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Autore: _kookieo    30/08/2017    1 recensioni
“Quella notte qualcuno tra le nuvole lassù sembrava aver deciso di voler ricordare ai mortali il vero significato della stagione che loro definivano con il nome inverno. La temperatura aveva raggiunto i -10°, quattro gradi più sotto delle minime medie invernali per la città di Seoul. […] Non avrebbe potuto esserci un contrasto maggiore tra ciò che si stava consumando all’esterno e l’atmosfera nell’appartamento 503.” 
 
Uniti da una salda amicizia, i giovani Jin, Yoongi, Jimin, Namjoon, Hoseok, Taehyung e Jungkook trascorrono sereni la loro vita a Seoul, riempiendo l’uno le giornate dell’altro da ormai alcuni anni. Ora che la fine di dicembre si avvicina è tempo di organizzare la loro solita festa di fine anno. Ci sono però sentimenti non ancora espressi che combattono sempre più per venire alla luce e che sconvolgeranno l’alba del nuovo anno. I ragazzi dovranno imparare che quello che sembra essere un equilibrio perfetto in realtà può imprigionare e immobilizzare come ghiaccio e che se si vuol vivere davvero bisogna permettere al sole di entrare.
Genere: Angst, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jeon Jeongguk/ Jungkook, Min Yoongi/ Suga, Park Jimin, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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CAPITOLO II

 

Il tempo fluisce in modo uguale per tutti gli uomini.

E ogni uomo galleggia nel tempo in maniera diversa.

 

 (Manuel Neila)

 

 

29 Dicembre 2016

 

La tempesta della sera prima aveva lasciato tracce del suo passaggio. La neve ricopriva le auto e quelle strade che ancora ancora attendevano di essere ripulite. L’erba corta dei cortili interni delle case era nascosta da un bianco strato alto diversi centimetri e camminando sul marciapiede bisognava far bene attenzione a non andare troppo veloci o si rischiava di cadere per colpa della sottile lastra di ghiaccio che si era formata durante la notte. Come spesso capita, il vento della bufera aveva anche però dissipato le nuvole e dunque quella mattina il sole era riuscito a fare di nuovo capolino tra i tetti dei grattacieli di Seul. Era un sole leggero e pallido, che lentamente stava sciogliendo la neve, ma che pur essendo già al punto massimo del suo percorso continuava a non essere sufficiente a riscaldare il viso delle persone. Per sottrarsi anche solo per qualche minuto alla morsa del gelo, numerosi passanti se incontravano sulla loro strada un caffè decidevano all’improvviso di fare una veloce deviazione dalla loro destinazione e di entrare per godere del calore all’interno, far riattivare i muscoli intorpiditi e magari comprare anche una bevanda fumante da tenere tra le mani durante il tragitto fino al luogo dove si stavano recando. Un signore di mezza età dall’aria rispettabile avvolto in un cappotto nero lungo entrò in un caffè molto carino, situato all’angolo di un grattacielo, tra un negozio di scarpe e un supermercato. Con passo frettoloso si avviò in direzione del bancone, senza far caso alle piccole pozzette che si erano formate davanti alla porta d’ingresso, residui lasciati dalle scarpe bagnate di ghiaccio di tutti coloro che quella mattina prima di lui avevano preso la sua stessa decisione ed erano passati da quella porta. Quando toccò il pavimento, la scarpa destra, già scivolosa di suo, non trovando attrito non poté far altro che navigare leggera sul sottile strato di acqua. Tale viaggio inaspettato costituì forse una fonte di avventura nella sua monotona vita di scarpa, ma di certo non fece piacere al suo proprietario, il quale solo grazie allo schienale di una sedia afferrato all’ultimo istante riuscì a non cadere come un sacco sulla propria pancia e tenersi in piedi. Imprecò sottovoce. Il rumore causato dall’episodio fece girare molte teste, ma quasi tutte si voltarono di nuovo velocemente nella direzione opposta, per discrezione ed empatia nei confronti dello sfortunato signore. Sebbene l’empatia fosse un tratto che in una certa misura poteva essere attribuito a Jung Hoseok, la discrezione, invece, se si fosse fatta una lista delle sue doti caratteriali non sarebbe apparsa nemmeno tra le prime mille. Si aggrappò al braccio di Seokjin, in piedi vicino a lui davanti al bancone del bar in attesa della cioccolata calda che avevano ordinato poco prima, stringendolo sempre più forte man mano che sentiva la pressione delle risate salire e battergli contro il petto, cercando una via di uscita.

– Hoseok, non ridere! – disse Jin sottovoce e a mezza bocca, divertito dalla scena anche lui, ma troppo educato per poter ignorare l’imbarazzo della situazione che si sarebbe potuta creare se Hoseok avesse davvero dato sfogo come avrebbe voluto al suo bisogno di ridere. Comunque, non sarebbe stato rispettoso nei confronti del signore. – Smettila. E lasciami che mi fai male!  

Quasi strozzandosi nei suoi stessi spasmi e fingendo un discutibile attacco di tosse Hoseok allentò piano la presa sul braccio di Jin e fece due respiri grandi prima di drizzarsi più su con le spalle e annuire in direzione dell’amico, come a dire ok, tutto risolto. Le sue guance rosse e occhi lucidi dicevano però ben altro e Jin si rese conto che doveva star facendo uno sforzo incredibile per trattenersi e dunque il pericolo non era ancora del tutto scampato. Pensò a qualcosa da dire per distrarlo:

– Mi sembra che oggi le prove stiano andando bene, non pensi?

Hoseok colse le sue intenzioni e cercò di concentrarsi sulla conversazione, nel tentativo così di dimenticare il signore dal cappotto nero che ora si era avvicinato anche lui verso il bancone.

– Sì, abbastanza direi. Non perfetto in alcuni dettagli, ma credo siano correggibili in una settimana.

– Vero. Tra l’altro la storia quest’anno è più interessante, quindi vedo più entusiasmo rispetto all’anno scorso e credo aiuterà poi nella riuscita finale.

Hoseok annuì, d’accordo con la considerazione dell’amico. Anche questo dicembre, come era accaduto nei passati tre, la piccola compagnia teatrale con cui recitavano Jin e Hoseok stava preparando lo spettacolo di metà anno che si sarebbe tenuto a gennaio. Solitamente ogni anno le rappresentazioni teatrali date dal gruppo erano due e quella principale, su cui si lavorava da ottobre a giugno, veniva messa in secondo piano nel mese di dicembre per poter prepararne un’altra, più semplice e meno impegnativa. Vista l’attrattiva esercitata sul pubblico da trame romantiche a sfondo natalizio, l’obiettivo dietro gli spettacoli di gennaio era quello di attirare più persone possibili con storie leggere facendo così un po’ più di pubblicità alla compagnia e sperando di assicurarsi un’audience maggiore per la rappresentazione finale. Da quando era stato dato il via a questa sorta di strategia commerciale, gli spettacoli di giugno avevano effettivamente più spettatori e per questo motivo la tradizione continuava, anche se tra gli attori non erano in molti ad essere fan del “secondo show”, come veniva chiamato nella cerchia interna dei commedianti. Attirare l’attenzione mesi prima della rappresentazione finale sulla compagnia era un’idea su cui tutti erano d’accordo. Coloro che partecipavano al gruppo da anni si erano accorti dei risultati, mentre gli ultimi arrivati anche avessero avuto un’opinione diversa non avrebbero mai detto nulla in contrario rispetto a chi era lì da prima di loro. Il problema vero che aleggiava ogni anno sul secondo show era rappresentato proprio dal motivo stesso della grande affluenza di pubblico, ovvero la trama dello spettacolo. Molto spesso, per motivi sia di tempo che “commerciali”, venivano scelte storie poco profonde, eccessivamente romantiche o semplicemente banali. Ciò dunque portava ad uno scarso coinvolgimento emotivo da parte degli attori che quindi, abbastanza annoiati, pur dando il meglio di sé il giorno dello spettacolo faticavano durante le prove a trovare la motivazione per correggere e perfezionare battute che, in cuor loro, si vergognavano anche un pochino di dover recitare. Grazie a qualche miracoloso intervento divino, forse un’apparizione in sogno, forse un grillo parlante – diverse leggende stavano iniziando a diffondersi in proposito dietro le quinte – il responsabile della scelta del soggetto degli spettacoli aveva trovato quest’anno una storia che seppur mantenendo dei toni in linea con l’obiettivo del secondo show quantomeno aveva stuzzicato a sufficienza l’attenzione degli attori. Lavorandoci poi su e apportando qualche modifica tutti insieme si erano infine accorti che per una volta avevano effettivamente tra le mani buon materiale e questo era bastato per rianimare un po’ gli spiriti e incoraggiare una maggiore produttività. Per la prima volta in diversi anni, l’idea di sacrificare il proprio tempo libero dalle lezioni universitarie per andare a provare non era accolta di malavoglia da nessuno, e Jin ed Hoseok non facevano eccezione. Durante il resto dell’anno gli incontri avvenivano due volte a settimana, ma si intensificavano durante i periodi più a ridosso delle rappresentazioni finali. Visto che il cinque gennaio, data dello spettacolo, non era molto lontano, e dato anche che coloro che frequentavano l’università erano liberi dalle lezioni, a partire da quella settimana le prove erano diventate quotidiane e il gruppo passava buona parte della mattinata, e a volte anche qualche ora il pomeriggio, a lavorare insieme alla rappresentazione.

Come nelle tre mattine precedenti, la sveglia per i due ragazzi era suonata abbastanza presto. Jin era stato subito abbastanza reattivo, cercando di scuotersi dal torpore prima possibile e poter affrontare così l’impresa di svegliare Namjoon, il quale, seppure non in veste di attore, faceva anche lui parte della compagnia e doveva dunque alzarsi per andare alle prove come Jin. Il modo usualmente adottato da Jin per svegliarlo era semplicemente sollevarlo di peso e buttarlo giù dal letto. Era un metodo un po’ violento, lo ammetteva, ma era anche l’unico che fosse riuscito a trovare dalla prima volta in cui avevano dormito insieme, quando dopo due ore e mezza di attesa a fissare il soffitto si era reso conto che né il ragazzo si sarebbe svegliato da solo né la linea delicata che stava adottando per toglierlo dal mondo dei sogni avrebbe dato frutti. Detestava farlo, ovviamente. Avrebbe preferito lasciarlo lì, al riparo sotto al piumone, guardarlo dormire per un po’ e poi metterglisi affianco e riprovare ad addormentarsi stringendolo. Ma non poteva essere sempre così, purtroppo. Dapprima con poca forza, poi sempre con maggiore pressione Jin aveva iniziato a scuotere Namjoon per un braccio, senza avere risultati. Era passato al piano due, più per poter dire di averle provate tutte che perché convinto che avrebbe sortito l’effetto sperato. Alzatosi dal letto matrimoniale era andato ad aprire la finestra, così che la poca luce del mattino potesse giungere nella sua stanza. Si era poi guardato attorno sbattendo gli occhi. Ovviamente i vestiti che Namjoon si era tolto la sera prima erano buttati in un angolo per terra affianco alla poltroncina vicino al letto. Guardando quell’ammasso informe Jin aveva ringraziato, come spesso gli accadeva quando vedeva questo genere di cose, di non dover, per il momento almeno, dividere una stanza insieme a lui. I due ragazzi avevano infatti ognuno la propria camera, avendo Namjoon occupato quella che era precedentemente di Hoseok. Entrambi però disponevano di un letto matrimoniale per cui, tranne rare occasioni, ogni notte uno dei due dormiva dall’altro. Solitamente era sempre Namjoon che andava da Jin poiché il caos che regnava nella stanza del primo metteva spesso a dura prova la fiducia in una futura vita matrimoniale del secondo. Come previsto, anche adesso che il sole gli arrivava sul viso il ragazzo continuava a russare. Jin aveva dunque fatto un sospiro profondo, alzato gli occhi al cielo e si era avviato verso il letto.

Per Hoseok il momento del risveglio era ben diverso. Non avendo nessuno vicino a sé da controllare o che potesse controllarlo di solito la routine della mattina prevedeva il suono della sveglia, l’interruzione del suddetto suono da parte di una mano che poi ricadeva inerte sul cuscino, il suono della sveglia dopo altri cinque minuti, interruzione di nuovo, e così via per almeno cinque o sei volte finché quasi tra le lacrime il ragazzo si accorgeva di essere in ritardo e si catapultava fuori dal letto per buttarsi immediatamente sotto la doccia e svegliarsi. Quasi ogni giorno Jungkook assisteva a quella scena, per cui faceva sempre in modo di aver finito con il bagno prima del risveglio del suo coinquilino per poi mettersi a preparare la colazione per entrambi, assicurandosi di poggiare una tazza di caffè caldo in bella vista sul tavolo pronta per il ragazzo che anche dopo il getto di acqua fredda rimaneva sempre assonnato. Quella mattina in particolare però Hoseok non aveva trovato nessuno ad aspettarlo in cucina. Poiché le lezioni erano sospese, Jungkook non sarebbe dovuto uscire che solo nella tarda mattinata, per incontrarsi con Taehyung attorno alle undici, e dunque adesso era ancora nel suo letto a dormire. Con occhi semi socchiusi si era chiesto se avrebbe avuto le energie per prepararsi il caffè da solo. Ci era riuscito, con grande sforzo, rischiando di addormentarsi in piedi diverse volte mentre aspettava che fosse pronto. Appena le sue labbra avevano toccato la bevanda nera si era sentito subito meglio. Il 90% dell’efficacia del caffè era dovuto a un effetto placebo, ne era sicuro, ma qualunque fosse il motivo non avrebbe potuto farne a meno la mattina. Dopo aver trovato per colazione qualche avanzo del pranzo del giorno precedente nel frigo si era accorto di avere solo dieci minuti prima di perdere il suo bus. Di corsa, era andato a prendere la borsa rossa che aveva in camera, aveva indossato il suo cappotto beige preferito sopra la maglia di lana bianca, fatto scorrere attorno al collo una pesante sciarpa nera e si era affrettato verso la porta di casa. Prima di uscire si era fermato un attimo davanti allo specchio appeso all’ingresso e si era sistemato con una mano i capelli. Soddisfatto, aveva poi girato la maniglia e infilandosi i guanti aveva preso a correre verso la fermata del bus, ringraziando il vento freddo che in pochi secondi lo aveva svegliato del tutto e sentendosi finalmente pronto ad affrontare una nuova giornata con entusiasmo.

Aveva incontrato Jin direttamente nell’appartamento all’ottavo piano che la compagnia teatrale aveva affittato e utilizzava come luogo di ritrovo per gli incontri. L’interno era stato ristrutturato così da venire incontro alle esigenze del gruppo, e presentava dunque ora un’unica ampia stanza, dove si teneva il corso, più un bagno e una piccola cucina con l’essenziale – un microonde, un bollitore, un tostapane e un piccolo frigo – a disposizione dei membri qualora avessero voluto bere o mangiare qualcosa di veloce. Fu lì che Hoseok trovò il suo amico, al momento del suo ingresso occupato a parlare con un gruppetto formato da due ragazzi e una ragazza, mentre teneva in mano una tazza di tè e si appoggiava lievemente al muro della cucina. Stava indossando un paio di jeans scuri e un maglioncino blu elettrico, un completo semplicissimo che però lo faceva assomigliare lo stesso ad un membro della casata reale e che portò Hoseok a domandarsi come potesse apparire così elegante alle otto e mezza della mattina. Namjoon invece era andato un attimo al bagno per potersi dare una rinfrescata al viso e cercare di farlo apparire meno gonfio. Una volta arrivati tutti, le prove avevano avuto inizio e si erano protratte fino a più o meno un quarto d’ora prima che l’uomo dal cappotto nero mettesse a dura prova con la sua piccola disavventura le buone maniere di Hoseok. Il caffè in cui lui e Jin si trovavano ora apparteneva allo stesso palazzo in cui era anche l’appartamento usato per il corso di teatro, e dunque bastava uscire sulla strada dal portone principale, camminare per dieci secondi oltre il negozio di scarpe per ritrovarsi di fronte alla porta marrone scuro e poter entrare accompagnati dal suono di un campanellino ad ordinarsi qualcosa di buono. Era ciò che i due ragazzi avevano fatto, per allietare con una fumante cioccolata l’oretta che avrebbero dovuto passare ancora in sala prove, avendo deciso di rimanere un po’ più a lungo degli altri insieme a Namjoon per fargli compagnia mentre lavorava su alcuni brani musicali per lo spettacolo. Si sarebbero potuti scaldare qualcosa nella piccola cucina della compagnia, ma la cioccolata del bar era ovviamente tutta un’altra storia.

La voce squillante della cameriera al bancone annunciò ai ragazzi che il loro ordine era pronto. Rimettendosi i guanti, Hoseok prese il suo bicchiere di cartone, Jin ne prese due e si riavviarono verso lo studio. Due minuti dopo, mentre i numeri rossi scorrevano sul display dell’ascensore, Jin sentì il cellulare nella tasca del cappotto squillare. Hoseok prese una delle tazze che aveva in mano così che il ragazzo potesse rispondere. Guardò lo schermo: “Joonie ~”.

  Sono in ascensore, arrivo fra un minuto – rispose senza nemmeno aspettare ciò che l’altro aveva da dire.

Oh, ok. Quando arrivi con Hoseok vieni in cucina per favore. si sentì dall’altra parte della cornetta.

– Perché in cucina? Non stavi lavorando alla musica??

Ti dico appena arrivi. Ciao. – Perplesso Jin guardò Hoseok il quale aveva sentito la conversazione e che disse con una risatina:

– Cosa ha combinato adesso? ­

– Ho onestamente paura di scoprirlo. – fu la risposta di Jin mentre riprendeva la sua tazza e le porte dell’ascensore si aprivano al suono di un din.

Rientrati nella sala i due videro che c’erano ancora un paio di ragazzi, nuove reclute di quest’anno, che dovevano essersi attardati a parlottare tra loro e che quando li videro li salutarono allegramente.

– Com’è il tempo? Fa tanto freddo? – chiese uno dei due avvicinandosi, avendo probabilmente notato il naso arrossato dei ragazzi che erano appena stati fuori. Jin rispose che purtroppo si, il sole non doveva ingannarli, faceva ancora molto freddo e quindi era bene che si preparassero e coprissero bene. Hoseok affiancò a lui confermò. Curioso di sapere cosa fosse successo al suo ragazzo, Jin si scusò subito e salutando si avviò verso la cucina, dove in teoria avrebbe dovuto trovare Namjoon. Nel frattempo l’altro dei due ragazzi si rivolse ad Hoseok:

– Hoseok-hyung, qual è l’orario esatto per la festa di sabato? Le venti o più tardi?

– Oh, abbiamo deciso di fare più tardi! – rispose Hoseok allegramente ­– Mi spiace per la confusione! Questa mattina avevamo proposto di fare qualcosa anche per cena, ma alla fine parlando un po’ con tutti abbiamo visto che era meglio far partire la serata dopo, dalle ventuno e trenta in poi, più o meno. Quindi è quello l’orario ufficiale. L’indirizzo della casa lo avete?

– Sì, quello sì, ce lo hanno dato! Però volevamo conferma sull’ora perché non eravamo sicuri. Sia io che Doyun verremo sicuramente. Grazie mille di mettere a disposizione la vostra casa per tutti noi! – disse inchinandosi lievemente mentre l’altro ragazzo, Doyun, lo imitava. Hoseok sorrise, facendo un passetto indietro, leggermente imbarazzato. La casa dove si sarebbe tenuta la festa per l’ultimo dell’anno non era in realtà sua, ma, nuovamente, della famiglia di Jin. Dato che però l’organizzazione era stata sempre portata avanti non solo da Jin, ma da tutto il gruppo dell’appartamento 503 (che ormai includeva anche Jimin, Taehyung e Jungkook), l’idea comune era diventata che quella casa fosse di proprietà di tutti loro.

– Tranquilli! È una cosa che organizziamo già da alcuni anni, ci fa davvero piacere! Per qualunque dubbio comunque questo è il mio numero di telefono.

I due giovani presero diligentemente nota del numero e poi rendendosi conto dell’ora si affrettarono ad andare via, salutando e ringraziando Hoseok ancora svariate volte. Quando la porta si fu chiusa dietro di loro, il ragazzo si avviò verso la cucina e per prima cosa sentì la voce di Jin borbottare:

– Bene! Se ne sono andati, adesso mi spieghi per cortesia? –

– Dai Jin, non irritarti! Volevo essere sicuro che nessuno al di fuori di voi due entrasse in cucina mentre mostravo… il d-danno che potrei aver fatto... – La voce di Namjoon si affievolì mentre diceva queste ultime parole. Hoseok si battè la mano libera sulla coscia:

  Ero sicuro si trattasse di qualcosa del genere! Cosa hai rotto questa volta Joonie-ah?

Namjoon rivolse a Jin uno sguardo di scusa che Jin ricambiò con un’espressione rassegnata, facendo un cenno del capo per incoraggiare il ragazzo a far vedere la new entry nella sua lista di disastri. Chinandosi in ginocchio, Namjoon aprì lo sportello sotto il lavandino, dentro cui aveva nascosto il corpo del reato. Si rialzò tenendo in una mano il bollitore e nell’altra il coperchio che fino a un’ora prima vi si trovava attaccato.

– Aaah Joon! Che devo fare con te? – esclamò Jin mentre Hoseok ovviamente si metteva a ridere. Jin prese i resti separati del bollitore e iniziò a cercare di capire come poter ripararlo, sperando di non doverne ricomprare uno nuovo. Namjoon era effettivamente mortificato:

– Non posso scaldarmi nemmeno un po’ di acqua.

– A cosa ti serviva l’acqua calda per il tè se noi stavamo comprando la cioccolata? – chiese Hoseok.

– Non era per un tè ovviamente! Mi serviva per scioglierci dentro questa polvere. È un paio di giorni che mi sento stanco e non vorrei un’influenza proprio ora che abbiamo la festa da organizzare, senza parlare dello spettacolo.

– E non potevi prendere semplicemente l’acqua calda del lavandino?? – il tono sorpreso con cui Hoseok pose questa domanda lasciò Namjoon spiazzato per un paio di secondi. Si riprese subito dicendo:

– Non mi piace un po’ calda, mi piace molto calda.

Hoseok rispose ridacchiando guardandolo con espressione furba e con il tono che si usa spesso con i bambini a cui si spiegano cose ovvie della vita:

– Ma Namjoon-ah, se aspetti un po’ anche l’acqua del lavandino diventa bollente.

– Non a sufficienza, va bene?! – scattò su Namjoon, irritato, mentre Hoseok prendeva a ridere ancora di più e Jin chiudeva finalmente il coperchio sul bollitore con un clack metallico.

– Va bene voi due, basta, la buona notizia è che lo avevi solo sganciato e non rotto. Hai provato almeno un attimo a metterlo a posto da solo? Non era così difficile.

– Appena mi sono ritrovato col coperchio in mano sono entrato nel panico e il mio istinto è stato nascondere tutto sotto il lavandino.

Hoseok e Jin scossero entrambi la testa. Un po’ rosso in viso, Namjoon prese dal bancone dove Jin lo aveva poggiato il suo bicchiere di cioccolata, che per fortuna si era mantenuta calda, e insieme agli altri si avviò nell’angolo della sala principale dove era stato messo un tavolo e tutto il materiale che gli occorreva per occuparsi delle musiche dello spettacolo.

Quel lavoro gli era stato consigliato due anni prima da Yoongi, che aveva conosciuto in università perché frequentava il suo stesso corso di Music Production. Namjoon era un anno più piccolo, ma grazie alla sua intelligenza fuori dal comune era riuscito durante le scuole superiori a saltare direttamente un intero anno e dunque si trovava ora nello stesso livello scolastico di Yoongi. Questo particolare aveva incuriosito il ragazzo più grande, che si era per questo messo ad osservare l’altro con maggiore attenzione di quanta solitamente ne riservasse alle persone che gli si muovevano intorno. Fin dalla prima volta che avevano lavorato insieme ad un progetto, Yoongi si era reso che oltre ad essere intelligente Namjoon aveva anche un’incredibile dose di talento. Le idee che aveva erano estremamente interessanti e Yoongi si ritrovò così in poco tempo a frequentare sempre più il ragazzo dopo le lezioni nella caffetteria della facoltà per discutere dapprima solo di musica, poi anche di interessi comuni, che scoprì essere tanti. Quando un giorno di novembre Jin e Hoseok gli comunicarono che il musicista della loro compagnia si era dovuto trasferire in modo improvviso con la famiglia in un’altra città e avevano pensato a lui dovendo cercare urgentemente un sostituto, Yoongi fece il nome di Namjoon. Lo vedeva meglio di sé in una posizione del genere, in cui era necessario relazionarsi con un gruppo di persone e prendere in considerazione esigenze altrui invece che seguire solo la propria ispirazione. In questo modo il ragazzo si era incontrato con Jin. L’intesa era stata abbastanza chiara fin da subito, anche se sarebbe stato difficile comunque non notarla vista la frequenza con cui in casa Jin finiva a parlare di Namjoon, di quanto fosse contento che Yoongi lo avesse proposto perché era davvero bravo e sicuramente avrebbe dato una svolta interessante e originale allo stile della compagnia ed era anche così simpatico e gentile ed era così semplice andare d’accordo con lui, dovremmo invitarlo più spesso a casa nostra, Yoongi perché non lo hai mai portato a casa prima? La domanda di Jin era legittima e il pomeriggio in cui la pose anche Yoongi se lo domandò. Seppure lavorassero spesso assieme, in effetti nei due mesi passati non si erano mai incontrati al di fuori delle mura dell’università. Determinato a non perdere tempo, pur senza slanciarsi troppo Jin prese da subito in mano la situazione e Namjoon divenne un ospite sempre più assiduo in casa loro. Yoongi ogni tanto quando li vedeva adesso in giro per casa che battibeccavano ripensava a quei giorni e gli sembrava passata un’eternità da un lato e due ore da un altro. I due ragazzi erano davvero fatti l’uno per l’altro. Simili su ciò che contava, l’onestà, la dedizione al lavoro, la gentilezza, erano poi diversi in maniera perfetta. La prima volta in cui entrambi si erano davvero resi conto di quanto stessero bene l’uno vicino all’altro era stata una sera di febbraio risalente a tre anni prima. Come era già accaduto qualche altra volta nei tre mesi passati da quando Namjoon aveva accettato provvisoriamente il ruolo nella compagnia, anche quel pomeriggio Jin aveva deciso di rimanere insieme al ragazzo per non lasciarlo solo mentre aggiustava alcune musiche. Le due riunioni settimanali con tutto il gruppo non duravano molto durante l’anno, un paio d’ore soltanto, per cui necessariamente Namjoon doveva portare avanti la composizione nel suo tempo libero. Era tuttavia un tipo di lavoro di cui si sarebbe potuto occupare benissimo anche a casa propria, come sia Namjoon stesso che Jin ben sapevano. Nessuno dei due però accennò mai a tale particolare, entrambi utilizzando questa scusa per crearsi un’occasione per rimanere insieme un po’ più a lungo. Il bello di questi pomeriggi era proprio che avvenivano in un terreno neutro che non metteva a disagio o in imbarazzo nessuno dei due ragazzi, a differenza di quanto sarebbe accaduto a quello stadio di conoscenza se uno avesse apertamente chiesto all’altro di andare insieme in qualche altro posto. Durante quel lungo pomeriggio, che si trasformò poi – troppo velocemente secondo i due giovani – in sera, iniziarono per la prima volta a parlare non soltanto di argomenti inerenti allo spettacolo o leggeri, ma si aprirono anche su temi più importanti, confidandosi pensieri che di solito non condividevano con altri e finendo a parlare dei misteri dell’universo, seduti per terra vicini in un angolo e con una tazza di tè in mano. Erano così presi dai loro discorsi che non si erano accorti che il sole aveva ceduto il posto alla luna e solo la telefonata preoccupata di Hoseok che chiedeva a Jin se tutto fosse apposto li aveva riportati alla realtà. Quella stessa notte Jin andò a dormire sentendo che qualcosa tra loro due si era trasformato e si addormentò stringendo il cuscino con un sorriso sulle labbra, il cuore che ancora batteva forte al pensiero delle ore – ore! Sembravano secondi! – appena trascorse.

Nonostante la chiara attrazione che c’era tra loro però, entrambi erano fondamentalmente piuttosto timidi, per cui la relazione si era sviluppata a ritmi davvero geologici. Ad aprile finalmente uno dei due ebbe il coraggio di accostare le proprie labbra a quelle dell’altro in un bacio progressivamente più appassionato, ma fu solamente diversi mesi dopo che Yoongi e Hoseok li sentirono proclamare l’annuncio ci frequentiamo, ma vorremmo per il momento tenerlo per noi, voi siete gli unici a saperlo. I due ragazzi rimasero sorpresi, il che fu piuttosto divertente per la coppia, convinta che i loro amici avessero capito da tempo cosa stesse bollendo in pentola. Spiegarono che la loro sorpresa era dovuta unicamente al fatto che ormai dopo tutto questo tempo avevano creduto che un evento del genere non si sarebbe più verificato. Ovviamente si erano accorti di ciò che stava accadendo, e non avrebbero potuto essere più felici di questa unione. Namjoon e Jin funzionavano davvero, e funzionavano così perché nonostante le loro differenze si comprendevano appieno l’uno con l’altro. Bastava che Jin sollevasse un sopracciglio perché Namjoon sapesse esattamente cosa non andava, allo stesso modo in cui un battito di ciglia di Namjoon era sufficiente perché Jin accorresse a porre rimedio a problemi che l’altro non aveva bisogno di dire. Anche in questo caso, durante l’episodio del bollitore, Jin aveva avvertito la difficoltà di Namjoon di fronte alle domande di Hoseok. Pur non guardando la scena perché occupato a rimettere a posto l’oggetto, i due brevi secondi in cui il ragazzo aveva pensato a una risposta sulla questione dell’acqua calda non erano sfuggiti a Jin, e sapendo l’imbarazzo che doveva provare aveva prontamente interrotto il battibecco tra i due, intenzionato a chiudere la questione il più velocemente possibile per il bene di Namjoon. Adesso che i due erano insieme ormai da un po’, questa intesa era diventata palese anche durante le ore trascorse a lavorare allo spettacolo. Con la frequentazione di Namjoon, Jin aveva col tempo iniziato ad imparare alcune cose sulla creazione di musica, o comunque ad avere un’idea leggermente più precisa di che tipo di lavoro fosse. Questo fatto, unito a una maggiore spigliatezza nei confronti di Namjoon che finalmente poteva permettersi anche davanti ad altri, aveva fatto sì che durante le riunioni Jin contribuisse più di quanto non avesse mai fatto alle scelte inerenti le musiche per gli spettacoli. Discutendo e scambiandosi opinioni apertamente, era chiaro a tutti il livello di comprensione reciproca dei due giovani. Completarsi le frasi a vicenda e anticipare i dubbi dell’altro erano solo alcuni dei segnali che lo rendevano evidente. La discussione in atto al momento era dunque per Hoseok solo una delle tante in cui era testimone dell’efficienza della macchina Namjoon/Jin.

– Lo so che forse i tempi stringono, ma stavo pensando di cambiare la musica di transizione tra il t- – iniziò Namjoon.

– Terzo e quarto atto. – gli si sovrappose Jin – Si, sono d’accordo. Non rende molto l’atmosfera dell’ultima parte della storia.

– Esattamente. – rispose l’altro osservando compiaciuto il proprio ragazzo di fronte a sé. Era davvero orgoglioso di quanto avesse imparato nell’ultimo anno e felice di poter contare sul suo appoggio e aiuto. – Cosa ne pensi Hoseokah? – chiese poi rivolgendosi a Hoseok che si era un attimo distratto a guardar fuori dalla finestra un uccellino che ci stava volando davanti.

– Oh? – Si scosse dalla sua ipnosi. – Si, mi fido di voi. In effetti anche io avevo notato che c’era qualcosa che non andava. – disse cercando di apparire credibile e prendendo un lungo sorso dalla tazza. Gli altri due sorrisero. Jin decise di essere onesto:

– Ascolta, c’è un’altra cosa che credo non vada. La tua scena Hoseokah. Mi dispiace dirlo ma… – esitò, mordendosi leggermente il labbro. Namjoon gli venne incontro:

– È un po’ un disastro. – disse in tono di verità scientifica.

Jin fece un mormorio di assenso, guardando Hoseok con aria mortificata. Il ragazzo non se la prese.

–Uuuuh! Lo so davvero! – disse levando gli occhi al cielo e facendo un risolino. – È una scena difficile, soprattutto per me che… – si arrestò di colpo e rimase quasi paralizzato per quella frazione di secondo sufficiente a far sì che sia Jin che Namjoon lo guardassero con sguardo interrogativo. Riprendendosi dallo spaesamento che l’essersi accorto di ciò che stava per dire gli aveva causato, finì in fretta la sua frase con un:

– Lo sapete che non sono una persona molto seria. – e li guardò con un sorriso di scuse. Namjoon alzò le sopracciglia e annuì, concordando con l’affermazione, mentre Jin precisò che nessuno si aspettava livelli di recitazione alti nel secondo show, ma comunque qualcosa doveva essere fatto affinché la scena in questione uscisse se non da premio Oscar quantomeno non ridicola. 

– Ho tutto sotto controllo. –  rispose Hoseok sicuro di sé. – Mi è venuto in mente ieri sera un modo per migliorare, datemi fiducia.

– Ovvero? – chiese subito Namjoon, curioso. Hoseok lo guardò divertito:

– Tranquillo Joonie, non vi deluderò. Jin si ispira con grembiulini rosa, io ho altri segreti. – e facendogli l’occhiolino lanciò un bacio in direzione di Namjoon. Diverse sfumature di rosso, dal rosa pallido allo scarlatto, colorarono in pochi secondi i volti dei due ragazzi, entrambi terribilmente imbarazzati all’idea che qualcuno dei loro amici pensasse davvero che sarebbero stati capaci di fare qualsiasi genere di attività con quell’coso. Dopo un breve momento di confusione causato dall’allusione di Hoseok, tutti e tre si ricomposero e si rimisero a lavoro, cercando di finire prima possibile la revisione dei punti più urgenti.

Passata all’incirca quasi un’altra ora, finalmente furono liberi di tornare a casa e soddisfare i loro stomaci che avevano già iniziato a brontolare vistosamente. Messa giù la matita, Namjoon si tirò indietro sulla sedia, sollevò le braccia e si stirò emettendo un lungo suono gutturale. Così facendo espose agli occhi di Jin la macchia di caffè che aveva sulla manica destra della camicia di jeans. Sapeva quanto al ragazzo desse fastidio quando indossava capi non perfettamente puliti, ma quella mattina si sentiva troppo spossato per riuscire a riflettere su ciò che doveva mettersi addosso. Si accorse dello sguardo di disapprovazione di Jin e abbassò subito le mani, scattando in piedi e cercando di deviare l’attenzione:

– Cosa c’è per pranzo Jinnie? Non vedo l’ora di riempire lo stomaco.

– Non sono ancora sicuro, mi farò ispirare dal frigorifero. – rispose composto Jin, consapevole della tattica di Namjoon, ma deciso a lasciar correre per il momento. Ne avrebbero parlato dopo, non c’era bisogno di farlo ora di fronte a Hoseok, il quale probabilmente voleva anche lui sbrigarsi a tornare a casa.

– Io credo comprerò qualcosa per strada, non penso di aver più nulla in frigo con cui poter prepararmi un pasto decente. – disse Hoseok pensieroso.  

– Forse intendevi tutto quello che ha cucinato Jungkook è finito? Anche se avessi avuto un’intera cucina piena di ingredienti non avresti mai cucinato comunque Hoseokah. – lo punzecchiò Namjoon sorridendo. Il ragazzo ridacchiò e Jin chiese:

– Kookie non c’è?

– No, credo sia da Taehyungie per un progetto di cui si stanno occupando insieme.

Jin registrò l’informazione, annuendo e iniziando ad infilarsi il cappotto. Imitandolo, gli altri due fecero lo stesso. Sull’uscio della sede, mentre Jin stava per chiudere la porta sentì il telefono che teneva nella tasca posteriore dei jeans squillare nello stesso momento in cui Hoseok tirava un urletto e chiedeva di rientrare perché aveva dimenticato la sua sciarpa all’interno. Un po’ in confusione Jin fece spazio per farlo passare e mentre il ragazzo entrava disse ad alta voce, ma chiaramente parlando tra sé:

– Mi è arrivato un messaggio? – e fece per portare un braccio dietro la schiena, fermato però tempestivamente da un’altra mano. Era Namjoon, il quale mentre lui chiudeva la porta gli era dietro a qualche passo di distanza ed ora aveva evidentemente deciso di compiere un’audace avanzata.

– Si, ti è arrivato un messaggio. – rispose. Aveva sentito anche lui lo squillo e siccome Jin gli si trovava davanti aveva anche visto il cellulare illuminarsi e dunque individuato la sua posizione. Approfittando dell’inaspettato allontanamento di Hoseok aveva avuto la fulminea idea di accostarsi al suo ragazzo ed occuparsi lui stesso dell’estrazione dell’oggetto dalla tasca. Sentendolo dietro di sé Jin istintivamente gli si addossò ancora di più. Stringendo il ragazzo da dietro con un braccio, Namjoon si sporse a dargli un bacio sulla guancia mentre con la mano libera indugiava più del necessario sopra la tasca dei pantaloni.

– Ecco. – disse alla fine estraendo il telefono. Jin si girò e lo baciò delicatamente. Gli prese poi il telefono dalle mani e sbloccò lo schermo. Si sentì da dietro arrivare la voce di Hoseok:

– Scusate, ho bevuto svelto un bicchiere d’acqua, non resistivo un’altra mezz’o… Ma vedo che non stavate sentendo la mia mancanza. – aggiunse ironico accorgendosi della posizione dei due ragazzi. Si staccarono ridacchiando. Mentre Hoseok chiudeva la porta e Namjoon si avviava all’ascensore Jin lesse finalmente il messaggio e si lasciò scappare un’esclamazione di gioia. Namjoon si girò sorpreso verso di lui.

 Cosa c’è?

– Ho appena ricevuto avviso dal corriere che entro massimo dopodomani mi consegneranno il quadro che avevo ordinato. Ricordi? Quello che ti ho fatto vedere tre giorni fa.

– Un quadro? – chiese Hoseok.

– Un quadro Hoseokah si. Noi poveri studenti compriamo videogiochi e lui compra quadri.

– Compro anche io videogiochi! – rispose Jin risentito – Ma quel muro in sala vicino alla porta d’ingresso mi sembra così spoglio senza nulla appeso…

– Così hai comprato un quadro.

– Così ho comprato un quadro, Joonie, si. – e gli fece una linguaccia ridendo.

L’arrivo dell’ascensore interruppe la conversazione. Sentendosi un passo più vicini al pranzo i tre ragazzi vi si fiondarono dentro. Dopo qualche secondo di silenzio Jin disse:

– Tanto per ricapitolare, la festa si terrà a partire dalle nove e mezza. Quindi io direi di dire agli altri quattro di vederci attorno alle otto, che dite?  

Sia Hoseok che Namjoon furono d’accordo. Hoseok chiese poi se avessero già una mezza idea su quanta gente sarebbe venuta, al che Namjoon guardò Jin perché anche lui aveva lo stesso dubbio. Jin, che aveva tenuto più o meno il conto sia delle persone che avevano già risposto ufficialmente sia di quelle che avevano anticipato un sì quasi sicuro, rispose che per il momento ci sarebbero state circa una quarantina di persone. Il numero non era impressionante, considerato che solo il gruppo della compagnia di teatro era composto da diciotto persone e ognuno di loro avrebbe portato almeno un amico. L’invito non era esteso a tutti incondizionatamente, ma i ragazzi erano abbastanza flessibili su quante persone extra ogni ospite ufficiale potesse portare, a patto che lo facessero presente.

– A casa lo diremo anche a Yoongi. – aggiunse Namjoon. – E poi qualcuno dovrà scrivere un messaggio sul gruppo di Katalk per riepilogare tutto ciò che dobbiamo preparare.

– Si quello posso farlo io tranquillamente più tardi – disse Jin, uscendo finalmente dall’ascensore.

Per strada i tre ragazzi si salutarono velocemente, stringendosi nei loro cappotti in un tentativo di riparo dal freddo pungente, e si avviarono in direzioni opposte verso le rispettive fermate del bus, Namjoon e Jin tenendosi per mano verso destra, Hoseok verso sinistra.

 

*****

 

– Perché non avete scritto l’orario subito su Katalk? Dobbiamo passarci le comunicazioni a voce alle soglie del 2017? – disse Jimin rivolgendosi con sorpresa a Namjoon. Si trovava seduto al tavolo della cucina di casa Min/Kim, con le gambe che si muovevano ciondoloni sullo sgabello troppo alto per lui. Era un’impresa salirci sopra, ma era il suo posto preferito. Non sapeva bene come ci fosse finito uno sgabello da bar nella loro cucina, ma lo trovava divertente, per cui appena poteva se ne appropriava. Davanti a lui si trovava Yoongi, seduto su una sedia normale e con l’iPod tra le mani. Namjoon era invece al bancone, occupato a farsi un altro caffè. Non riusciva davvero a scuotersi questa sonnolenza di dosso oggi. Si era cambiato. La camicia di jeans era finita in lavatrice il momento esatto in cui aveva messo piede dentro casa. Jin gliela aveva tolta di dosso con una tale foga che lì per lì il poverino si era illuso e aveva pensato l’altro fosse stato colto da un momento di passione. Si era però accorto subito con delusione che in quel momento l’unica passione ad occupare la testa di Jin era quella per i vestiti freschi di bucato. Con un sospiro aveva lasciato che il suo ragazzo si dirigesse come una scheggia al bagno di servizio per metter via la camicia sporca e si era avviato verso la sua camera alla ricerca di qualcosa di più pesante da poter mettere sopra la maglietta di cotone grigia. Fatto ciò si era allungato sul divano, Jin già in postazione in cucina pronto a preparare il pranzo per lui e gli altri due ragazzi. Mentre stavano finendo di mangiare il campanello aveva suonato e Yoongi era andato ad aprire, tornando verso il tavolo insieme a Jimin, avvolto in una sciarpa enorme per lui, zainetto alle spalle, un ombrello in una mano e una busta di carta in un’altra. Adesso Jin era andato a riposare, mentre Namjoon contava sul caffè per rimanere sveglio di fronte al libro che aveva intenzione di mettersi a leggere dentro il suo letto. Non sarebbe riuscito a combinare molto altro oggi.

– Jiminie è vero, non ci abbiamo pensato – rise Namjoon scuotendo la testa con fare rassegnato.

– E voi tre oggi vi sareste riuniti a discutere dettagli sullo spettacolo da soli? Terrò la vostra compagnia nelle mie preghiere. – Yoongi aveva proferito queste parole senza alzare gli occhi dall’iPod. Jimin lo guardò divertito, mentre Namjoon portava una mano in alto in segno di resa e attraversando la cucina diretto verso la propria camera annunciava che da quel momento avrebbero potuto occuparsi di tutto loro due, lui non avrebbe sollevato obiezioni. Yoongi annuì soddisfatto e Jimin sorridendo prese il telefono. Fece scorrere velocemente le piccole dita sulla tastiera e inviò messaggi sulla chat di gruppo di KakaoTalk.

 

--- giovedi 29 dicembre 2016 ---

Jimin

14:38  Per Kookie e Taehyungie che ancora non

sanno: il 31 ci vediamo alle 20:00 J

14:39  Jin hyung aggiornerà meglio su dettagli

organizzazione

14:39  Presto!

14:40  per favore :P

 

– Fatto! – annunciò soddisfatto al ragazzo di fronte a sé. Scese con un piccolo salto giù dallo sgabello e gli si avvicinò. – Andiamo in camera tua?

Yoongi fece un cenno d’assenso e si alzò anche lui.

 

*****

 

Bzzzz.

Il suono di un telefono che vibrava fece sollevare la testa a Jungkook. Tiratosi su sulle ginocchia cercò con gli occhi la direzione del rumore e individuò in pochi secondi il cellulare di Taehyung, lasciato sul tavolo.

– Il tuo telefono. – disse prima di rimettersi giù, viso rivolto al foglio di cartone sul pavimento, gomiti per terra, pennarello in mano. Dopo mezzo minuto si rese conto che Taehyung non aveva sentito né la vibrazione, né quello che aveva detto. Lo scosse piano su una spalla. Il ragazzo fece un suono sorpreso, come se lo avessero appena svegliato. Il punto però era che non stava dormendo, ed era esattamente questo ciò che non finiva mai di meravigliare Jungkook quando scene del genere accadevano. Era mai possibile isolarsi in quel modo?

– Il tuo telefono ha vibrato, hai ricevuto un messaggio. – Aveva aggiunto il secondo dettaglio nell’eventualità che durante il suo viaggio fuori dall’orbita terrestre la mente di Taehyung avesse dimenticato i dettagli più comuni del mondo in cui viveva. Il più grande smise di fare ciò che chiaramente stava richiedendo tutta la sua attenzione e si sollevò da terra. Il progetto del corso di fotografia che lui e Jungkook seguivano insieme di cui si stavano occupando al momento aveva inaspettatamente richiesto più spazio di quanto avevano programmato all’inizio. Una serie di scatti in bianco e nero e di cartoncini beige era sparsa sul tavolo posto al centro della cucina-sala nel piccolo appartamento affittato da Taehyung e Jimin. Altri cartoncini, un tubetto di colla e alcuni pennarelli si trovavano sparpagliati sul pavimento freddo, a cui Jungkook e Tae avevano chiesto accoglienza visto il loro bisogno di ulteriore superfice per lavorare.

– Chi è? – chiese Jungkook sollevando il viso verso Taehyung.

– Jiminie. – gettò un velocissimo sguardo sull’altro ragazzo – Ci avvisa che sabato ci vediamo tutti alle otto.

Jungkook annuì. Taehyung rimise il telefono al suo posto tra le carte del tavolo, si sedette di nuovo a terra con le gambe incrociate e guardò il lavoro fatto fino a quel momento. Ci stavano mettendo un’eternità a finire questo progetto. Oltre al non riuscire ancora a trovare soggetti da fotografare che li soddisfacessero davvero, ci si aggiungeva anche il fatto che lavorare insieme seriamente e con concentrazione per più di dieci minuti era per loro quasi impossibile. Quasi coetanei, i due ragazzi si erano presi fin dal momento in cui si erano conosciuti. La loro amicizia era diventata subito forte, merito anche della vivacità e del carattere estroverso di Taehyung. Si era accorto piuttosto presto che Jungkook era più riservato di lui e per questo all’inizio era stato tra i due quello che maggiormente aveva compiuto passi in direzione dell’altro. Per far sì che il ragazzo prendesse facilmente con confidenza con lui, aveva organizzato nel primo periodo una serie di attività infinite, proponendo a Jungkook di vedersi quasi ogni giorno, fosse per un cinema o un pranzo fuori. Lo stesso corso che adesso frequentavano insieme era stata una proposta di Taehyung, fatta appena l’altro ragazzo aveva accennato al suo amore per la fotografia. Gli aveva anche poi raccontato qualche dettaglio in più su sé stesso e sulla sua vita, sperando così che in quel modo Jungkook anche si aprisse un po’ più a lui e lo iniziasse a considerare un suo amico. Poiché quando si erano incontrati il più piccolo si era trasferito a Seul da poco, all’epoca non conosceva ancora bene nessuno e dunque Taehyung ci teneva a fargli capire che poteva contare sul suo appoggio in qualsiasi momento. Ricordava la difficoltà che aveva avuto lui stesso ad adattarsi ai ritmi di quella città gigantesca ed estremamente popolata. Era stata dura, e lui poteva almeno dire di avere Jimin vicino a sé. Fin da subito non poté dunque fare a meno di mettersi nei panni di Jungkook e sentire un moto di simpatia istintiva nei suoi confronti. Come sperato il ragazzo si era a poco a poco sciolto sempre di più ed in capo a tre-quattro mesi si poteva dire completamente integrato anche all’interno del gruppo dell’appartamento 503. Adesso sarebbe stato difficile per Taehyung immaginarli tutti insieme senza la presenza del più giovane. A differenza del primo periodo, ora la sua personalità usciva completamente fuori di fronte a tutti loro e non si poteva dire che la sua presenza fosse semplice da ignorare. Non era probabilmente rumoroso come Hoseok, e forse neppure come Taehyung, ma gli piaceva stuzzicare tutti, aveva la battutina sempre pronta, e appena poteva non si lasciava sfuggire un’occasione per mettere in mostra uno dei suoi – ben numerosi – talenti. Quando poi si ritrovava con Taehyung creava ancora più confusione, contagiato dalla vitalità del primo che bene si accordava con la sua energia. Essendo abituati a giocare tra loro tutto il tempo era dunque assai improbabile che riuscissero a rimanere insieme nella stessa per ore senza distrarsi e iniziare qualche genere di attività totalmente scollegata dal lavoro che avrebbero dovuto fare, come mettersi a cantare o guardare video stupidi al telefono. Il loro gusto e la loro sensibilità in fatto di fotografia era però molto simile per cui nessuno dei due avrebbe voluto occuparsi di questo progetto con un altro partner. Sapevano che lavorando insieme non avrebbero avuto discussioni e che le idee dell’uno sarebbero state accolte positivamente dall’altro e, al massimo, migliorate dai suoi consigli. Per questo motivo anche se ancora si trovavano parecchio indietro sul programma che avevano tentato di seguire, Taehyung non rimpiangeva comunque neppure un secondo passato a lavorare insieme a Jungkook. Nemmeno i secondi che erano stati sprecati a ridere o mangiare un gelato quando avrebbero dovuto essere alla ricerca di buoni soggetti da fotografare.

– È inutile che fissi Taehyung. La risposta è sì, siamo indietrissimo.  – Jungkook si era accorto di come Taehyung stava guardando l’ammasso di fogli davanti a lui. Imitando l’amico si mise anche lui a gambe incrociate e continuò:

– In teoria non andrebbe nemmeno così male visto che manca ancora un mese alla presentazione, ma considerando che i giorni dopo la festa saremo probabilmente K.O. e poi dal nove riprendono le lezioni sarebbe stato meglio che fossimo riusciti a fare di più. – Si portò una mano all’orecchio e iniziò a giocherellare distrattamente con il piccolo cerchietto dell’orecchino, fissando il suo cartoncino pensieroso. Gli occhi grandi di Taehyung si puntarono su di lui. Dopo un momento di silenzio Jungkook sollevò lo sguardo su Taehyung che ancora lo stava fissando e fece una risatina, dicendo:

– Scusa, sembrava stessi riflettendo sul progetto, ma stavo solo pensando a cosa cucinare questa sera!

– Come? – esclamò Taehyung – Credevo stessi creando qualche idea geniale!

Jungkook rise, gli occhi che gli brillavano. Chiese di nuovo scusa e poi fece presente all’amico che non era nella posizione adatta per poter rimproverare nessuno per essersi un attimo incantato a pensare ad altro. Taehyung alzò le mani in segno di resa:

– Vero, vero, ok, hai vinto tu. – e sorridendo guardò l’altro ragazzo negli occhi. I due rimasero qualche secondo in silenzio fissandosi finché entrambi non scoppiarono a ridere. Ogni tanto ingaggiavano dal nulla queste gare e solitamente finivano in parità, come era accaduto adesso. Riprendere ciò che avevano interrotto fu faticoso, ma dopo circa dieci minuti le loro teste erano di nuovo abbassate e per un po’ di tempo non vi furono altri suoni nella stanza al di fuori del fruscio di fogli e dello stridio dei pennarelli.

– Per la festa. – iniziò Jungkook ad un certo punto – Jin utilizzerà di nuovo la sua macchina?

– Credo di sì.

Jungkook fece un mormorio come a dire di aver inteso. Due di loro avrebbero dunque dovuto utilizzare i mezzi per raggiungere la casa. L’anno scorso erano stati Hoseok e Taehyung – a Jungkook era stato lasciato un posto come simbolo di benvenuto, mentre Jimin, a quanto il ragazzo aveva capito dai racconti degli anni precedenti, in qualche modo aveva sempre il passaggio assicurato con gli hyungs – mentre per quest’anno Jungkook aveva già in mente un’idea. Dopo aver aspettato qualche secondo chiese di nuovo:

– Jimin-hyung dov’è? Sei da solo oggi?

Tae alzò la testa.

– È da Yoongi-hyung. Non so quando torna. Devi parlargli?

– Ero solo curioso. – rispose Jungkook continuando a disegnare sul foglio davanti a sé.

Il pomeriggio avanzò lento. Per cercare di essere il più produttivi possibile, i due ragazzi si imposero più volte, con tanto di cronometro, blocchi di tempo in cui era vietato distrarsi o parlare di altro che non fosse il progetto, alternando dieci minuti di totale silenzio a dieci minuti più rilassati. Così facendo, riuscirono ad avanzare almeno un po’ nel loro lavoro. Attorno alle quattro e mezza Jungkook si alzò un momento e si stirò. Era esausto e aveva raggiunto il suo limite per oggi. Anche Taehyung aveva già da un po’ dato segni di essere stanco, per cui probabilmente da lì a poco avrebbero rimesso a posto e archiviato tutto per quel giorno. Andò al tavolino, fece per cercare alcune fotografie e spinse il bottone rotondo del cellulare dell’amico. Lo schermo si illuminò, scoprendo le grandi cifre numeriche che segnavano l’ora e Jungkook istintivamente gettò gli occhi verso la porta d’ingresso. Sentì Taehyung alzarsi e voltandosi verso di lui gli chiese se voleva un tè. Il ragazzo rispose affermativamente e si lasciò cadere pesantemente su una sedia. La schiena gli faceva male per via delle ore trascorse a terra, e il suo amico aveva passato una quantità sufficiente di tempo in casa sua per potersi occupare da solo della preparazione. Non che ci volesse molto a prendere dimestichezza con la cucina di Taheyung, o anche della casa intera. Il locale che avevano in affitto era semplice e decisamente non grande quanto l’appartamento 503. L’arredamento era essenziale e le stanze – due camerette singole, un bagno, una stanza di servizio e una zona giorno comprendente un piano cucina – avevano solo il mobilio e gli utensili necessari per svolgervi in tranquillità le funzioni a cui erano adibite. Anche dopo un’ora chiunque avrebbe saputo dove trovare il necessario per cucinare.  Aspettando che la loro acqua bollisse Taehyung e Jungkook si misero a parlare del più e del meno, mai a corto di argomenti quando si trovavano insieme. Al fischio della teiera fu il più grande ad alzarsi questa volta. Con una presina dagli angoli lisi in mano la tolse dal fuoco e versò l’acqua bollente nelle grandi tazze azzurre che Jungkook aveva preparato sul bancone. Aggiunse lo zucchero e portò poi il tutto in tavola, accompagnato nel suo tragitto da nuvolette di vapore.

– Due cucchiaini per te, uno per me – disse sorridendo.

– Grazie Taehyungie. Fa un po’ freddo qui dentro.

Taehyung annuì e rispose:

– Lo so, abbiamo qualcosa che non va con il nostro riscaldamento. Non so se il problema è il termosifone o altro. Dovremmo chiamare qualcuno.

Jungkook fece un sorso di tè e si chiese se lo avrebbero mai effettivamente fatto. Né Taehyung né Jimin si potevano definire tipi dal senso pratico. Jungkook ne aveva invece da vendere e lo avrebbe messo volentieri a disposizione della vita quotidiana di almeno uno dei due. Deglutì il tè leggermente più forte del normale al pensiero.

– Non ci vuole molto a fare una telefonata, lo potete anche fare appena Jimin hyung torna. Che ha da fare così a lungo da Yoongi-hyung?

– Uh? – Fu la risposta spaesata di Taehyung. – Perché, che ore sono?

– Quasi le cinque credo.

Taehyung si buttò sul suo telefono a controllare. Quasi sobbalzò vedendo che quanto l’altro aveva detto era vero. Se qualcuno glielo avesse chiesto avrebbe giurato non fossero nemmeno le tre e mezza. Quando si erano fatte le cinque?

– Non mi ero accorto fosse così tardi! – esclamò, gli occhi fattisi più grandi dalla sorpresa. Jungkook sorrise e prese un altro sorso. Taehyung si rimise con le spalle sulla sedia tirando uno sbuffo.

– Spero torni per cena, non ho voglia di mangiare da solo. – disse mettendo su il broncio. Guardò poi Jungkook, come in attesa di qualcosa dal ragazzo, il quale però sembrava essersi fissato in un punto nel vuoto. Taehyung alzò gli occhi al cielo portandosi la tazza alla bocca.

– Jungkookie! – esclamò di colpo.

Come ridestatosi, Jungkook dette un piccolo sussulto e quasi per riprendersi gli venne istintivo poggiare la tazza sul tavolo e tirare su le maniche del maglioncino beige per coprirsi le mani. Taehyung aveva notato che era un gesto che faceva spesso. Con le mani coperte a metà e più al caldo di prima Jungkook riprese la sua tazza e chiese scusa all’amico prima di bere una lunga sorsata. Taehyung aprì la bocca per chiedere cosa gli passasse per la testa, ma si fermò di colpo, mordendosi il labbro. Rimasero un altro po’ in silenzio a finire il loro tè, ognuno immerso nel corso dei propri pensieri, prima di rompere la quiete e iniziare a discutere di cosa dovessero occuparsi la volta successiva. Finito di prendere accordi, Jungkook disse che doveva andare via. Mentre raccoglieva il suo zainetto, Tae gli passò il cappotto che aveva abbandonato sul divano quando era arrivato quella mattina, raggiante all’idea che ci fosse un po’ di sole dopo il finimondo che era venuto giù la notte precedente. Adesso era già l’imbrunire e intravedendo il cielo scuro alla finestra Taheyung non poté fare a meno di pensare a come le giornate passassero sempre così in fretta quando si trovava in compagnia del ragazzo. I due si salutarono sulla soglia, dicendo che si sarebbero risentiti per telefono l’indomani per altri dettagli sulla festa e rivisti direttamente il sabato. Quando la porta si fu chiusa dietro di lui, Jungkook si avviò verso l’ascensore. Durante l’attesa che la macchina scendesse dal decimo al quarto piano e poi nel tragitto fino al piano terra rimase pensieroso. Sapeva ciò che doveva fare, ma aveva timore e non riusciva a decidersi. Ma era o ora o più. Jungkook era una persona competitiva, non solo con gli altri, ma anche con sé stesso. Anche in questo caso la sfida era verso di sé. Si era dato dei limiti. Oltre quelli avrebbe perso. Si dette l’indomani pomeriggio come termine ultimo. Forse lo avrebbe fatto prima o forse no. Non lo sapeva. La sua solita sicurezza gli mancava del tutto, e la sensazione non gli piaceva. Comunque sia, pensò, domani a quest’ora dovrei già sapere il verdetto. Uscì dal portone principale del palazzo e iniziò a camminare a passo spedito sotto un cielo che si rabbuiava di nuvoloni neri, chiedendosi perché diamine mezza giornata dovesse sembrare così lunga.

 

*****

 

Il tepore lo investì appena mise piede dentro l’appartamento. Posò il sacchetto che aveva in mano vicino al muro, si sbattè la porta alle spalle e scosse la testa con un brivido. Fuori era davvero freddissimo. Mentre sistemava il suo cappotto nell’appendiabiti vicino allo specchio sentì dei passi trotterellanti venire verso di lui e poi una voce squillante:

– Jungkookieeeeee! – Hoseok abbracciò con entusiasmo il ragazzo appena rientrato. Aveva sentito dalla cucina la chiave sulla toppa e si era precipitato ad accoglierlo. – Mi sei mancato oggi!

Cercando di liberarsi dalla morsa del più grande, Jungkook rise e chiese se gli servisse qualcosa. Hoseok si finse offeso all’allusione dell’amico, ma davanti allo sguardo eloquente dell’altro cedette. Kookie era troppo bellino per poter mentire al suo bel faccino.

– Ti prego-ti prego-ti prego, prepara qualcosa di buono stasera perché a colazione mi sono dovuto arrangiare e a pranzo ho mangiato un tristissimo panino fuori. – disse in un sol fiato con trasporto e chinandosi in avanti a mo’ di preghiera. Jungkook scoppiò a ridere, soddisfatto:

– Non preoccuparti, la tata è arrivata. Sono appena stato al supermercato a comprare qualcosa.

Hoseok saltò in aria, lanciando un urletto emozionato e improvvisando una piccola danza per esprimere la sua gioia. Jungkook entrò in cucina, sacchetto alla mano, sorridendo. Hoesok era la persona più rumorosa che avesse mai incontrato. Non aveva neppure idea che si potesse essere così sonori e chiassosi prima di conoscerlo. Aprì il frigo e notando che era semivuoto sentì addosso quel senso di colpa che forse avevano anche le madri quando si accorgevano di non aver provveduto ad un bisogno primario del figlio. Hoseok era effettivamente un po’ come un bambino. Bisognava prendersi cura di lui in un determinato modo e da questo punto di vista la convivenza con Jungkook rappresentava una soluzione ideale. Molto più maturo di quanto la sua giovane età potesse far credere, Jungkook era incredibilmente autonomo e data la sua personalità dominante non aveva problemi a prendere in mano le redini e mettersi sulle spalle qualche compito in più. Era lui che si occupava di cose come pensare e cucinare i pasti, organizzare i turni di pulizia e ricordare quando era tempo di andare a buttare la spazzatura. Aveva capito fin dai primi giorni in cui si era trasferito in questo appartamento come fosse fatto Hoseok, ma in tutta onestà non poteva dire che la cosa gli pesasse. Gli piaceva sentirsi utile e necessario, e anche in questo Hoseok era un match perfetto per lui. Privo di ogni senso del pudore o dell’imbarazzo, Hoseok non aveva la minima difficoltà a ricordare al ragazzo più piccolo numerose volte al giorno sia verbalmente che con manifestazioni fisiche quanto fosse grato di averlo in casa con lui e quanto apprezzasse ciò che faceva, a partire dalla sua cucina. Hoseok era in effetti al settimo cielo per il modo in cui si era evoluta la loro convivenza e non sarebbe potuto essere più contento del suo coinquilino. A lui piaceva sentirsi coccolato, mentre a Jungkook sentire di avere il comando. Senza saperlo Taehyung aveva portato insieme sotto lo stesso tetto due soggetti con il 100% di compatibilità.

Hoseok seguì Jungkook in cucina, canticchiando sottovoce un motivetto allegro. Mettendosi a sedere sul bordo del tavolo chiese all’altro come fosse andata la giornata. Si guardò bene invece dal chiedere se il ragazzo avesse bisogno di una mano a mettere a posto la spesa.

– Cosa hai preso di buono? Devo decidere se domani ci sarò a pranzo o no.

– Cosa intendi? – chiese Jungkook mentre sistemava due cartoni di succo di frutta.

– Voglio dire che in base a ciò che avevi pensato di cucinare decido se andare da Yoongi direttamente a pranzo o subito dopo. – Guardò per terra – C’è una cosa importante di cui devo parlargli.

Mentre diceva queste parole sentì un tonfo sordo seguito un’imprecazione. Alzò lo sguardo e vide Jungkook piegato a terra di fianco al frigo che scopriva i danni fatti dalla caduta del cartone di uova. Hoseok si mise a ridere e venne in aiuto, strappando dal rotolo sul bancone qualche tovagliolo di carta e tendendolo all’amico. Prendendo i quadratini di carta in mano Jungkook imprecò di nuovo:

– Merda!

– Succede Kookie. Tranquillo, adesso lì pulisco io. – lo tranquillizzò Hoseok posandogli veloce una mano in testa e scompigliandogli un po’ i capelli. Jungkook annuì e andò a buttare la scatola di cartone ormai piena di gusci vuoti. Mentre prendeva uno strofinaccio per ripulire il pavimento dalla pozza di albumi e tuorli Hoseok chiese:

– Stavo dicendo prima che forse domani a pranzo sono da Yoongi. Però se hai in mente di cucinare qualcosa di buono vado nel pomeriggio.

– Anche Jin potrebbe cucinare qualcosa di buono. – rispose Jungkook sorridendo. Si era riavvicinato al frigorifero e stava mettendo dentro le ultime verdure rimaste nella busta.

– Però lo sai che ormai sei tu la mia cuoca preferita Kookie. – Rispose Hoseok sollevandosi da terra e facendoli l’occhiolino. Il più piccolo ridacchiò, poi accartocciò il sacchetto di plastica, lo mise velocemente in un cassetto e sospirò.

– Domani non mi vedo con Tae, per cui se a pranzo ci sei a farmi compagnia sono contento. Si, ho in serbo qualcosa di buono.

– Allora sono qui tutto tuo! – disse Hoseok entusiasta. Andò poi verso il bagno per mettere in lavatrice il panno sporco, mentre Jungkook si avviò verso la sua stanzetta. Si lasciò cadere sul letto, la mente affollata da un unico pensiero e decise di provare a dormire un pochino prima di iniziare a preparare la cena.

Si risvegliò dopo un sonno profondo, e per prima cosa guardò il telefono. Segnava le sette meno cinque, quindi capì di aver dormito circa un’ora. Quando entrò in cucina trovò Hoseok disteso sul divano, dei pantaloni pesanti grigi e una felpetta nera addosso, un cuscino stretto tra le braccia e gli occhi incollati allo schermo del televisore. Si era messo una fascetta sulla fronte per tenere indietro il ciuffetto di capelli castano scuro e sembrava così più piccolo dei suoi ventidue anni. Il suo viso serio e preoccupato fece sorridere Jungkook. Si sentiva uno dei pochi eletti ad avere il privilegio di vederlo in questa modalità. Tolto quando si esercitava su qualche coreografia particolarmente complessa, solamente mentre guardava drama era possibile vedere una tale espressione sul suo volto. Tirò fuori gli ingredienti che gli occorrevano dal frigorifero ed iniziò a preparare la cena. Le sere erano tranquille in casa Jung/Jeon. Per quanto fosse una persona piena di energie quando il sole tramontava ad Hoseok piaceva rimanere dentro e godersi una buona cena con calma in compagnia dell’amico, magari guardandosi subito dopo un buon film. Aveva spesso declinato inviti da parte dei suoi amici di accademia ad uscire fuori in qualche club o bar. Nonostante la sua estroversione e voglia di vivere, era fondamentalmente una persona abitudinaria a cui piaceva avere la propria routine e passare il tempo in compagnia delle persone che conosceva meglio e con cui si sentiva più a suo agio. A Jungkook andava bene così. Nemmeno lui era tipo da feste tutte le sere. Ogni tanto certo si univa al gruppo di amici che si era fatto in un’università, ma non di frequente. Preferiva anche lui rimanere nella cerchia di coloro con cui era più legato, ovvero, ormai, il gruppo del 503. Questi ragazzi erano stati una benedizione nella sua vita, e Taehyung quel giorno davvero un angelo caduto dal cielo. Se tutto fosse andato come sperato alcuni suoi legami si sarebbero fatti ancora più importanti.

 

*****

 

Si era fatto estremamente tardi e non capiva come. Sarebbe dovuto rimanere solo un paio d’ore e invece erano già le sette. Jimin stava camminando lungo la strada fuori dal palazzo del 503, bene attento a dove metteva i piedi. Avrebbe voluto affrettarsi, ma il marciapiede ghiacciato non glielo consentiva. Chissà se Taehyung lo avrebbe aspettato per cena. Pensò che non lo aveva neppure avvisato che avrebbe fatto così tardi e si sentì in colpa. Però se non lo aveva ancora cercato significava che almeno non si era preoccupato. Il pomeriggio era davvero volato in un lampo. Era andato a casa di Yoongi per riportargli alcuni fumetti che gli aveva prestato e poi perché il ragazzo voleva fargli ascoltare delle nuove musiche che aveva composto. Jimin ancora non riusciva ad abituarsi al senso di piacere che gli dava il sapere di essere uno tra i pochi, se non il solo, a venire messo a conoscenza delle creazioni di Yoongi-hyung. Era sempre contento poi di poter aiutare il più grande dicendo le sue idee ed opinioni su ciò che gli faceva ascoltare. Si chiedeva spesso perché una persona intelligente e abile come Yoongi ascoltasse ciò lui avesse da dire, ma non lo avrebbe mai detto ad alta voce. Sapeva quanto il ragazzo fosse geloso di ciò che componeva e l’idea di essere non solo messo a conoscenza di ciò che creava ma di poter essere addirittura una possibile influenza nel processo di creazione lo faceva sentire troppo speciale per dare voce ai suoi stupidi dubbi. Yoongi-hyung sapeva cosa doveva fare e se chiedeva a lui un motivo doveva esserci, Jimin di questo era sicuro. Dal momento dunque che Yoongi era sinceramente interessato alle opinioni di Jimin, gli incontri tra i due finivano sempre per protrarsi a lungo. Era difficile spesso accorgersi delle ore che passavano anche perché ormai Jimin non si sentiva più come un ospite, ma esattamente come se fosse nel suo appartamento.

Passava sempre così tanto tempo dentro quella casa. Le immagini che aveva impresse nella mente delle prime volte che c’era stato sembravano appartenere a un altro. Nei suoi ricordi dei primi giorni trascorsi nel 503 la casa appariva diversa, poiché gli occhi con cui la guardava all’epoca erano diversi. Tutto era estraneo e ne aveva avuto quasi soggezione all’inizio viste anche le dimensioni così maggiori rispetto al modesto appartamentino che aveva affittato con Tae. Adesso avrebbe potuto descrivere ogni angolo di quella casa, ogni fessura, ogni sportello. Sapeva dove si trovavano le riserve di cibo, il contatore dell’acqua ed il kit d’emergenza. Dove Jin aveva i prodotti per il bucato, dove Namjoon metteva i suoi videogiochi e dove Yoongi riponeva la scatola dentro cui teneva la sua collezione di guide turistiche di posti che non aveva mai visitato. Poteva chiudere gli occhi e vedere ogni singolo graffio lasciato sul pavimento della sala da lui e Hoseok con le loro scarpette da danza.

Il motivo per cui aveva iniziato a frequentare il 503 era stato proprio il ballo. Hoseok frequentava la stessa accademia in cui, un anno dopo, era entrato anche Jimin. Seppure in due gruppi diversi, le occasioni per avere contatti con ragazzi più grandi erano comunque numerose, in primo luogo nella palestra della scuola, riservata a chiunque volesse esercitarsi. Era lì che Jimin e Hoseok avevano iniziato a conoscersi. Il più grande gli aveva in seguito detto che era stato subito incuriosito dal più piccolo perché tra i ragazzi del suo anno era sicuramente il ballerino che spiccava di più. Gli aveva poi detto diverse volte quanto trovasse aggraziata la sua danza e che spesso pareva volasse più che ballare, riuscendo in quella che è l’impresa più difficile per qualsiasi professionista in qualsiasi campo e che distingue chi è davvero un fuoriclasse da chi è solo bravo: far sembrare semplice ciò che in realtà era estremamente complesso. Jimin teneva sempre nel cuore queste parole. Sebbene avesse un talento naturale per il ballo e si rendesse conto da solo di essere ad un livello superiore rispetto a tanti altri ragazzi della sua età, aveva però spesso difficoltà nel memorizzare le coreografie ed in generale non si sentiva sicuro di sé. Hoseok anche era incredibilmente bravo e quando si era proposto di aiutarlo Jimin aveva accettato con grande gioia. Sacrificando a volte anche il proprio allenamento, Hoseok aveva passato pomeriggi interi insieme a Jimin provando e riprovando con lui, aiutandolo nella memorizzazione e dandogli consigli su come aggiustare i suoi movimenti. La sala di Hoseok era davvero spaziosa e il bel pavimento di legno sembrava essere fatto apposta per loro. L’idea di farlo venire a praticare in casa era stata del più grande, il quale si era accorto che Jimin tendeva a deconcentrarsi molto quando la palestra iniziava ad essere troppo affollata. La sua insicurezza lo portava a bloccarsi, terrorizzato all’idea di commettere errori e rendersi ridicolo davanti agli altri ragazzi. Così erano finiti in quella casa che sarebbe poi diventata un luogo così familiare e amico. A poco a poco Jimin aveva preso anche a conoscere gli altri inquilini, ovvero all’epoca Seokjin e Yoongi. Jin era stato fin da subito molto espansivo, sempre sorridente e cordiale con lui. Per Yoongi c’era voluto più tempo. Di certo, dopo il loro primo incontro mai avrebbe pensato che tra tutte le persone dentro l’appartamento sarebbe stato proprio lui quello con cui avrebbe passato spesso interi pomeriggi. Jimin ricordava perfettamente la prima volta che avevano iniziato a legare davvero, nonostante lui frequentasse il 503 già da circa un anno e mezzo. Era stato quando lo aveva sentito suonare il piano per la prima volta, un giorno di due anni prima.

 

 

 

Note dell’autrice:

Ciao a tutti e grazie di nuovo per aver letto questo secondo capitolo. Voglio innanzitutto ringraziare chi ha recensito/seguito/preferito/ricordato la storia.  Mi ha fatto davvero molto piacere considerato che poi avevo per il momento caricato un capitolo solo. Grazie di cuore

Passando al capitolo presente: vado per punti.

Primo punto: non sono brava con i titoli quindi utilizzo le citazioni all’inizio come modo per accennare a quelli che saranno i temi principali del capitolo o ad alcuni particolari importanti che sono da notare. Il riferimento al tempo che scorre in maniera diversa mi occorreva perché l’ho utilizzato come filo conduttore nel capitolo ed è il modo che ho scelto per far capire le relazioni tra i personaggi senza andare sempre a spiegarlo esplicitamente.

Secondo punto: a livello di trama questo capitolo mi serviva per introdurre alcuni dettagli che torneranno e saranno poi utili nei capitoli successivi, primo fra tutti quello della festa di fine anno a casa Min/Kim. Non ci sono troppi eventi e i prossimi due capitoli (che saranno una reprise di questo secondo e poi il terzo) saranno simili da questo punto di vista. Spero non dipiacciano dei capitoli più introspettivi o comunque dove la trama principale rimane leggermente in stallo, ma mi occorrono davvero per dare un qualche background ai personaggi e spiegarli un po’ meglio. Ho fatto questa scelta essenzialmente perché credo che se non si conoscono almeno un po’ le persone che fanno parte di una storia poi è più difficile interessarsi a ciò che fanno e dunque preferisco impostare così il lavoro :) 

Terzo punto: ho dovuto fare una modifica al capitolo precedente perché mi sono accorta di aver fatto un paio di errori con le età dei personaggi. Quando parlo di Hoseok che incontra Jin avevo scritto “l’allora ventiduenne Seokjin” mentre invece è ventenne; così come quando ho introdotto Taehyung, il ragazzo non si trova al primo anno di master ma al secondo. Ho cambiato perché erano errori che creavano confusione sulla linea temporale. Forse a nessuno interessa mettersi a ricostruirla, ma siccome io la ho tutta delineata e ben presente non potevo lasciare stare, soprattutto visto che ci ho messo una vita per crearla ahah (portare avanti e incrociare le vite/età/corsi di studi di sette personaggi mi è stato molto più difficile di quanto avrei pensato, ma forse è perché sono lenta io ^^’).

Grazie ancora per il vostro interesse nella mia storia, spero il capitolo vi sia piaciuto e non vi abbia fatto addormentare! Di nuovo, i commenti sono più che benvenuti quindi per favore lasciate un feedback se potete, mi sarebbe davvero molto utile  :)

Ci vediamo sul prossimo capitolo! 

Baci, Elle

   
 
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