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Autore: Luxanne A Blackheart    31/08/2017    2 recensioni
"Noi due siamo uguali, anche se diversi, Zafiraa. Siamo uguali perché siamo stati rinnegati. Siamo diversi perché distruttivi in modo differente: tu come la neve, io come il fuoco."
Zafiraa ha diciotto anni e due problemi. È albina e una piratessa, una delle più temute ed odiate dei sette mari. Fattori questi che rendono il sopravvivere,  in una società fortemente maschilista e  superstiziosa, molto difficile.
Zafiraa ha un rivale che cerca di catturarla, direttamente imparentato con il sultano, che la vuole morta dopo il torto subito.
Ma non appena le loro spade affilate si incontreranno, capiranno di essere due animi affini i cui destini e passati sono fortemente collegati fra di loro.
Sono neve e fuoco.
Sono rinnegati dalla stessa terra.
Sono un uomo e una donna che non hanno un posto nel mondo e che cercheranno di crearselo. Insieme, separatamente, chi può dirlo?
L'importante è che due occhi verdi da cerbiatta e capelli rossi come il fuoco non muovano le carte in tavola, girandole a proprio favore. Perché il tempo passa per tutti, ma le abitudini restano.
Segreti mai rivelati, bugie, odi repressi e amori proibiti e immorali... siete pronti a rientrare a Palazzo Topkapi e vivere una nuova avventura?
Genere: Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Rinascimento
Capitoli:
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Mustafà incontrò i visir nelle segrete buie, sporche, umidicce e piene di topi. Lì era sicuro che nessuno li avrebbe uditi, a parte qualche prigioniero, giustiziato il giorno seguente.
Aveva mandato via le guardie, assicurandosi di restare da solo e aveva fatto portare del vino e del cibo.
-Sua magnificenza, abbiamo ricevuto il vostro messaggio. - Uno dei visir, tra i più anziani e al servizio dell'impero da tempo immemore, si fece avanti. Conosceva Hurrem dal primo giorno in cui venne portata come regalo di compleanno al sultano, suo attuale marito, e perciò sapeva perfettamente di che cosa ella era capace pur di mantenere il potere.
Non approvava il modo in cui ella lo aveva ottenuto, né come lo esercitava sul sovrano.
Mustafà voleva prendere la palla al balzo e cercare di assicurare il suo futuro. Gulbahar, sua madre, gli aveva spesso raccontato di che cosa le aveva fatto; aveva tentato di ucciderla, e minacciato lui, che allora era un bambino indifeso. Suo padre, ovviamente, aveva creduto alle bugie della rossa, quando sua madre si era dichiarata non colpevole del volto sfigurato di lei e li aveva mandati via per sempre. Sua madre adesso era morta e tutto il passato per il sultano sembrava esser stato dimenticato con gli anni, come se non fosse successo niente.
Con quell'incontro segreto doveva aggiudicarsi l'appoggio dei visir come unico primo erede al trono. Titolo, di cui Mustafà era sicuro, Hurrem lo avrebbe privato in tutti i modi, in onore di suo fratello Selim e di tutti i suoi altri figli. Mehmed era troppo debole per regnare, ma aveva lo stesso la carica di principe ereditario.
Mustafà era il legittimo erede.
-Mio padre è come impazzito, amici miei. Hurrem, quella puttana rossa, se ne approfitta, giocandoselo come meglio vuole. - I visir annuirono, approvando le sue parole. - Cercherà in tutti i modi di cambiare la linea di successione al trono, con l'appoggio di mio padre il sultano, favorendo il suo secondogenito Selim. Lo hanno mandato a Manisa, dopotutto, quando spettava a me come primo erede. -
-Vostro padre vive nel passato, mio principe. E' perseguitato dai fantasmi e il senno lo abbandona ogni giorno che passa. -
-E ovviamente la mia matrigna cara sa come sfruttare la sua pazzia in suo favore. - Mustafà fece una smorfia di disgusto, massaggiandosi distrattamente la barba folta.
-Non credo che il nostro sultano sia così stolto da farsi ingannare da una donna, seppur suo unico amore. E poi Hurrem lo ama. La loro storia d'amore sarà ricordata nei secoli. -
-Certo che lo ama, miei cari visir e mio caro principe. Lo ama talmente tanto da averlo tradito con quello che per lui era come un fratello, il nostro ex Gran Visir, Ibrahim Pascià. - Il vecchio visir fece una pausa, versandosi un po' di vino nel bicchiere d'oro. Era talmente vecchio che ogni movimento equivaleva ad un tremito. Mustafà, nell'udire quella notizia, spalancò lo sguardo. Non poteva crederci, Ibrahim era stato come un padre per lui e un fratello per sua madre. - Le abbiamo sentite tutti le urla della sultana, circa vent'anni fa. Erano disperate e dalla sua bocca usciva solo un nome e non era quella di suo marito. Pianse tutta la notte e quando sorse il mattino, sulla sua faccia non c'era più nessuna lacrima. La verità è che quella donna non ama nessuno realmente; ciò che ama e che amerà sempre è il potere. -
Tutti i visir si guardarono, esterrefatti, persino Mustafà non ne aveva idea. Nessuno gliene aveva mai parlato, nemmeno sua madre...
Probabilmente erano cose che ti segnavano, di cui si preferiva non parlare. Ibrahim era molto amato, ma anche molto odiato.
-Ecco perché dobbiamo fare qualcosa per impedirle di acquisire potere. I suoi figli non sono degni di sedere su quel trono. Allah lo sa, se sono figli di mio padre. -
-Potremmo sempre sfruttare questa ipotesi in vostro favore, mio principe. Ma in ogni caso noi siamo con voi. -
Gli uomini alzarono i calici, brindando ad un nuovo regno con Mustafà a capo.






Il palazzo era silenzioso, ma completamente decorato a festa, con le cucine che preparavano prelibatezze da giorni.
Era giunto il compleanno di Hurrem, che compiva trentasei anni. Tutti gli abitanti del palazzo erano chiusi in un enorme salone dove si stava festeggiando, assieme ad altri nobili ottomani e loro alleati. Tutti tranne lui, che le aveva solamente augurato di passare un felice compleanno ed era uscito, lasciando Zafiraa lì ad occuparsi di Mehmed.
Si trovava nella piccola, ma ben fornita, biblioteca, situata nelle vicinanze del primogenito di Hurrem, quando tre uomini ben piazzati ed armati lo accerchiarono.
-Salutateci Allah, vostra grazia. - Disse uno di loro prima di attaccare. Mustafà estrasse la spada con velocità, riuscendo appena in tempo a contrastare il colpo dell'uomo che aveva parlato. Erano dei dannati mercenari! Ma come avevano fatto ad entrare?
-Fatevi avanti, figli di puttana! - Il principe cercò in tutti i modi di contrastarli e combatterli, ma provava ancora molti fastidi alla spalla. Infatti egli venne disarmato e buttato per terra. L'arma sembrava pesare quanto un'intera imbarcazione.
-Ditemi quanto vi hanno pagato e io vi pagherò il doppio. - Mustafà ansimava, sfiancato. Si sentiva così inutile e idiota.
-Mi dispiace, principino, ma il prezzo è più che sufficiente. - Gli tirarono un calcio che gli ruppe il naso sonoramente. Mustafà rise, sputando del sangue per terra, mentre lo afferravano per le braccia, mentre il terzo uomo era pronto a piantarli la sua spada nel petto.
-Sapete, trovo alquanto poetico uccidere un uomo con la sua spada. Probabilmente lo prenderanno come un suicidio. - Il mercenario lo prese per i capelli mentre gli parlava con aria divertita.
-Uccidetemi pure, se vi fa piacere. Ma mio padre vi troverà e vi farà cose che voi tre non potete neanche immaginare. Poi vi curerà e vi torturerà ancora, ancora e ancora. -
-E chi vi dice che non sia stato lui a mandarci? Come avremmo fatto ad entrare altrimenti? Addio, principino. -
Se non fosse stato per il repentino intervento di Zafiraa, probabilmente Mustafà sarebbe morto stecchito. Infatti la ragazza con sorprendente velocità uccise i tre uomini in tre semplici mosse, facendo saltar loro la testa. I tre caddero per terra in un unico colpo.
Zafiraa aveva il fiatone ed era ricoperta di sangue. Suo o dei mercenari, non sapeva dirlo.
-State bene? - La ragazza si inchinò, abbandonando la spada al suo fianco e aiutando l'uomo, che si aggrappò a lei per farsi rialzare.
Mustafà annuì, deglutendo. Era pallido come un morto. - Grazie. -
Zafiraa annuì, imbarazzata, allontanandosi dal principe, che la osservò mentre si puliva le mani sul vestito. - Chi erano? -
-Mercenari assoldati per uccidermi. Chiunque li abbia mandati vive a Palazzo. -
-Avete qualche idea? - Mustafà scosse il capo, guardando il braccio sanguinante della ragazza.
-Sei ferita. -
-E' solo un graffio, sto bene. -
-Sanguina. - Mustafà le fece un cenno. - Devo fasciartela per fermare l'emorragia. Vieni entriamo -
Entrarono nella stanza di Mehmed, sapendo di non trovarlo. Anche lui stava festeggiando con la madre.






-Siediti. - Zafiraa per una volta fece come le fu ordinato, sedendosi sul bordo del letto. La camera di Mehmed era buia, come suo solito, nonostante fosse pomeriggio inoltrato. Il camino era acceso, ma sul punto di spegnersi e la luce che il fuoco emanava era l'unica fonte di illuminazione. Mustafà le dava le spalle, possenti e larghe che tiravano il tessuto della camicia nera che indossava, mentre muoveva le braccia per ravvivare il fuoco.
Zafiraa lo guardava, mentre lo aspettava. Era un piccolo taglietto, niente di così grave; era sopravvissuta a molto peggio. Era molto imbarazzata, ma capiva che Mustafà era un uomo di onore e doveva cercare di riscattarsi per avergli salvato la vita.
Si alzò, facendo schioccare le dita della mano e si inginocchiò davanti alla ragazza.
-Se qualcuno vi vedesse adesso, cosa penserebbe mai, mio signore? Il principe ereditario che cura una povera serva malata! - Cercò di sdrammatizzare, mentre Mustafà strappava un lembo delle lenzuola bianche di Mehmed e lo legava intorno al braccio per fermare la fuoriuscita di sangue.
Non la guardò per tutto il tempo, mentre Zafiraa si soffermava sulle crepe dei muri o sul fuoco che scoppiettava.
-Ecco fatto. - Mustafà la guardò, mentre si puliva con la mano dal sangue che gli sporcava la bocca. Il naso aveva assunto una strana forma, non normale. Doveva farselo rimettere a posto.
Si guardarono per un momento, non sapendo precisamente cosa dire. Non si erano mai trovati in quella situazione. Avevano sempre combattuto uno contro l'altra nelle varie battaglie e nessuno dei due si era preso cura dell'altro.
-Potevi lasciarmi morire e così scappare con tuo fratello, ritornare in libertà. Perché non lo hai fatto? Perché non hai avuto la tua vendetta? -
-Perché non siete voi quello che voglio uccidere per primo. Avete fatto il vostro dovere, lo capisco, eravate sotto assedio e dovevate difendere la vostra famiglia. E io dovevo fare la stessa cosa. Ecco perché ci siamo risparmiati a vicenda ed ecco perché avete risparmiato anche mio fratello. - Zafiraa sospirò. Probabilmente non aveva senso, ma erano molto simili e ragionavano allo stesso modo. - E poi dove potrei mai andare? La mia nave sarà sicuramente stata bruciata e la mia ciurma, be' penso che siano tutti morti. -
-Quindi mi stai dicendo che ti piace stare qui, in questo palazzo e indossare questo abito? - Mustafà la guardò, sollevando le sopracciglia. Zafiraa lo guardò inorridita e questo fece ridacchiare il principe.
-Come potete solo pensare ad una cosa del genere? Per chi mi avete presa? - Zafiraa incrociò le braccia al petto. - Certo, quando avrò avuto ciò che voglio, me ne andrò a gambe levate da qui. Ma fino ad allora sopporterò. E poi, voi ve la passate peggio di me. I miei famigliari non avrebbero mai potuto mandare qualcuno per uccidermi. -
-Certo, tu non erediterai tutta questa merda. - Mustafà sospirò, affranto. - Sai, se Mehmed non fosse nato malato e se Ibrahim fosse stato figlio di mio padre, avrei lasciato loro il comando e io me ne sarei andato lontano, avrei viaggiato e combattuto, ma... -
-Ma? - Zafiraa lo guardò. Che diavolo stava succedendo tra quei due? Mustafà afferrò una ciocca dei suoi capelli bianchi e la strofinò fra le dita. Non era la prima volta che lo faceva e non era la prima volta che glielo lasciava fare.
-… Ma la mia matrigna è una stronza manipolatrice e non potrò mai lasciare il mio regno sotto il suo controllo. Sono abbastanza sicuro che sia stata lei ad organizzare tutto questo. - Mustafà la lasciò andare, alzandosi. - Meglio che vada adesso. Devo farmi rimettere in sesto il naso e partecipare ai festeggiamenti con Hurrem. Voglio proprio vedere la sua faccia, visto che sono ancora vivo. - Si fermò vicino alla porta, offrendo il braccio alla ragazza. - Vieni? -
Zafiraa scosse la testa, rimanendo seduta. - No, i festeggiamenti mi annoiano e poi ho cose da serve di cui occuparmi. - Zafiraa forzò un sorriso, vedendo un'ombra di delusione negli occhi di Mustafà.
-Tu non sei una semplice serva, Zafiraa. - Uscì dalla stanza e lei si buttò sul letto, sfinita.






SPAZIO AUTRICE!
Buongiorno a tutti e rieccomi finalmente con un capitolo dopo anni di assenza! Mi vergogno per avervi fatto aspettare così tanto, ma non avevo ispirazione e soprattutto c'era il blocco dello scrittore che mi ha praticamente buttato giù.
Ad ogni modo, che cosa ne pensate di questo capitolo? Mustafà sta facendo magagne per assicurarsi il suo posto a palazzo e probabilmente sta facendo la scelta migliore, conoscendo la nostra Hurrem e delle cose di cui è capace. Chi sarà stato a mandare le guardie? E Zafiraa e Mustafà sembrano essersi avvicinati, loro malgrado. Sarà qualcosa di momentaneo o di duraturo?
Commentate, facendomi sapere. I pareri fanno sempre piacere!
Grazie a tutti per il supporto,
alla prossima!
   
 
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