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Autore: queenjane    31/08/2017    1 recensioni
Catherine Raulov cresce alla corte di Nicola II, ultimo zar di tutte le Russie, sua prediletta amica è Olga Nicolaevna Romanov, figlia dello zar. Nel 1904 giunge il tanto atteso erede al trono, Aleksej, durante la sanguinosa guerra che coinvolge la Russia contro il Giappone la sua nascita è un raggio di sole, una speranza. Dal primo capitolo " A sei settimane, cominciò a sanguinargli l’ombelico, il flusso continuò per ore e il sangue non coagulava.
Era la sua prima emorragia.
Era emofiliaco.
Il giorno avanti mi aveva sorriso per la prima volta."
Un tempo all'indietro, dolce amaro, uno spaccato dell'infanzia di Aleksej, con le sue sorelle.
Collegato alle storie "The Phoenix" e "I due Principi".
Preciso che le relazioni tra Catherine e lo zar e la famiglia Romanov sono una mia invenzione, uno strepitoso " what if".
Al primo capitolo splendida fan art di Cecile Balandier di Catherine.
Genere: Introspettivo, Slice of life, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Periodo Zarista, Guerre mondiali
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- Questa storia fa parte della serie 'The Dragon, the Phoenix and the Rose'
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Nel mese di luglio 1914 il presidente francese Poincarè visitò la Russia, per rinsaldare le relazioni diplomatiche.
Intanto, come noto, Olga aveva rifiutato di sposare il principe Carol di Romania, in giugno la corte aveva visitato la sua equivalente rumena, all’apparenza erano visite di cortesia, di sottofondo si preparavano mosse matrimoniali sullo scacchiere. Preparativi ufficiosi, ma Olga voleva rimanere in Russia, voleva sposare un russo, lo zar, come mi aveva accordato la libertà  di sposarmi con uno straniero, per amore, mai avrebbe costretta SUA figlia a lasciare la patria e unirsi in matrimonio con chi non voleva, non sopportava di essere una straniera nel suo stesso paese. Se le avesse imposto di obbedire, certo sarebbe ancora viva, dolorante, fragile, ma sempre viva, allora non sapevamo. Come non avevo ancora l’esatta percezione di  quanto mi avrebbe amato, ero sua, e mi avrebbe lasciato libera, come una tigre od un lupo, nessuno mi ha amato come lei, nessuno mi amerà poi così.


E la mente tornava a poche settimane prima uno studente serbo aveva ucciso a Sarajevo l’arciduca Francesco Ferdinando, erede degli Asburgo, se vi fosse stata una dichiarazione di guerra il gioco degli equilibri e delle alleanze, il senso dell’onore avrebbero condotto al conflitto.
La Russia per tradizione proteggeva i popoli slavi e la Serbia era composta da slavi. Se fosse stata guerra sarebbe stata di tutti contro tutti.
Effetto domino, diceva Luois, rilevando la singolare (come no) coincidenza che durante la visita del presidente francese furono organizzate due parate militari di vaste proporzioni.
Uno spettacolo marziale, enfin, le squadre che marciavano, le bande militari, qualche coro dalla folla, vecchi e giovani, infine ecco lo zar in groppa a un cavallo bianco, superbo e magnifico, dietro di lui i suoi zii e cugini, poi le carrozze con a bordo la famiglia imperiale.
Salutai con un cenno della mano guantata, mentre l’altra stringeva discreta quella di Luois, intanto che la banda modulava l’Inno della Sera, era il tramonto, sangue e ruggine,  e un presagio di guerra.
“Mi ha dato la Legione d’Onore!” lo zarevic sventolò il cordone, il pranzo con Poincarè era terminato e brillava di orgoglio
 “E’ un attestato di stima, Aleksej”
“E dice che parlo bene il francese, con un ottimo accento”
“Monsieur Gilliard è un ottimo precettore”
“ E tu una grande chiacchierona, come sempre!” ironico, affettuoso “Grazie Cat!!”
“E di cosa?”
“Di tutto”
I bambini lo sanno quando sei triste.Ti vengono vicino e ti fanno credere di aver bisogno di coccole. Ed invece sono loro che le fanno a te, mi prese il viso tra le mani, soffiando tra le ciocche di capelli, eravamo in confidenza, di nuovo, si fidava.



 Dai quaderni di Olga Romanov alla principessa Catherine”.. tempi e frammenti, avevi partecipato alla visita ufficiale e ritrovarci era stato un piacere amaro, eri preoccupata come tutti per il probabile scoppio di un conflitto armato, effetto domino, in sintesi. Dicesti queste parole mentre osservavamo i fuochi artificiali sulla nave France, mi sembra che fosse la cena finale con relativi annessi. Due bicchieri di champagne presi al volo, approfittando della calca, e brindammo, cin-cin, ognuno nei propri pensieri. Si risolverà in qualche modo, dissi io, socchiudendo le palpebre e osservando le stelle che danzavano, tremolanti. Come sempre, la tua battuta fiorì, arguta e divertente, peccato che eri allegra solo in apparenza, atteggiamento condiviso da molti, se non tutti. “

Mio marito era anche un soldato, oltretutto, Russia, Francia e Inghilterra erano alleate, come tra loro Germania e Austria, la mossa di una avrebbe implicato quella delle altre, bisognava restare uniti, rifletteva lo zar, che in fondo, riteneva Guglielmo II, imperatore di Germania, troppo accorto per gettare il suo paese allo sbaraglio, mentre Francesco Giuseppe d’Austria era vecchio e voleva certo morire in pace.
Vienna aveva mandato richieste e ispettori in Serbia, sostenendo che l’assassinio del granduca era frutto di un complotto organizzato da Belgrado, la pistola era stata fornita da funzionari serbi  e le guardie di confine erano cospiratori. Si chiedevano poteri illimitati per le indagini degli ispettori austriaci, di sopprimere tutti i gruppi nazionalistici e cessare la propaganda contro Vienna..
 
Il 28 luglio 1914, la Serbia ricevette la dichiarazione di guerra dell’Austria, il giorno dopo iniziarono i  bombardamenti di Belgrado.
Per tradizione, Santa Madre Russia si considerava protettrice dei popoli slavi e la Serbia si rivolse allo zar per avere aiuti, Nicola II ordinò di mobilitare le truppe ai confini contro l’Austria, che a sua volta venne soccorsa da Guglielmo II.
Non si trattava di scaramucce contro la Germania, la Turchia o il Giappone, era contro il mondo, tutti contro tutti, già parte della storia.
Il 31 luglio, a mezzanotte, l’ambasciatore tedesco, Pourtales,  si recò dal ministro russo degli esteri,Sazonov, con un messaggio da Berlino: la Russia, doveva annullare entro 12 ore la mobilitazione delle truppe.
A mezzogiorno del primo agosto non era giunta alcuna risposta e il Kaiser ordinò alle sue truppe di andare sui confini.
Sempre quel primo agosto Pourtales si recò da Sazonov, chiedendo che la Russia annullasse la mobilitazione, lo chiese tre volte e la risposta fu sempre negativa, era troppo tardi. “In tal caso, Signore, il mio Governo mi incarica di trasmettervi il seguente messaggio”la voce si inceppò, poi riprese “ Sua maestà l’imperatore, mio augusto sovrano,  nel nome dell’impero, accetta la sfida e si considera in stato di guerra contro la Russia” Erano le 19.10.
La famiglia imperiale cenava alle 20, in genere, ma Nicola II tardava, Alessandra attese suo marito per quasi un’ora, prima che lui comparisse, scosso e nervoso, comunicandole che era stata dichiarata la guerra. Alessandra scoppiò in pianto e lasciò la stanza.



Il due agosto, dal Palazzo d’Inverno a San Pietroburgo, Nicola II dichiarò guerra alla Germania. Migliaia di persone affollavano la piazza quando lo zar, con moglie e figlie, scese dal battello e percorse la banchina prima di scomparire nell’edificio, dentro la vasta sala di Nicola per un solenne Te Deum. Al centro era stato eretto un altare, su cui era l’icona della Vergine di Kazan, il simbolo più venerato dal credo ortodosso.
Tutti erano seri e tesi, raccontò poi Olga, molte donne o ragazze come me tormentavano fazzoletti, gli occhi arrossati, gli uomini nervosi, il viso di mamma pareva scolpito nel marmo, alla fine della cerimonia i presenti si inginocchiavano, baciavano le mani, quindi  uscimmo sul balcone che dava sulla Piazza, drappeggiato di rosso, sotto vi era una folla immensa.
Erano trascorsi meno di dieci anni dalla domenica di sangue occorsa  in quel luogo, ora la folla con i suoi boati acclamava lo zar e i suoi, dopo averlo maledetto come un tiranno e un distruttore.
Si levò l’inno nazionale. “Dio salvi lo zar/ Forte e potente/ Possa egli regnare per la nostra gloria/ Regnare affinchè i nostri nemici possano tremare/ O zar ortodosso / Dio salvi lo zar”


Alessio ancora non camminava ed era rimasto a Peter Hof, dispiaciuto. Come al solito, lui non poteva fare nulla, non era come gli altri, pensava ed era il ritratto della desolazione “… hai voglia di stare con me, invece?”
  “Catherine, perché non sei a Piter..”stupito, contento
“Mi perdo un bagno nella folla, ore in piedi..” presi posto sul divanetto accanto a lui, nel piccolo padiglione vicino a una delle tante fontane, lontano il rombo del mare, il golfo di Finlandia recava brezze e sale, odore di rose, era abbronzato, e tanto magro. Nagorny mi fece un cenno, si rilassò, valeva sempre l’ordine inespresso, dello zar, che se ero nelle vicinanze potevamo allentare il controllo “No davvero, Alessio, mi fa piacere stare con te, posso?”
“ E me lo chiedi, mi sei mancata tanto..” Anche tu, non lo dissi.  E tanto mi toccava il braccio, la spalla, come se non credesse che fossimo sempre lì.  Mi imposi di scherzare, amarlo come sempre.  O al mio meglio, meno peggio rispetto al passato, comunque.
Accolsi il suo cenno, abbracciandolo, a quel giro come apriva le mani lo stringevo, era in credito, di strette e abbracci, anzi lo era per pezzo, me lo issai in grembo, era leggero come un sacchetto di piume, badando alla caviglia, che non prendesse urti “Diventerai alto, sai,come lo zar Alessandro III, tuo nonno, o giù di lì, guarderai tutti dall’alto in basso, la mia è una facile previsione, guarda che ossa lunghe tieni, sicuro segno di altezza ” Le mie scemenze vennero accolte da una risata di gioia, insieme eravamo due chiacchieroni senza misura. “Per essere una  donna sono alta, 1 e 72, giusto Tata è più alta di me..e con le sue proporzioni perfette non ci badi..E tanto mi supererai, Alessio” Eri il mio bambino, zarevic, fine. Eri mio e basta. “Non vedo l’ora che mi superi di peso e altezza, verrà la volta che parrà impossibile che eravamo così” mi fece il solletico “Ma forse la magia funzionerà ancora “ tirai fuori un copeco da dietro una delle sue orecchie, le aveva buffe, fin da quando era nato.
“Dove è il trucco, dimmelo! Dai”
“Tutto può essere se credi”
“DAI!!” ridendo”Dimmelo!”
“Che ne so..” e apparve un altro copeco 
“Non è nella maniche” valutò, osservando che mi toccavano il gomito, non vi erano nascondigli
“Ottima ed esaustiva osservazione..”
“Sempre in giro mi prendi, uffa..” ancora “Dimmelo..”
“No .. Si .. Forse” lo scrutai sorridendo,imprimendo il momento.
“Figuriamoci!” “Zarevic, ora basta solletico sei una peste!!” Poi “E una delizia”
“LO SO” fiero e buffo, lo strinsi tra le braccia
“Ti voglio tanto bene Alessio” arrossì leggermente “Sempre”
“LO SO”
 
Dal diario di Olga Romanov del mese di agosto 1914, che Catherine tradusse in inglese, francese e spagnolo, per suo privato uso, cronache giornaliere, prima della loro definitiva separazione, nel 1917 a  Carskoe Selo.“3 agosto, Papa ha visitato Alessio, ancora non cammina per la storta alla caviglia. Ieri è apparso al balcone del palazzo d’Inverno, la folla  cantava l’inno nazionale.. Ho pianto, di pena e commozione. Ha giurato che non farà mai la pace finchè un solo nemico calcherà il suolo della Russia, le parole dello zar Alessandro ai tempi in cui Napoleone dichiarò guerra  (..) Finito di leggere per la centesima volta M. B. (Acronimo per Madame Bovary) .  Mamma ha detto a M. Gilliard, il nostro precettore di francese, come non sopporti l’imperatore tedesco, lo ritiene falso, millantatore e arrogante.
5 agosto, anche l’Inghilterra ha dichiarato Guerra.  Mamma è preoccupata per lo zio Ernie, che il Kaiser lo abbia mandato a combattere in Francia, Belgio o .. Russia? È un militare, ma sono fratelli cosa farà.. osserva che non riconosce più la Germania in cui è  nata e cresciuta, ha ricordi così poetici della sua infanzia, peccato che nelle ultime visite abbia trovato il suo paese natio così cambiato da non riconoscerlo affatto. Ho riletto l’Iliade, venuta Catherine per un thè.
9 agosto. Papa è preoccupato per la sessione della Duma, fatto una lunga passeggiata, Sunbeam sta un poco meglio, il 12 compirà 10 anni, il 17 andremo a Mosca per rispettare la tradizione, lo Zar deve chiedere la benedizione divina su Lui  e la Russia per questa guerra.
12 agosto. Compleanno di Alexei, già dieci. Venuta Catherine nel pomeriggio, era raggiante di gioia, manco ha scartato i regali per giocare con lei, con noi.
Eri fragile, bellissimo, Alessio, my little one, la tua allegria si scontrava nella tristezza che avevi nello sguardo. Rievoco quelle ore, glissammo che non ti reggevi in piedi per la storta, sancendo che stavi in braccio come una coccola, un regalo.
 
La Germania dichiarò guerra alla Russia il primo agosto, passata la metà del mese mio marito, Pietr Raulov e mio zio partirono per gli acquitrini della Prussia orientale, assieme alle truppe.
 
Dal diario di Olga Romanov “17 agosto, la folla dalla stazione al Cremlino era incredibile. Immensa, festante, inneggiava e le campane suonavano a distesa. " God save the Tsar !", l’inno nazionale risuonava in ogni angolo.  Domani Boysy sarà in grado di camminare fino alla cattedrale.. La grande incognita. Spero, ma non credo, ogni volta che deve apparire in pubblico gli accade qualcosa. Passato notte con lui, ha dormito  male, voleva Catherine.. la ha chiamata per un pezzo. Pensava che fosse a Parigi, si è confuso, e tanto la voleva uguale.
18 agosto, Sia Papa che Mama hanno deciso che Alessio  presenzierà alla cerimonia, anche se non cammina, non ce la fa, piangerebbe per il dolore, sarà presente lo stesso, portato in braccio da un cosacco.  Susciterà un putiferio, speriamo bene. Messa solenne, visita alle reliquie.. e l’entusiasmo delle folle continua a essere fervido, senza misura“ Catherine annotò che era stato visto come un presagio di sventura, il principe ereditario pareva fatto di cristallo tanto era fragile e la gente aveva ritirato fuori le storie che la zarina portava solo malasorte, era venuta in Russia dietro a una bara, dopo la morte del suocero, era tedesca e la sua lealtà  era solo apparente. Vergò ai margini che abbracciò lo zarevic, dolce, tranquilla, senza rimpianti, rassicurandolo, che era tutto a posto, lo amava, senza dirlo a parole, e Alessio si calmò, si fidava di lei.


Comunque, lo zarevic aveva ben appreso il suo mestiere di principe ereditario, che deve essere sempre compito, regale, affabile come dimostrò a Mosca sempre in quei giorni. Con il precettore Gilliard, ogni mattina uscivano in auto (una delle sue grandi passioni, come gli aeroplani) e visitavano vari posti, come la collina dei monaci, da cui si scorgeva la valle della Moscova e della città, dalle quaranta volte quaranta chiese, ricca di cupole a cipolla dorate, celesti e candide,  con snelli campanili, parchi e palazzi, immensa e solenne, i colori smaglianti in quella fine estate.
Da quell’altura Napoleone aveva visto la città, prima di entrarvi nel 1812.
Mosca, la terza Roma, una meraviglia, senza confini o misura, rifletteva il ragazzino, quando l’auto si fermò, per la ressa di persone in una delle strette stradine, gente comune o contadini che erano venuti al mercato o a vedere lo zar. “Lo zarevic!! Lo Zarevic” lo avevano riconosciuto, andandogli incontro, alcuni addirittura salirono i gradini dell’auto e lo sfiorarono. “L’ho toccato! Ho toccato l’erede!”
“Testa alta, un sorriso e una parola gentile per  tutti è sempre un bene” un consiglio che Catherine gli aveva dato, inopinato, risorse dalla memoria, erano esuberanti, gentili, non doveva spaventarsi da quelle manifestazioni di affetto, scorse i sorrisi e nonostante il pallore e l’imbarazzo ricambiò, un sorriso e un palmo teso.
“Grazie.. Viva la Russia.. Grazie..” gli sfioravano le mani, le baciavano,  toccavano la spalla, come se fosse una sacra icona, sorrideva e finalmente due poliziotti dispersero la folla e l’auto proseguì.
E aveva fatto quanto doveva, nonostante la sorpresa, la novità e l’imbarazzo, era un vero principe, senza se e senza ma.


La Germania dichiarò guerra alla Russia il primo agosto, passata la metà del mese mio marito, Pietr Raulov e mio zio partirono per gli acquitrini della Prussia orientale, assieme alle truppe.
Rimasi ancora, aiutando mia madre nell’organizzare ospedali militari nei nostri palazzi  e nelle nostre tenute, la principessa Ella faceva parte del comitato della Croce rossa presieduto dalla zarina madre.
Intanto, Alessandra aveva organizzato un ospedale militare a Carskoe Selo, decidendo di frequentare con le due figlie maggiori un corso per infermiere.
A Tannenberg, in Prussia, i russi rimasero schiacciati tra i prussiani e le sabbie mobili,con perdite ingenti.
Fu allora che iniziò a dirsi che se il conflitto andava male era colpa della Nemka, la tedesca, la zarina Alessandra.
Ci si aspettava una vittoria rapida e facile, l’esercito russo era immenso, uno schiacciasassi, peccato che mancassero addestramento, armi e munizioni.
E mio marito, il conte di Saint-Evit fu tra i primi a cadere.


Lo seppi al Palazzo di Caterina, che era stato riconvertito in ospedale militare.
Il vassoio di medicinali che tenevo mi scivolò dalle mani e le schegge si infransero a terra. Osservai i frammenti e il pulviscolo della polvere che danzava nell’aria, quindi marciai tra le rovine, testa alta e spalle erette.
Ero la moglie di un combattente, figlia di una principessa militante, mai avrei pianto in pubblico.
“.. gli hanno sparato alla schiena, ormai si erano ritirati e.. Non ci sono parole per dire quanto mi dispiace, il dolore che provo per te, figlia mia”
Le parole di mia madre mi rimbalzavano addosso come lame di vetro, non parlavo da quando i due giovani ufficiali mi avevano dato la notizia. Dicesi mutismo selettivo, credo. E tuttavia dovevo rincominciare, se non altro per non farmi ricoverare come matta conclamata.
Maledetta guerra.
Maledetti tedeschi.
Maledetta me. Se non mi avesse conosciuto e sposato non sarebbe morto come un cane, lontano da casa, alla schiena, lui che era stato  un soldato e un uomo coraggioso per tutta la vita.
“Catherine.. “
“Mamma..” Soffiai quella parola.
“Cosa posso fare? Dimmi, io ..”
“Fai venire mio zio, devo sapere e ..”
“Sta arrivando ..” mamma dimmi che è un incubo, un brutto sogno, fammi ritornare dentro di te, al buio e la sicuro..
“Avevi ragione, mamma, non avrebbe dovuto sposarmi, almeno non sarebbe morto così”. Affondai la testa nel suo grembo e piansi, fino allo sfinimento.
“Ti ha amato. Lo hai amato e lo ami. Non a tutti succede di avere questo dono, poter amare qualcuno a sua volta libero di riamarti”Parlava per sé, in primis, tranne che la sofferenza mi ottundeva come un narcotico. “ Ora soffri in modo atroce e io ben poco posso fare, pure se vorrei soffrire io per te. E l’amore che hai avuto non è stato vano, sarà sempre parte di te”. Omise di aggiungere che sarei tornata ad amare e sorridere di nuovo, sarebbe stata una bestemmia, insieme sapeva, la saggezza che giungeva dall’esperienza, che la vita, dopo il dolore, reca gioia, compresi dove andava a parare e lei aveva glissato, intuendo che sarebbe apparso come un vuoto cliché, frasi fatte che non aveva il cuore di propinarmi.
E già avevo passato il limite
.
Mamma .. una delle prime che imparano i bambini, e Felipe, mio figlio, avrebbe invocato altri rispetto a me. La sua prima parole “Ta-ta” per indicare Tatiana, la mia sorellina, poi “Pa-pa” , suo padre, Andres, che soddisfazione, eh. Nove mesi di gravidanza, il parto e.. Chi appellava? Chi amavo.


Dai quaderni di Olga Romanov alla principessa Catherine” Arrivai il prima possibile, mi dissero che ti stavi riposando, entrai lo stesso, riconoscevo l’eufemismo. Avevo le labbra piene di parole di consolazione, ma.. avevi la schiena appoggiata al muro, lo sguardo fisso e di pietra, eri invecchiata di dieci anni in un solo giorno, le gonne sparse intorno come i petali di un fiore rotto, le ginocchia sotto al mento, una posa di consolazione “Catherine ..”Un minimo cenno della testa. Scivolai sul pavimento accanto a te, un braccio che ti sfiorava. Non esisteva una sola parola, in nessun linguaggio umano che poteva consolarti e scemò il silenzio. Eri pietra, ghiaccio e neve, spezzata. Alla fine, avevo il davanti del vestito inzuppato delle tue lacrime, salato e amaro, nemmeno una sillaba, mi avevi buttato la testa in grembo, le spalle che sussultavano .. Ti sfiorai la nuca e piansi in silenzio a mia volta, ti addormentasti per sfinimento, risvengliandoti a tratti, ti feci inghiottire due cucchiate di minestra a stento, eri peggio di Alessio, e tanto meditavi sotto le braci, lo stallo era solo apparente. Mi addormentai pure io, era possibile che fossi legata così ad un’altra persona, ovvero te.. Tu ed io, legate a triplo filo, cenere ed assenzio divise eppure vicine”
 
   
 
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