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Autore: WHITI3N    30/08/2017    1 recensioni
Avete mai avuto paura ad addormentarvi? Io sì. Sento una morsa soffocante, mi pervade un senso di angoscia, perché la notte la mia mente è incontrollabile, libera di creare immagini spaventose che mi fanno svegliare tra le grida e i conati di vomito, con gli occhi gonfi e rossi. Alcuni di voi mi crederanno pazza, altri mi consiglieranno uno psichiatra, io però, sto solo vedendo la realtà.
Genere: Drammatico, Horror, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: Violenza
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Notte 1
Il campo di grano si estende per chilometri, tingendo tutto ciò che vedo di un giallo rilassante. Eppure mi sento inquieta. Alzo lo sguardo sul cielo, sereno e pulito; allora perché sono allarmata?
Controllo le mie mani, per vedere se qualcosa non va, ma sembra tutto a posto. Metto a fuoco i miei piedi, anch’essi uguali all’ultima volta che li ho guardati, e faccio risalire lo sguardo sulla camicia bianca extra large che uso come pigiama. Sento che questi movimenti sono durati più del normale, come se qui il tempo scorresse diversamente.
Ma come ci sono finita qui? Provo a sforzarmi di ricordare, ma l’ultima cosa di cui ho memoria sono io che accendo il ventilatore.
Una folata di vento muove gli steli ai miei piedi, solleticandomi i polpacci e sventolando l’orlo della camicia. Questo mi spaventa ancor di più, facendomi sentire una morsa nel petto. Vorrei voltarmi nella direzione dalla quale il vento ha soffiato, ma ho paura e perciò mi accascio, sperando che il grano mi nasconda, e le lacrime iniziano a rigarmi il volto, silenziose. Vorrei scappare da quel luogo, ma un lamento straziante alle mie spalle mi inchioda alla terra. Mi volto lentamente, alzando lo sguardo.
Non molto distante da me erge un albero, i quali rami sono riversi verso la terra a creare una specie di gabbia. Sembra malato e al contempo stabile, come se oramai quel morbo non lo infastidisse più di tanto. Una mano si allunga da una di quelle fessure, come provasse a raggiungermi.
Provo a voltarmi e scappare, ma le gambe non rispondono ai comandi. Mi alzo lentamente, e i piedi iniziano a muoversi nella direzione delle lamentele.
Provo ad opporre resistenza, ma rallento di poco i movimenti. Urlo in preda all’isteria, le lacrime scendono copiose dagli occhi e tento di ribellarmi, ma è tutto inutile, lentamente mi avvicino a quel braccio, che si agita per raggiungermi più in fretta che può. Il vento si alza, mi spettina i capelli attaccandoli al mio viso bagnato. Tra tutti i miei pensieri il più vivido è anche il più insulso: è estate, è un’estate torrida. Allora perché sento freddo?
Ma mentre provo a darmi una risposta mi accorgo che sono proprio vicina, in quanto ai miei piedi posso notare la fine dei rami che racchiudono quelle mani disperate. Ma queste mani hanno un volto, perciò alzo piano piano la testa, mentre il mio braccio si allunga per toccare quella figura, senza che io gliel’abbia comandato.
La paura aumenta, sino a farmi venire la nausea e quando le nostre dita si sfiorano i nostri sguardi ancora non si sono incrociati. La sua pelle è freddissima, e incrostata di fango e qualcos’altro, qualcosa che comprendo solo dopo aver incontrato i suoi occhi.
Sangue. È ovunque, sulle guance, sul naso e su tutto il collo, sulle labbra e incrostato nei capelli. Le iridi sono assenti, due bulbi bianchi riempiono le orbite. Mi sveglio urlando.
   
 
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