerezza, non se la sentiva più di definirlo solo “sesso”. Era come se si stesse rassegnando amaramente a quella situazione. Gli venne da piangere.

«Viktor… – Un fruscio sulle coperte e Chris si strinse ancor di più al compagno, come a rassicurarlo – Viktor, sai come la penso. Yuuri ancora non si fida di me, mi vede come una minaccia… io… vorrei prima che si sentisse bene e al sicuro, non so, altrimenti mi sembra di mancargli di rispetto...» A Yuuri si accapponò la pelle, fu come se mille aghi l’avessero penetrato ovunque. Le lacrime gli appannarono la vista, ma Chris non aveva finito di parlare: «Sai… mi piace molto, Yuuri. Ti ama sinceramente e in un modo speciale… è davvero la persona giusta, per te. Più giusta di me…» qua ridacchiò e le lacrime intanto sgorgavano sulle guance del giapponese; «E questa cosa è molto importante, Viktor. Sai che… che la tua felicità viene al primo posto. Lui ti rende felice ed è felicissimo con te, ma mi vede come un rivale… mentre in realtà io vorrei solo essere suo alleato…» la voce di Chris si spense mestamente e Yuuri, una mano sulla bocca a coprire i singulti, si sentì una merda della peggior specie. Perché aveva giudicato male una persona che, per amore e per rispetto, nonostante potesse approfittarsene bellamente, ancora non aveva osato sfiorare il suo fidanzato. E lui, invece, non aveva fatto altro che farsi paranoie, star male per qualcosa che non era ancora successo, chiudersi in sé e fare, ancora una volta, l’egoista di turno. Si era così concentrato su se stesso da non vedere che oltre al proprio naso non c’era un mostro pronto a strappargli Viktor dalle braccia, ma un uomo innamorato come lui e disposto ad aspettare la sua approvazione prima di azzardare qualche passo in più. Christophe lo rispettava, anzi, lo stava addirittura corteggiando… e lui, invece? Lui aveva continuato a chiudersi a riccio, a segnare il territorio come un cane rabbioso anziché fermarsi un attimo a mettersi nei panni degli altri o a provarci a parlare. Si sentì stupido e minuscolo ancora una volta e si sarebbe sicuramente alzato da lì e fuggito a nascondersi da qualche parte se la voce rassicurante di Viktor non avesse attirato la sua attenzione:

«Chris… non dire così. Sei anche tu il mio amore. Siete entrambi ugualmente importanti, vi amo con la stessa intensità ma in modo molto diverso… ed è questo il bello… mi completate… e chissà…» Viktor si voltò e, con un gesto elegante, si sedette a cavalcioni di Chris; non c’era malizia in quel gesto, però, solo il desiderio genuino di stargli più vicino. Prese il viso dello svizzero tra le mani e gli posò piccoli bacini sulle guance e sulle palpebre, poi virò sulle labbra, dove si soffermò per un bacio più intenso «Chissà che anche voi non vi completate a vicenda» sorrise, e credeva davvero alle proprie parole.

Amore. Ancora tanto – sconfinato – amore nel suo tono. Viktor si rivolgeva a Christophe con la stessa tenerezza innamorata con cui si rivolgeva a lui. Fu allora che Yuuri capì un po’ di più di quel meccanismo complesso che è l’amore. Capì che non doveva dare la colpa a nessuno per quella situazione. Capì che Viktor, il frizzante, eccentrico, affettuoso Viktor non avrebbe mai smesso di amarlo, così come non avrebbe mai smesso di amare Christophe. E pianse, allora, pianse lacrime di sollievo e di rabbia contro se stesso, pianse e si sfogò con le mani premute sugli occhi, come un bambino. Allora pensò che Chris e Viktor fossero davvero belli insieme e che lo svizzero fosse davvero dolce e attento nei riguardi del proprio fidanzato – sorrise, sollevato da quel pensiero, perché si era reso conto di non aver nulla da temere. Forse avrebbe continuato ad essere geloso, ma… ma quel senso di felicità stava ormai cancellando ogni cosa brutta, lasciandogli un senso di calore nello stomaco. Voleva vederli ancora. Voleva vedere Chris e Viktor amarsi alla luce del sole. Non li voleva più privare inconsciamente di stare assieme, perché… perché diamine, erano così belli assieme e… e c’era equilibrio e… e Viktor era davvero completo e Yuuri ancora più felice e innamorato. Ancora più innamorato di Viktor e infatuato di Viktor e Chris come unità. Sì. Si stava innamorando del loro amore e si sentì tanto sciocco per quel pensiero: come si poteva essere innamorati dell’amore altrui? Eppure… eppure vedere quei due nella loro forma più genuina gli aveva riscaldato il cuore, sì. Lo aveva sedotto.

E Yuuri intanto piangeva e non sapeva neanche più il perché, ma ne sentiva il bisogno estremo. Forse fu un mugolio o un singhiozzo troppo forte ad attirare l’attenzione dei due, ancora stretti in quel modo intimo sul lettone.

Fu Chris per primo ad accorgersi della sua presenza e subito annaspò per lo spavento, aggrappandosi a Viktor come se ne andasse della propria vita, mentre questi ci mise qualche attimo in più per capire cosa atterrisse tanto l’amato. Gli mancò un battito, però, quando udì a sua volta quei singhiozzi familiari. E allora neanche ebbe il tempo di ricomporsi o di mettersi un paio di slip: subito balzò alla porta e la aprì, rivelando lo spettacolo pietoso di Yuuri traboccante di lacrime, col faccino tutto rosso e le spalle tremanti.

«Amore, oddio, che ci fai qua…» Subito Viktor lo cinse con le braccia e lo strinse forte al petto, dandogli un appiglio a cui aggrapparsi. Pochi metri indietro, Chris osservava la scena con la morte nel cuore. Lo sguardo si fece di nuovo torbido, l’aura attorno a lui gelida: aveva paura e iniziò a contorcersi le mani, sguardo basso. Temeva che il pianto di Yuuri fosse di gelosia – non sarebbe neanche stato così strano – e che Viktor si sarebbe ritrovato costretto ad abbandonare il trinomio appena formato. Ma Yuuri intanto che piangeva lo guardava negli occhi, senza veli, come se stesse ricercando la sincerità di poco prima. Allungò la mano verso di lui e Christophe vacillò appena, ora non più tanto convinto di ciò che stesse accadendo. Si alzò, un po’ circospetto, e si avvicinò silenziosamente ai due innamorati. Si chinò a fianco a Viktor e allungò titubante una mano verso Yuuri a carezzargli la nuca per farlo calmare. Il russo aggrottò appena le sopracciglia:

«Chris, io… non so se è il caso…» Iniziò, cercando di fargli capire che forse il piccolo giapponese stesse piangendo per la tanto temuta gelosia;

«L-lo è!» E gli altri due sgranarono gli occhi all’inaspettato pigolio di Yuuri. Tirò su col naso e guardò Chris e stavolta ciò che vide non fu un muro glaciale, ma sorpresa e curiosità. Cercò di farsi coraggio e si strinse di più a Viktor come per trarre forza da lui. Prima di parlare spostò lo sguardo più in basso, però, non sentendosela di sostenere il verde rigoglioso dell’altro. Viktor osservava in silenzio, comprendendo quanto quello fosse un momento importante.

«Christophe-- no, Chris… Chris, io… io devo scusarmi… con te» Disse con un fil di voce e lo svizzero si dovette avvicinare per capire meglio le sue parole, cingendo con un braccio la schiena di Viktor; Yuuri prese fiato; «Io… ecco…» tentennò appena, «La mia paura mi ha bloccato… e mi ha fatto giudicare male te… e il tuo modo di essere… perché avevo paura mi volessi solo portare via Viktor… e… e io lo amo e… e» Christophe lo interruppe posandogli una mano sulla spalla. Accennò una carezza col pollice e quando il nipponico alzò gli occhi languidi gli sorrise in un modo tutto miele:

«Yuuri, tesoro mio… – iniziò, posando la guancia sulla spalla di Viktor – pensi davvero che strapperei via Vitya da una delle sue fonti primarie di felicità?» Gli chiese bonariamente, poi si fece più serio e la presa sulla spalla di Yuuri più salda, tanto da fargli alzare lo sguardo: «Non devi vergognarti di avere paura, Yuuri, la paura è una sensazione normale e la capisco bene, perché questa è una situazione nuova e… e strana, per certi versi. Insomma, due uomini che “condividono” – virgolettò con le mani – il proprio fidanzato non è cosa da tutti i giorni. E’ normale avere pensieri o ansie, è normale non capire bene come funzionino le cose e temere di vedersi portata via la persona amata... anche io ho avuto paura, quando questo scemo qua – indicò Viktor con un cenno della testa e il russo gli mordicchiò piano una guancia di rimando – mi si è dichiarato e mi ha rivelato che… beh, che ci ama entrambi e che avrebbe voluto provare a stare insieme, tutti e tre» Chris abbassò appena lo sguardo e fece una pausa. Yuuri capì che stava sorvolando di proposito su quei particolari troppo intimi, troppo loro per essere condivisi. Viktor posò una mano sulla coscia di Christophe: «Chou» Disse solamente, in francese, e lo svizzero azzardò un sorriso:

«Avevo anche paura, ho paura che non riesca a funzionare… che io mandi tutto a rotoli anche la vostra relazione e sarebbe orribile perché non ve lo meritereste. Non te lo meriteresti, Yuuri, lo ami tantissimo… e fai tanto per lui. Lo aiuti tanto» la frase cadde nel vuoto, Viktor, più pensieroso del solito, si sbilanciò verso di lui guardandolo in viso. Chris ricambiò quello sguardo e riprese fiato, come se avesse appena tratto da Viktor la forza necessaria per continuare; «Io penso sia normale dare giudizi affrettati quando si ha paura. Anche io ti avevo giudicato male, poi… poi ho capito che c’è molto di più dietro quel tremolante giapponesino e certe volte vorrei te ne rendessi conto» fece un’altra pausa. Yuuri deglutì a fatica, le lacrime che gli incrostavano gli occhi e le guance. Ormai si era calmato quasi del tutto, anche grazie al tenero abbraccio in cui Viktor lo stava stringendo: non aveva smesso di carezzargli il capo e la schiena da quando lo aveva raggiunto sulla soglia – ormai, in quei mesi di fidanzamento, il russo stava lentamente capendo come agire durante quei momenti delicati. Nonostante ancora non comprendesse appieno quando fosse o meno il caso di un abbraccio, Viktor cercava sempre di impegnarsi e di aiutarlo con la diligenza e la prontezza di un soldatino. Yuuri lo trovava buffo e adorabile e ogni volta si innamorava di più di lui.

Chris era diverso, invece. Non osava toccare Yuuri più del necessario e preferiva usare un tono di voce rassicurante, capace di abbracciarlo dentro, nel cuore. Sembrava sapesse bene che punti spingere per farlo rilassare e al giapponese non dispiaceva troppo venire manipolato in quel modo. Si sentiva al sicuro e sentiva di potersi fidare di lui. Annuì quindi e arrossì un poco per le sue parole. Sembrava davvero un compagno dolce e attento. Iniziava a capire perché lui e Viktor fossero tanto legati. Era speciale. Era intenso. E ti abbracciava con gli occhi. Poi Chris gli sorrise appena, tutto miele e tenerezza, e gli sfiorò appena il braccio:

«In ogni caso, tornando al discorso di prima, io avrei continuato ad aspettarti. Tu sei speciale per Viktor, tanto, e vederti così spaventato e riottoso mi faceva stringere il cuore. Mi fa ancora stringere il cuore, perché mi piacerebbe provarti che… che non ti farei mai soffrire… nessuno si merita di soffrire per la perdita della persona amata, ben che meno tu, che sei un rotolino d’amore che si merita tutto il bene del mondo…» Yuuri stava per rispondere, ma Viktor lo interruppe ridendo piano:

«Chris, se inizi già coi vezzeggiativi lo spaventi…» mormorò, allungando il collo e sfregando la fronte contro la guancia di Christophe. Il giapponesino li osservò e non poté trattenere una piccola risatina quando il viso dello svizzero assunse un’espressione imbronciata a dir poco meravigliosa.

«Io non spavento la gente! Casomai sei tu che lo fai, col tuo pistolo all’aria ventiquattr’ore su ventiquattro!»

«E’ una strategia di conquista! Così la gente sa subito qual è la parte migliore di me!» Chris gli tirò uno scappellotto, Yuuri invece alzò gli occhi al cielo, esasperato:

«Viktor!» dissero in coro, per poi guardarsi con sorpresa. Era una situazione buffa e nuova per entrambi e Chris gli rivolse un sorriso di complicità che Yuuri ricambiò. Sì, era decisamente strano, come se quella fosse la prima volta che lui e lo svizzero parlassero davvero, come se fosse tutto ricominciato daccapo. Non era stato forzato, però, non era una cosa imposta come all’inizio, sembravano tutti rilassati ed era una situazione calma, naturale, sembrava quasi avessero sempre avuto quel rapporto.

E Yuuri non aveva più paura, anzi. Si sentiva protetto, al sicuro anche con Christophe. Christophe, il buon Christophe, che aveva il sorriso più buono che avesse mai visto. Non si sarebbe mai aspettato di vederlo in questa mise più dolce e materna e era convinto che neanche Chris era preparato a mostrarsi in quel modo.

«Voglio che tu dorma con noi, stanotte…» Viktor trattenne il fiato. Chris aggrottò le sopracciglia. Yuuri, invece, sorrise e arrossì appena, prima di nascondere il viso contro la spalla di Viktor. Non voleva ripetersi, anche perché si era imbarazzato l’istante successivo. Pensava che magari sarebbe sembrata una proposta inappropriata, forse Chris l’avrebbe presa male, forse… forse doveva solo calmarsi. Percepì una mano carezzargli i capelli, e non era quella di Viktor:

«Intraprendente il piccino…» Yuuri, se possibile, arrossì ancor di più, temendo che Chris avesse frainteso. Riemerse dalla spalla di Viktor con un faccino spaventato:

«No, no! Io non intendevo quello, oddio, scusatemi, volevo dire se- se potevamo dormire insieme, ma dormire dormire, c-cioè…!» Viktor gli baciò una guancia soffice e poi il collo, teneramente: «Amore, tranquillo» non riuscì a trattenere però un risolino che fece infiammare ancor di più le guance di Yuuri:

«Oh» Si guardò intorno, sperduto, non sapendo bene che fare. Era ancora avvinghiato a Viktor e Chris, intanto, si era seduto alle spalle di quest’ultimo e lo stava abbracciando a sua volta. Erano tutti e tre in una posizione insolita, sul pavimento, e Yuuri allora pensò che forse fosse il caso di alzarsi. Si pulì gli occhi con una manica, liberandosi dei rimasugli delle proprie lacrime e fece per alzarsi. Barcollò un po’ e, in piedi, si permise di osservare intanto gli altri due che, stretti l’un l’altro, lo fissavano di rimando. Sorrise loro, timidamente:

«Sapete, siete bellissimi insieme. Ho pianto per questo. Perché mi sono reso conto che vi amate… e… e secondo me dovreste stare… tranquilli. Mi va bene vedervi così… dolci, mi piace, siete belli, bellissimi e… e mi trasmettete sicurezza…» Si guardò le mani: aveva iniziato a torcersele. Le abbassò lungo i fianchi e sospirò: «E quindi, amatevi… rendetemi partecipe anche del vostro amore, perché così posso… posso sentirmi più rassicurato e… e sereno… e- oh! – si illuminò – E Chris non è in punizione, ecco perché non deve dormire sul divano. In più, se fate l’amore, non muore nessuno, men che meno io» rise un poco, per alleviare la tensione. Era sempre teso quando doveva aprirsi in quel modo, non gli piaceva esporsi, così come tutte le persone timide.

Anche Chris si alzò in piedi, e solo allora Yuuri si rese conto di quanto fosse alto, più di Viktor. Lo osservò, con le labbra schiuse in una piccola o, e lì per lì non notò lo sguardo che il suo fidanzato ufficiale rivolse loro, almeno fin quando non lo vide uscire dalla stanza, ora con un paio di slip addosso, sempre continuando a osservarli. Era uno sguardo particolare, ma in maniera positiva. Era come se lo stesse incoraggiando e spronando a stare da solo con Chris, a parlargli.

«Vado ad asciugarmi i capelli e a finire di sistemarmi e torno!» aveva detto, infatti, poi la sua figura sinuosa si era allontanata e nella stanza rimanevano solo loro due. Lo svizzero aveva recuperato il suo classico contegno felino e ora lo stava studiando come al solito, ma Yuuri non si sentì vulnerabile né minacciato. Semplicemente gli sorrise e allora, solo allora, Chris si sciolse in un sorriso ugualmente dolce.

«Ami moltissimo Viktor, è meraviglioso il vostro rapporto» Disse e le guance del giapponese si colorarono appena:

«Sì, lo amo tanto, ma… ma anche tu lo ami molto intensamente… e ora che… che ho visto il vostro amore per davvero mi sento meglio… pensavo volessi solo approfittarti di lui e strapparmelo dalle braccia… a proposito, mi dispiace, ho comunque invaso la vostra privacy...» Si sentì in dovere di scusarsi, ma non abbassò lo sguardo, stavolta. Voleva che Chris capisse che era sinceramente dispiaciuto. Lui sospirò:

«Per quanto mi abbia dato fastidio e mi abbia spaventato vederti in quel modo sulla soglia, te ne sono grato. Se non ci avessi visto, non avresti capito come stanno le cose veramente, il che sarebbe stato un guaio… tengo davvero a questa relazione… e a te» e di nuovo gli dedicò uno di quei suoi sorrisoni enormi e luminosi, tanto che Yuuri quasi ne fu accecato. Si sentiva così… pieno di emozione, da una parte voleva piangere di nuovo, dall’altra aveva ancora voglia di prendere il muro a testate, ma… ma prima c’era una cosa da fare.

Prima che Chris potesse solo rendersene conto, Yuuri lo stava abbracciando, il viso infossato contro il suo petto e le braccia ben strette attorno alla sua vita. Due, tre secondi e, timidamente, il giapponese si sentì a sua volta cingere da quelle braccia forti. Rimasero così per qualche secondo e Yuuri chiuse gli occhi e inspirò a fondo il profumo di campagna di Chris. Lo svizzero aveva le mani incredibilmente calde adagiate sulla sua schiena.

Poi una scese un po’ più in basso. Yuuri spalancò gli occhi:

«CHRISTOPHE!» E la risata che ottenne come risposta riecheggiò per tutta la casa.

Poco più in là, dalla porta del bagno, Viktor aveva osservato tutta la scena. Scosse la testa, per poi rientrare, divertito: «Ah, i miei due bimbi…» sospirò, innamorato, mentre recuperava dall’armadietto la propria crema idratante. Poi sorrise: sì, quei due scemi dei suoi fidanzati sarebbero sicuramente finiti assieme, prima o poi.

«Yuuri, dai, non ho fatto nulla di male!»

«Sì ok ma un’altra notte sul divano non te la toglie nessuno!»

Forse più “poi” che “prima”.

 

 

 

 

 

 

 

 

Note autrice:

 

Ariecchime qua con un’altra storia che non si filerà nessuno <3 (ma shh dettagli).

E’ da giugno che ci lavoro e sono finalmente riuscita a finirla. Ebbane sì, ChrisViktuuri. Mi sono innamorata di questi tre pulcinotti da mesi e non ho potuto far altro che scriverci qualcosina sopra <3 Volevo soprattutto incentrarmi sui pensieri di Yuuri e sulle sue paure, cercando di far emergere tutte le sue paure, povero chicco- è stato più complicato del previsto e non penso sia uscita fuori come avrei voluto io, ma sono abbastanza fiera di sto poema, più che altro perché è la prima volta che porto a compimento un lavoro tanto lungo, di solito perdo ispirazione molto prima, sigh ;;

Comunque, se mi fate sapere che ne pensate vi do un biscottino omaggio ;; dai, su, che non mordo mica ;A; #disperata. spero solo vi sia piaciuta almeno un pochettino! E grazie mille per aver letto fin qua! ^^ A prestoH

 

La Tigre Blanche

   
 
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