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Autore: mido_ri    30/08/2017    0 recensioni
Due ragazzi completamente diversi entrano in contatto in un apparente contesto scolastico.
Alessio: il solito ragazzo disordinato e "piantagrane" che reputa la sua vita una noia, così come la scuola e qualsiasi tipo di legame con le altre persone.
Riccardo: un ragazzo, meglio definito "ragazzino", che sembra fin troppo piccolo per poter frequentare il secondo anno di liceo; al contrario del suo fisico, la sua mente è grande.
Così come ci si aspetterebbe da un ragazzo del genere, Riccardo nasconde a tutti, perfino alla sua famiglia, la vera vita che conduce ogni giorno, difficile e sconvolgente.
Un inaspettato incontro spingerà Alessio a porsi sempre più domande su quello strano ragazzo.
Come si svolgerà la storia dei due incompatibili compagni di banco?
Genere: Romantico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Mer, 8 novembre, mattina

Aprii gli occhi non appena sentii Riccardo sospirare. La sua mano mi cercò fra le lenzuola scompigliate e trovò il mio viso pallido poco dopo.

- Come stai? -

"Penso di aver visto di nuovo una persona che non esiste al posto di tuo padre, per non parlare del fatto che ti ha baciato in bocca mentre dormivi. Oh, ho anche avuto una discussione con me stesso mentre cercavo di farmi qualche chilometro a piedi sotto un acquazzone"

- Ora sto bene, è passato -

Mi accarezzò dolcemente.

- So che non ti è ancora passato. Voglio aiutarti -

- Ro, sto bene. Hai già i tuoi problemi a cui pensare -

- Be', guarda caso sono gli stessi che hai tu -

- Insomma...non ho una decina di accuse per omicidio e istigazione al suicidio alle mie spalle -

Mi lanciò un'occhiata storta e si rituffò con il volto nel cuscino.
 
- Scusa -

- Non fa niente. Dobbiamo andare a scuola -

Si alzò dal letto e si mise a frugare nell'armadio, poi ne tirò fuori uno zaino nero; vi infilò un paio di quaderni nuovi e delle penne.
Mi guardò con sufficienza.

- È nero, ti basta questo, no? -

Annuii e gli chiesi dove fosse il bagno.

- Ah, ah! No, ci vado prima io -

Scrollai le spalle e mi sedetti sul letto con le braccia incrociate per scaldarmi un po'.

"Cavolo, che freddo in questo casa"

Mi alzai e cominciai a girovagare per la stanza in cerca del telecomando per accendere il climatizzatore, ma nulla.

"Non ce la faccio!"

Mi infilai la maglietta a maniche corte, ma della felpa non c'era traccia; mi balzò in mente l'immagine di Riccardo che usciva dalla stanza con l'indumento indossato sopra il pigiama, a mo' di vestaglia.

"Accidenti, quel nanetto non si accontenta mai"

Uscii nel corridoio e mi diressi verso il rumore dell'acqua della doccia.

"Credo sia questa"

Bussai alla porta, ma non sentii alcuna risposta.

"Sarà sotto la doccia"

La aprii, ma mi bloccai sull'uscio.

"Oh, merda"

Di certo non potevo immaginare che in quel bagno ci fosse una maledettissima doccia di vetro trasparente. Riccardo si voltò all'improvviso e cercò di coprirsi con le mani al meglio che poteva; iniziò a sbraitare parole incomprensibili mentre l'acqua gli scivolava come una cascata sulla pelle scura e liscia.
Non trovai la forza di fare un solo passo, continuai a guardarlo mortificato.

Il ragazzo mi fissava con due occhi che sembravano in procinto di prendere fuoco.

- S-scusa... -

Ma non poteva sentirmi da lì dentro; difatti gettò il soffione sul marmo bianco, uscì dalla doccia e si avviò verso di me con passo inferocito.

- Che guardi?! -

Sussultai e voltai la testa.

- Troppo tardi, ormai hai visto tutto! -

Sottolineò quella parola con un tono di voce ancora più irritato, facendomi arrossire.

- M-mi dispiace...v-volevo solo... -

- Cosa? Fare la doccia con me? -

Si avvicinò tanto da lasciare la distanza di un filo d'aria fra il suo petto nudo e il mio, nel quale martellava un cuore impazzito.

- N-no...la felpa... -

Lanciai un'occhiata disperata all'indumento riverso sulla lavatrice bianca, poi puntai di nuovo gli occhi in quelli del ragazzo che mi stava di fronte.

- Oh...certo, la felpa -

Allungò un braccio verso la lavatrice e mi porse l'oggetto, gettandomelo letteralmente in faccia.

- Te ne puoi andare -

Disse con tono deluso.

Girai i tacchi e mi diressi verso la porta, per poi voltarmi di nuovo dopo un paio di passi.

- Ho...ho dimenticato anche un'altra cosa -

Riccardo inarcò le sopracciglia con aria interrogativa.

- S-sei bellissimo... -

Mi chinai sul suo viso ancora bagnato e appoggiai le mie labbra sulle sue, ma mi allontanai subito: ero fin troppo imbarazzato. Uscii dalla stanza quasi sbattendo la porta e feci aderire le mie spalle tremanti al muro freddo.

"Sono un idiota, un fottutissimo idiota"

Proprio in quel momento passò Roberto con un giornale in una mano e una cravatta viola nell'altra.

- Buongiorno! Oh...stai bene? -

Mi sventolò il giornale davanti alla faccia.

- S-sì...d-devo solo fare pipì... -

Strinsi le gambe e simulai una faccia sofferente, piuttosto che imbarazzata.

- Ah! C'è un altro bagno se vuoi, vieni -

Mi condusse in una stanza da letto molto ampia e ben fornita, in una angolo c'erano addirittura dei pesi e una cyclette; l'uomo mi indicò una porta alla mia sinistra e se ne andò, non prima, però, di avermi chiesto un parere sulla sua cravatta nuova.

Quella doveva essere la camera che precedentemente aveva condiviso con la madre di Riccardo, un brivido mi attraversò il corpo e fui costretto ad andarmene in fretta, prima che il conato di vomito diventasse ancora più insistente.

- Allora? -

Era la sesta volta che Matteo pronunciava quella parola con tono interrogativo, dopo che io gli avevo risposto "niente" altre cinque.

- Okay, senti: non può continuare così -

- C-che cosa? -

Strizzai gli occhi, distogliendo una volta per tutte gli occhi dal ragazzino che tentava di allacciarsi una scarpa con sbuffi e imprecazioni.

- Ma non mi ascolti? Se io ti chiedo perché ogni giorno scompari nel nulla senza lasciare neanche un messaggio, non puoi rispondere "niente"! Ma ti sei rincitrullito? -

Ripresi a fissare Riccardo, intento a strisciare il piede per terra in modo furioso.

- Hey! -

Mi beccai uno schiaffo in faccia da Matteo; non ebbi neanche il tempo di capire cosa fosse successo, che il ragazzo se ne stava già andando voltandomi le spalle.

Le cinque ore di lezione furono un'impresa ardua, trascorse fra lo scuotere spasmodicamente una gamba sul poggiapiedi del banco e lo scarabocchiare cose senza senso sul diario pur di non rivolgere nemmeno una mezza occhiata al più piccolo che mi stava seduto accanto.

"Chissà se è ancora arrabbiato con me"

Voltai la testa e il ragazzo mi incenerì prontamente con lo sguardo.

"Decisamente..."

Sospirai e cercai di concentrarmi invano sulla spiegazione.

Al termine delle lezioni, attesi che fossero tutti fuori dalla classe, eccetto Riccardo che avevo supplicato di rimanere.

- A-aspetta...devo parlarti -

Per un attimo pensai che volesse sputarmi in faccia a giudicare dalla sua espressione schifata.

- Che vuoi? -

- E-ecco...che avevi stamattina sotto la scarpa? -

Non poteva venirmi in mente una cosa più stupida di quella che avevo appena detto.

- Una gomma -

- Ah, davvero? -

Mi lasciai sfuggire una risatina imbarazzante, simile a quella di Noemi.

"Porca miseria! Ma che mi prende?"

Fui tentato di darmi un pugno in faccia, ma sarei risultato ancora più idiota.

- Sì, davvero. La vuoi? -

Alzò una gamba e per poco non mi premette il piede sullo stomaco.

- N-no, grazie...non mi piacciono molto le gomme attaccate sotto le scarpe -

Mi grattai la nuca e guardai in basso, mentre l'altro si rimetteva lo zaino in spalla.

- Aspetta! -

Si voltò di nuovo e alzò gli occhi al cielo.

- O-oggi non mi aiuti a fare italiano? -

"Oh mio Dio! Non può essere vero...non posso essere diventato così idiota"

- Ma sei sempre stato così idiota o lo sei diventato da quando ieri sera hai fatto quella scenata? -

"Appunto"

- N-no... è che... -

Il ragazzo mi mise una mano su una spalla e fissò i suoi occhi nei miei, poi sbuffò e mi rivolse uno sguardo divertito.

- Non sono arrabbiato, hai fatto tutto da solo -

- C-che cosa? -

- Sei p a r a n o i c o -

Deglutii rumorosamente e mi asciugai le mani sudate sulla felpa.

- Pensi davvero che me la sia presa solo perché mi hai visto nudo? Doveva succedere prima o poi -

Sollevò la mano e la sbattè con forza sulla mia spalla.

- La prossima volta tocca a te -

Mi fece l'occhiolino e lasciò l'aula a passo lento.
Non appena fu fuori, mi piegai sulle ginocchia e tirai un lungo sospiro di sollievo.

"Quel ragazzo adora prendermi per il culo, non so quanto ancora potrò resistere"

Cominciai ad avviarmi verso l'uscita, dove mi aspettava un Matteo arrabbiato sul serio, ma non vi badai più di tanto.

"E poi...solo perché l'ho visto nudo? Solo?"

Sbuffai sonoramente, facendo orecchie da mercante al ragazzo che imprecava cose sul ritardo e l'essersi rotto le scatole dei miei "affari loschi".

"Ma si rende conto di quello che è successo? Io l'ho visto nudo. Nudo. E ha detto che la prossima volta tocca a me"

- Ale, hai una faccia inquietante, a che stai pensando? -

- A niente! -

- Ti pareva... -

Matteo continuò a blaterare, ma io ero già ricascato nel mondo delle fantasie imbarazzanti.

"Devi stare calmo. No, non tu. Ormoni, state calmi! E che diamine!"

Mi passai una mano fra i capelli ed entrai in macchina; Rosanna mi chiese se fosse tutto a posto, mentre l'altro mi squadrava da capo a piedi con gli occhi socchiusi.
Durante tutto il viaggio non feci  altro che sorridere come un  ebete con il viso schiacciato contro il vetro umido del finestrino.

Mer, 8 novembre, sera

- Alessio, non hai fame? -

La donna accennò con il mento al piatto ancora pieno; sussultai e infilzai un pezzo di pollo con la forchetta.

- Sì, sì! -

Diventai tutto rosso ripensando al fatto che solo pochi secondi prima stavo dando dei morsi più piccoli di quelli di una formica, dato che ero con la testa fra le nuvole. Il padre di Matteo sospirò in modo teatrale e lasciò cadere la forchetta nel piatto vuoto.

- Ah, l'amore! Rosanna, sai che quando ero innamorato di te, neanche io mangiavo molto? Infatti ero uno stecchino, e guardami adesso! -

Si batté una mano sulla pancia in modo fiero e lanciò uno sguardo sognante alla moglie, la quale gli rivolse un'occhiataccia.

- Papà, per favore! -

Matteo alzò gli occhi al cielo e si rituffò con la faccia nel piatto.

- Ah, figlio! Tu invece non mi dai mai questo tipo di soddisfazioni -

Il ragazzo afferrò un tovagliolo e cominciò a tossire e sputacchiare, tutto rosso in viso.

- Dimmi, sei vergine? -

- Eh?! Ma ti sembra questo il momento? Mi sto strozzando...! -

Continuò a tossire ma tutti i presenti, me compreso, erano convinti che lo stesse facendo apposta per sviare la conversazione.

- Su, su, sono curioso -

- Certo che lo sono! -

- Oh...per un attimo ci ho sperato. E tu, Alessio? -

Alzai il viso e scossi la testa, un po' confuso.

- Sei vergine? -

Ebbi più o meno la stessa reazione di Matteo, fui costretto a mandare giù due bicchieri d'acqua prima di riacquistare la facoltà di parlare.

- I-insomma...s-sì... cioè no... -

Il ragazzo seduto accanto a me scoppiò a ridere, rischiando di strozzarsi di nuovo.

"Ma tu non stavi per morire due secondi fa?"

Batté una mano sul tavolo e lanciò un'occhiata d'intesa al padre.

- Dai pa', credi davvero che un figone come lui sia ancora vergine? -

- Non si sa mai, le ragazze al giorno d'oggi hanno gusti strani -

L'uomo scosse la testa e buttò giù il terzo bicchiere di vino in un sol sorso.

"Ah, adesso capisco il perché di tutte queste domande"

- No, no, non ti preoccupare, lui ha già fatto quello che doveva fare -

Arrossii vistosamente e non trovai nemmeno il coraggio di guardare male Matteo, che intanto se la rideva sotto i baffi.

Finito di cenare, mi fiondai nella mia camera e mi gettai a pancia all'aria sul letto, ma subito dopo un bussare feroce alla porta mi costrinse a rialzarmi. 
Matteo fece il suo glorioso ingresso nella stanza con un pacchetto blu in mano, mentre canticchiava una canzone dal motivo molto conosciuto.

- Che vuoi adesso? -

Mi lanciò la scatolina addosso e sorrise maliziosamente.

- Offerto dalla casa -

Arrossii per la millesima volta in quella giornata.

- P-preservativi? -

- Esatto. Papà mi ha detto di darteli, visto che sei uno "sciupafemmine"... -

Deglutii e ritrassi la mano da quel pacchetto come se fosse ricoperto di veleno.

- Ti conviene fargli vedere che ne hai usati almeno un paio, altrimenti non avrai accesso al rito di iniziazione per essere un membro ufficiale della famiglia -

Alzai le sopracciglia con fare di sfida.

- Rito di iniziazione? Ma che diavolo... -

- Ah, non chiederlo a me! -

Il ragazzo alzò le mani in segno di resa.

- A me non interessano le cretinate che dice mio padre, mi basta avere un posto dove mangiare e dormire -

- Giusto... -

- Ma tu sei il suo cocco adesso, quindi datti da fare -

Si sedette accanto a me e mi rubò il cellulare di mano, per poi poggiarlo sul comodino.

- Però adesso sono curioso, lo hai mai fatto? -

- Sai che non te lo dirò mai, vero?-

- Dimmelo, altrimenti te li faccio ingoiare tutti e novantadue -

Indicò quella dannata scatolina blu che infettava ancora le mie coperte.
Sbuffai.

- È una cosa che fa parte del mio passato oscuro -

- Oh, wow! Anche tu hai un passato oscuro allora! Io ero il migliore amico di Hulk, tu? -

- Idiota. Sto solo dicendo che è una cosa vecchia e non voglio parlarne -

- Oh, oh! Ma allora è vero che tu e Martina... -

Gli tappai la bocca con una mano, lui cominciò a leccarne il palmo e fui costretto a ritrarmi.

- Che schifo! -

- Così impari -

Mi prese la testa fra le mani e mi scoccò un bacio sulla fronte.

- 'Notte, sciupafemmine -

- 'Notte, stronzo... -

Gio, 9 novembre, notte

Mi rigirai fra lenzuola centinaia di volte in cerca della posizione più comoda, ma il mio corpo non ne voleva proprio sapere di star calmo quella notte. Era come se ogni cellula di cui ero composto stesse oscillando velocemente, in preda all'eccitazione, come se non riuscissi a pensare a nulla di brutto, come se la mia mente e tutto il mio essere fossero concentrati interamente su una sola cosa, anzi, una sola persona.
Se la mattina precedente non fosse accaduto "quello che era accaduto", allora avrei tenuto testa ai bizzarri discorsi di Matteo e di suo padre con molta più nonchalance; purtroppo ero troppo occupato a pensare a quel nanerottolo interamente zuppo d'acqua che mi veniva incontro falsamente arrabbiato, con quegli occhi incredibilmente belli che risaltavano fra i capelli scuri che gli ricadevano grondanti sulla fronte. Ripensai alle sue labbra umide sulle mie, nel momento in cui mi avevano trasmesso una scossa elettrica che si era protesa lungo tutta la mia schiena.

"Non avrei mai pensato di trovarlo sexy, insomma, è un nano di sedici anni che ne dimostra soltanto dodici"

Sospirai e tentai di focalizzarmi sulla pioggia che batteva contro la finestra, ma perfino essa mi ricordava lo scroscio dell'acqua di quella stramaledetta doccia.

Improvvisamente l'immagine di Riccardo si fece sempre più lontana e sfocata. Strinsi un pugno attorno alle lenzuola e cominciai a boccheggiare; l'aria nella stanza sembrava essere diventata gelida. Mi tirai le coperte fin sopra il mento e mi sfregai le mani, ma quella sensazione non voleva abbandonarmi, perché era dentro di me.

"Ma cos'è? Un sogno? No...ho un brutto presentimento"

Scossi la testa e ficcai la testa sotto il cuscino, cercando di aggrapparmi all'ultimo briciolo di razionalità rimasto: nulla.
Le gocce di pioggia che sbattevano contro il vetro divennero unghie affilate che riproducevano un pungente e raccapricciante suono, come se stessero scivolando lungo la superficie di una lavagna.
Mi misi a sedere di scatto, dopo neanche un minuto ero già fuori sotto la pioggia e correvo a rotta di collo verso casa di Riccardo.

Era notte fonda, la villa era immersa nell'oscurità più totale; questa volta non c'erano neanche i lampi a far luce all'esterno. Mi guardai un po' intorno, sembrava tutto tranquillo, ma il mio cuore era ancora circondato da uno spesso strato di ghiaccio e batteva all'impazzata per liberarsene.
Di bussare non se ne parlava, avrei svegliato tutti; alla fine ero lì solamente per confermare il fatto che stava andando tutto bene e per disintegrare totalmente quella brutta sensazione.
Guardai in alto: il balcone. Non persi tempo a pensare al pericolo che correvo, accesi la torcia del telefono e mi appiattii contro il muro di pietra, poi cominciai ad arrampicarmi lentamente, cercando di mettere i piedi nelle protuberanze più evidenti.

"Cavolo, è difficile..."

Aggrapparmi alla ringhiera e tirare su tutto il peso del mio corpo su quel balcone, fu indubbiamente la parte più complessa, ma ci riuscii.
Tentai di avvicinarmi ai vetri il più silenziosamente possibile; le persiane erano chiuse e attraverso le fessure non potevo vedere granché. Puntai la torcia contro di esse e premetti la fronte sul legno bagnato.
Sussultai e per poco non caddi all'indietro; mi aiutai prontamente mettendo una mano a terra e spingendomi nuovamente in avanti.

"Alessio, hai sicuramente visto male. Riprova, non fare il fifone"

Presi un paio di respiri molto profondi, poi mi riavvicinai.
Sbattei le palpebre più e più volte, ma quella scena era tutto tranne che un'illusione.
Riccardo era lì, al centro del letto matrimoniale, la testa che affondava fra i due cuscini e il braccio sinistro riverso sulle lenzuola che lo coprivano a malapena, la mano aperta e molle, simile a quella di un cadavere.
Una figura scura era china su di lui, le mani sui suoi fianchi, la lingua che riempiva lentamente i solchi della sua pelle perfetta, scivolando sul suo addome.  Spalancai le labbra in un'esclamazione di sorpresa senza suono, sgranai gli occhi e mi diedi due schiaffi sul viso, poiché mi sentivo svenire.

"Ro, perché non reagisci? Ro!"

Nonostante fosse terribile fare da spettatore, non riuscivo a distogliere lo sguardo da quello speccatolo macabro e osceno. Volevo urlare, sfondare le persiane, i vetri, tutto; volevo afferrare quell'uomo per la gola e stringere, stringere fino a sentirlo implorare, emettere suoni rauchi e poi più niente. Ma il mio corpo era paralizzato, così come la mia mente che era fissa su un solo pensiero.

"Ro! Reagisci! Perché non ti svegli?"

Ma da lì potevo vederlo chiaramente: non stava dormendo, i suoi occhi erano spalancati e, proprio come il mio, il suo esile corpo era immobile, sembrava privo di vita. Ci avrei creduto davvero se non fosse stato per il debole respiro che dava forza ai suoi polmoni e gli faceva sollevare il petto impercettibilmente.

"Alessio, ascoltami: non c'è nessuno stalker. Sei tu quello che deve svegliarsi. Svegliati! Avanti!"

Ma no, quella scena era fin troppo reale, ne ero sicuro.

"Hai creduto reali molte cose, e poi? Ti sei scoperto in preda a un attacco di panico o fra le coperte che ti soffocavano, delirante. Svegliati"

L'altro me dovette ricredersi quando quella figura scura voltò il capo nella mia direzione. Feci un balzo all'indietro, il cellulare mi scivolò di mano e giù dal balcone, persi così l'unica fonte di luce. In un attimo le sue dita gelide furono attorno al mio polso, stringendo con forza sovrumana. Provai a sollevare un piede per scalciare via quell'essere, ma l'altra sua mano, che era libera, si chiuse attorno alla mia caviglia.
Io e quella cosa rimanemmo l'uno di fronte all'altra, con i corpi incrociati e lui che prevaleva su di me. Finalmente trovai il coraggio di aprire gli occhi; per via della pioggia potevo vedere poco e niente, ma ciò mi bastò per far sì che un urlo di terrore mi si bloccasse in gola, brutalmente stroncato dall'azione dell'uomo, che mi sollevò di peso e mi scagliò giù dal balcone. Mentre cadevo non riuscivo a pensare a nient'altro: guardare sotto quel cappuccio nero.
Il mio intestino parve voler schizzare fuori dalla mia bocca, il cuore sembrava essere sul punto di comprimersi all'improvviso e poi scoppiare.

Io conoscevo quella persona.




  
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