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Autore: Lurilala    31/08/2017    1 recensioni
[Genocide Route!Beginning]
"Ho già dimostrato loro di amarli. Ora tocca a loro dimostrarlo a me."
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Chara, Frisk, Toriel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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*Ahh, i manichini non servono per combattere! Servono per parlare! Non vogliamo ferire nessuno, non è vero…? Vieni.
L’odore che aleggia nelle Ruins è umido e freddo, ma non spira neanche un filo di vento. Le pareti viola torreggiano intorno a loro, paiono volerle rinchiudere nel loro labirinto di puzzles per sempre.
La piccola umana avanza innocente, appena un passo dietro Toriel. L’adulta le getta occhiate dolci e rassicuranti da dietro alla spalla di tanto in tanto, ma lei non ha bisogno di essere tranquillizzata. Affatto.
Un’eccitazione febbrile le scorre fra le vene camminando in quelle vie lastricate e buie. E’ sveglia da troppo poco, appena qualche ora… C’è appena qualche ora di distanza da quella scelta che ha cancellato tutto quello che aveva costruito, da quella scelta che ha bruciato la sua intera vita.
Ma il passo dell’umana è sicuro. Svolta l’angolo e segue docile Toriel, guardandosi intorno curiosa e per nulla spaventata. Non è timida, non lo è mai stata. Nei suoi occhi accesi brilla la determinazione.
La sala che si apre davanti a loro è viola come le altre e folti rami di edera crescono sulle pareti trascurate. Le stanze sono tutte uguali, in quel posto. Sono così monotone. L’umana storce il naso e si chiede se sarà tutto così noioso, d’ora in avanti.
Toriel la tratta come se fosse terrorizzata. Parla piano, con tono pacato, le sorride continuamente e nei suoi occhi balugina di tanto in tanto un affetto immotivato, istintivo, materno… Fastidioso.
*C’è un altro puzzle in questa stanza… Mi chiedo se potresti risolverlo.
L’umana ricambia il sorriso a quella frase e annuisce con decisione: risolvere puzzles è un gioco da pezzenti, ma è pur sempre un gioco e lei ha sempre amato giocare. L’approvazione intenerita nello sguardo di Toriel è quasi ridicola e la fa ridacchiare sotto ai baffi di un risolino strano, che non appartiene a quel viso innocente e che in un certo modo ci appartiene più di ogni altra espressione.
Si sente strana. Qualcosa di estraneo avvelena i suoi pensieri e distorce le sue percezioni, eppure non è spiacevole, affatto.
Toriel non lo nota e le fa strada nello stanzone viola, incamminandosi verso un piccolo corridoio. L’umana la segue, ma appena prima di svoltare l’angolo un rumore attira la sua attenzione.
E’ solo un piccolo fruscio.
Solo un piccolo passo, un piccolo gracidio.
Tutto il suo corpo si immobilizza per un attimo, scorgendo la figura bianca di Froggit avvicinarsi a lei da dietro una tenda d’edera.
Si guardano solamente per qualche secondo.
Senza che se ne accorga, entra in modalità fight.
Sente tutto galleggiare intorno a lei. Froggit la guarda fisso, curioso e ottuso, ritto sulle zampe dalla pelle sottile e umidiccia, gli occhi grandi che non sbattono mai. L’umana ricambia quello sguardo e qualcosa di graffiante e improvviso come una marea le accalda il viso tutto di colpo.
Riconosce quel calore fastidioso e pressante come irritazione.
E appena lo realizza un pensiero improvviso le attraversa la mente come una scarica elettrica.
Stupida creatura.
Froggit piega leggermente la testa di lato e fa un passo verso di lei.
L’umana assottiglia gli occhi e serra le labbra in un ringhio muto.
Fastidioso.
Perché è qui?
Sta intralciando la mia strada.
Idiota.
Deve sparire.
Ha solo un legnetto in mano, raccolto appena scesa da quel giaciglio di fiori dorati.
Osserva i pulsanti davanti a lei. Sono gli stessi comparsi quando aveva provato con il manichino, ma la loro luce è più intensa, paiono volerla attrarre come una calamita. Il loro baluginio si riflette nelle sue iridi e un tumulto strano le sale in gola.
La sua mano si allunga quasi automaticamente verso il pulsante ACT, svogliata, suggerita dall’immagine del sorriso fiducioso di Toriel e dal ricordo simile a un sogno di quel movimento ripetuto fin troppe volte, in quello stesso posto. Ma si ferma a mezz’aria.
Sente qualcosa di caldo pulsare nelle vene.
Con la coda dell’occhio incontra lo sguardo ottuso e perplesso di Froggit. Una fitta di irritazione le azzera il respiro per qualche istante e la sua attenzione scivola sull’altro pulsante, proprio accanto.
FIGHT.
Non riesce a distogliere lo sguardo.
FIGHT.
Suona come un ordine, nella sua mente.
Pensa al tono premuroso di Toriel, al suo sorriso, alle sue carezze materne. Pensa alla dedizione con cui le ha spiegato come fare, alla premura che ha di starle sempre vicina e rassicurarla in ogni modo possibile. Pensa a tutti i mostri che abitano l’Underground, che la guarderanno con diffidenza per la sua provenienza e a cui dovrà dimostrare di essere disgustosamente buona e disposta a collaborare. Oh, lei lo sa. Ha già vissuto quell’avventura. Ha già visto quelle stanze e quei volti e ha già perso il conto delle volte in cui è dovuta morire per dimostrare la sua bontà, per meritare l’affetto dei mostri.
Ma non ci sta, non più. Non ne ha più voglia.
Un ghigno si distende sulle sue labbra tutto di colpo.
Il suono molliccio del bastoncino che affonda di scatto in tutta la sua lunghezza nella pelle sottile e bagnata del rospo è disgustoso e insieme terribilmente affascinante.
“Perché non dovrei farlo, dopotutto? Ho già dimostrato loro di amarli. Ora tocca a loro dimostrarlo a me.”
FIGHT.
L’ha colpito d’istinto all’attaccatura del collo e tranciare quel corpicino mollo e fragile è fin troppo facile anche con un’arma del genere; il legno si conficca fino al punto dove l’umana lo impugna e Froggit strabuzza solo quei suoi stupidi occhi rotondi, emettendo un fragile gracidio di sofferenza prima che il sangue gli strozzi la voce e il suo corpo crolli inerme a terra. Uno spruzzo di sangue risale dalla ferita e l’umana salta indietro appena in tempo per non insozzarsi il maglione.
Resta a guardare quel corpo piccolo e flaccido accartocciarsi su se stesso in un’agonia muta, una pozza rossa che si allunga sempre di più intorno al rospo confondendosi col pavimento viola.
L’umana ritira il bastoncino, spingendo indietro il corpo del mostro con un calcio. E’ sporco e sul legno gocciola sangue scuro e caldo, dall’odore ripugnante e nauseabondo; quello stesso liquido gocciola fino alle sue dita, imbrattandole.
Un brivido caldo e terribile la scuote da capo a piedi e una fitta di dolore trafigge la sua anima, seguita da una scarica di potere mai provato che le fa tremare le gambe tutto di colpo.
Le gira la testa e rimane per un attimo confusa da quel potere destabilizzante e travolgente, che per qualche secondo le dà la sensazione di star annegando. Sente le mani formicolare, mentre il potere si irradia nella sua anima incidendola e deformandola. Il L.O.V.E. cresce dentro di lei, modificandola per sempre.
La sensazione di aver fatto qualcosa di proibito e irreparabile è esaltante e insieme terrificante come nient’altro mai provato prima.
Tira un altro calcio al corpo sempre meno consistente del rospo, spingendolo in un angolo e affrettandosi a seguire Toriel; nasconde il legnetto sporco dietro alla schiena in uno scatto e incrocia lo sguardo dell’adulta che la stava aspettando.
Si sente febbrile, in balia delle sue emozioni: il cuore le ruggisce in gola e per qualche attimo il terrore la sopraffa. E se l’avesse notata? Se si fosse girata mentre lo colpiva? Se… Se…
Ma l’espressione di Toriel si distende subito e si incammina senza esitare nel corridoio appena imboccato, senza chiederle nulla né mostrarsi turbata.
L’umana si sente mancare di sollievo e si accorge in quel momento di aver trattenuto il fiato.
Si sforza di seguirla mostrandosi sicura e baldanzosa come prima; se esitasse attirerebbe la sua attenzione più del dovuto, non può rischiare che noti il sangue sulle sue mani e sul bastoncino. Col cuore in gola pulisce freneticamente il legnetto con un lembo del maglione, asciugandosi alla bell’e meglio le mani e sentendo il cuore battere sempre più forte, come se volesse scappare dal suo petto.
Ma man mano che cammina e Toriel continua ad essere tranquilla e rassicurante come sempre anche il suo naturale terrore va affievolendosi sempre di più… Sostituito dal divertimento.
Qualcuno ha appena smesso di respirare, di muoversi, di parlare, di esistere… Qualcuno ha appena lasciato questo mondo, per l’unico motivo di essere capitato davanti a lei, appena dietro alle spalle del mostro che dice di volerla proteggere. E Toriel non se n’è neanche accorta.
Non sa come riesce a trattenersi dal ridere e il calore del LOVE sulla sua anima le appare tutto d’un tratto meno minaccioso, le appare come un lucido trofeo per aver vinto un gioco pericoloso che nessuno osa intraprendere.
Ha ucciso un mostro. E se lo facesse ancora?
E’ stato divertente. Quel rumore molliccio e disgustoso… Vuole sentirlo ancora.
Ha ucciso un mostro. E’ una colpa pesante.
E se ne uccidesse due? Se ne uccidesse tre? Se ne uccidesse dieci? Se ne uccidesse venti? Se ne uccidesse cinquanta? Se li uccidesse tutti quanti?
Se li uccidesse tutti quanti?
E’ un pensiero terrificante e, come ogni cosa terrificante, ha un sottile e innegabile fascino.
Una voce risuona nella sua mente all’improvviso.
(Puoi farlo.)
La sensazione di una determinazione potente quanto la sua accanto alla sua anima la irradia di calore.
(Se vuoi puoi ucciderli.)
Inizia a tremare e abbassa lo sguardo.
(Hai il potere di farlo.)
Si guarda le mani, il sangue coagulato ancora insinuato nella cuticola delle unghie.
(So che lo vuoi, non mentire a me.)
Deglutisce, ha la gola secca. E scenari atroci si dipingono nella sua mente, i volti del suoi amici segnati dal sangue e dalla sofferenza… Gli stessi amici che non hanno esitato ad ucciderla più e più volte, però, prima di definirsi tali.
(Loro ti hanno ferita. Vendicati.)
E’ così cattivo… E’ così sbagliato… Lo sa, sa qual è la strada giusta…
Eppure…
(Fallo. Non temere, non sarai sola. Ti aiuterò io.)
Toriel si ferma davanti a lei e le sorride di nuovo, dolce e rassicurante.
*Questo è il puzzle, ma… Vieni, prendi la mia mano per un momento.
L’umana ricambia il sorriso con aria angelica.
Nessuno nota il perfetto incontro di rosso e castano, in quegli occhi.

“… E se me ne pentissi… Potrei sempre tornare indietro, no?”
(… Heh heh. Ma certo…)

A certi giochi, semplicemente, bisognerebbe non giocare mai.

  
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