CAPITOLO II
Il
tempo fluisce in modo uguale per
tutti gli uomini.
E
ogni uomo galleggia nel tempo in
maniera diversa.
(Manuel
Neila)
29
Dicembre 2016
La
tempesta della sera prima aveva lasciato tracce del
suo passaggio. La neve ricopriva le auto e quelle strade che ancora
ancora
attendevano di essere ripulite. L’erba corta dei cortili
interni delle case era
nascosta da un bianco strato alto diversi centimetri e camminando sul
marciapiede bisognava far bene attenzione a non andare troppo veloci o
si rischiava
di cadere per colpa della sottile lastra di ghiaccio che si era formata
durante
la notte. Come spesso capita, il vento della bufera aveva anche
però dissipato
le nuvole e dunque quella mattina il sole era riuscito a fare di nuovo
capolino
tra i tetti dei grattacieli di Seul. Era un sole leggero e pallido, che
lentamente stava sciogliendo la neve, ma che pur essendo già
al punto massimo
del suo percorso continuava a non essere sufficiente a riscaldare il
viso delle
persone. Per sottrarsi anche solo per qualche minuto alla morsa del
gelo, numerosi
passanti se incontravano sulla loro strada un caffè
decidevano all’improvviso
di fare una veloce deviazione dalla loro destinazione e di entrare per
godere
del calore all’interno, far riattivare i muscoli intorpiditi
e magari comprare
anche una bevanda fumante da tenere tra le mani durante il tragitto
fino al
luogo dove si stavano recando. Un signore di mezza età
dall’aria rispettabile
avvolto in un cappotto nero lungo entrò in un
caffè molto carino, situato
all’angolo di un grattacielo, tra un negozio di scarpe e un
supermercato. Con
passo frettoloso si avviò in direzione del bancone, senza
far caso alle piccole
pozzette che si erano formate davanti alla porta d’ingresso,
residui lasciati
dalle scarpe bagnate di ghiaccio di tutti coloro che quella mattina
prima di
lui avevano preso la sua stessa decisione ed erano passati da quella
porta. Quando
toccò il pavimento, la scarpa destra, già
scivolosa di suo, non trovando
attrito non poté far altro che navigare leggera sul sottile
strato di acqua.
Tale viaggio inaspettato costituì forse una fonte di
avventura nella sua
monotona vita di scarpa, ma di certo non fece piacere al suo
proprietario, il
quale solo grazie allo schienale di una sedia afferrato
all’ultimo istante riuscì
a non cadere come un sacco sulla propria pancia e tenersi in piedi.
Imprecò
sottovoce. Il rumore causato dall’episodio fece girare molte
teste, ma quasi
tutte si voltarono di nuovo velocemente nella direzione opposta, per
discrezione ed empatia nei confronti dello sfortunato signore. Sebbene
l’empatia fosse un tratto che in una certa misura poteva
essere attribuito a
Jung Hoseok, la discrezione, invece, se si fosse fatta una lista delle
sue doti
caratteriali non sarebbe apparsa nemmeno tra le prime mille. Si
aggrappò al
braccio di Seokjin, in piedi vicino a lui davanti al bancone del bar in
attesa
della cioccolata calda che avevano ordinato poco prima, stringendolo
sempre più
forte man mano che sentiva la pressione delle risate salire e battergli
contro
il petto, cercando una via di uscita.
–
Hoseok, non ridere! – disse Jin sottovoce e a mezza
bocca, divertito dalla scena anche lui, ma troppo educato per poter
ignorare
l’imbarazzo della situazione che si sarebbe potuta creare se
Hoseok avesse
davvero dato sfogo come avrebbe voluto al suo bisogno di ridere.
Comunque, non
sarebbe stato rispettoso nei confronti del signore. –
Smettila. E lasciami che
mi fai male!
Quasi
strozzandosi nei suoi stessi spasmi e fingendo un
discutibile attacco di tosse Hoseok allentò piano la presa
sul braccio di Jin e
fece due respiri grandi prima di drizzarsi più su con le
spalle e annuire in
direzione dell’amico, come a dire ok,
tutto
risolto. Le sue guance rosse e occhi lucidi dicevano
però ben altro e Jin si
rese conto che doveva star facendo uno sforzo incredibile per
trattenersi e
dunque il pericolo non era ancora del tutto scampato. Pensò
a qualcosa da dire
per distrarlo:
–
Mi sembra che oggi le prove stiano andando bene, non
pensi?
Hoseok
colse le sue intenzioni e cercò di concentrarsi
sulla conversazione, nel tentativo così di dimenticare il
signore dal cappotto
nero che ora si era avvicinato anche lui verso il bancone.
–
Sì, abbastanza direi. Non perfetto in alcuni dettagli, ma
credo siano correggibili in una settimana.
–
Vero. Tra l’altro la storia quest’anno è
più
interessante, quindi vedo più entusiasmo rispetto
all’anno scorso e credo
aiuterà poi nella riuscita finale.
Hoseok
annuì, d’accordo con la considerazione
dell’amico.
Anche questo dicembre, come era accaduto nei passati tre, la piccola
compagnia
teatrale con cui recitavano Jin e Hoseok stava preparando lo spettacolo
di metà
anno che si sarebbe tenuto a gennaio. Solitamente ogni anno le
rappresentazioni
teatrali date dal gruppo erano due e quella principale, su cui si
lavorava da
ottobre a giugno, veniva messa in secondo piano nel mese di dicembre
per poter
prepararne un’altra, più semplice e meno
impegnativa. Vista l’attrattiva esercitata
sul pubblico da trame romantiche a sfondo natalizio,
l’obiettivo dietro gli
spettacoli di gennaio era quello di attirare più persone
possibili con storie
leggere facendo così un po’ più di
pubblicità alla compagnia e sperando di
assicurarsi un’audience maggiore per la rappresentazione
finale. Da quando era
stato dato il via a questa sorta di strategia commerciale, gli
spettacoli di
giugno avevano effettivamente più spettatori e per questo
motivo la tradizione
continuava, anche se tra gli attori non erano in molti ad essere fan
del
“secondo show”, come veniva chiamato nella cerchia
interna dei commedianti.
Attirare l’attenzione mesi prima della rappresentazione
finale sulla compagnia
era un’idea su cui tutti erano d’accordo. Coloro
che partecipavano al gruppo da
anni si erano accorti dei risultati, mentre gli ultimi arrivati anche
avessero
avuto un’opinione diversa non avrebbero mai detto nulla in
contrario rispetto a
chi era lì da prima di loro. Il problema vero che aleggiava
ogni anno sul
secondo show era rappresentato proprio dal motivo stesso della grande
affluenza
di pubblico, ovvero la trama dello spettacolo. Molto spesso, per motivi
sia di
tempo che “commerciali”, venivano scelte storie
poco profonde, eccessivamente
romantiche o semplicemente banali. Ciò dunque portava ad uno
scarso
coinvolgimento emotivo da parte degli attori che quindi, abbastanza
annoiati,
pur dando il meglio di sé il giorno dello spettacolo
faticavano durante le
prove a trovare la motivazione per correggere e perfezionare battute
che, in
cuor loro, si vergognavano anche un pochino di dover recitare. Grazie a
qualche
miracoloso intervento divino, forse un’apparizione in sogno,
forse un grillo
parlante – diverse leggende stavano iniziando a diffondersi
in proposito dietro
le quinte – il responsabile della scelta del soggetto degli
spettacoli aveva
trovato quest’anno una storia che seppur mantenendo dei toni
in linea con l’obiettivo
del secondo show quantomeno aveva stuzzicato a sufficienza
l’attenzione degli
attori. Lavorandoci poi su e apportando qualche modifica tutti insieme
si erano
infine accorti che per una volta avevano effettivamente tra le mani
buon
materiale e questo era bastato per rianimare un po’ gli
spiriti e incoraggiare
una maggiore produttività. Per la prima volta in diversi
anni, l’idea di
sacrificare il proprio tempo libero dalle lezioni universitarie per
andare a
provare non era accolta di malavoglia da nessuno, e Jin ed Hoseok non
facevano
eccezione. Durante il resto dell’anno gli incontri avvenivano
due volte a
settimana, ma si intensificavano durante i periodi più a
ridosso delle
rappresentazioni finali. Visto che il cinque gennaio, data dello
spettacolo,
non era molto lontano, e dato anche che coloro che frequentavano
l’università
erano liberi dalle lezioni, a partire da quella settimana le prove
erano
diventate quotidiane e il gruppo passava buona parte della mattinata, e
a volte
anche qualche ora il pomeriggio, a lavorare insieme alla
rappresentazione.
Come
nelle tre mattine precedenti, la sveglia per i due
ragazzi era suonata abbastanza presto. Jin era stato subito abbastanza
reattivo, cercando di scuotersi dal torpore prima possibile e poter
affrontare
così l’impresa di svegliare Namjoon, il quale,
seppure non in veste di attore,
faceva anche lui parte della compagnia e doveva dunque alzarsi per
andare alle
prove come Jin. Il modo usualmente adottato da Jin per svegliarlo era
semplicemente sollevarlo di peso e buttarlo giù dal letto.
Era un metodo un po’
violento, lo ammetteva, ma era anche l’unico che fosse
riuscito a trovare dalla
prima volta in cui avevano dormito insieme, quando dopo due ore e mezza
di
attesa a fissare il soffitto si era reso conto che né il
ragazzo si sarebbe
svegliato da solo né la linea delicata che stava adottando
per toglierlo dal
mondo dei sogni avrebbe dato frutti. Detestava farlo, ovviamente.
Avrebbe
preferito lasciarlo lì, al riparo sotto al piumone,
guardarlo dormire per un
po’ e poi metterglisi affianco e riprovare ad addormentarsi
stringendolo. Ma
non poteva essere sempre così, purtroppo. Dapprima con poca
forza, poi sempre
con maggiore pressione Jin aveva iniziato a scuotere Namjoon per un
braccio,
senza avere risultati. Era passato al piano due, più per
poter dire di averle
provate tutte che perché convinto che avrebbe sortito
l’effetto sperato. Alzatosi
dal letto matrimoniale era andato ad aprire la finestra,
così che la poca luce
del mattino potesse giungere nella sua stanza. Si era poi guardato
attorno
sbattendo gli occhi. Ovviamente i vestiti che Namjoon si era tolto la
sera
prima erano buttati in un angolo per terra affianco alla poltroncina
vicino al
letto. Guardando quell’ammasso informe Jin aveva ringraziato,
come spesso gli
accadeva quando vedeva questo genere di cose, di non dover, per il
momento
almeno, dividere una stanza insieme a lui. I due ragazzi avevano
infatti ognuno
la propria camera, avendo Namjoon occupato quella che era
precedentemente di
Hoseok. Entrambi però disponevano di un letto matrimoniale
per cui, tranne rare
occasioni, ogni notte uno dei due dormiva dall’altro.
Solitamente era sempre
Namjoon che andava da Jin poiché il caos che regnava nella
stanza del primo
metteva spesso a dura prova la fiducia in una futura vita matrimoniale
del
secondo. Come previsto, anche adesso che il sole gli arrivava sul viso
il
ragazzo continuava a russare. Jin aveva dunque fatto un sospiro
profondo,
alzato gli occhi al cielo e si era avviato verso il letto.
Per
Hoseok il momento del risveglio era ben diverso. Non
avendo nessuno vicino a sé da controllare o che potesse
controllarlo di solito
la routine della mattina prevedeva il suono della sveglia,
l’interruzione del
suddetto suono da parte di una mano che poi ricadeva inerte sul
cuscino, il
suono della sveglia dopo altri cinque minuti, interruzione di nuovo, e
così via
per almeno cinque o sei volte finché quasi tra le lacrime il
ragazzo si
accorgeva di essere in ritardo e si catapultava fuori dal letto per
buttarsi
immediatamente sotto la doccia e svegliarsi. Quasi ogni giorno Jungkook
assisteva a quella scena, per cui faceva sempre in modo di aver finito
con il
bagno prima del risveglio del suo coinquilino per poi mettersi a
preparare la
colazione per entrambi, assicurandosi di poggiare una tazza di
caffè caldo in
bella vista sul tavolo pronta per il ragazzo che anche dopo il getto di
acqua
fredda rimaneva sempre assonnato. Quella mattina in particolare
però Hoseok non
aveva trovato nessuno ad aspettarlo in cucina. Poiché le
lezioni erano sospese,
Jungkook non sarebbe dovuto uscire che solo nella tarda mattinata, per
incontrarsi con Taehyung attorno alle undici, e dunque adesso era
ancora nel
suo letto a dormire. Con occhi semi socchiusi si era chiesto se avrebbe
avuto
le energie per prepararsi il caffè da solo. Ci era riuscito,
con grande sforzo,
rischiando di addormentarsi in piedi diverse volte mentre aspettava che
fosse
pronto. Appena le sue labbra avevano toccato la bevanda nera si era
sentito
subito meglio. Il 90% dell’efficacia del caffè era
dovuto a un effetto placebo,
ne era sicuro, ma qualunque fosse il motivo non avrebbe potuto farne a
meno la
mattina. Dopo aver trovato per colazione qualche avanzo del pranzo del
giorno precedente
nel frigo si era accorto di avere solo dieci minuti prima di perdere il
suo
bus. Di corsa, era andato a prendere la borsa rossa che aveva in
camera, aveva
indossato il suo cappotto beige preferito sopra la maglia di lana
bianca, fatto
scorrere attorno al collo una pesante sciarpa nera e si era affrettato
verso la
porta di casa. Prima di uscire si era fermato un attimo davanti allo
specchio
appeso all’ingresso e si era sistemato con una mano i
capelli. Soddisfatto, aveva
poi girato la maniglia e infilandosi i guanti aveva preso a correre
verso la
fermata del bus, ringraziando il vento freddo che in pochi secondi lo
aveva
svegliato del tutto e sentendosi finalmente pronto ad affrontare una
nuova
giornata con entusiasmo.
Aveva
incontrato Jin direttamente nell’appartamento
all’ottavo
piano che la compagnia teatrale aveva affittato e utilizzava come luogo
di
ritrovo per gli incontri. L’interno era stato ristrutturato
così da venire
incontro alle esigenze del gruppo, e presentava dunque ora
un’unica ampia
stanza, dove si teneva il corso, più un bagno e una piccola
cucina con
l’essenziale – un microonde, un bollitore, un
tostapane e un piccolo frigo – a
disposizione dei membri qualora avessero voluto bere o mangiare
qualcosa di
veloce. Fu lì che Hoseok trovò il suo amico, al
momento del suo ingresso occupato
a parlare con un gruppetto formato da due ragazzi e una ragazza, mentre
teneva
in mano una tazza di tè e si appoggiava lievemente al muro
della cucina. Stava
indossando un paio di jeans scuri e un maglioncino blu elettrico, un
completo
semplicissimo che però lo faceva assomigliare lo stesso ad
un membro della
casata reale e che portò Hoseok a domandarsi come potesse
apparire così
elegante alle otto e mezza della mattina. Namjoon invece era andato un
attimo
al bagno per potersi dare una rinfrescata al viso e cercare di farlo
apparire
meno gonfio. Una volta arrivati tutti, le prove avevano avuto inizio e
si erano
protratte fino a più o meno un quarto d’ora prima
che l’uomo dal cappotto nero
mettesse a dura prova con la sua piccola disavventura le buone maniere
di
Hoseok. Il caffè in cui lui e Jin si trovavano ora
apparteneva allo stesso
palazzo in cui era anche l’appartamento usato per il corso di
teatro, e dunque
bastava uscire sulla strada dal portone principale, camminare per dieci
secondi
oltre il negozio di scarpe per ritrovarsi di fronte alla porta marrone
scuro e
poter entrare accompagnati dal suono di un campanellino ad ordinarsi
qualcosa
di buono. Era ciò che i due ragazzi avevano fatto, per
allietare con una
fumante cioccolata l’oretta che avrebbero dovuto passare
ancora in sala prove,
avendo deciso di rimanere un po’ più a lungo degli
altri insieme a Namjoon per
fargli compagnia mentre lavorava su alcuni brani musicali per lo
spettacolo. Si
sarebbero potuti scaldare qualcosa nella piccola cucina della
compagnia, ma la
cioccolata del bar era ovviamente tutta un’altra storia.
La
voce squillante della cameriera al bancone annunciò ai
ragazzi che il loro ordine era pronto. Rimettendosi i guanti, Hoseok
prese il suo
bicchiere di cartone, Jin ne prese due e si riavviarono verso lo
studio. Due
minuti dopo, mentre i numeri rossi scorrevano sul display
dell’ascensore, Jin
sentì il cellulare nella tasca del cappotto squillare.
Hoseok prese una delle
tazze che aveva in mano così che il ragazzo potesse
rispondere. Guardò lo
schermo: “Joonie ~”.
– Sono in
ascensore, arrivo fra un minuto – rispose senza nemmeno
aspettare ciò che
l’altro aveva da dire.
–
Oh, ok. Quando
arrivi con Hoseok vieni in cucina per favore. – si sentì
dall’altra parte della cornetta.
–
Perché in cucina? Non stavi lavorando alla musica??
–
Ti dico appena
arrivi. Ciao. – Perplesso Jin guardò
Hoseok il quale aveva sentito la
conversazione e che disse con una risatina:
–
Cosa ha combinato adesso?
–
Ho onestamente paura di scoprirlo. – fu la risposta di
Jin mentre riprendeva la sua tazza e le porte dell’ascensore
si aprivano al
suono di un din.
Rientrati
nella sala i due videro che c’erano ancora un
paio di ragazzi, nuove reclute di quest’anno, che dovevano
essersi attardati a
parlottare tra loro e che quando li videro li salutarono allegramente.
–
Com’è il tempo? Fa tanto freddo? –
chiese uno dei due
avvicinandosi, avendo probabilmente notato il naso arrossato dei
ragazzi che
erano appena stati fuori. Jin rispose che purtroppo si, il sole non
doveva
ingannarli, faceva ancora molto freddo e quindi era bene che si
preparassero e coprissero
bene. Hoseok affiancò a lui confermò. Curioso di
sapere cosa fosse successo al
suo ragazzo, Jin si scusò subito e salutando si
avviò verso la cucina, dove in
teoria avrebbe dovuto trovare Namjoon. Nel frattempo l’altro
dei due ragazzi si
rivolse ad Hoseok:
–
Hoseok-hyung, qual è l’orario esatto per la festa
di
sabato? Le venti o più tardi?
–
Oh, abbiamo deciso di fare più tardi! – rispose
Hoseok
allegramente – Mi spiace per la confusione! Questa
mattina avevamo proposto di
fare qualcosa anche per cena, ma alla fine parlando un po’
con tutti abbiamo
visto che era meglio far partire la serata dopo, dalle ventuno e trenta
in poi,
più o meno. Quindi è quello l’orario
ufficiale. L’indirizzo della casa lo
avete?
–
Sì, quello sì, ce lo hanno dato! Però
volevamo conferma
sull’ora perché non eravamo sicuri. Sia io che
Doyun verremo sicuramente.
Grazie mille di mettere a disposizione la vostra casa per tutti noi!
– disse inchinandosi
lievemente mentre l’altro ragazzo, Doyun, lo imitava. Hoseok
sorrise, facendo
un passetto indietro, leggermente imbarazzato. La casa dove si sarebbe
tenuta
la festa per l’ultimo dell’anno non era in
realtà sua, ma, nuovamente, della
famiglia di Jin. Dato che però l’organizzazione
era stata sempre portata avanti
non solo da Jin, ma da tutto il gruppo dell’appartamento 503
(che ormai
includeva anche Jimin, Taehyung e Jungkook), l’idea comune
era diventata che
quella casa fosse di proprietà di tutti loro.
–
Tranquilli! È una cosa che organizziamo già da
alcuni anni,
ci fa davvero piacere! Per qualunque dubbio comunque questo
è il mio numero di
telefono.
I
due giovani presero diligentemente nota del numero e
poi rendendosi conto dell’ora si affrettarono ad andare via,
salutando e
ringraziando Hoseok ancora svariate volte. Quando la porta si fu chiusa
dietro
di loro, il ragazzo si avviò verso la cucina e per prima
cosa sentì la voce di
Jin borbottare:
–
Bene! Se ne sono andati, adesso mi spieghi per
cortesia? –
–
Dai Jin, non irritarti! Volevo essere sicuro che
nessuno al di fuori di voi due entrasse in cucina mentre
mostravo… il d-danno
che potrei aver fatto... – La voce di Namjoon si
affievolì mentre diceva queste
ultime parole. Hoseok si battè la mano libera sulla coscia:
– Ero sicuro si
trattasse di qualcosa del genere! Cosa hai rotto questa volta
Joonie-ah?
Namjoon
rivolse a Jin uno sguardo di scusa che Jin
ricambiò con un’espressione rassegnata, facendo un
cenno del capo per
incoraggiare il ragazzo a far vedere la new entry nella sua lista di
disastri.
Chinandosi in ginocchio, Namjoon aprì lo sportello sotto il
lavandino, dentro
cui aveva nascosto il corpo del reato. Si rialzò tenendo in
una mano il
bollitore e nell’altra il coperchio che fino a
un’ora prima vi si trovava
attaccato.
–
Aaah Joon! Che devo fare con te? – esclamò Jin
mentre
Hoseok ovviamente si metteva a ridere. Jin prese i resti separati del
bollitore
e iniziò a cercare di capire come poter ripararlo, sperando
di non doverne
ricomprare uno nuovo. Namjoon era effettivamente mortificato:
–
Non posso scaldarmi nemmeno un po’ di acqua.
–
A cosa ti serviva l’acqua calda per il tè se noi
stavamo comprando la cioccolata? – chiese Hoseok.
–
Non era per un tè ovviamente! Mi serviva per
scioglierci dentro questa polvere. È un paio di giorni che
mi sento stanco e
non vorrei un’influenza proprio ora che abbiamo la festa da
organizzare, senza
parlare dello spettacolo.
–
E non potevi prendere semplicemente l’acqua calda del
lavandino?? – il tono sorpreso con cui Hoseok pose questa
domanda lasciò
Namjoon spiazzato per un paio di secondi. Si riprese subito dicendo:
–
Non mi piace un
po’ calda, mi piace molto
calda.
Hoseok
rispose ridacchiando guardandolo con espressione
furba e con il tono che si usa spesso con i bambini a cui si spiegano
cose
ovvie della vita:
–
Ma Namjoon-ah, se aspetti un po’ anche l’acqua del
lavandino diventa bollente.
–
Non a sufficienza, va bene?! – scattò su Namjoon,
irritato, mentre Hoseok prendeva a ridere ancora di più e
Jin chiudeva
finalmente il coperchio sul bollitore con un clack
metallico.
–
Va bene voi due, basta, la buona notizia è che lo avevi
solo sganciato e non rotto. Hai provato almeno un attimo a metterlo a
posto da
solo? Non era così difficile.
–
Appena mi sono ritrovato col coperchio in mano sono
entrato nel panico e il mio istinto è stato nascondere tutto
sotto il
lavandino.
Hoseok
e Jin scossero entrambi la testa. Un po’ rosso in
viso, Namjoon prese dal bancone dove Jin lo aveva poggiato il suo
bicchiere di
cioccolata, che per fortuna si era mantenuta calda, e insieme agli
altri si
avviò nell’angolo della sala principale dove era
stato messo un tavolo e tutto
il materiale che gli occorreva per occuparsi delle musiche dello
spettacolo.
Quel
lavoro gli era stato consigliato due anni prima da
Yoongi, che aveva conosciuto in università perché
frequentava il suo stesso
corso di Music Production. Namjoon era un anno più piccolo,
ma grazie alla sua
intelligenza fuori dal comune era riuscito durante le scuole superiori
a
saltare direttamente un intero anno e dunque si trovava ora nello
stesso
livello scolastico di Yoongi. Questo particolare aveva incuriosito il
ragazzo
più grande, che si era per questo messo ad osservare
l’altro con maggiore attenzione
di quanta solitamente ne riservasse alle persone che gli si muovevano
intorno.
Fin dalla prima volta che avevano lavorato insieme ad un progetto,
Yoongi si
era reso che oltre ad essere intelligente Namjoon aveva anche
un’incredibile
dose di talento. Le idee che aveva erano estremamente interessanti e
Yoongi si
ritrovò così in poco tempo a frequentare sempre
più il ragazzo dopo le lezioni nella
caffetteria della facoltà per discutere dapprima solo di
musica, poi anche di
interessi comuni, che scoprì essere tanti. Quando un giorno
di novembre Jin e
Hoseok gli comunicarono che il musicista della loro compagnia si era
dovuto
trasferire in modo improvviso con la famiglia in un’altra
città e avevano
pensato a lui dovendo cercare urgentemente un sostituto, Yoongi fece il
nome di
Namjoon. Lo vedeva meglio di sé in una posizione del genere,
in cui era
necessario relazionarsi con un gruppo di persone e prendere in
considerazione
esigenze altrui invece che seguire solo la propria ispirazione. In
questo modo
il ragazzo si era incontrato con Jin. L’intesa era stata
abbastanza chiara fin
da subito, anche se sarebbe stato difficile comunque non notarla vista
la
frequenza con cui in casa Jin finiva a parlare di Namjoon, di quanto
fosse
contento che Yoongi lo avesse proposto perché era davvero
bravo e sicuramente
avrebbe dato una svolta interessante e originale allo stile della
compagnia ed
era anche così simpatico e gentile ed era così
semplice andare d’accordo con
lui, dovremmo invitarlo più spesso
a casa
nostra, Yoongi perché non lo hai mai portato a casa prima?
La domanda di
Jin era legittima e il pomeriggio in cui la pose anche Yoongi se lo
domandò.
Seppure lavorassero spesso assieme, in effetti nei due mesi passati non
si
erano mai incontrati al di fuori delle mura
dell’università. Determinato a non
perdere tempo, pur senza slanciarsi troppo Jin prese da subito in mano
la
situazione e Namjoon divenne un ospite sempre più assiduo in
casa loro. Yoongi
ogni tanto quando li vedeva adesso in giro per casa che battibeccavano
ripensava
a quei giorni e gli sembrava passata un’eternità
da un lato e due ore da un
altro. I due ragazzi erano davvero fatti l’uno per
l’altro. Simili su ciò che
contava, l’onestà, la dedizione al lavoro, la
gentilezza, erano poi diversi in
maniera perfetta. La prima volta in cui entrambi si erano davvero resi
conto di
quanto stessero bene l’uno vicino all’altro era
stata una sera di febbraio
risalente a tre anni prima. Come era già accaduto qualche
altra volta nei tre
mesi passati da quando Namjoon aveva accettato provvisoriamente il
ruolo nella
compagnia, anche quel pomeriggio Jin aveva deciso di rimanere insieme
al
ragazzo per non lasciarlo solo mentre aggiustava alcune musiche. Le due
riunioni
settimanali con tutto il gruppo non duravano molto durante
l’anno, un paio
d’ore soltanto, per cui necessariamente Namjoon doveva
portare avanti la
composizione nel suo tempo libero. Era tuttavia un tipo di lavoro di
cui si
sarebbe potuto occupare benissimo anche a casa propria, come sia
Namjoon stesso
che Jin ben sapevano. Nessuno dei due però
accennò mai a tale particolare,
entrambi utilizzando questa scusa per crearsi un’occasione
per rimanere insieme
un po’ più a lungo. Il bello di questi pomeriggi
era proprio che avvenivano in
un terreno neutro che non metteva a disagio o in imbarazzo nessuno dei
due ragazzi,
a differenza di quanto sarebbe accaduto a quello stadio di conoscenza
se uno
avesse apertamente chiesto all’altro di andare insieme in
qualche altro posto.
Durante quel lungo pomeriggio, che si trasformò poi
– troppo velocemente
secondo i due giovani – in sera, iniziarono per la prima
volta a parlare non
soltanto di argomenti inerenti allo spettacolo o leggeri, ma si
aprirono anche
su temi più importanti, confidandosi pensieri che di solito
non condividevano
con altri e finendo a parlare dei misteri dell’universo,
seduti per terra
vicini in un angolo e con una tazza di tè in mano. Erano
così presi dai loro
discorsi che non si erano accorti che il sole aveva ceduto il posto
alla luna e
solo la telefonata preoccupata di Hoseok che chiedeva a Jin se tutto
fosse
apposto li aveva riportati alla realtà. Quella stessa notte
Jin andò a dormire sentendo
che qualcosa tra loro due si era trasformato e si addormentò
stringendo il
cuscino con un sorriso sulle labbra, il cuore che ancora batteva forte
al
pensiero delle ore – ore! Sembravano secondi! –
appena trascorse.
Nonostante
la chiara attrazione che c’era tra loro però,
entrambi erano fondamentalmente piuttosto timidi, per cui la relazione
si era
sviluppata a ritmi davvero geologici. Ad aprile finalmente uno dei due
ebbe il
coraggio di accostare le proprie labbra a quelle dell’altro
in un bacio
progressivamente più appassionato, ma fu solamente diversi
mesi dopo che Yoongi
e Hoseok li sentirono proclamare l’annuncio ci
frequentiamo, ma vorremmo per il momento tenerlo per noi, voi siete gli
unici a
saperlo. I due ragazzi rimasero sorpresi, il che fu piuttosto
divertente
per la coppia, convinta che i loro amici avessero capito da tempo cosa
stesse
bollendo in pentola. Spiegarono che la loro sorpresa era dovuta
unicamente al
fatto che ormai dopo tutto questo tempo avevano creduto che un evento
del
genere non si sarebbe più verificato. Ovviamente si erano
accorti di ciò che
stava accadendo, e non avrebbero potuto essere più felici di
questa unione.
Namjoon e Jin funzionavano davvero, e funzionavano così
perché nonostante le
loro differenze si comprendevano appieno l’uno con
l’altro. Bastava che Jin
sollevasse un sopracciglio perché Namjoon sapesse
esattamente cosa non andava,
allo stesso modo in cui un battito di ciglia di Namjoon era sufficiente
perché
Jin accorresse a porre rimedio a problemi che l’altro non
aveva bisogno di
dire. Anche in questo caso, durante l’episodio del bollitore,
Jin aveva
avvertito la difficoltà di Namjoon di fronte alle domande di
Hoseok. Pur non
guardando la scena perché occupato a rimettere a posto
l’oggetto, i due brevi
secondi in cui il ragazzo aveva pensato a una risposta sulla questione
dell’acqua calda non erano sfuggiti a Jin, e sapendo
l’imbarazzo che doveva
provare aveva prontamente interrotto il battibecco tra i due,
intenzionato a
chiudere la questione il più velocemente possibile per il
bene di Namjoon.
Adesso che i due erano insieme ormai da un po’, questa intesa
era diventata
palese anche durante le ore trascorse a lavorare allo spettacolo. Con
la
frequentazione di Namjoon, Jin aveva col tempo iniziato ad imparare
alcune cose
sulla creazione di musica, o comunque ad avere un’idea
leggermente più precisa
di che tipo di lavoro fosse. Questo fatto, unito a una maggiore
spigliatezza
nei confronti di Namjoon che finalmente poteva permettersi anche
davanti ad
altri, aveva fatto sì che durante le riunioni Jin
contribuisse più di quanto
non avesse mai fatto alle scelte inerenti le musiche per gli
spettacoli. Discutendo
e scambiandosi opinioni apertamente, era chiaro a tutti il livello di
comprensione reciproca dei due giovani. Completarsi le frasi a vicenda
e
anticipare i dubbi dell’altro erano solo alcuni dei segnali
che lo rendevano
evidente. La discussione in atto al momento era dunque per Hoseok solo
una
delle tante in cui era testimone dell’efficienza della
macchina Namjoon/Jin.
–
Lo so che forse i tempi stringono, ma stavo pensando di
cambiare la musica di transizione tra il t- –
iniziò Namjoon.
–
Terzo e quarto atto. – gli si sovrappose Jin – Si,
sono
d’accordo. Non rende molto l’atmosfera
dell’ultima parte della storia.
–
Esattamente. – rispose l’altro osservando
compiaciuto
il proprio ragazzo di fronte a sé. Era davvero orgoglioso di
quanto avesse
imparato nell’ultimo anno e felice di poter contare sul suo
appoggio e aiuto. –
Cosa ne pensi Hoseokah? – chiese poi rivolgendosi a Hoseok
che si era un attimo
distratto a guardar fuori dalla finestra un uccellino che ci stava
volando
davanti.
–
Oh? – Si scosse dalla sua ipnosi. – Si, mi fido di
voi.
In effetti anche io avevo notato che c’era qualcosa che non
andava. – disse
cercando di apparire credibile e prendendo un lungo sorso dalla tazza.
Gli
altri due sorrisero. Jin decise di essere onesto:
–
Ascolta, c’è un’altra cosa che credo non
vada. La tua
scena Hoseokah. Mi dispiace dirlo ma… –
esitò, mordendosi leggermente il
labbro. Namjoon gli venne incontro:
–
È un po’ un disastro. – disse in tono di
verità
scientifica.
Jin
fece un mormorio di assenso, guardando Hoseok con aria
mortificata. Il ragazzo non se la prese.
–Uuuuh!
Lo so davvero! – disse levando gli occhi al cielo
e facendo un risolino. – È una scena difficile,
soprattutto per me che… – si
arrestò di colpo e rimase quasi paralizzato per quella
frazione di secondo
sufficiente a far sì che sia Jin che Namjoon lo guardassero
con sguardo
interrogativo. Riprendendosi dallo spaesamento che l’essersi
accorto di ciò che
stava per dire gli aveva causato, finì in fretta la sua
frase con un:
–
Lo sapete che non sono una persona molto seria. – e li
guardò con un sorriso di scuse. Namjoon alzò le
sopracciglia e annuì,
concordando con l’affermazione, mentre Jin precisò
che nessuno si aspettava
livelli di recitazione alti nel secondo show, ma comunque qualcosa
doveva
essere fatto affinché la scena in questione uscisse se non
da premio Oscar quantomeno
non ridicola.
–
Ho tutto sotto controllo. –
rispose Hoseok sicuro di sé. – Mi
è venuto in
mente ieri sera un modo per migliorare, datemi fiducia.
–
Ovvero? – chiese subito Namjoon, curioso. Hoseok lo
guardò divertito:
–
Tranquillo Joonie, non vi deluderò. Jin si ispira con
grembiulini rosa, io ho altri segreti. – e facendogli
l’occhiolino lanciò un
bacio in direzione di Namjoon. Diverse sfumature di rosso, dal rosa
pallido
allo scarlatto, colorarono in pochi secondi i volti dei due ragazzi,
entrambi terribilmente
imbarazzati all’idea che qualcuno dei loro amici pensasse
davvero che sarebbero
stati capaci di fare qualsiasi genere di attività con
quell’coso. Dopo un breve
momento di
confusione causato dall’allusione di Hoseok, tutti e tre si
ricomposero e si
rimisero a lavoro, cercando di finire prima possibile la revisione dei
punti
più urgenti.
Passata
all’incirca quasi un’altra ora, finalmente furono
liberi di tornare a casa e soddisfare i loro stomaci che avevano
già iniziato a
brontolare vistosamente. Messa giù la matita, Namjoon si
tirò indietro sulla
sedia, sollevò le braccia e si stirò emettendo un
lungo suono gutturale. Così
facendo espose agli occhi di Jin la macchia di caffè che
aveva sulla manica
destra della camicia di jeans. Sapeva quanto al ragazzo desse fastidio
quando
indossava capi non perfettamente puliti, ma quella mattina si sentiva
troppo
spossato per riuscire a riflettere su ciò che doveva
mettersi addosso. Si
accorse dello sguardo di disapprovazione di Jin e abbassò
subito le mani,
scattando in piedi e cercando di deviare l’attenzione:
–
Cosa c’è per pranzo Jinnie? Non vedo
l’ora di riempire
lo stomaco.
–
Non sono ancora sicuro, mi farò ispirare dal
frigorifero. – rispose composto Jin, consapevole della
tattica di Namjoon, ma
deciso a lasciar correre per il momento. Ne avrebbero parlato dopo, non
c’era
bisogno di farlo ora di fronte a Hoseok, il quale probabilmente voleva
anche
lui sbrigarsi a tornare a casa.
–
Io credo comprerò qualcosa per strada, non penso di
aver più nulla in frigo con cui poter prepararmi un pasto
decente. – disse
Hoseok pensieroso.
–
Forse intendevi tutto quello che ha cucinato Jungkook è
finito? Anche se avessi avuto un’intera cucina piena di
ingredienti non avresti
mai cucinato comunque Hoseokah. – lo punzecchiò
Namjoon sorridendo. Il ragazzo
ridacchiò e Jin chiese:
–
Kookie non c’è?
–
No, credo sia da Taehyungie per un progetto di cui si
stanno occupando insieme.
Jin
registrò l’informazione, annuendo e iniziando ad
infilarsi il cappotto. Imitandolo, gli altri due fecero lo stesso.
Sull’uscio
della sede, mentre Jin stava per chiudere la porta sentì il
telefono che teneva
nella tasca posteriore dei jeans squillare nello stesso momento in cui
Hoseok
tirava un urletto e chiedeva di rientrare perché aveva
dimenticato la sua
sciarpa all’interno. Un po’ in confusione Jin fece
spazio per farlo passare e
mentre il ragazzo entrava disse ad alta voce, ma chiaramente parlando
tra sé:
–
Mi è arrivato un messaggio? – e fece per portare
un braccio
dietro la schiena, fermato però tempestivamente da
un’altra mano. Era Namjoon,
il quale mentre lui chiudeva la porta gli era dietro a qualche passo di
distanza ed ora aveva evidentemente deciso di compiere
un’audace avanzata.
–
Si, ti è arrivato un messaggio. – rispose. Aveva
sentito
anche lui lo squillo e siccome Jin gli si trovava davanti aveva anche
visto il
cellulare illuminarsi e dunque individuato la sua posizione.
Approfittando
dell’inaspettato allontanamento di Hoseok aveva avuto la
fulminea idea di accostarsi
al suo ragazzo ed occuparsi lui stesso dell’estrazione
dell’oggetto dalla
tasca. Sentendolo dietro di sé Jin istintivamente gli si
addossò ancora di più.
Stringendo il ragazzo da dietro con un braccio, Namjoon si sporse a
dargli un
bacio sulla guancia mentre con la mano libera indugiava più
del necessario
sopra la tasca dei pantaloni.
–
Ecco. – disse alla fine estraendo il telefono. Jin si
girò e lo baciò delicatamente. Gli prese poi il
telefono dalle mani e sbloccò
lo schermo. Si sentì da dietro arrivare la voce di Hoseok:
–
Scusate, ho bevuto svelto un bicchiere d’acqua, non resistivo
un’altra mezz’o… Ma vedo che non stavate
sentendo la mia mancanza. – aggiunse
ironico accorgendosi della posizione dei due ragazzi. Si staccarono
ridacchiando. Mentre Hoseok chiudeva la porta e Namjoon si avviava
all’ascensore Jin lesse finalmente il messaggio e si
lasciò scappare
un’esclamazione di gioia. Namjoon si girò sorpreso
verso di lui.
–
Cosa
c’è?
–
Ho appena ricevuto avviso dal corriere che entro
massimo dopodomani mi consegneranno il quadro che avevo ordinato.
Ricordi?
Quello che ti ho fatto vedere tre giorni fa.
–
Un quadro? – chiese Hoseok.
–
Un quadro Hoseokah si. Noi poveri studenti compriamo
videogiochi e lui compra quadri.
–
Compro anche io videogiochi! – rispose Jin risentito
– Ma
quel muro in sala vicino alla porta d’ingresso mi sembra
così spoglio senza
nulla appeso…
–
Così hai comprato un quadro.
–
Così ho comprato un quadro, Joonie, si. – e gli
fece
una linguaccia ridendo.
L’arrivo
dell’ascensore interruppe la conversazione.
Sentendosi un passo più vicini al pranzo i tre ragazzi vi si
fiondarono dentro.
Dopo qualche secondo di silenzio Jin disse:
–
Tanto per ricapitolare, la festa si terrà a partire
dalle nove e mezza. Quindi io direi di dire agli altri quattro di
vederci attorno
alle otto, che dite?
Sia
Hoseok che Namjoon furono d’accordo. Hoseok chiese
poi se avessero già una mezza idea su quanta gente sarebbe
venuta, al che
Namjoon guardò Jin perché anche lui aveva lo
stesso dubbio. Jin, che aveva
tenuto più o meno il conto sia delle persone che avevano
già risposto
ufficialmente sia di quelle che avevano anticipato un sì
quasi sicuro, rispose
che per il momento ci sarebbero state circa una quarantina di persone.
Il
numero non era impressionante, considerato che solo il gruppo della
compagnia
di teatro era composto da diciotto persone e ognuno di loro avrebbe
portato
almeno un amico. L’invito non era esteso a tutti
incondizionatamente, ma i
ragazzi erano abbastanza flessibili su quante persone extra ogni ospite
ufficiale potesse portare, a patto che lo facessero presente.
–
A casa lo diremo anche a Yoongi. – aggiunse Namjoon.
–
E poi qualcuno dovrà scrivere un messaggio sul gruppo di
Katalk per riepilogare
tutto ciò che dobbiamo preparare.
–
Si quello posso farlo io tranquillamente più tardi
–
disse Jin, uscendo finalmente dall’ascensore.
Per
strada i tre ragazzi si salutarono velocemente,
stringendosi nei loro cappotti in un tentativo di riparo dal freddo
pungente, e
si avviarono in direzioni opposte verso le rispettive fermate del bus,
Namjoon
e Jin tenendosi per mano verso destra, Hoseok verso sinistra.
*****
–
Perché non avete scritto l’orario subito su
Katalk?
Dobbiamo passarci le comunicazioni a voce alle soglie del 2017?
– disse Jimin
rivolgendosi con sorpresa a Namjoon. Si trovava seduto al tavolo della
cucina
di casa Min/Kim, con le gambe che si muovevano ciondoloni sullo
sgabello troppo
alto per lui. Era un’impresa salirci sopra, ma era il suo
posto preferito. Non
sapeva bene come ci fosse finito uno sgabello da bar nella loro cucina,
ma lo
trovava divertente, per cui appena poteva se ne appropriava. Davanti a
lui si
trovava Yoongi, seduto su una sedia normale e con l’iPod tra
le mani. Namjoon
era invece al bancone, occupato a farsi un altro caffè. Non
riusciva davvero a
scuotersi questa sonnolenza di dosso oggi. Si era cambiato. La camicia
di jeans
era finita in lavatrice il momento esatto in cui aveva messo piede
dentro casa.
Jin gliela aveva tolta di dosso con una tale foga che lì per
lì il poverino si
era illuso e aveva pensato l’altro fosse stato colto da un
momento di passione.
Si era però accorto subito con delusione che in quel momento
l’unica passione
ad occupare la testa di Jin era quella per i vestiti freschi di bucato.
Con un
sospiro aveva lasciato che il suo ragazzo si dirigesse come una
scheggia al
bagno di servizio per metter via la camicia sporca e si era avviato
verso la
sua camera alla ricerca di qualcosa di più pesante da poter
mettere sopra la
maglietta di cotone grigia. Fatto ciò si era allungato sul
divano, Jin già in
postazione in cucina pronto a preparare il pranzo per lui e gli altri
due
ragazzi. Mentre stavano finendo di mangiare il campanello aveva suonato
e
Yoongi era andato ad aprire, tornando verso il tavolo insieme a Jimin,
avvolto
in una sciarpa enorme per lui, zainetto alle spalle, un ombrello in una
mano e
una busta di carta in un’altra. Adesso Jin era andato a
riposare, mentre
Namjoon contava sul caffè per rimanere sveglio di fronte al
libro che aveva
intenzione di mettersi a leggere dentro il suo letto. Non sarebbe
riuscito a
combinare molto altro oggi.
–
Jiminie è vero, non ci abbiamo pensato – rise
Namjoon
scuotendo la testa con fare rassegnato.
–
E voi tre oggi vi sareste riuniti a discutere dettagli
sullo spettacolo da soli? Terrò la vostra compagnia nelle
mie preghiere. –
Yoongi aveva proferito queste parole senza alzare gli occhi
dall’iPod. Jimin lo
guardò divertito, mentre Namjoon portava una mano in alto in
segno di resa e
attraversando la cucina diretto verso la propria camera annunciava che
da quel
momento avrebbero potuto occuparsi di tutto loro due, lui non avrebbe
sollevato
obiezioni. Yoongi annuì soddisfatto e Jimin sorridendo prese
il telefono. Fece
scorrere velocemente le piccole dita sulla tastiera e inviò
messaggi sulla chat
di gruppo di KakaoTalk.
---
giovedi 29 dicembre 2016 ---
Jimin
14:38
Per
Kookie e Taehyungie che ancora non
sanno:
il 31 ci vediamo alle 20:00 J
14:39
Jin
hyung aggiornerà meglio su dettagli
organizzazione
14:39
Presto!
14:40
per favore :P
–
Fatto! – annunciò soddisfatto al ragazzo di fronte
a sé. Scese con un
piccolo salto giù dallo sgabello e gli si
avvicinò. – Andiamo in camera tua?
Yoongi
fece un cenno d’assenso e si alzò anche lui.
*****
Bzzzz.
Il
suono di un telefono che vibrava fece sollevare la
testa a Jungkook. Tiratosi su sulle ginocchia cercò con gli
occhi la direzione
del rumore e individuò in pochi secondi il cellulare di
Taehyung, lasciato sul
tavolo.
–
Il tuo telefono. – disse prima di rimettersi giù,
viso
rivolto al foglio di cartone sul pavimento, gomiti per terra,
pennarello in
mano. Dopo mezzo minuto si rese conto che Taehyung non aveva sentito
né la
vibrazione, né quello che aveva detto. Lo scosse piano su
una spalla. Il
ragazzo fece un suono sorpreso, come se lo avessero appena svegliato.
Il punto
però era che non stava dormendo, ed era esattamente questo
ciò che non finiva
mai di meravigliare Jungkook quando scene del genere accadevano. Era
mai
possibile isolarsi in quel modo?
–
Il tuo telefono ha vibrato, hai ricevuto un messaggio.
– Aveva aggiunto il secondo dettaglio
nell’eventualità che durante il suo
viaggio fuori dall’orbita terrestre la mente di Taehyung
avesse dimenticato i
dettagli più comuni del mondo in cui viveva. Il
più grande smise di fare ciò
che chiaramente stava richiedendo tutta la sua attenzione e si
sollevò da
terra. Il progetto del corso di fotografia che lui e Jungkook seguivano
insieme
di cui si stavano occupando al momento aveva inaspettatamente richiesto
più
spazio di quanto avevano programmato all’inizio. Una serie di
scatti in bianco
e nero e di cartoncini beige era sparsa sul tavolo posto al centro
della
cucina-sala nel piccolo appartamento affittato da Taehyung e Jimin.
Altri
cartoncini, un tubetto di colla e alcuni pennarelli si trovavano
sparpagliati
sul pavimento freddo, a cui Jungkook e Tae avevano chiesto accoglienza
visto il
loro bisogno di ulteriore superfice per lavorare.
–
Chi è? – chiese Jungkook sollevando il viso verso
Taehyung.
–
Jiminie. – gettò un velocissimo sguardo
sull’altro
ragazzo – Ci avvisa che sabato ci vediamo tutti alle otto.
Jungkook
annuì. Taehyung rimise il telefono al suo posto
tra le carte del tavolo, si sedette di nuovo a terra con le gambe
incrociate e
guardò il lavoro fatto fino a quel momento. Ci stavano
mettendo un’eternità a
finire questo progetto. Oltre al non riuscire ancora a trovare soggetti
da
fotografare che li soddisfacessero davvero, ci si aggiungeva anche il
fatto che
lavorare insieme seriamente e con concentrazione per più di
dieci minuti era
per loro quasi impossibile. Quasi coetanei, i due ragazzi si erano
presi fin
dal momento in cui si erano conosciuti. La loro amicizia era diventata
subito
forte, merito anche della vivacità e del carattere
estroverso di Taehyung. Si
era accorto piuttosto presto che Jungkook era più riservato
di lui e per questo
all’inizio era stato tra i due quello che maggiormente aveva
compiuto passi in
direzione dell’altro. Per far sì che il ragazzo
prendesse facilmente con
confidenza con lui, aveva organizzato nel primo periodo una serie di
attività
infinite, proponendo a Jungkook di vedersi quasi ogni giorno, fosse per
un
cinema o un pranzo fuori. Lo stesso corso che adesso frequentavano
insieme era
stata una proposta di Taehyung, fatta appena l’altro ragazzo
aveva accennato al
suo amore per la fotografia. Gli aveva anche poi raccontato qualche
dettaglio
in più su sé stesso e sulla sua vita, sperando
così che in quel modo Jungkook anche
si aprisse un po’ più a lui e lo iniziasse a
considerare un suo amico. Poiché
quando si erano incontrati il più piccolo si era trasferito
a Seul da poco,
all’epoca non conosceva ancora bene nessuno e dunque Taehyung
ci teneva a fargli
capire che poteva contare sul suo appoggio in qualsiasi momento.
Ricordava la
difficoltà che aveva avuto lui stesso ad adattarsi ai ritmi
di quella città
gigantesca ed estremamente popolata. Era stata dura, e lui poteva
almeno dire
di avere Jimin vicino a sé. Fin da subito non
poté dunque fare a meno di
mettersi nei panni di Jungkook e sentire un moto di simpatia istintiva
nei suoi
confronti. Come sperato il ragazzo si era a poco a poco sciolto sempre
di più
ed in capo a tre-quattro mesi si poteva dire completamente integrato
anche
all’interno del gruppo dell’appartamento 503.
Adesso sarebbe stato difficile
per Taehyung immaginarli tutti insieme senza la presenza del
più giovane. A
differenza del primo periodo, ora la sua personalità usciva
completamente fuori
di fronte a tutti loro e non si poteva dire che la sua presenza fosse
semplice
da ignorare. Non era probabilmente rumoroso come Hoseok, e forse
neppure come
Taehyung, ma gli piaceva stuzzicare tutti, aveva la battutina sempre
pronta, e
appena poteva non si lasciava sfuggire un’occasione per
mettere in mostra uno
dei suoi – ben numerosi – talenti. Quando poi si
ritrovava con Taehyung creava
ancora più confusione, contagiato dalla vitalità
del primo che bene si
accordava con la sua energia. Essendo abituati a giocare tra loro tutto
il
tempo era dunque assai improbabile che riuscissero a rimanere insieme
nella
stessa per ore senza distrarsi e iniziare qualche genere di
attività totalmente
scollegata dal lavoro che avrebbero dovuto fare, come mettersi a
cantare o
guardare video stupidi al telefono. Il loro gusto e la loro
sensibilità in
fatto di fotografia era però molto simile per cui nessuno
dei due avrebbe
voluto occuparsi di questo progetto con un altro partner. Sapevano che
lavorando insieme non avrebbero avuto discussioni e che le idee
dell’uno
sarebbero state accolte positivamente dall’altro e, al
massimo, migliorate dai
suoi consigli. Per questo motivo anche se ancora si trovavano parecchio
indietro sul programma che avevano tentato di seguire, Taehyung non
rimpiangeva
comunque neppure un secondo passato a lavorare insieme a Jungkook.
Nemmeno i
secondi che erano stati sprecati a ridere o mangiare un gelato quando
avrebbero
dovuto essere alla ricerca di buoni soggetti da fotografare.
–
È inutile che fissi Taehyung. La risposta è
sì, siamo
indietrissimo. –
Jungkook si era accorto
di come Taehyung stava guardando l’ammasso di fogli davanti a
lui. Imitando
l’amico si mise anche lui a gambe incrociate e
continuò:
–
In teoria non andrebbe nemmeno così male visto che
manca ancora un mese alla presentazione, ma considerando che i giorni
dopo la
festa saremo probabilmente K.O. e poi dal nove riprendono le lezioni
sarebbe
stato meglio che fossimo riusciti a fare di più. –
Si portò una mano all’orecchio
e iniziò a giocherellare distrattamente con il piccolo
cerchietto
dell’orecchino, fissando il suo cartoncino pensieroso. Gli
occhi grandi di Taehyung
si puntarono su di lui. Dopo un momento di silenzio Jungkook
sollevò lo sguardo
su Taehyung che ancora lo stava fissando e fece una risatina, dicendo:
–
Scusa, sembrava stessi riflettendo sul progetto, ma
stavo solo pensando a cosa cucinare questa sera!
–
Come? – esclamò Taehyung – Credevo
stessi creando
qualche idea geniale!
Jungkook
rise, gli occhi che gli brillavano. Chiese di
nuovo scusa e poi fece presente all’amico che non era nella
posizione adatta
per poter rimproverare nessuno per essersi un attimo incantato a
pensare ad
altro. Taehyung alzò le mani in segno di resa:
–
Vero, vero, ok, hai vinto tu. – e sorridendo
guardò
l’altro ragazzo negli occhi. I due rimasero qualche secondo
in silenzio
fissandosi finché entrambi non scoppiarono a ridere. Ogni
tanto ingaggiavano
dal nulla queste gare e solitamente finivano in parità, come
era accaduto adesso.
Riprendere ciò che avevano interrotto fu faticoso, ma dopo
circa dieci minuti
le loro teste erano di nuovo abbassate e per un po’ di tempo
non vi furono
altri suoni nella stanza al di fuori del fruscio di fogli e dello
stridio dei
pennarelli.
–
Per la festa. – iniziò Jungkook ad un certo punto
– Jin
utilizzerà di nuovo la sua macchina?
–
Credo di sì.
Jungkook
fece un mormorio come a dire di aver inteso. Due
di loro avrebbero dunque dovuto utilizzare i mezzi per raggiungere la
casa.
L’anno scorso erano stati Hoseok e Taehyung – a
Jungkook era stato lasciato un
posto come simbolo di benvenuto, mentre Jimin, a quanto il ragazzo
aveva capito
dai racconti degli anni precedenti, in qualche modo aveva sempre il
passaggio
assicurato con gli hyungs – mentre per quest’anno
Jungkook aveva già in mente
un’idea. Dopo aver aspettato qualche secondo chiese di nuovo:
–
Jimin-hyung dov’è? Sei da solo oggi?
Tae
alzò la testa.
–
È da Yoongi-hyung. Non so quando torna. Devi parlargli?
–
Ero solo curioso. – rispose Jungkook continuando a
disegnare sul foglio davanti a sé.
Il
pomeriggio avanzò lento. Per cercare di essere il
più
produttivi possibile, i due ragazzi si imposero più volte,
con tanto di
cronometro, blocchi di tempo in cui era vietato distrarsi o parlare di
altro
che non fosse il progetto, alternando dieci minuti di totale silenzio a
dieci
minuti più rilassati. Così facendo, riuscirono ad
avanzare almeno un po’ nel
loro lavoro. Attorno alle quattro e mezza Jungkook si alzò
un momento e si
stirò. Era esausto e aveva raggiunto il suo limite per oggi.
Anche Taehyung
aveva già da un po’ dato segni di essere stanco,
per cui probabilmente da lì a
poco avrebbero rimesso a posto e archiviato tutto per quel giorno.
Andò al
tavolino, fece per cercare alcune fotografie e spinse il bottone
rotondo del
cellulare dell’amico. Lo schermo si illuminò,
scoprendo le grandi cifre
numeriche che segnavano l’ora e Jungkook istintivamente
gettò gli occhi verso
la porta d’ingresso. Sentì Taehyung alzarsi e
voltandosi verso di lui gli
chiese se voleva un tè. Il ragazzo rispose affermativamente
e si lasciò cadere
pesantemente su una sedia. La schiena gli faceva male per via delle ore
trascorse a terra, e il suo amico aveva passato una quantità
sufficiente di
tempo in casa sua per potersi occupare da solo della preparazione. Non
che ci
volesse molto a prendere dimestichezza con la cucina di Taheyung, o
anche della
casa intera. Il locale che avevano in affitto era semplice e
decisamente non grande
quanto l’appartamento 503. L’arredamento era
essenziale e le stanze – due
camerette singole, un bagno, una stanza di servizio e una zona giorno
comprendente un piano cucina – avevano solo il mobilio e gli
utensili necessari
per svolgervi in tranquillità le funzioni a cui erano
adibite. Anche dopo
un’ora chiunque avrebbe saputo dove trovare il necessario per
cucinare. Aspettando
che la loro acqua bollisse Taehyung
e Jungkook si misero a parlare del più e del meno, mai a
corto di argomenti
quando si trovavano insieme. Al fischio della teiera fu il
più grande ad
alzarsi questa volta. Con una presina dagli angoli lisi in mano la
tolse dal
fuoco e versò l’acqua bollente nelle grandi tazze
azzurre che Jungkook aveva
preparato sul bancone. Aggiunse lo zucchero e portò poi il
tutto in tavola,
accompagnato nel suo tragitto da nuvolette di vapore.
–
Due cucchiaini per te, uno per me – disse sorridendo.
–
Grazie Taehyungie. Fa un po’ freddo qui dentro.
Taehyung
annuì e rispose:
–
Lo so, abbiamo qualcosa che non va con il nostro
riscaldamento. Non so se il problema è il termosifone o
altro. Dovremmo
chiamare qualcuno.
Jungkook
fece un sorso di tè e si chiese se lo avrebbero
mai effettivamente fatto. Né Taehyung né Jimin si
potevano definire tipi dal
senso pratico. Jungkook ne aveva invece da vendere e lo avrebbe messo
volentieri a disposizione della vita quotidiana di almeno uno dei due.
Deglutì il
tè leggermente più forte del normale al pensiero.
–
Non ci vuole molto a fare una telefonata, lo potete
anche fare appena Jimin hyung torna. Che ha da fare così a
lungo da
Yoongi-hyung?
–
Uh? – Fu la risposta spaesata di Taehyung. –
Perché,
che ore sono?
–
Quasi le cinque credo.
Taehyung
si buttò sul suo telefono a controllare. Quasi
sobbalzò vedendo che quanto l’altro aveva detto
era vero. Se qualcuno glielo
avesse chiesto avrebbe giurato non fossero nemmeno le tre e mezza.
Quando si
erano fatte le cinque?
–
Non mi ero accorto fosse così tardi! –
esclamò, gli
occhi fattisi più grandi dalla sorpresa. Jungkook sorrise e
prese un altro
sorso. Taehyung si rimise con le spalle sulla sedia tirando uno sbuffo.
–
Spero torni per cena, non ho voglia di mangiare da
solo. – disse mettendo su il broncio. Guardò poi
Jungkook, come in attesa di
qualcosa dal ragazzo, il quale però sembrava essersi fissato
in un punto nel
vuoto. Taehyung alzò gli occhi al cielo portandosi la tazza
alla bocca.
–
Jungkookie! – esclamò di colpo.
Come
ridestatosi, Jungkook dette un piccolo sussulto e quasi per riprendersi
gli venne istintivo poggiare la tazza sul tavolo e tirare su le maniche
del
maglioncino beige per coprirsi le mani. Taehyung aveva notato che era
un gesto
che faceva spesso. Con le mani coperte a metà e
più al caldo di prima Jungkook
riprese la sua tazza e chiese scusa all’amico prima di bere
una lunga sorsata.
Taehyung aprì la bocca per chiedere cosa gli passasse per la
testa, ma si fermò
di colpo, mordendosi il labbro. Rimasero un altro po’ in
silenzio a finire il
loro tè, ognuno immerso nel corso dei propri pensieri, prima
di rompere la quiete
e iniziare a discutere di cosa dovessero occuparsi la volta successiva.
Finito di
prendere accordi, Jungkook disse che doveva andare via. Mentre
raccoglieva il
suo zainetto, Tae gli passò il cappotto che aveva
abbandonato sul divano quando
era arrivato quella mattina, raggiante all’idea che ci fosse
un po’ di sole
dopo il finimondo che era venuto giù la notte precedente.
Adesso era già
l’imbrunire e intravedendo il cielo scuro alla finestra
Taheyung non poté fare
a meno di pensare a come le giornate passassero sempre così
in fretta quando si
trovava in compagnia del ragazzo. I due si salutarono sulla soglia,
dicendo che
si sarebbero risentiti per telefono l’indomani per altri
dettagli sulla festa e
rivisti direttamente il sabato. Quando la porta si fu chiusa dietro di
lui,
Jungkook si avviò verso l’ascensore. Durante
l’attesa che la macchina scendesse
dal decimo al quarto piano e poi nel tragitto fino al piano terra
rimase
pensieroso. Sapeva ciò che doveva fare, ma aveva timore e
non riusciva a
decidersi. Ma era o ora o più. Jungkook era una persona
competitiva, non solo
con gli altri, ma anche con sé stesso. Anche in questo caso
la sfida era verso
di sé. Si era dato dei limiti. Oltre quelli avrebbe perso.
Si dette l’indomani
pomeriggio come termine ultimo. Forse lo avrebbe fatto prima o forse
no. Non lo
sapeva. La sua solita sicurezza gli mancava del tutto, e la sensazione
non gli
piaceva. Comunque sia, pensò, domani a quest’ora
dovrei già sapere il verdetto.
Uscì dal portone principale del palazzo e iniziò a camminare
a passo spedito sotto un cielo
che si rabbuiava di nuvoloni neri, chiedendosi perché
diamine mezza giornata dovesse
sembrare così lunga.
*****
Il
tepore lo investì appena mise piede dentro
l’appartamento. Posò il sacchetto che aveva in
mano vicino al muro, si sbattè
la porta alle spalle e scosse la testa con un brivido. Fuori era
davvero
freddissimo. Mentre sistemava il suo cappotto
nell’appendiabiti vicino allo
specchio sentì dei passi trotterellanti venire verso di lui
e poi una voce
squillante:
–
Jungkookieeeeee! – Hoseok abbracciò con entusiasmo
il
ragazzo appena rientrato. Aveva sentito dalla cucina la chiave sulla
toppa e si
era precipitato ad accoglierlo. – Mi sei mancato oggi!
Cercando
di liberarsi dalla morsa del più grande,
Jungkook rise e chiese se gli servisse qualcosa. Hoseok si finse offeso
all’allusione dell’amico, ma davanti allo sguardo
eloquente dell’altro cedette.
Kookie era troppo bellino per poter mentire al suo bel faccino.
–
Ti prego-ti prego-ti prego, prepara qualcosa di buono
stasera perché a colazione mi sono dovuto arrangiare e a
pranzo ho mangiato un
tristissimo panino fuori. – disse in un sol fiato con
trasporto e chinandosi in
avanti a mo’ di preghiera. Jungkook scoppiò a
ridere, soddisfatto:
–
Non preoccuparti, la tata è arrivata. Sono appena stato
al supermercato a comprare qualcosa.
Hoseok
saltò in aria, lanciando un urletto emozionato e
improvvisando una piccola danza per esprimere la sua gioia. Jungkook
entrò in
cucina, sacchetto alla mano, sorridendo. Hoesok era la persona
più rumorosa che
avesse mai incontrato. Non aveva neppure idea che si potesse essere
così sonori
e chiassosi prima di conoscerlo. Aprì il frigo e notando che
era semivuoto
sentì addosso quel senso di colpa che forse avevano anche le
madri quando si
accorgevano di non aver provveduto ad un bisogno primario del figlio.
Hoseok
era effettivamente un po’ come un bambino. Bisognava
prendersi cura di lui in
un determinato modo e da questo punto di vista la convivenza con
Jungkook
rappresentava una soluzione ideale. Molto più maturo di
quanto la sua giovane
età potesse far credere, Jungkook era incredibilmente
autonomo e data la sua
personalità dominante non aveva problemi a prendere in mano
le redini e
mettersi sulle spalle qualche compito in più. Era lui che si
occupava di cose
come pensare e cucinare i pasti, organizzare i turni di pulizia e
ricordare
quando era tempo di andare a buttare la spazzatura. Aveva capito fin
dai primi
giorni in cui si era trasferito in questo appartamento come fosse fatto
Hoseok,
ma in tutta onestà non poteva dire che la cosa gli pesasse.
Gli piaceva
sentirsi utile e necessario, e anche in questo Hoseok era un match
perfetto per
lui. Privo di ogni senso del pudore o dell’imbarazzo, Hoseok
non aveva la
minima difficoltà a ricordare al ragazzo più
piccolo numerose volte al giorno
sia verbalmente che con manifestazioni fisiche quanto fosse grato di
averlo in
casa con lui e quanto apprezzasse ciò che faceva, a partire
dalla sua cucina.
Hoseok era in effetti al settimo cielo per il modo in cui si era
evoluta la
loro convivenza e non sarebbe potuto essere più contento del
suo coinquilino. A
lui piaceva sentirsi coccolato, mentre a Jungkook sentire di avere il
comando.
Senza saperlo Taehyung aveva portato insieme sotto lo stesso tetto due
soggetti
con il 100% di compatibilità.
Hoseok
seguì Jungkook in cucina, canticchiando sottovoce
un motivetto allegro. Mettendosi a sedere sul bordo del tavolo chiese
all’altro
come fosse andata la giornata. Si guardò bene invece dal
chiedere se il ragazzo
avesse bisogno di una mano a mettere a posto la spesa.
–
Cosa hai preso di buono? Devo decidere se domani ci
sarò a pranzo o no.
–
Cosa intendi? – chiese Jungkook mentre sistemava due
cartoni di succo di frutta.
–
Voglio dire che in base a ciò che avevi pensato di
cucinare decido se andare da Yoongi direttamente a pranzo o subito
dopo. –
Guardò per terra – C’è una
cosa importante di cui devo parlargli.
Mentre
diceva queste parole sentì un tonfo sordo seguito
un’imprecazione. Alzò lo sguardo e vide Jungkook
piegato a terra di fianco al
frigo che scopriva i danni fatti dalla caduta del cartone di uova.
Hoseok si
mise a ridere e venne in aiuto, strappando dal rotolo sul bancone
qualche
tovagliolo di carta e tendendolo all’amico. Prendendo i
quadratini di carta in
mano Jungkook imprecò di nuovo:
–
Merda!
–
Succede Kookie. Tranquillo, adesso lì pulisco io.
– lo
tranquillizzò Hoseok posandogli veloce una mano in testa e
scompigliandogli un
po’ i capelli. Jungkook annuì e andò a
buttare la scatola di cartone ormai
piena di gusci vuoti. Mentre prendeva uno strofinaccio per ripulire il
pavimento dalla pozza di albumi e tuorli Hoseok chiese:
–
Stavo dicendo prima che forse domani a pranzo sono da
Yoongi. Però se hai in mente di cucinare qualcosa di buono
vado nel pomeriggio.
–
Anche Jin potrebbe cucinare qualcosa di buono. –
rispose Jungkook sorridendo. Si era riavvicinato al frigorifero e stava
mettendo dentro le ultime verdure rimaste nella busta.
–
Però lo sai che ormai sei tu la mia cuoca preferita
Kookie. – Rispose Hoseok sollevandosi da terra e facendoli
l’occhiolino. Il più
piccolo ridacchiò, poi accartocciò il sacchetto
di plastica, lo mise
velocemente in un cassetto e sospirò.
–
Domani non mi vedo con Tae, per cui se a pranzo ci sei
a farmi compagnia sono contento. Si, ho in serbo qualcosa di buono.
–
Allora sono qui tutto tuo! – disse Hoseok entusiasta.
Andò poi verso il bagno per mettere in lavatrice il panno
sporco, mentre
Jungkook si avviò verso la sua stanzetta. Si
lasciò cadere sul letto, la mente
affollata da un unico pensiero e decise di provare a dormire un pochino
prima
di iniziare a preparare la cena.
Si
risvegliò dopo un sonno profondo, e per prima cosa
guardò il telefono.
Segnava le sette meno cinque, quindi capì di aver dormito
circa un’ora. Quando
entrò in cucina trovò Hoseok disteso sul divano,
dei pantaloni pesanti grigi e
una felpetta nera addosso, un cuscino stretto tra le braccia e gli
occhi
incollati allo schermo del televisore. Si era messo una fascetta sulla
fronte
per tenere indietro il ciuffetto di capelli castano scuro e sembrava
così più
piccolo dei suoi ventidue anni. Il suo viso serio e preoccupato fece
sorridere
Jungkook. Si sentiva uno dei pochi eletti ad avere il privilegio di
vederlo in
questa modalità. Tolto quando si esercitava su qualche
coreografia
particolarmente complessa, solamente mentre guardava drama era
possibile vedere
una tale espressione sul suo volto. Tirò fuori gli
ingredienti che gli
occorrevano dal frigorifero ed iniziò a preparare la cena.
Le sere erano
tranquille in casa Jung/Jeon. Per quanto fosse una persona piena di
energie quando
il sole tramontava ad Hoseok piaceva rimanere dentro e godersi una
buona cena
con calma in compagnia dell’amico, magari guardandosi subito
dopo un buon film.
Aveva spesso declinato inviti da parte dei suoi amici di accademia ad
uscire
fuori in qualche club o bar. Nonostante la sua estroversione e voglia
di
vivere, era fondamentalmente una persona abitudinaria a cui piaceva
avere la
propria routine e passare il tempo in compagnia delle persone che
conosceva
meglio e con cui si sentiva più a suo agio. A Jungkook
andava bene così.
Nemmeno lui era tipo da feste tutte le sere. Ogni tanto certo si univa
al
gruppo di amici che si era fatto in un’università,
ma non di frequente.
Preferiva anche lui rimanere nella cerchia di coloro con cui era
più legato,
ovvero, ormai, il gruppo del 503. Questi ragazzi erano stati una
benedizione
nella sua vita, e Taehyung quel giorno davvero un angelo caduto dal
cielo. Se
tutto fosse andato come sperato alcuni suoi legami si sarebbero fatti
ancora
più importanti.
*****
Si
era fatto estremamente tardi e non capiva come.
Sarebbe dovuto rimanere solo un paio d’ore e invece erano
già le sette. Jimin stava
camminando lungo la strada fuori dal palazzo del 503, bene attento a
dove
metteva i piedi. Avrebbe voluto affrettarsi, ma il marciapiede
ghiacciato non
glielo consentiva. Chissà se Taehyung lo avrebbe aspettato
per cena. Pensò che
non lo aveva neppure avvisato che avrebbe fatto così tardi e
si sentì in colpa.
Però se non lo aveva ancora cercato significava che almeno
non si era
preoccupato. Il pomeriggio era davvero volato in un lampo. Era andato a
casa di
Yoongi per riportargli alcuni fumetti che gli aveva prestato e poi
perché il
ragazzo voleva fargli ascoltare delle nuove musiche che aveva composto.
Jimin
ancora non riusciva ad abituarsi al senso di piacere che gli dava il
sapere di
essere uno tra i pochi, se non il solo, a venire messo a conoscenza
delle
creazioni di Yoongi-hyung. Era sempre contento poi di poter aiutare il
più
grande dicendo le sue idee ed opinioni su ciò che gli faceva
ascoltare. Si
chiedeva spesso perché una persona intelligente e abile come
Yoongi ascoltasse
ciò lui avesse da dire, ma non lo avrebbe mai detto ad alta
voce. Sapeva quanto
il ragazzo fosse geloso di ciò che componeva e
l’idea di essere non solo messo
a conoscenza di ciò che creava ma di poter essere
addirittura una possibile
influenza nel processo di creazione lo faceva sentire troppo speciale
per dare
voce ai suoi stupidi dubbi. Yoongi-hyung sapeva cosa doveva fare e se
chiedeva
a lui un motivo doveva esserci, Jimin di questo era sicuro. Dal momento
dunque
che Yoongi era sinceramente interessato alle opinioni di Jimin, gli
incontri
tra i due finivano sempre per protrarsi a lungo. Era difficile spesso
accorgersi delle ore che passavano anche perché ormai Jimin
non si sentiva più
come un ospite, ma esattamente come se fosse nel suo appartamento.
Passava
sempre così tanto tempo dentro quella casa. Le
immagini che aveva impresse nella mente delle prime volte che
c’era stato
sembravano appartenere a un altro. Nei suoi ricordi dei primi giorni
trascorsi
nel 503 la casa appariva diversa, poiché gli occhi con cui
la guardava all’epoca
erano diversi. Tutto era estraneo e ne aveva avuto quasi soggezione
all’inizio
viste anche le dimensioni così maggiori rispetto al modesto
appartamentino che
aveva affittato con Tae. Adesso avrebbe potuto descrivere ogni angolo
di quella
casa, ogni fessura, ogni sportello. Sapeva dove si trovavano le riserve
di
cibo, il contatore dell’acqua ed il kit
d’emergenza. Dove Jin aveva i prodotti
per il bucato, dove Namjoon metteva i suoi videogiochi e dove Yoongi
riponeva
la scatola dentro cui teneva la sua collezione di guide turistiche di
posti che
non aveva mai visitato. Poteva chiudere gli occhi e vedere ogni singolo
graffio
lasciato sul pavimento della sala da lui e Hoseok con le loro scarpette
da
danza.
Il
motivo per cui
aveva iniziato a frequentare il 503 era stato proprio il ballo. Hoseok
frequentava la stessa accademia in cui, un anno dopo, era entrato anche
Jimin.
Seppure in due gruppi diversi, le occasioni per avere contatti con
ragazzi più
grandi erano comunque numerose, in primo luogo nella palestra della
scuola,
riservata a chiunque volesse esercitarsi. Era lì che Jimin e
Hoseok avevano
iniziato a conoscersi. Il più grande gli aveva in seguito
detto che era stato
subito incuriosito dal più piccolo perché tra i
ragazzi del suo anno era
sicuramente il ballerino che spiccava di più. Gli aveva poi
detto diverse volte
quanto trovasse aggraziata la sua danza e che spesso pareva volasse
più che
ballare, riuscendo in quella che è l’impresa
più difficile per qualsiasi
professionista in qualsiasi campo e che distingue chi è
davvero un fuoriclasse
da chi è solo bravo: far sembrare semplice ciò
che in realtà era estremamente
complesso. Jimin teneva sempre nel cuore queste parole. Sebbene avesse
un
talento naturale per il ballo e si rendesse conto da solo di essere ad
un
livello superiore rispetto a tanti altri ragazzi della sua
età, aveva però
spesso difficoltà nel memorizzare le coreografie ed in
generale non si sentiva
sicuro di sé. Hoseok anche era incredibilmente bravo e
quando si era proposto
di aiutarlo Jimin aveva accettato con grande gioia. Sacrificando a
volte anche
il proprio allenamento, Hoseok aveva passato pomeriggi interi insieme a
Jimin
provando e riprovando con lui, aiutandolo nella memorizzazione e
dandogli
consigli su come aggiustare i suoi movimenti. La sala di Hoseok era
davvero
spaziosa e il bel pavimento di legno sembrava essere fatto apposta per
loro.
L’idea di farlo venire a praticare in casa era stata del
più grande, il quale
si era accorto che Jimin tendeva a deconcentrarsi molto quando la
palestra
iniziava ad essere troppo affollata. La sua insicurezza lo portava a
bloccarsi,
terrorizzato all’idea di commettere errori e rendersi
ridicolo davanti agli
altri ragazzi. Così erano finiti in quella casa che sarebbe
poi diventata un
luogo così familiare e amico. A poco a poco Jimin aveva
preso anche a conoscere
gli altri inquilini, ovvero all’epoca Seokjin e Yoongi. Jin
era stato fin da
subito molto espansivo, sempre sorridente e cordiale con lui. Per
Yoongi c’era
voluto più tempo. Di certo, dopo il loro primo incontro mai
avrebbe pensato che
tra tutte le persone dentro l’appartamento sarebbe stato
proprio lui quello con
cui avrebbe passato spesso interi pomeriggi. Jimin ricordava
perfettamente la
prima volta che avevano iniziato a legare davvero, nonostante lui
frequentasse
il 503 già da circa un anno e mezzo. Era stato quando lo
aveva sentito suonare
il piano per la prima volta, un giorno di due anni prima.
Note
dell’autrice:
Ciao
a tutti e
grazie di nuovo per aver letto questo secondo capitolo. Voglio
innanzitutto
ringraziare chi ha recensito/seguito/preferito/ricordato la
storia. Mi ha
fatto davvero molto piacere considerato che poi avevo per il momento
caricato
un capitolo solo. Grazie di cuore ❤
Passando
al
capitolo presente: vado per punti.
Primo
punto:
non sono brava con i titoli quindi utilizzo le citazioni
all’inizio come modo
per accennare a quelli che saranno i temi principali del capitolo o ad
alcuni
particolari importanti che sono da notare. Il riferimento al tempo che
scorre
in maniera diversa mi occorreva perché l’ho
utilizzato come filo conduttore nel
capitolo ed è il modo che ho scelto per far capire le
relazioni tra i
personaggi senza andare sempre a spiegarlo esplicitamente.
Secondo
punto:
a livello di trama questo capitolo mi serviva per introdurre alcuni
dettagli
che torneranno e saranno poi utili nei capitoli successivi, primo fra
tutti quello
della festa di fine anno a casa Min/Kim. Non ci sono troppi eventi e i
prossimi
due capitoli (che saranno una reprise di
questo secondo e poi il
terzo) saranno simili da questo punto di vista. Spero non dipiacciano
dei
capitoli più introspettivi o comunque dove la trama
principale rimane
leggermente in stallo, ma mi occorrono davvero per dare un
qualche background ai personaggi e spiegarli un po’
meglio. Ho fatto
questa scelta essenzialmente perché credo che se non si
conoscono almeno un po’
le persone che fanno parte di una storia poi è
più difficile interessarsi a ciò
che fanno e dunque preferisco impostare così il lavoro
:)
Terzo
punto: ho
dovuto fare una modifica al capitolo precedente perché mi
sono accorta di aver
fatto un paio di errori con le età dei personaggi. Quando
parlo di Hoseok che
incontra Jin avevo scritto “l’allora ventiduenne
Seokjin” mentre invece è ventenne;
così come quando ho introdotto Taehyung, il ragazzo non si
trova al primo anno
di master ma al secondo. Ho cambiato
perché erano errori che creavano
confusione sulla linea temporale. Forse a nessuno interessa mettersi a
ricostruirla, ma siccome io la ho tutta delineata e ben presente non
potevo
lasciare stare, soprattutto visto che ci ho messo una vita per crearla
ahah
(portare avanti e incrociare le vite/età/corsi di studi di
sette personaggi mi
è stato molto più difficile di quanto avrei
pensato, ma forse è perché sono
lenta io ^^’).
Grazie
ancora
per il vostro interesse nella mia storia, spero il capitolo vi sia
piaciuto e non
vi abbia fatto addormentare! Di nuovo, i commenti sono più
che benvenuti
quindi per favore lasciate un feedback se potete, mi
sarebbe davvero
molto utile :)
Ci
vediamo sul
prossimo capitolo!
Baci,
Elle ❤