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Autore: Francesca Lightwood    31/08/2017    0 recensioni
Dopo la Guerra Oscura, in cui molti Shadowhunters hanno visto la morte con i loro occhi o soltanto sfiorarli, un po' di pace -o una bozza di qualcosa che si può definire tale- ha iniziato a farsi spazio nelle loro vite. Le storie che troverete qui sono indipendenti l'una dall'altra, ma sono dei momenti di felicità per tutti i personaggi della nostra saga preferita. Una passeggiata a Londra, i primi passi di qualcuno e tanti altri momenti dolci.
Genere: Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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I Blackthorn, Emma, Kit e Cristina erano arrivati a Londra da diversi giorni, ma quella era la loro prima uscita in veste di comuni mortali nella città più viva della Gran Bretagna. Kit, costretto a suo dire da Ty, stava fermo davanti ad un corteo di mondani vestiti nei modi più bizzarri: cappelli di piume e pietre preziose, bikini colorati e luccicanti di lustrini e tacchi tanto alti da essere degni di Isabelle Lightwood.
“Sono dei ballerini di samba, Kit” sussurrò Ty mentre stavano guardando due trampolieri, vestiti con i colori del Brasile, sfilare e abbassarsi su persone a caso tra la folla per spaventarle o salutarle. Davanti a loro, a passo di samba tribale, danzavano una decina di ragazze davvero belle i cui costumi bardati di dorato riprendevano anche i colori dei trampolieri dietro di loro. Tavvy osservava la scena e batteva le mani a ritmo  mentre Jules lo osservava con la coda dell’occhio, volgendo ogni tanto lo sguardo a suo fratello Mark e ad Emma.
“Casomai le ragazze, Ty, quelli che stai guardando tu sono dei trampolieri” Rispose il biondo, con un tono che significava “taci che è meglio, non mi va di parlare”. Non aveva ancora perso le maniere del vecchio Rook, suo padre adottivo, che aveva perso la vita per colpa di un demone mantide. C’è da dire che chi ha a che fare con i demoni non è mai un santo, specialmente l’uomo in questione: tutti sapevano dei suoi affari con i Nascosti di qualsiasi abitudine, età o specie. Emma soprattutto, quando tempo prima aveva la mente occupata dal desiderio di vendetta per i suoi genitori, vi aveva avuto spesso a che fare. C’era una cosa che Kit non comprendeva, o meglio, non voleva comprendere di quella caotica marmaglia di persone che lo aveva accolto: sembrava quasi che avessero a che fare con un gattino ferito e terrorizzato che gli soffiasse contro appena si avvicinavano troppo. L’unico posto che poteva essere definito tranquillo e ancora parte di lui era il Mercato delle Ombre, dove aveva trascorso i suoi quindici anni di vita tra una fata e un licantropo, tra un vampiro e uno stregone. In quel posto ne succedevano di tutti i colori, ma sempre sotto un velo di stoffa bianca che ne celasse le voci e gli eventi: Shadowhunters e lame serafine non erano i benvenuti. Kit stava ricordando il momento in cui aveva notato tra la gente Emma Carstairs. Aveva i capelli biondo miele legati in una treccia da cui scappavano poche ciocche che andavano ad incrociare un viso così bello da sembrare degno del sangue che le scorreva delle vene, del sangue di un angelo. Dietro la schiena pendeva una spada dorata con delle lettere incise: “Io sono Cortana e pos…” ma non si leggeva oltre.  Quella creatura bionda continuava a vedersela tra i piedi da tempo e sembrava che lei fosse la più impaurita dalla possibilità di avere a che fare con lui… non che gliene importasse chissà quanto. Una volta l’aveva sentita dire che in un certo senso lo capiva, che anche lei aveva perso la sua famiglia, ma in verità, così era convinto Kit, lei non avrebbe mai potuto capirlo. Ovviamente aveva le sue buone ragioni: lei aveva conosciuto i suoi veri genitori, a differenza sua. Quello che sapeva lui, invece, era di essere stato adottato da un mondano con un carattere alquanto scontroso. La parola mondano suonava davvero bene alle orecchie di Kit, specialmente pronunciata dalla voce di Ty. Aveva imparato cosa significasse grazie a lui, che rendeva piacevoli diverse cose della cultura dei Cacciatori di Demoni che altrimenti gli sarebbero sembrate noiose quanto una lezione di storia. Un altro punto a suo favore era la sua conoscenza del Mercato: lei vi era passata ben poche volte, lui ormai ne era parte integrante. Ty nel frattempo lo stava a guardare: quel ragazzo era davvero di una bellezza sconcertante. I suoi occhi, dorati come solo l’oro più puro poteva essere, fissavano un punto nel vuoto. L’aveva visto farlo spesso e ogni volta si incantava a guardarlo. Non solo gli occhi, ma l’intero viso era mozzafiato: i capelli, biondi in maniera singolare -non erano né del biondo miele di Emma, né del color platino del cespuglio di Mark, il suo fratellastro mezzo fata- ricadevano a riccioli larghi due dita sulla fronte corrugata del ragazzo.
“Sei davvero una testa di cazzo, devi sempre precisare ogni cosa con quei tuoi modi orrendi!” I nervi gli si erano tesi tutto d’un tratto e la cosa bella da far spavento era il tono della sua voce: era come se gli avessero tirato una bastonata dietro la schiena. Ty si voltò e si mise a cercare sua sorella gemella Livia con lo sguardo, mentre tra le sue dita girava il suo pezzo di corda. Livvy stava leggendo un libro dell’orrore e ogni tanto, dal’angolo di marciapiede sul quale era seduta, lanciava un paio di occhiate scocciate alla parata colorata e rumorosa. La sua gemella per lui c’era sempre, due metà dello stesso cuore come nemmeno due parabatai potevano essere. I piedi condussero il loro proprietario vicino a lei senza che nemmeno se ne accorgesse e si sedette lì, in silenzio. Passò qualche minuto, forse pochissimi forse tantissimi, e non riuscì più a star zitto.
“Mi ignora! Sempre!” Sbraitò stringendo la sua amata corda tra le mani. La ragazzina al suo fianco, sorridendo, piegò l’angolo del suo libro, lo chiuse e lo poggiò sulle ginocchia.
“TyTy, ehi. Sai meglio di noi quanto sia antipatico e quanto ignori tutti -si interruppe per abbracciare le spalle del fratello con un braccio e  sorridergli, se fosse possibile, ancora di più- e poi vedi benissimo come si comporta, no?” la risata successiva rassicurò Tiberius più delle parole stesse, come se in quel momento un sordo fosse tornato a sentire della musica.
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Emma, Julian e Mark corsero da loro con le braccia piene di buste di cibo brasiliano il cui odore si rivelò essere piuttosto allettante per i due gemelli, nella compagnia l’uno dell’altra da un’ora e mezza oramai.
“Vi abbiamo cercati ovunque!” urlò Jules, il cui dito sporco di tempera dorata indicava i due ragazzini seduti sul marciapiede. “Per l’Angelo, avvisateci almeno se vi allontanate. Non vi ho fatto portare le armi perché confidavo che sareste rimasti nelle vicinanze. Menomale che Kit vi ha visti!” Il biondino spuntò alle spalle del trio con quattro bottiglie sotto le braccia e le guance sorprendentemente, questo lo vide solo Ty, velate di rosa. Tiberius si alzò in piedi, ripose la corda nella tasca dei jeans e porse le mani a Livia per aiutarla ad alzarsi. Quando sua sorella fu al suo fianco prese due bottiglie da sotto le braccia di Kit e seguì gli altri al tavolo che Tessa e James Carstairs avevano prenotato per loro. Sul ripiano in legno del banchetto stavano diverse porzioni di churrasco e tante ciotoline di pao de queijo. Al centro di questo, come se facesse da centrotavola, c’era una scodella più grande con dentro una macedonia di frutta tropicale affogata nel latte di cocco il cui odore si sentiva già a qualche metro dal tavolo. Tutti si sedettero a tavola: Mark, Emma, Julian e Tavvy da un lato e gli altri dall’altro. Il pranzo durò meno del previsto, visto che ciascuno di loro si poteva definire un budino di sangue angelico, sentimenti vari e fame. Mark si alzò e andò a prendere un vassoio di brigadeiros talmente grande da occupare metà del tavolo: Tavvy era quello che, senz’altro, aveva apprezzato di più i dolcetti, infatti le manine e il visino erano imbrattati di cioccolata e lui chiedeva ripetutamente a suo fratello di aiutarlo a pulirsi, ripetendo di essersi incollato tutto con la carta dei dolcetti. Qualcosa scivolò nella tasca di Tiberius che, impulsivamente, portò la mano su di essa: sentiva la sagoma familiare di uno stilo sotto il palmo e, intorno, qualcosa di arrotolato. Prese quella cosa arrotolata al suo stilo e la guardò sotto il banchetto: era un tovagliolo sul quale era stato scribacchiato un messaggio.
“Scusami Tiberius, ti giuro che non volevo comportarmi così con te. Il fatto è che sembrano tutti talmente spaventati da me e la cosa mi dà ai nervi, ma tu non hai colpe. Almeno tu non mi guardi in quel modo, quando e se mi guardi.
Sei un bravo ragazzo, sai?
Kit Rook Herondale
P.S.:  Bello il carnevale di Notting hill, prima o poi voglio tornarci.”
   
 
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